Cap.
4: Dreams
and Nightmares
Si
trovava in un bosco coperto di neve. L’atmosfera
era cupa e aveva toni grigi. Anche la neve sembrava avere quel colore.
Come i
cumuli di nevischio che trovi sui cigli delle strade, sporcato dal
passaggio
delle auto. Indossava abiti militare che gli ricordavano vagamente
qualche film
sulla seconda guerra mondiale, e anche il moschetto che imbracciava
sembrava
risalire a quel periodo. Avanzò di qualche passo non sapendo
di preciso dove
andare, pronto a scattare ad ogni segno di pericolo.
La
cosa strana era che Finn si rendeva perfettamente
conto di stare sognando, ma semplicemente non ci faceva caso. Dopotutto
i sogni
non dovevano avere un senso, no?
Un
rumore basso, come il brontolio di un grosso
pentolone di stufato, si levò dal sottosuolo prima si
prorompere in un poderoso
colpo di cannone. Cannone… sul serio?
Si
buttò a pancia in giù sulla neve per evitare
schegge di legno provenienti da dietro le sue spalle. E solo
quando sembrò
tutto di nuovo calmo provò ad alzarsi per scappare alla
ricerca di un riparo.
Incespicò sui suoi stessi piedi prima di correre a
perdifiato verso
una macchia boscosa, sicuro che lì sarebbe stato al
sicuro.
Si
faceva sempre più scuro sopra la sua testa e le
nuvole cariche di neve incombevano minacciose. Si voltò e
alle sue spalle era
tutto in fiamme. Velocizzò l’andatura, ma mise un
piede in fallo e rotolò a
terra lungo uno strapiombo che solo qualche minuto prima non
c’era. Rotolò giù
per diverso tempo, trovando solo appigli che non
reggevano il suo
peso. Quando si ritrovò a terra ai piedi del pendio, due
mani si posarono sulle
sue spalle scrollandolo. Si sedette sulla neve alzando lo sguardo verso
Rachel.
La osservò stupito. Era da un po’ che non la
sognava ma dopo tutto quello che
era accaduto quel giorno, forse era normale che fosse nella sua mente e
nei
suoi sogni.
Ma
la Rachel che aveva davanti aveva qualcosa di
strano. Si guardava intorno spaventata e sembrava stanca e ferita.
Indossava il
suo cappotto rosso che sembrava aver visto giorni migliori, sporco e
con una
manica quasi del tutto scucita, e aveva graffi e lividi sul volto.
“Finn,
non ho tempo…” disse Rachel con voce
bassa, continuando a guardarsi intorno furtiva. “Rimani
concentrato. Potrebbe
arrivare in qualsiasi istante!”
“Co…
Rachel? Che stai dicendo? Questo è solo un
sogno!” fece Finn.
Rachel
smise di guardarsi intorno per rivolgergli uno
sguardo triste: “Per te lo è Finn… Per
me è solo il mio incubo!”
Si
sentì un movimento alle loro spalle e Rachel
sussultò alzandosi in piedi. Teneva un bastone con la punta
affilata stretto in
mano e scrutava attenta un puntò imprecisato della
boscaglia. Ebbe un fremito e
si voltò verso Finn con il terrore negli occhi.
“E’
qui Finn… E’ qui…” fece,
frenetica, avvicinandosi
e afferrandogli un polso con la mano libera.
Finn
guardò quella mano avvertendola come una cosa
reale, tangibile. Non era un sogno quindi? Ritornò a
guardare Rachel, confuso.
“Svegliati ora.... E cerca di sognarmi ancora,
così posso tornare!”
Finn
aprì bocca per risponderle ma le parole gli
morirono alla vista della figura apparsa alle spalle di Rachel. In una
frazione
di secondo il sogno si confuse con un ricordo. Qualcosa che aveva
rimosso o
forse era stato rimosso, fu il pensiero che balenò fugace.
Vide
Rachel provare a dire qualcos’altro ma al
posto delle parole arrivò
un urlo strozzato. Cercò di tenere stretta la sua mano ma la
ragazza gli fu
strappata via e scomparve in un buco nero.
“RACHEL!”
urlò svegliandosi di soprassalto.
Si
sentiva il cuore in gola e la tachicardia a mille. Era madido di sudore
e
provava ancora un senso di paura e agitazione che non voleva andarsene.
Sentiva
un leggero prurito al polso destro. Quello che Rachel aveva stretto nel
suo
sogno. Poteva ancora avvertirla. Sospirò pesantemente,
cercando a tentoni
l’interruttore della luce. Si sedette al centro del letto
portandosi le mani al
viso per scrollarsi di dosso quell’angoscia. Quando
abbassò le braccia rimase
alcuni minuti a fissarsi inebetito il polso. Là dove
avvertiva ancora quella
sensazione di fastidioso prurito, aveva tre graffi. In un lampo gli
tornarono
in mente fino al minimo dettaglio l’espressione di Rachel, le
sue condizioni,
ciò che aveva detto.
“Per
te lo è Finn… Per me è solo il mio
incubo!”
Rabbrividì,
nonostante non facesse freddo con il riscaldamento acceso, e
balzò giù dal
letto iniziando a camminare avanti e indietro nella stanza. Non era
stato solo
un sogno. Non per lei. Lei era intrappolata. Qualcuno le impediva di
tornare.
Si portò le mani tra i capelli sconvolgendoli.
C’era qualcosa che gli sfuggiva
di nuovo… Di nuovo? Perché di nuovo? Qualcosa che
aveva rimosso e poi ricordato
e poi scordato di nuovo… qualcosa di oscuro…
un’ombra. Il suo sguardo andò a
quel bracciale vermiglio impresso sulla carne e sgranò gli
occhi ricordando
quel pezzo mancante.
“O
Santissim…”
non finì di imprecare, portandosi una mano alla bocca e
cercando il suo
cellulare, facendo partire una chiamata. “BLAINE!”
si ritrovò ad urlare quando
la voce assonnata dell’ex usignolo rispose.
“Blaine?” ripeté abbassando la
voce. “Credo… credo di aver ricordato
qualcosa?”
***
Non
c’erano storie. Quel giorno il suo cervello si rifiutava di
spegnersi. Artie
Abrams scostò le coperte con irritazione, sistemò
il cuscino contro la testiera
del letto e si issò con la forza delle braccia fino a
portarsi seduto con la
schiena adagiata sui cuscini. Sbuffò guardando la stnza buia
con stizza.
Non
aveva
mai veramente sofferto di insonnia. Ma ogni tanto gli capitava di
ritrovarsi
con così tante energie in corpo da non poter chiudere
occhio. Prese il portatile
posato sul comodino e in attesa che il sistema operativo si svegliasse,
oberato
dal peso di tonellate di foto, video e film, si ritrovò a
pensare a quella
giornata assurda. Certo non faceva che pensarci da ore ed ore, e forse
era uno
dei motivi che lo costringevano ad una notte in bianco. Quando era
tornato a casa dall’ospedale si era ritrovato
impreparato a certe domande
dei genitori. Aveva risposto con monosillabi o cambiando discorso prima
di
rifugiarsi in camera sua con la scusa dei compiti da fare.
In
realtà
era stato in chat con Blaine, Tina e Sam parlandone e riparlandone per
ore, con
l’unico risultato di rendere la loro mente sempre
più confusa. Il Desktop si
aprì mostrando la sua foto preferita scattata quando,
tornati a scuola dopo
aver vinto alle Nazionali, avevano trovato
l'intera scuola a
festeggiarli. Nella foto erano tutti quanti stretti in un unico
abbraccio. Come
la schermata di un tetris variopinto. Erano fradici di champagne e
particolarmente buffi. Tra tutte quelle più serie
che poi avevano scattato
la preferiva di gran lunga.
Solo
loro, uniti e senza pensieri.
Aprì
la
pagina di facebook trovandola intasata di notifiche. Le scorse
velocemente,
ignorando tutti i gruppi di solidarietà creati per Rachel e
Sebastian. Non gli
serviva vedere quanta gente c’era a disperarsi per la sorte
dei due, anche se
la maggior parte di loro manco sapevano chi fossero Rachel o Sebastian.
Stava
pensando di giocare ad Angry Birds quando fu chiamato in chat.
Artie
Abrams è
stato aggiunto alla conversazione da Sam Evans
Artie
Abrams
Che
ci
fate tutti svegli?
Scrisse
per non dover leggere la sfilza di messaggi scritti dagli altri.
Sam
Evans
Anche
tu
sei sveglio! :P
Blaine
Warbler Anderson
Finn
mi
ha svegliato!
Sam
Evans
Ok,
Blaine, lo abbiamo capito!
Blaine
Warbler Anderson
*prepara
coltelli affilati da lanciare a Finn appena lo vede*
Jake
Puckerman
Ora
che
sei invisibile non ti vede neanche! XD
Blaine Warbler
Anderson
Jake, sei un genio!
Ora
basta
capire come faccio a diventare invisibile!
Finn
Hudson
Jake
non
dare queste idee a Blaine. Da assonnato è
vendicativo e pericoloso.
Blaine
Warbler Anderson
Forse
se
non mi svegliavi!
Artie
Abrams
Ok,
ma
perché hai svegliato Blaine?
Sam Evans
The Boogyman
Artie Abrams
O.o
Hai
paura
dell’uomo nero?
Finn
Hudson
L’ho
visto credo!
Artie
Abrams
Non
capisco!
Jake
Puckerman
Non
sei
l’unico!
Blaine
Warbler Anderson
Io
non
ricordo niente!
Finn
Hudson
Lo
so…
anche io avevo rimosso. Poi questo sogno che poi non era un sogno vero
e
proprio… e allora me lo sono ricordato.
Artie
Abrams
Potrei
avere un riassunto?
Sam
Evans
Finn
ha
fatto un sogno in cui c’era Rachel che voleva avvertirlo di
qualcosa ma è stata
presa da un ‘Ombra’. Finn si e svegliato e aveva
dei graffi sul polso che
Rachel gli ha stretto. Allora si è ricordato che ha
già visto questa ‘Ombra’…
Ed è stata l’ultima cosa che ha visto prima di
svegliarsi al McKinley con tutti
noi.
Quindi
oltre a non ricordare 5 settimane di vita.
Oltre
a
Rachel in coma.
Oltre
a
Sebastian scomparso.
Oltre
Thad che ci accusa di difendere Kurt, da non si sa cosa, e trama contro
di noi
con Brody.
Oltre
al
tizio in nero armato di frecce.
Abbiamo
l’uomo nero.
Blaine
Warbler Anderson
E
dovrei
averlo visto anche io perché eravamo insieme quando
è apparso ma io non ricordo
nulla del genere.
Jake
Puckerman
In
ogni
caso tutti abbiamo le idee confuse mi pare.
Finn
Hudson
Resta
il
fatto che questa ‘Ombra’ o ‘Uomo
Nero’ può essere il responsabile di tutto
questo. E impedisce a Rachel di tornare.
Blaine
Warbler Anderson
Se
è come
dici tu potrebbe aver fatto sparire anche Sebastian!
Artie
Abrams
Non
me ne
stupirei dopo Blaine e Jake!
Jake
Puckerman
Blaine,
siamo dei fenomeni da baraccone ora!
Blaine
Warbler Anderson
Non
riesco a ragionare ora!
Sonno!
Vado
a
dormire che sono quasi le tre.
Sam
Evans
Propongo
di trovarci tutti nell’aula di canto domani e discuterne
ancora.
Blaine
Warbler Anderson
Mozione
Approvata!
Jake
Puckerman
Quoto
Blam!
Finn
Hudson
Allora
notte, ragazzi!
Scusa,
B!
Blaine
Warbler Anderson
Domani
a
mente lucida potrei anche perdonarti…
Sam Evans
Che magnanimo, Mr Anderson!
Blaine Warbler
Anderson
Fanculo,
Evans, ho sonno!
Jake
Puckerman
Notte…
Se
riesco a dormire ora!
Grazie
Finn!
Jake
e
Blaine si scollegarono seguiti poco dopo da Finn. Artie vide il pallino
verde
ancora acceso vicino al nome di Sam. Tentennò alcuni minuti
prima di invitarlo
in una chat separata dagli altri.
Artie
Abrams
Anche
tu
ti senti strano?
Sam
Evans
Strano
come?
Artie
Abrams
Non
come
uno che ha un vuoto di memoria di cinque settimane.
Come…
strano..
Passarono
lunghi minuti, tanto che Artie pensò che Sam si fosse
addormentato e stava per
spegnere il computer, quando arrivò una risposta da Sam.
Sam
Evans
Se
anche
noi siamo cambiati…
Artie
Abrams
Restiamo
a vedere.
Sam
Evans
Notte
Artie!
Artie
Abrams
Notte!
Artie
spense il computer accantonandolo sul comodino dov'era prima e
si mise
seduto con le braccia abbandonate sul grembo guardandosi intorno,
ancora indeciso
se tentare di dormire o raccogliere uno dei libri che aveva lasciato a
prendere
polvere sulla scrivania e cominciare a leggere. Quella chattata serale
con gli
amici era solo servita a confondergli ancor di più le idee.
Sentiva
dentro di sé che qualsiasi cosa stesse succedendo erano
tutti in pericolo.
Sbuffò sonoramente… Non sarebbe riuscito a
dormire, tanto valeva dedicarsi alla
lettura.
Posò
entrambi i piedi a terra e nel farlo si rese conto che c’era
stato qualcosa di
insolito in quel suo gesto. Si paralizzò osservandosi le
gambe. Doveva
esserselo immaginato di sicuro… Ma era certo di non aver
accompagnato le gambe
a terra con le mani. Aveva posato i piedi a terra da solo…
Senza aiutarsi?
Guardò
ancora incerto le sue gambe, poi prese il coraggio e tentò
di sollevare la
gamba destra. Quasi non credette ai suoi occhi quando sentì
i muscoli contrarsi
e vide la gamba sollevarsi e il ginocchio piegarsi. Senza rendersene
nemmeno
conto scattò in piedi e contemporaneamente cadde in avanti,
non tanto perché
non si reggesse in piedi. Piuttosto, per la sorpresa di
vedersi in piedi.
Si
voltò
a pancia in su sollevandosi sui gomiti per poter guardare le gambe,
come se non
fossero le sue. Sentiva anche da fermo i muscoli dei polpacci
contrarsi, come
tutto il suo corpo, per effetto della tensione del momento. Lentamente
tentò di
sollevare nuovamente la gamba piegando il ginocchio… sentire
muscoli che non
aveva più usato muoversi tutti insieme, seguendo un
movimento che non era
abituato ormai più a compiere, lo
sconvolse più del ritrovarsi a
gambe incrociate a terra senza nemmeno pensarci.
Si
guardò
come se non si conoscesse per poi passare lo sguardo alla sedia a
rotelle che
ancora l’aspettava di fianco al letto. Avrebbe aspettato a
lungo, pensò
all’istante, e si ritrovò a ridere. Si
portò una mano alla bocca per schermare
la risata. Non voleva svegliare i suoi. Gli sarebbe preso un colpo di
sicuro a
vederlo lì a terra a gambe incrociate a ridere come un pazzo.
Si
alzò
in piedi, rimanendo poi bloccato sul posto colto da un capogiro. Non
era più
abituato a quell’altezza. Rise e percorse il perimetro della
sua stanza
godendosi la sensazione dei suoi piedi sul freddo parquet di legno
chiaro e dei
muscoli che lavoravano… Era la sensazione più
bella mai provata.
Si
fermò
davanti alla specchiera dell’armadio osservandosi, tastandosi
le gambe come per
accertarsi che fossero veramente sue. Non si sentiva così
euforico da quando
avevano vinto le Nazionali con il Glee Club. Non si sentiva
così euforico da…
mai…
Raggiunse
il letto e afferrò il portatile aprendolo una seconda volta.
Rientrò nella chat
aperta poco prima con Sam e, anche se l’amico non era
più collegato, scrisse
velocemente un messaggio.
Artie
Abrams
Siamo
cambiati!
***
Svegliarsi
nel cuore della notte non era tanto strano quanto il trovarsi stesa su
un prato
verde vestita con un leggero abito di seta rossa.
Ma
Santana era certa di non sognare.
La
sensazione dell’erba sotto di sé,
l’odore che aveva la terra scaldata dal sole,
e il calore… Erano più che reali. Anche se non
tanto reali potevano essere
unicorni e fatine. Improvvisamente sentì qualcuno cantare.
Non qualcuno.
Brittany. Avrebbe riconosciuto la sua voce tra mille. Si
alzò in piedi
camminando scalza sull’erba morbida e seguì la
voce fino a trovarla. Era seduta
a terra su di una coperta pachwork multicolore. Vestita con una abito
lilla che
somigliava al suo, i capelli intrecciati con delle margherite. Il viso
rivolto
al sole e gli occhi chiusi, intenta a catturare il calore dei raggi del
sole.
Non
credeva
di aver mai visto nulla di più bello al mondo e per qualche
istante dimenticò
l’assurdità di quella situazione limitandosi ad
ammirarla in silenzio. Si
riscosse subito, raggiungendo la biondina.
“Brittany!”
la chiamò.
Brittany
aprì gli occhi voltandosi verso di lei e sorridendole:
“Finalmente sei
arrivata!” esclamò saltando in piedi tutta
allegra. “Di solito quando ti sogno
arrivi subito.”
Santana
la guardò confusa: “Brittany… Questo
non è un sogno.”
“Sì,
lo
è… il mio sogno più bello!”
“Brittany,
siamo entrambe sveglie. Non è un sogno!” le
urlò contro l’ispanica.
Non
voleva aggredirla ma non le piaceva quella situazione. Per quanto
innocua fosse
quell’atmosfera da fiaba non si sentiva al sicuro.
Ne aveva avuto
abbastanza di vuoti di memoria, incertezze e… poteri.
Poteri.
Blaine
era diventato invisibile. O almeno era quello che aveva raccontato. Non
ci
avrebbe creduto se non fosse comparso dal nulla davanti ai suoi occhi.
E Jake.
Aveva toccato quel taglio sulla stoffa della sedia ed aveva attaccato
ad avere
delle convulsioni e poi… sosteneva di aver avuto
una visione.
No…
era
pazzesco solo pensarci! Eppure quelle 5 settimane di vuoto…
Brittany
la guardò imbronciata: “Di solito non fai
così nei miei sogni… di solito ci
coccoliamo abbracciate sulla coperta!”
Santana
riportò l’attenzione sulla sua ex-ragazza e le
sorrise, incapace di rimanere
seria davanti a quell’adorabile broncio. Ancora non credeva
di aver fatto
soffrire la sua Brittany tradendola in quel modo. Come aveva potuto
dimenticare
in così poco tempo quanto potesse renderla così
felice solo con il minimo
sguardo?
Si
avvicinò a lei prendendole il viso tra le mani guardandola
dritta negli occhi:
“Ascoltami Brittany… Non è un sogno. Ma
se tu credi che lo sia… Tutto quello
che devi fare ora è svegliarti!”
Credette
di vedere gli occhi di Brittany illuminarsi per una frazione di
secondo. Poi
però lì vide chiaramente appannarsi. Divennero
vacui e spenti e il suo sorriso,
che si era aperto alla vicinanza di Santana, sparì.
“Tutto
quello che vuoi!” disse
poi
Brittany con voce lenta e monocorde e in un istante tutto lo scenario
fiabesco
sparì lasciando posto alla camera di Brittany, immersa
nell’oscurità notturna.
Santana
si guardò intorno sconcertata senza lasciare le mani dal
viso di Brittany. Non
poteva credere ai suoi occhi. Brittany aveva creato quello scenario per
poi
farlo sparire quando glielo aveva chiesto.
Lasciò
il
viso di Brittany come se si fosse scottata, indietreggiando fino alla
luce per
accenderla. Brittany sbatté le palpebre un paio di volte
prima di voltarsi
verso Santana, guardandola in un misto tra confusione e paura.
“Avevi
ragione… non era un sogno…”
tentennò Brittany.
Santana
rimase dov’era, incerta, prima di puntare gli occhi in quelli
chiari della
bionda: “Brittany… pensa a Quinn… pensa
che vorresti fosse qui! Pensa che sia
qui!”
Brittany
la guardò confusa ma non disse nulla si limitò a
rivolgersi verso la specchiera
dove stavano diverse foto del Glee Club in particolare di una in cui
c’erano loro
tre. Il Diabolico Trio poco dopo aver vinto le nazionali. Fece come
aveva detto
Santana. Perché Santana sapeva sempre cosa fare.
Pensò
a
Quinn, a Quinn con lei e Santana, e quasi si spaventò quando
sentì la porta
spalancarsi. Quinn fissò le due amiche con gli occhi
sbarrati la mano ancora
sulla maniglia abbassata.
“Questa
non è camera mia!”
Disclaimer
I personaggi
citati in questo racconto non sono miei,
ma appartengono agli aventi diritto. Servendo di
loro non ottengo nessuna forma di lucro.