Finalmente la donna mi lasciò il braccio. Si fermò davanti a una porta di legno massiccio e con un calcio,l'aprì. Quel fragore improvviso mi frastornò. La stanza che mi trovavo di fronte emanava un odore acre di vestiti impregnati di sangue e muffa. Era decisamente sporca, buia e umida. Per terra vi erano resti di cibo sparpagliati qua e là e le pareti della stanza erano sudicie. Rimasi a fissare la stanza e il suo squallore per molto tempo, cercando un riferimento che ricordasse casa. Niente. Poi mi voltai e incontrai gli occhi della mia conducente. Erano freddi, gelidi e distaccati, velati di un pizzico di follia. La guardai a lungo. Poi senza alcun preavviso ricevetti un colpo in pieno petto e mi ritrovai contro una parete squamosa e bagnata.Tentai di risollevarmi cercando un appiglio ma trovai solo le fredde mani della mord-sith che mi incatenavano ad un palo. Rimasi con i piedi sospesi dal suolo per molto tempo piangendo e gridando. Dopotutto volevo solo la mamma volevo ancora un suo sorriso un suo abbraccio. E invece ricevetti pugni e gomitate in continuazione, senza sosta. Rimasi appesa al palo finché non mi sanguinarono i polsi. Facevo fatica a respirare e annegavo tra le mie lacrime salate, che grondavano e ardevano sui lividi e i tagli che la donna mi aveva procurato. Mi chiesi perché ero lì che cosa avevo fatto loro. Ma la risposta arrivò immediata: perché si divertivano. Come una giornata di pesca insieme, al torrente.