12
Pochi
minuti dopo che il silenzio era tornato a dominare all’interno della villa, un
nuovo elicottero, stavolta un grosso mezzo da trasporto, atterrò nei suoi
cortili, accanto al primo, e da esso scesero una decina di uomini armati che
come prima cosa si accertarono che tutti gli ostili fossero morti, mettendo
l’area in sicurezza.
Infine, dal mezzo scese anche Michelle; gli
anni erano passati anche per lui, dall’ultima volta che aveva preso parte ad
una operazione sul campo, ma restava comunque un giovane ventottenne di
indiscutibile fascino, con lunghi capelli castani e profondi occhi marroni.
Si guardò attorno, indifferente a tutto quel
massacro, e quando vide il gigante nero venirgli incontro con la sua arma
gigante coperta di sangue in una mano, e un orrendo moncone di gamba
nell’altra, sorrise tra sé e sé.
«Questa è sufficiente?» domandò il nero
porgendo il suo macabro trofeo
«Ma quando la finirai con queste indecenze, Malik?» disse il giovane quasi divertito «Bastava anche
solo un campione di sangue, o comunque un piccolo campione.»
«Volevo essere sicuro di non prenderlo
“troppo” piccolo.» replicò Malik con lo stesso tono
«Quella roba che mi avete dato è davvero fenomenale. Di solito i vampiri si
inceneriscono prima ancora che abbia il tempo di affettarli a dovere.»
«È un ritardante. A differenza di quanto
accade con gli umani, nei vampiri la disgregazione cellulare post-mortem avviene in modo pressoché istantaneo.
Incenerimento per i vampiri comuni, cristallizzazione o sublimazione per i
Sangue Puro. In questo modo rallentiamo sensibilmente questo processo».
Michelle fece un cenno ad uno dei soldati, che
con un compagno scaricò dall’elicottero una grossa cassa criogenica nella quale
fu riposto il campione.
«Non ho ancora capito che cosa volete farci
con tutta questa roba. Cos’è, avete deciso di aprire una macelleria a base di
carne di vampiro?»
«L’ignoranza è una benedizione, amico mio.»
rispose Michelle prendendo dalla tasca un grosso mazzo di banconote «Non
indagare cose che non hai bisogno di sapere.»
«Figuriamoci, sai quanto me ne importa.»
rispose il nero prendendo i soldi «Finché ci sono questi, potete pure farmi
scatenare la Terza Guerra Mondiale, e non me ne fregherebbe niente».
In quella, altri quattro soldati portarono
all’esterno i corpi dei due mostri che avevano assaltato la villa; uno dei due
era orrendamente fatto a pezzi, tanto che molti altri soldati presenti
vomitarono nel vederlo.
«Ad ogni modo.» osservò Michelle «Sembra che
questi nuovi prototipi funzionino bene.»
«E uno dei due avrebbe continuato a farlo, se
non gli aveste fatto schizzare le cervella fino in Indocina davanti ai miei
occhi.»
«Questi sono animali, fondamentalmente.
Animali molto pericolosi, per quanto utili. Il sistema di assoggettamento
impiantato nei loro cervelli è efficace per un tempo limitato, passato il quale
diventano delle bestie senza controllo e molto pericolose. Per questo, nei loro
corpi è impiantato anche un congegno esplosivo, che si attiva automaticamente
appena il dispositivo di assoggettamento smette di funzionare.
Così evitiamo che possano creare problemi.»
«Ne sapete una più del diavolo, questo ve lo
concedo. Anche se, onestamente, credo avrei potuto cavarmela da solo senza
problemi.»
«Può darsi.» rispose Michelle con tono di
circostanza «Ad ogni modo, il tuo lavoro qui è finito. Puoi rientrare in
Vaticano. Ti contatteremo nuovamente se avremo ancora bisogno di te».
Ormai
mancava poco all’inizio delle vacanze estive, il che stava irrimediabilmente a
significare che il periodo delle verifiche di fine semestre era entrato nella
sua fase più dura.
Quasi tutti gli studenti, fatti salvi i pochi
fortunati che potevano vantare una preparazione o una bravura sopra la media,
passavano le loro giornate chini sui libri, e ogni giorno, o ogni notte nel
caso della Night, era un compito nuovo da dover superare.
Passatempo preferito dei ragazzi era
confrontarsi su domande, preparazione e, soprattutto, su voti, visto che un po’
tutti speravano di sfruttare quelle due o tre settimane di verifiche a raffica
per alzarsi un po’ la media, magari sacrificando qualche materia senza speranza
per concentrarsi su quelle con più possibilità.
Ma non era il caso di Emma.
Lei non studiava, o comunque non dava mai
l’impressione di farlo, ma nonostante ciò i suoi voti erano comunque piuttosto
buoni, anche se non eccelsi.
Lo dimostrava il fatto che quella notte,
mentre Izumi era china sui libri chiusa nella sua stanza alla luce della
lampada da tavolo, la sua migliore amica se ne restava spaparanzata nel letto
lì affianco, dormendo della grossa.
«Non puoi andare a dormire in camera tua?»
domandò ad un certo punto Asakura «Dici sempre che il mio letto è troppo duro.»
«La mia compagna ha chiamato tutte le sue
amiche. Dovranno farsi una nottolata per studiare.»
«È quello che sto facendo anch’io.»
«Ma almeno tu non fai rumore, e posso dormire
in santa pace».
Izumi era talmente concentrata su quei libri
che ad Emma viene quasi da ridere.
«Asakura, dacci un taglio con quelle
stupidaggini. Non capisco perché tu lo faccia. Non ti ho mai vista scendere
sotto il novanta in nessuna verifica, e quella roba la sai già così a menadito
che potresti anche fare la lezione al posto del professore di matematica.»
«Non si è mai abbastanza sicuri. E poi non
voglio correre il rischio di dimenticarmi qualcosa. La verifica di domani è
l’ultima prima dell’inizio delle vacanze, e non voglio sbagliarla.»
«Sei davvero una ragazzina casta e pura senza
speranza. Sempre a cercare il meglio in ogni cosa che fai. Il giorno in cui ti
vedrò folleggiare in discoteca o al karaoke, quanto è vero che mi chiamo Emma
mi faccio crescere i capelli fino a terra.»
«Emma-sempai, senza offesa… ma forse non dovresti studiare anche tu? Chi prende
l’insufficienza domani, avrà l’obbligo di frequentare lezioni supplementari
durante le vacanze.»
«Tranquilla, non c’è alcun pericolo. Ho i miei
assi nella manica.»
«Questi assi.» disse Izumi con un tono ed uno
sguardo insolitamente maliziosi «Si chiamano per caso bigliettini e copiare?»
«Ma quanto sei perspicace.»
«Non ti porterà da nessuna parte.»
«Tanto per cominciare, non ho chiesto io di
venire qui. Mi ci hanno buttata a forza. E in secondo luogo, di certa cultura o
presunta tale non so che farmene, e quindi non vedo ragione per studiarla.»
«Sei incorreggibile.» sospirò infine Izumi.
Nel
mentre, all’esterno, l’accademia era impegnata nella sua quotidiana attività
notturna, e quello che gli allievi della sezione diurna avrebbero fatto solo il
giorno dopo era invece già davanti agli occhi degli alunni della Night.
Logicamente, il questionario proposto a Kaname e agli altri aveva un livello di difficoltà
improponibile per i ragazzi della Day Class, visto e considerato che un vampiro, anche di scarse
capacità, poteva raggiungere un livello intellettivo quasi doppio rispetto al
più intelligente degli esseri umani.
E come accadeva anche tra gli umani, c’erano
vampiri più dotati di altri.
Il compito che fu portato loro durante le due
ultime ore di lezione avrebbe fatto uscire di testa anche il più cervellotico
dei matematici, ma per loro, a parte qualche rara eccezione, era assolutamente
risolvibile.
Kaname, come al
solito, fu il primo a finire, troppo superiore era il suo livello di conoscenza
persino tra i suoi simili.
Vedendolo alzare la mano, consegnare il foglio
e tornare tranquillamente al suo posto, però, fece salire il sangue agli occhi
ad Eric; ormai quei due si consideravano come cane e gatto, e non perdevano
occasione per punzecchiarsi l’un l’altro.
Forse era anche per questo, per questo suo
sfidare all’apparenza la moralità e il conformismo dell’aristocrazia
giapponese, che molti dei ragazzi dello scambio culturale stavano iniziando a
vedere in lui l’unico capo-dormitorio a cui fare riferimento, cosa che
ovviamente irritava molti degli studenti più anziani e conservatori, a cominciare
da Aidou.
Dopo meno di cinque minuti da che Kaname ebbe consegnato, Eric fece altrettanto.
«Ho finito.» disse avvicinandosi a Peter, che
come al solito sonnecchiava sul lavoro, e porgendo il suo foglio
«Sei sicuro di voler consegnare? Hai ancora
tempo.»
«Ho detto che ho finito.» replicò Eric con
voce da far tremare i polsi.
«No… non fare… così…» disse spaventato
Peter, che quindi prese il compito infilandolo nella sua cartellina.
Eric però, a differenza di Kuran,
non aveva intenzione di sprecare il resto della notte chiuso lì dentro ad
aspettare che gli altri avessero finito ed uscì per primo, guardato in
malissimo modo da Aidou e da alcuni altri.
«Dannato presuntuoso.» mugugnò Pierre «Ma un
giorno di questi io…»
«Invece di farti le pippe
mentali, concentrati sull’esame!» fu la risposta a piena voce di Peter, che
suscitò l’ilarità di molti e fece andare Rohan ancor
più fuori dai gangheri.
Eric, lasciata la classe, volle farsi un giro
per il cortile, aspettando l’alba per andarsene a dormire; da qualche tempo non
andava neppure più a vegliare sul dormitorio sole ogni volta che ne aveva
l’occasione, ormai certo che Emma e Zero fossero più che qualificati a fare ciò
che era stato loro chiesto.
Arrivato nei pressi del cancello principale,
l’attenzione del ragazzo fu attratta dall’arrivo, comprensibilmente insolito
per quell’ora, di un taxi, che appena giunto al cancello fu fatto subito
entrare tramite il comando a distanza azionato dall’usciere.
«Chi sarà mai a quest’ora?» si domandò.
Incuriosito seguì la macchina, fino a che
questa non si fu fermata davanti alla scalinata principale; ne scesero due
ragazzi, forse sedicenni o poco più, ma che fisicamente sembravano praticamente
ai due opposti.
Uno era biondo, austero, viso pulito e pelle
chiara, con occhi azzurri ed espressione severa, e un portamento e un
portamento elegante quasi da aristocratico. L’altro, invece, era una specie di
armadio, muscoloso e possente, capelli neri a spazzola e carnagione piuttosto
scura, mediterranea; il suo viso era composto, contornato da due piccoli occhi
scuri, e nonostante superasse abbondantemente il metro e ottanta non incuteva
timore, almeno non a prima vista.
«Finalmente siamo arrivati.» disse il biondo
recuperando il suo bagaglio «Dodici ore di volo, una notte d’inferno in un fatiscente
albergo di Tokyo, poi il treno sbagliato per ben due volte e infine la discesa
una fermata prima di quella giusta.»
«Tu ti lamenti sempre troppo.» replicò il
gigante prendendo a sua volta il proprio borsone «Un viaggio può riservare
sempre degli imprevisti.»
«Imprevisti!? È stata un’odissea! Saremmo
dovuti arrivare stamattina! Sono quasi le cinque!»
«Dovresti migliorare il tuo giapponese.»
«E tu dovresti imparare a leggerlo. Se avessi
interpretato correttamente la carta, non saremmo finiti a Nagoya invece che a
Nagano!».
Poi, i due notarono Eric, che li osservava tra
la curiosità e il sospetto; erano certamente umani, ma c’era qualcosa… di strano in loro. In tutti e due; e il giovane
Flyer non sapeva cosa pensare.
«Scusa la scenata.» disse il gigante «Come
puoi immaginare, siamo a pezzi.»
«Siete nuovi studenti?» domandò Eric
avvicinandosi
«No, siamo turisti di passaggio.» rispose
sarcastico il biondo
«Dacci un taglio.» gli ordinò il suo amico
«Perdonalo. Derek non ama particolarmente viaggiare, e questo è stato un
viaggio a dir poco infernale.
Comunque sì, siamo nuovi studenti della
sezione diurna.» quindi indicò il biondo «Questo è Derek Reinari.
Io invece sono Gabriele Lopez. Ma puoi chiamarmi semplicemente Gabriel.»
«Lopez e Reinari?»
replicò Eric «Ho sentito parlare di voi. Sede di Vienna, giusto?»
«Esatto. Ci hanno trasferiti qui per un corso
di aggiornamento.»
«E tu invece?» domandò Derek «Con chi abbiamo
il piacere di parlare?»
«Eric Flyer.» rispose lui dopo un attimo di
esitazione.
Nel sentire quel nome, i due ragazzi
spalancarono gli occhi, Gabriel il particolare
«Quell’Eric Flyer!?» disse «È un onore
conoscerti. In Europa non si parla che di te, e di quello che hai fatto
diciotto mesi fa.»
«Ormai è storia passata.»
«Non c’è che dire, è un collegio pieno di
celebrità.» commentò Derek «E immagino che tu non sarai l’unico pezzo da
novanta qui dentro.»
«Vuoi darci un taglio?» gli intimò il grosso.
In quella, arrivò Shezka
con in mano una vecchia lampada ad olio.
«È un’ora un po’ tarda per arrivare.» disse
col suo solito tono piatto e inespressivo
«Ci voglia perdonare.» rispose educato Gabriel
«È stata davvero una giornataccia. Contavamo di arrivare prima, ma non
pensavamo che da Nagano a qui ci fossero tutti questi chilometri.»
«D’accordo, non importa. Venite, il direttore
è andato a dormire, ma ha lasciato le chiavi delle vostre stanze.»
«Allora.» disse Gabriel porgendo la mano ad
Eric «È stato un piacere».
Eric la accettò, ma nel momento in cui lo
strinse una stranissima sensazione gli attraversò tutto il corpo; era qualcosa
di famigliare, in qualche modo sgradevole, che lo turbò, riportandogli alla
memoria vecchi ricordi mai del tutto sopiti. Nonostante ciò Gabriel parve non
accorgersene, come non si accorse apparentemente dell’espressione comparsa
negli occhi del suo nuovo compagno di scuola.
Lui e Derek a quel punto se ne andarono, e
rimasto solo Eric si guardò un momento la mano; era da lì che la sensazione si
era generata, e pertanto era sicuro di non sbagliare su chi e perché ne fosse
stato l’artefice.
Ma come era possibile? Gabriel era un essere
umano. Un hunter forse, ma di vampiresco non aveva assolutamente nulla… o almeno, così sembrava.
Cominciarono a tornargli alla mente vecchie
storie che aveva sentito a proposito di quel gigante buono, dicerie alle quali
non aveva mai dato credito, ma ora non ne era più tanto sicuro.
Voleva saperne di più.
Probabilmente si stava preoccupando per nulla,
ma aveva bisogno di esserne sicuro.
Tornò al suo dormitorio, nonostante le regole
vietassero di frequentarlo durante l’orario di lezione, si chiuse nella sua
stanza e sollevò il telefono multimediale installato nel suo portatile.
Dopo qualche secondo, comparve sul monitor un
volto a lui famigliare.
«Tu guarda se questa non è una sorpresa.»
disse la giovane donna sulla trentina con piccoli occhiali da vista e capelli
castano scuri raccolti in una acconciatura da austera responsabile d’ufficio
«Hunter Flyer. Mi domandavo che fine avessi fatto.»
«Buongiorno, direttore Gabrielli.»
«Buongiorno!? Qui sono quasi le nove della
sera. E per l’appunto, stavo quasi per andarmene a casa.»
«Le ruberò solo pochi minuti, promesso.»
«Dal tono.» replicò la direttrice incupendosi
«Non credo tu mi abbia contattata per programmare una partita a tennis.
Avanti, cosa ti serve.»
«Vorrei sapere qualcosa sul conto di un
ragazzo che è arrivato poco fa qui alla Cross. Gabriele Lopez.»
«Lopez? Il siciliano? Lo conosco.
Ufficialmente sta a Vienna, ma qui a Venezia ormai è di casa.
Sapevo che era in Giappone, ma che fosse alla
Cross mi giunge nuova. Che ci fa lì?»
«È qui per uno scambio culturale. O almeno
così ha detto. Ma vorrei qualche informazione su di lui. Tipo, sul suo passato,
e sul suo ruolo nell’Associazione.»
«Ho capito, aspetta un momento».
La direttrice si scollegò per un po’, ed Eric
si ritrovò a contare febbrilmente i minuti finché non la vide riapparire con in
mano alcuni fogli impilati alla meno peggio.
«Ecco.» disse «Ho stampato il suo fascicolo. È
entrato nell’associazione circa da un anno, ma ha già avuto modo di mettersi in
mostra.» quindi cominciò a leggerlo «Accidenti. Non ha avuto una vita facile.»
«Che intende dire?»
«Stando al rapporto, subito prima di diventare
un Hunter pare sia finito nelle mani della mafia. Sembra che lo usassero come
cavia per testare droghe e stimolanti di varia natura, molti dei quali
sperimentali.
Secondo i medici dell’associazione è a ciò che
si deve la sua considerevole forza fisica e la sua stazza imponente. Comunque
gli esami non hanno rilevato anomalie o disturbi di alcun tipo, perciò è stato
ammesso come Hunter dopo l’apprendistato e una lunga disintossicazione.»
«Droghe e stimolanti dice…».
Poi, ad Eric venne un pericoloso sospetto:
poteva anche essere.
«Si sa a quale famiglia mafiosa faceva da
cavia?»
«Un attimo, verifico…
dunque, vediamo… sì, ecco. Erano i Bongianno. I Bongianno di
Palermo.»
«Lo sapevo.» mugugnò il ragazzo tra sé
«Sapevi cosa?».
A quel punto, restava solo da accertare se ciò
che pensava era vero.
Eric sperava con tutto il cuore di sbagliarsi,
perché se avesse avuto ragione ci sarebbe stato da riflettere su parecchie cose
decisamente spiacevoli.
«Senta, potrebbe inviarmi cortesemente una
copia di quei documenti?».
La Gabrielli lo
guardò di sottecchi, squadrandolo come una maestra con un alunno irruente.
«Credevo sapessi che questi documenti non
possono essere distribuiti impropriamente. A rigor di logica non potrei neanche
dirti che cosa c’è scritto.
Solo gli hunter di più alto livello possono
avervi accesso o richiederne copie.»
«Quand’è così, li spedisca al direttore Cross.
In questo modo non dovrebbero esserci problemi.»
«Posso sapere che cosa sta succedendo? Cos’è
tutta questa premura?
C’è forse qualcosa che dovrei sapere?»
«Ancora non lo so. Ho bisogno di esserne
sicuro».
Di nuovo la direttrice lo guardò enigmatica,
poi si sistemò un momento gli occhiali e cominciò ad armeggiare al computer.
«Mi devi un favore, ricordatelo.»
«Beh, le ho salvato la sede e la vita.»
scherzò il ragazzo «Direi che a questo punto siamo pari.»
«Anche questo è vero.» commentò ironica la
donna.
Qualche minuto dopo, il trillare del telefono
fece saltare il direttore Cross giù dal letto, costringendolo a scendere in
salotto per rispondere.
«Eric, ti sembra questa l’ora di telefonare?»
domandò sbadigliando e strofinandosi gli occhi
«Ho bisogno di un favore. Dovrebbe esserti
arrivato un documento via e-mail da Venezia. È necessario che lo stampi.
Riguarda Gabriel Lopez, il ragazzo arrivato poco fa.»
«Ed era proprio necessario dirmelo subito? Non
potevi aspettare domattina?»
«Temo di no. Se quello che penso è vero, è
meglio esserne sicuri il prima possibile».
Il
giorno dopo in classe c’era talmente tanta ansia per il compito di algebra e
geometria analitica che i ragazzi quasi non fecero caso ai due nuovi studenti,
Gabriel e Derek, pur nella loro unicità e particolarità, che li faceva sembrare
una sorta di Davide e Golia perennemente uno vicino all’altro.
Emma, ovviamente, non riuscì a copiare, poiché
non aveva messo in conto che a seguire la prova ci sarebbe stato quella serpe
approfittatrice di Peter, che da parte sua non vedeva l’ora di vendicarsi del
tremendo pestone di piede di qualche giorno prima, e che ben conosceva le
tendenze della sua amica russa.
«La prossima volta lo colpisco più forte.»
mugugnò vedendo che non le staccava un momento gli occhi di dosso.
Per fortuna, alla fine, Izumi ebbe pietà di
lei e le passò il compito sottobanco, permettendole di scampare per un soffio
alle lezioni supplementari.
Quanto a Gabriel e Derek, anche loro fecero
tutto sommato un buon compito, nonostante le ventiquattro ore di viaggio e solo
una cinquantina di minuti di sonno per recuperare, e durante la ricreazione di
mezzogiorno, mentre tutti si dirigevano verso la sala mensa, loro due furono
tra gli ultimi ad alzarsi.
Durante il pranzo, il fisico imponente di
Gabriele attirò infine l’attenzione che gli era sempre dovuta; da qualsiasi
punto della sala si guardasse, la sua figura torreggiava su tutte le altre, ma
gli sguardi increduli e perplessi degli altri studenti, la maggior parte dei
quali gli arrivava giusto alle spalle, sembravano lasciarlo indifferente.
Lo stesso si poteva dire del suo compagno, che
invece si guardava attorno con aria spaesata.
«Ci guardano tutti.» osservò Derek
«E tu non farci caso.» tagliò corto Gabriele.
D’un tratto, l’altoparlante trasmise un
annuncio.
«Lo studente Gabriele Lopez è pregato di recarsi
urgentemente in infermeria».
Pur non comprendendo la ragione di quella
convocazione, quella specie di gigante buono obbedì senza fare storie, e
perennemente tallonato dal suo compagno, che tuttavia fu invitato ad aspettare
fuori, raggiunse l’infermeria dell’accademia, dove lo attendeva la dottoressa Himeka per un prelievo di sangue.
«Di solito questi esami si fanno a stomaco
vuoto.» osservò Gabriele sedendosi allo sgabello e porgendo il braccio
muscoloso «A che cosa serve?»
«Niente di particolare.» gli disse la giovane
donna applicandogli il laccio emostatico e sistemandosi i buffi occhiali tonti
«Solo un controllo di routine».
Il giovane non si oppose, anche se il suo
sguardo parve incupirsi quando vide comparire la siringa della dottoressa, e
fatto il prelievo se ne andò salutando rispettosamente.
«Che ti hanno fatto?» gli chiese Derek mentre
ancora usciva.
La dottoressa salutò a sua volta, ma come la
porta dell’infermeria fu chiusa con fare molto sospettoso e determinato
recuperò la siringa e si defilò per una porticina secondaria, oltre la quale vi
era una lunga rampa in discesa che, percorsa fino infondo, la condusse, sempre
attraverso una specie di ingresso segreto, nel laboratorio nei sotterranei,
dove la attendevano il direttore Cross e l’Hunter Flyer.
«Non ho ancora capito perché hai voluto fare
questa cosa.» domandò il direttore
«Solo per togliermi una curiosità.» tagliò
corto Eric.
La dottoressa iniettò una parte del sangue
prelevato a Gabriele in una provetta, assieme ad un reagente, quindi il
contenitore fu inserito all’interno di una specie di analizzatore che iniziò
subito a lavorare.
«Dov’è la sua cartella?» chiese Eric mentre aspettavano
i risultati.
La dottoressa gliela porse, ed il ragazzo la
sfogliò brevemente.
«Questa è la lista delle sostanze che gli sono
state trovate in corpo?» domandò leggendo uno dei documenti
«Quelle emerse nell’ultimo controllo.» rispose
il direttore
«E il controllo a quando risale?»
«Al suo ingresso ufficiale nell’associazione,
sei mesi fa. E se non è emerso niente allora…»
«Questo reagente non è mai stato testato prima
d’ora. Non mi sorprenderebbe se non fosse emerso nulla nei precedenti esami.»
«Ma perché sei così convinto di avere ragione?»
«Per generazioni i Bongianno
sono stati i faccendieri degli interessi dei Lorenzi in Sicilia. Ti stupiresti
se mio nonno li avesse coinvolti nei suoi esperimenti?»
«Ora che mi ci fai pensare, no.»
«Inoltre, conosci una droga capace di
aumentare in questo modo le abilità fisiche senza effetti collaterali
permanenti?»
«Ma il virus Vermillion
dovrebbe essere incompatibile con gli esseri umani.»
«Appunto. È questo che mi spaventa.»
«Ecco.» intervenne in quella la dottoressa «Ha
finito».
Tutti e tre si avvicinarono allora allo
schermo del computer, sul quale, dopo qualche istante, comparve la scritta
lampeggiante RISCONTRO POSITIVO.
Il direttore ed Eric si sentirono gelare il
sangue, ed anche la dottoressa si incupì.
«Allora, è vero. È tornato.»
«E si è rimesso al lavoro.»
«E noi neanche lo sapevamo».
Ora non restava che la prova del nove; Gabriel
era positivo al Vermillion, ma fatta salva la
corporatura e la forza che gli aveva donato, era capace di sfruttarne anche
altre caratteristiche?
«Dove stai andando?» chiese il direttore
vedendolo andare via
«A togliermi un’altra curiosità.» rispose lui.
Nota
dell’Autore
Eccomi
qui!^_^
Mi
aspettavate, vero? (sì, speraci ndtutti)
Quel
famoso esame che non mi dava tregua è finalmente passato, e come forse potrete
evincere dal mio stato d’animo è andato non bene, di più, il che mi ha messo
addosso un buonumore e una carica incredibili.
Mi sono
voluto prendere qualche giorno per smaltire la fatica e l’ansia, ma ora sono
più carico che mai e pronto a ricominciare con aggiornamenti quotidiani.
Ecco
dunque che la banda è completa!^_^
Con
Gabriel e Derek, tutti i nostri OC sono ormai entrati in scena, e la storia
prende sul serio il via.
Mancano
ancora Lynette ed Ashley, altri due OC miei che
alcuni di voi sicuramente conoscono, ma per loro c’è tempo.
A
presto!^_^
Carlos Olivera