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Autore: _Rockstar_    27/11/2012    1 recensioni
Che cosa sarebbe successo se i 76esimi Hunger Games fossero stati istituiti veramente? Cosa sarebbe successo se la ghiandaia imitatrice non avesse ucciso la Coin e il loro malvagio progetto fosse andato a buon fine? Cosa sarebbe successo se ventiquattro ragazzi di Capitol City fossero stati gettati in una nuova arena soltanto per vendetta da parte degli altri distretti? Attenzione: Spoiler de "Il canto della rivolta".
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo XVIII – Sulla Cresta dell’onda


Guardai il sole nascere all’orizzonte. Il cielo aveva preso colori che variavano al trascorrere dei minuti, dal nero della notte passò all’arancio dell’aurora per concludersi con un azzurro della mattina più splendente e calda. Osservavo il paesaggio intorno a me mentre… solo in quel momento mi resi conto che ero stata davvero sgarbata a non chiedere il nome della ragazza a cui avevo salvato la vita, o almeno lei era stata maleducata a non dirmelo. Avrei rimediato più tardi. Guardai le sue spalle alzarsi ed abbassarsi seguendo il suo respiro ormai diventato calmo e il suo capo crollare di tanto in tanto di lato. Sorrisi tra me e me e mi alzai. Non sapevo bene se il cibo che avevamo sarebbe bastato per due o se lei avrebbe deciso di condividerlo con me, in ogni caso avremmo dovuto migrare e cercare un luogo più sicuro dove sfamarci. In quel momento mi mancò tanto il mio arco. Ne avevo visto uno alla Cornucopia ma molto probabilmente ora era in mano di un qualche altro tributo, non mi piaceva immaginare che il suo possessore fosse Nita. Vagai avanti e indietro per quella non molto vasta distesa con le braccia incrociate aspettando che la mia alleata si svegliasse. Sentivo gli uccelli cantare felici nei loro nidi e qualche volta intravidi degli stupendi esemplari di scoiattolo sgattaiolare su per gli altri rami degli alberi. Tutto sembrava così calmo, ma perché non mi sentivo al sicuro?
– Pensierosa? – mi chiese la ragazza vedendomi camminare e camminare. Il tono sembrava quasi canzonatorio
– Tu non lo sei? – le chiesi di rimando io. Lei sorrise.
Sembrava quasi uno scambio di battute sarcastiche, come se volessimo offenderci senza dircelo apertamente
– Chi non lo è – disse lei a me.
– Ti sei risposta da sola – conclusi io. Non mi andava veramente di parlare con lei.
– Non ti ho nemmeno chiesto come ti chiami – continuai subito dopo.
Lei temporeggiò per qualche secondo, era chiaro che non si fidasse di me, non mi importava
– Cary – mi rispose quasi come se l’avessi obbligata. Un po’ di riconoscenza, non chiedevo molto.
– Cary, credo che dovremmo muoverci. Qui non è più sicuro – affermai con voce convinta.
Lei si alzò un po’ tremolante, aveva subito una ferita molto profonda e le mie cure non sarebbe bastate a lungo ma almeno era viva.
– Non credo di poter andare molto lontano ma ci proverò – mi rispose determinata
– Questo è lo spirito! – risposi mettendomi il suo zaino in spalla e nascondendo il suo pugnale nel mio stivale, a lei non sarebbe servito, o forse si, in ogni caso ora era mio. Non mi sentivo sicura senza un’arma, ci avrei pensato io alla sua protezione. Ci incamminammo per la foresta fino a giungere al suo limite, proprio sulla riva del fiume che avevo visto il giorno prima. Seguimmo il suo letto per molti chilometri, circa per tre ore ma non arrivammo da nessuna parte, quell’Arena era tutta uguale. Acqua e foresta, nient’altro. Riempimmo la boraccia molto spesso, in due la svuotammo numerose volte e durante il cammino finimmo quasi tutto il cibo a nostra disposizione. Man mano che ci avvicinavamo alla sorgente del fiume, la salita aumentava mentre la portata d’acqua diminuiva visibilmente ad ogni metro. Il paesaggio fluviale e collinare si era trasformato ora in uno montano, vedevo stambecchi saltellare felici su per i pendii rocciosi più alti, alberi muschiati e percepivo la temperatura abbassarsi. Eravamo circondate da entrambi i lati da fitte foreste di conifere. Il mio stomaco cominciava a brontolare e molto sicuramente Cary si trovava nella mia stessa situazione.
– Hai fame? – le chiesi premurosa. Lei annuì. Mi guardai attorno.
– Potremmo provare a cacciare qualcosa, va bene? - Annuì nuovamente.
Quella ragazza era davvero di poche parole. Mi sembrava di parlare con un muro, era davvero frustrante. Mi seguii nel bosco ed insieme riuscimmo ad uccidere qualche povero ed indifeso scoiattolo. Cary si offrì di pulire la carne mentre io, disubbidendo a tutti gli ordini che mi erano stati dati, accesi un piccolo fuoco, niente di esagerato, sarebbe servito a cuocere molto velocemente e non avrebbe prodotto molto fumo. Sperai in bene. Riscaldammo tutto il nostro animaletto e ci affrettammo a spegnere ed ad andarcene. Molto probabilmente qualcuno era già alla nostra ricerca.
– Togliamoci le scarpe e camminiamo nell’acqua, faremo perdere le nostre tracce – consigliai a Cary e lei sembrò essere d’accordo.
Il fiume in quel punto non aveva una alta portata e l’acqua non era molto alta. Mi tolsi le scarpe e immersi i miei piedi fino alla caviglia. Era una sensazione direi unica. Sentivo la freschezza e potevo vedere degli stupendi pesci di piccola taglia nuotarmi spensierati intorno. Passai tutto il tragitto ad osservare l’acqua trasparente ai miei piedi. Da quando ci eravamo incontrate non avevamo avuto una vera conversazione, io e Cary. Sapevo che non le stavo davvero simpatica e di certo non dimostrava il contrario. Ma ci trovavamo in quella situazione non per fare amicizia ma per sopravvivere quindi poco importava.
–Davvero non ti ricordi chi ti ha aggredito la scorsa notte? – le chiesi innocentemente.
Lei si bloccò con il volto basso e corrucciato. Sospirò profondamente.
– Te l’ho detto, era buio e non ho visto bene. So soltanto che aveva dei capelli castano scuro, ecco – mi rispose. Era inutile. Lasciai perdere.
Comunque ero sempre più convinta che fosse stato Fallon. Anche se, d’altro canto, non mi sarei mai aspettata da lui un lavoro così frettoloso e superficiale. Se lui avesse deciso che Cary sarebbe dovuta morire, Cary sarebbe morta. Uscimmo dall’acqua e cominciammo a nostro malgrado a salire un pendio alquanto ripido. Il sentiero era roccioso e non molto facilmente percorribile, non mancarono le volte in cui inciampammo in sterpaglie o buche disseminate qua e là. Ci immergemmo nuovamente in una fitta foresta, ormai a noi così famigliare. Per un primo momento ebbi anche paura di essermi persa. Il paesaggio era tutto identico, non variava mai. Un lungo fiume circondato da fitta boscaglia. Mi chiesi che tipo di Arena fosse, dovevo essere piccola quando furono giocati questi giochi perché non mi sembrava di aver mai visto qualcosa del genere nella mia memoria più recente.
– Dove siamo? – mi chiese Cary esausta.
– Non lo so… - le risposi sconsolata gettando malamente lo zaino a terra.
Non sapevo più dove andare. Il cibo era terminato da qualche ora, così come l’acqua e più vagavamo e più eravamo stanche, se qualcuno ci fosse venuto incontro in quel momento sicuramente non ce la saremmo cavata.
– Vuoi fermarti? – le chiesi. Lei annuì. La aiutai a stendersi, la sua ferita stava peggiorando nuovamente.
Le tolsi le vecchie bende, completamente insanguinate e dopo aver medicato la ferita ne usai delle nuove. Tutto questo vagare le stava davvero facendo male, forse non avrei dovuto obbligarla a muoversi o forse non avrei dovuto allearmi con lei. Mi rallentava e mi rendeva più debole di quanto già non fossi. In quel momento avrei preferito abbandonarla al suo destino ma non potevo di certo farlo. Mi sentii in colpa soltanto a pensarlo.
– Stai meglio? – le domandai ancora.
–Si, grazie – mi rispose lei sorridendo. Io ricambiai
– Sai, credo di averti giudicata male, Roseleen Snow- continuò Cary – Tu non sei come lui – terminò.
Era la prima persona che finalmente riusciva a vedere la Rose che era stata fino a quel momento invisibile.
– Grazie  - le risposi io  – Significa molto per me – continuai
– Mi hai salvato la vita, ti devo tutto – scossi la testa
– Mi basta questo – guardai il cielo che si stava dipingendo di tramonto. – Vado a vedere dove siamo – le si alzò immediatamente impaurita
– No, non me ne vado. Voglio guardare da un’altra prospettiva -  interpretai i suoi pensieri indicando poi l’albero sopra le nostre teste. Ho sempre voluto ringraziare Katniss per avermi insegnato tutto ciò che ora so, senza di lei non sarei andata molto lontano. Grazie.
Scalai quanto velocemente potei afferrandomi ai rami più robusti. Impiegai circa dieci minuti ad arrivare alla sommità. Lo spettacolo era mozza fiato. Potevo avere una quasi perfetta e totale visione dell’intera Arena. Alla mia sinistra la cornucopia ormai deserta, di fronte a me il lungo corso del fiume, alla mia destra un’immensa boscaglia non diversa da tutte le altre. Ma alle mie spalle mi si parò davanti ciò che non avrei mai sospettato.  Dietro di me si ergeva maestosa, a circa trenta chilometri di distanza, una diga. In quel momento compresi in che Arena ci trovassimo, la conoscevo e anche bene. Settantesima edizione, Annie Cresta.

Risponde l'autore:
Siamo già arrivati al capitolo 18 (+2)... wow, non pensavo di poter scrivere così tanto ma sopratutto non pensavo che la mia fan fiction vi sarebbe piaciuta così tanto. Vi ringrazio molto. Vi ho finalmente svelato che tipo di Arena di tratta, Anni Cresta. Vi ricordate qualcosa su di lei e sulla sua edizione? Se si, potreste anche sapere che cosa sta per accadere. Come trovate il nuovo personaggio, Cary? E chi pensate sia stato ad aggredirla? Posso dirvi soltanto che manca soltanto un capitolo al termine di questa Arena e poi si arriverà al gran finale...
  
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