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Autore: A Midsummer Night_s Dream    25/11/2012    7 recensioni
E’ una fredda notte di dicembre a Milano quando Isabella, diciotto anni e capelli dello stesso colore delle tenebre che la circondano, incontra la figura di un misterioso ragazzo.
Le strade sono deserte, il suo cuore batte sempre più forte e il respiro diventa ansante quando nota nel buio della notte due profondi occhi magnetici non abbandonare mai la sua figura, seguirla ad ogni suo passo.
Una carezza invisibile, la loro, che fa scorrere lungo il corpo della ragazza un brivido di terrore.
Una paura irrazionale, la sua e che non riesce a spiegarsi.
Così come la sensazione di aver già visto quel ragazzo sconosciuto, di averlo già conosciuto in qualche modo.
Eppure, scavando tra i suoi ricordi, lei non ha memoria di nessun loro incontro. Cercando di non farsi notare, di sottecchi cerca di osservare il volto del ragazzo, ma non c'è più. Svanito nel nulla.
Con una risata nervosa la ragazza aumenta il passo, decidendo di archiviare l’accaduto come frutto della sua fervida immaginazione.
Ma nonostante ciò, Isabella non riesce a dimenticare quei profondi occhi blu.
Chi era quel ragazzo? E perché aveva avuto la sensazione di averlo già visto? Conosciuto in un tempo a lei oscuro?
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 I.

U
N'OMBRA NELLA NOTTE




La vita è una ruota.
Presto o tardi tutto quello che pensavi di esserti lasciato ritorna.
Per il bene o il male, ritorna.
Stephen King




 
 

       “Hai di nuovo litigato con Simone, Ali?” chiese Marta per l’ennesima volta, osservando con occhio critico il volto della ragazza di fronte a noi.

“No!” disse testarda quest’ultima, con voce ovattata a causa del cuscino che stringeva forte tra le braccia e in cui affondò il volto dopo l’ennesima bugia.
 Alzai gli occhi al cielo esasperata e dalle mie labbra sfuggì un gemito spazientito. Gesto per cui mi beccai un’occhiata di fuoco da parte di Alice.  

Ops, scoperta!

“Ali, non guardarmi così, sai cosa penso della tua storia con Simone!” dissi scocciata e dando così voce ai miei pensieri. Insomma, fin dall’inizio ero stata chiara con lei riguardo la mia considerazione sul suo bellissimo e brillantissimo ragazzo, così come si ostinava a definirlo lei.

Che poi… bellissimo e brillantissimo, lui?! Tzè! Io preferivo considerarlo un idiota tutto muscoli e niente cervello. Stava con Alice soltanto perché, e sapevo che non era una cosa molto carina da dire, era una ragazza dolce e premurosa, sempre pronta a donare il suo aiuto a chi ne avesse più bisogno. La usava soltanto come un oggetto da esibire di fronte ai suoi amici –altri imbecilli, secondo il mio più modesto parere!- e da utilizzare durante i compiti in classe, visto che oltre ad essere bella Alice era anche molto intelligente.
A volte era proprio vero: l’amore rendeva ciechi, e nel caso di Alice non poco!
 
A quell’ultimo pensiero cercai di soffocare una risata divertita, cosa che però non passò inosservata alla ragazza di fronte a me, visto che strinse i suoi occhi color cioccolato in due piccole fessure.

“So cosa stai pensando e non è così! Simone è un ragazzo intelligente, premuroso, gentile e-“

“Tesoro” disse Marta, con un’improvvisa espressione grave e seria sul volto, facendo così ammutolire Alice. “Continui ancora a prenderle, le medicine, vero? No, perché queste sono le descrizione di un ragazzo immaginario che solo tu riesci a vedere. Un’allucinazione che-“

“Sei una stronza!” strillò Alice, diventando rossa per la rabbia e buttando il cuscino addosso a Marta che scoppiò in una sonora risata divertita e a cui non potei che unirmi anch’io.

Marta, sempre la solita!

Alice incrociò le braccia al petto indignata, unendo le sue labbra in un adorabile broncio. “Vi odio! Siete delle streghe, tutte e due!”

Un attimo di silenzio piombò nella stanza alle sue parole, il tempo di scambiare uno sguardo d’intesa con Marta ed entrambe ci gettammo su Alice iniziando a farle il solletico e presto le nostre risate divertite, questa volta quelle di tutte noi, riempirono la stanza.
 “Ali, lo sai che ti vogliamo bene.” Iniziò Marta.

“Ed è proprio per questo che ti diciamo tutto ciò. Sei una ragazza splendida e dolcissima che merita molto più di quell’allocco!” continuai io accarezzando i suoi capelli e notando i suoi occhi divenire lucidi.

Alice era sempre stata la più debole delle tre.

Marta era quella dal carattere ribelle e focoso, mentre io ero la più riflessiva, ma anche la più testarda e dal carattere abbastanza lunatico.
Eravamo amiche fin da bambine, amiche per la pelle.

Il nostro primo incontro avvenne all’asilo, tutto successe lì.



Era la ricreazione, camminavo per il giardino inseguendo una piccola farfalla, incantata dai suoi brillanti colori, quando sentii il pianto di una bambina irrompere tra le risate degli altri bambini.

Mi avvicinai alla fonte di quel pianto e con occhi sgranati osservai una piccola bambina dai capelli castani a terra, mentre grandi lacrimoni scendevano dai suoi occhi lucidi e guardava con dolore il ginocchio da cui sgorgava un po' di sangue a causa di una piccola ferita.
Mi avvicinai alla bambina, porgendole il fazzoletto che la mamma mi metteva sempre in tasca, così che potesse asciugarsi le lacrime.

“Ma guardate un po’ chi si è unito a noi, e tu chi saresti? Un’altra sfigata?”

Al suono di quelle parole pronunciate con tanta cattiveria, spostai lo sguardo sul volto del bambino che aveva parlato e che prima non avevo notato. Sormontandoci con la sua altezza, guardava entrambe con sguardo maligno e beffardo, sorridendo della sua stessa battuta, seguito subito dopo dal resto dei suoi amichetti.
Feci per aprire bocca e rispondere per le rime a quel ragazzino viziato, quando notai una figura dirigersi verso di noi a passo di carica.


Ehi tu, Anthony l‘idiota! Hai qualcosa da dire anche a me, per caso?”
A quanto pare non ero stata l’unica ad assistere a quella scena, pensai mentre osservavo una bellissima bambina dai lunghi capelli dorati e occhi cristallini fermarsi davanti al bambino, divaricando le gambe e poggiando le mani sui fianchi con espressione beffarda sul volto.

“Come mi hai chiamato?” sibilò il ragazzo, avvicinandosi alla bambina con aria minacciosa.

Ti ho chiamato Anthony l’idiota, che c’è? Hai qualche problema d’udito oltre al fatto di essere un completo babbeo?!” disse lei inarcando il sopracciglio ironica e piegando le labbra in un sorriso divertito.

Divertimento a cui stavo per unirmi anch’io con una sonora risata, ma il sorriso sparì dalle mie labbra e mi trovai a temere per la nuova arrivata quando vidi il volto di Anthony divenire paonazzo per la rabbia.

“Come osi,stupida Barbie…” ma le parole gli morirono tra le labbra, mentre un gemito di dolore si espandeva nell’aria e io fissavo immobile  la scena, completamente sconvolta e con occhi sgranati. La bambina senza nome aveva appena sferrato una poderosa ginocchiata tra le gambe di Anthony, il quale crollò addolorato a terra. 

“Io potrò anche essere una Barbie, ma tu resterai sempre un’idiota.” Detto ciò la bambina si allontanò dal ragazzo con espressione trionfante, avvicinandosi a noi e porgendoci la sua mano. “Piacere, il mio none è Marta. Serve una mano?”

 


Un sorriso divertito mi scappò dalle labbra, ripensando a quella scena assurda.

Da allora, non ci eravamo più separate.
Avevamo frequentato la stessa scuola elementare, le medie per poi finire con le superiori.
Eravamo inseparabili e quando una delle tre stava male, le altre due c’erano sempre per aiutarla.

“Ehi, Barbie!” dissi beffarda alla bionda accanto a me, guadagnandomi uno sguardo inizialmente truce, ma subito dopo le nostre risate divertite risuonarono nella stanza, cullate dal ricordo di quella giornata memorabile.

 
 
 

 

 ***
 

 
 
Una folata di vento scompigliò i miei capelli per l’ennesima volta, mentre un brivido causato dal freddo scorreva lungo la mia pelle.
Strinsi più forte la sciarpa intorno al collo, aumentando la velocità dei miei passi.

Ma come ho fatto a non accorgermi che fosse così tardi? Le strade sono deserte e mamma mi ucciderà!
Avrei dovuto accettare il passaggio del padre di Alice, mannaggia a me e alla mia testardaggine!


Continuai imperterrita a maledirmi mentalmente mentre sfrecciavo tra la gente che si godeva una tranquilla serata.
Per fortuna era domenica, e Piazza del Duomo era animata da giovani che bevevano qualche birra, coppie di innamorati che mano nella mano camminavano completamente estranei al mondo e poi persone che, come me, ignoravano ciò che gli stava intorno per raggiungere il più in fretta possibile casa.

Lanciai una breve occhiata alla maestosa struttura del Duomo, da cui prendeva appunto il nome la piazza, e sentii un brivido correre lungo la schiena.

Avvolto dal buio sembrava ancora più maestoso che di giorno e non sapevo spiegarmi il perché, ma aveva un chissà che di terrificante.

Una risatina nervosa fuoriuscì dalle mie labbra mentre mi lasciavo alle spalle la Cattedrale e imboccavo via dei Mercanti accelerando i miei passi.

Una nuova folata di vento scompigliò i capelli, e strinsi i denti maledicendomi per l’ennesima volta.
Con un sonoro sbuffo spostai dal mio volto una ciocca corvina mentre osservavo le case intorno a me proiettare strane ombre sulla strada.

Milano era una città che adoravo, ma di notte era sempre un po’ inquietante.

Forse per la luce dei lampioni che ogni tanto giocava qualche brutto scherzo, spegnendosi, per poi riaccendersi subito dopo.

Forse per il rumore dei miei passi che rimbombavano per i vialetti deserti, avvolti in un assordante silenzio.

O forse, semplicemente, per la strana sensazione che avevo iniziato ad avvertire quando avevo voltato le spalle a Piazza del Duomo per imboccare le vie poco popolate che mi avrebbero presto condotto a casa.
Ero quasi arrivata, ma era come se qualcuno mi stesse osservando, spiandomi in un angolo, avvolto da un buio che  mi celava la sua figura.
Aumentai l’andatura dei miei passi, lanciando ogni tanto qualche occhiata dietro di me.

E’ solo una tua stupida impressione, Isabella. Solo un’impressione.

Sentii il mio cuore accelerare, i suoi battiti rimbombarmi nelle orecchie insieme al rumore dei miei passi, mentre il respiro diventava sempre più ansante.
No.
Quella che avvertivo non era soltanto un’impressione e riuscii a provarlo quando il respirò mi morì in gola e il mio corpo si gelò vedendo, dall’altro lato della strada, una figura appoggiata ad un muretto, che imperterrito guardava nella mia direzione.

Con occhi fissi sui miei piedi, iniziai di nuovo a muovermi ignorando la figura misteriosa, ma a cui, nonostante il timore, non riuscii a non lanciare uno sguardo incuriosito.

Era un ragazzo.

Da quello che potei scorgere alla live luce dell’unico lampione che illuminava la via, era un ragazzo completamente vestito di nero.
Dagli anfibi, ai pantaloni, alla maglietta, ed infine al suo giubbotto di pelle.

Neri, così come i capelli corvini che avvolgevano un volto di cui riuscii soltanto a scorgere gli occhi.

Blu, come il mare più burrascoso in tempesta.

Blu, come il cielo in una notte senza stelle.

Ed ebbi soltanto il tempo di scorgere uno scintillio pericoloso illuminarli, le mie labbra tremare, così come le mie gambe, sotto la loro intensità, prima di volgere il volto in un’altra direzione.

Calma, Isabella. Calma.

Gli passai velocemente accanto, incespicando per un momento nei miei stessi piedi, trattenendo il fiato.

Continuavo a sentire i suoi occhi puntati su di me, uno sguardo capace di trapassarmi da parte a parte; sconosciuto eppure in qualche modo familiare.
Scossi la testa, scacciando via quel pensiero ridicolo, e stringendo più forte a me il cappotto che copriva il mio corpo, a causa di una violenta raffica di vento che comparve dal nulla.

E tutto accadde in un attimo.
Sentii la presenza di quel corpo estraneo alle mie spalle, una mano fredda come il giacchio sforarmi il collo e le labbra dello sconosciuto sfiorarmi l’orecchio destro.

Ti ho trovata, finalmente.” Una voce roca e suadente risuonò nel silenzio della notte. Letale, minacciosa.

Un urlo di puro terrore proruppe dalle mie labbra a quelle parole e, prima che potessi anche solo accorgermene, sentii le mia gambe muoversi e lanciarsi in una corsa a perdi fiato lungo la via come se avessi il diavolo in persona alle calcagna.

E forse era davvero così.

Con occhi sbarrati dalla paura continuai a correre, senza mai voltarmi, e fu solo quando mi ritrovai a svoltare l’angolo della strada deserta che azzardai una breve occhiata alle mie spalle e,con mio enorme sgomento, realizzai che lì, alla lieve luce della luna, non c’era la figura di nessun ragazzo.

Sparito nel nulla.

Boccheggiai, alla ricerca d’aria, mentre sentivo i miei polmoni bruciare e le gambe dolermi per quella corsa forsennata.

Non posso aver immaginato tutto, ho sentito la sua mano sfiorarmi, la sua bocca accarezzarmi e pronunciare per me parole senza senso!, pensai ancora turbata quando aprii la porta dell’ingresso di casa, ma leggermente più calma quando sentii un calore familiare avvolgermi e la voce di mia madre chiamarmi dalla cucina.

“Signorina, ti sembra forse questa l’ora di rientrare a casa?!”

Ti ho trovata, finalmente.

Chi era quello sconosciuto, e perché avevo la strana sensazione di averlo già visto?
 
 







 
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Ringrazio di vero cuore chi mi ha dedicato il suo tempo leggendo il primo di questa storia e chi ha inserito quest'ultima tra le seguite, preferite e ricordate.
Un grazie speciale a chi ha commentato lo scorso capitolo: Dear Juliet , lullaby96  e Tanny .
Grazie mille per le vostre meravigliose parole e il sostegno, ragazze!  
Parlando del capitolo, so che la prima parte per molti sarà noiosa, ma è molto utile per capire il bene profondo, il legame che unisce le tre ragazze, oltre che a introdurre una parte del loro carattere. Che altro dire, spero che il capitolo vi sia piaciuto e di sapere cosa ne pensate, se vi va! :)
Buona domenica a tutti/e voi, un bacio! A Midsummer Night_s Dream!


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