Capitolo
cinque_ pensieri.
Il suo
cuore aveva finalmente rallentato i battiti, la sua mente stava
recuperando
informazioni e lucidità eppure, tutte le volte che
incrociava lo sguardo rosso
di Haiduc, la bocca dello stomaco le si chiudeva in una morsa dolorosa:
vedeva
in quegli occhi la follia del ragazzino nella spiaggia coperta di
cadaveri. Cadaveri bianchi come lui,
pensò Ellis,
che aveva ricominciato a districare la massa di capelli biondi,
arruffati anche
più di prima a causa della colluttazione con Haiduc.
L’occhio biondo le cadde
sui segni rossi che non accennavano a sparire sulle sue spalle,
ricordandole il
pericolo appena trascorso. Che quei segni le fossero da monito: mai
più sarebbe
interferita nel ricordo di qualcuno! Era già passata qualche
ora, eppure la
conversazione fra l’Albeis a Nicolai era ancora vivida nella
sua testa…
<<
Abbiamo davanti a noi
l’unica sopravvissuta di Xeris, Nicolai. >>
Aveva detto Haiduc,
sorridendo nonostante il dolore pulsante alla mascella. Nicolai aveva
fatto saettare
gli occhi azzurri da Ellis a lui, passandosi poi le mani fra i capelli.
<< E come sei giunto a questo, me lo spieghi?
>> Sbottò, indicando
con la mano aperta le spalle di Ellis. << Per tutti gli
Dei, sembravi
impazzito! >>
<<
Lo era davvero… >>
Mormorò Ellis, portando su di sé tutta
l’attenzione. Guardò Nicolai con gli
occhi biondi, il viso così bianco da sembrare di gesso.
<< … Mi ha detto
di abbracciarlo e di concentrarmi, fissando gli occhi nei miei.
Io… pensavo
che… >> Scosse il capo, come se avesse pensato
una sciocchezza, per poi
continuare. << Non so cosa sia successo, non so chi
fossero tutti quei
cadaveri e perché fossero tutti lì, ma
il verso che ha fatto dopo aver calciato la testa di
quell’uomo- averla
calciata così forte da staccarla dal suo cadavere!- era
così
disumano e disperato che… >> Sembrò
accorgersi solo allora che Haiduc era
al suo fianco. Trasalì, aspettandosi una qualche reazione
dell’Albeis, ma
l’unica cosa che Haiduc fece fu prenderle la mano e baciarla
piano. << E
lo ero, Ellis, lo ero. Credo che quello fu il momento più
buio in assoluto,
quel momento in cui maledissi me stesso e la mia carne e il mio sangue.
Io…
>>
<<
Stai dicendo che ha
guardato dentro di te? >> Intervenne Nicolai, chinandosi
in avanti.
<< Questa ragazzina ha visto i tuoi ricordi?
>> Haiduc
annuì all’espressione sbalordita
dell’amico. Gli raccontò di cosa avevano parlato,
della paura di Ellis, di come
lui si fosse aperto a lei e della sua intuizione…
<< L’ho lasciata
entrare, Nicolai, pensando che non ci fosse niente di male.
E’ entrata nella
mia mente e si è fermata a guardare quando ho scoperto i
cadaveri della mia
gente, quando ho trovato il corpo di mio padre. Erano morti, tutti.
>>
Nicolai gli fece un cenno affinché continuasse. La storia la
conosceva già da
tempo. Haiduc annuì, gli occhi lontani. <<
E’ andato tutto “ bene “,
finché lei non si è avvicinata e mi ha
toccato… una rabbia improvvisa mi ha
investito. Rabbia e paura, tutta la paura che avevo dentro per essere
rimasto
io solo, l’unico di una razza, l’unico col peso
della vita addosso. Ero come
avvolto nel mio incubo, incapace di svegliarmi.
>> Alzò di scattò la
testa, sogghignando. << Finché non sei
arrivato e mi hai
messo al tappeto con
un colpo da maestro. >> Nicolai si costrinse a sorridere.
<< Be,
quando c’è una fanciulla in pericolo questo e
altro… >>
Ellis si
sorprese a sorridere,
eppure il cuore le si agitava come un uccellino in gabbia.
<< Quindi,
tutto questo è servito a qualcosa. >> Disse. Haiduc annuì
più che serio. << Abbiamo
una pista. >>
<<
Devi essere una maga, o
qualcosa del genere. >> Commentò Nicolai,
annuendo a sua volta. <<
Una di Xeris. >>
<<
E dove è Xeris? >>
Chiese Ellis, ma nessuna risposta giunse dai suoi interlocutori.
<<
Signori? >> Pigolò, perplessa da quel
silenzio. << Ditemelo, dove è
Xeris? >>
Dopo un
attimo di greve silenzio,
Haiduc le posò una mano sulla testa, cercando di darle
conforto.<< Non
esiste più, Ellis. Xeris è morto. >>
Un nodo
più caparbio degli altri la fece mugolare
di dolore, attirando l’attenzione di Haiduc. I
loro occhi si
incrociarono di nuovo per subito allontanarsi, imbarazzati, nel
più assoluto
silenzio. Da quando se ne era andato Nicolai quel silenzio aleggiava
fra loro,
tangibile come una barriera. Ma di cos’era fatto questo
ostacolo? Paura? Senso
di colpa? Vergogna?
<<
Eri fuori di te dal dolore >>, sentenziò Ellis
a voce alta, scacciando
quella parola dalla sua mente quasi fosse arroventata. Parlò
come se stesse
proseguendo una conversazione. Stavolta, fu lei a cercare gli occhi di
lui.
<< Haiudc. >> Lo chiamò.
<< Eri un ragazzino spaventato, è
comprensibile che - >>
<<
Che ti abbia stretta così forte da lasciarti degli ematomi?
>> Sbottò
prontamente lui, << O che ti abbia sbattuto come una
bambola di pezza?
No, non è comprensibile,
Ellis. E
nemmeno accettabile. >> Sentenziò, avviandosi
verso l’uscita della tenda,
il più lontano da lei. Era infastidito
dall’incaponirsi della ragazza: perché semplicemente non gli dava la colpa che
meritava? <<
Io… non posso essere
perdonato. >>
<<
Certo che puoi! >> Esclamò Ellis, saltando
sulla sedia per l’energia che
sentì nella sua voce. Da dove veniva tutta quella forza?
<< E sai perché?
Perché non c’è niente
da perdonare,
Haiduc. >>
L’Albeis
non si voltò a guardarla, troppo spaventato da quello che
era successo poche
ore prima e dalla domanda che continuava a farsi da allora: se Nicolai
non fosse intervenuto, non
l’avesse
allontanato da lei, cosa sarebbe accaduto? Si sarebbe fermato
oppure… scacciò
il pensiero dalla testa, e in quello spazio si infilò
l’immagine della testa
decapitata di suo padre che rotolava sui granelli di sabbia, i lunghi
capelli
candidi come alghe nelle onde, la bocca dischiusa da cui usciva una
granchio
verdastro… Ecco cosa
c’è da perdonare,
pensò Haiduc con amarezza, la mia
intera
vita è da perdonare. << Non mi
voltare le spalle, Haiduc! >> Lo
richiamò di nuovo Ellis, sorprendendolo: quella ragazzina si
stava rivelando
più tenace di quanto credesse… Lentamente, si
volse per guardare quello
scricciolo biondo e bianco, incrociando il suo sguardo furente. Perché è così
arrabbiata? <<
Ho solo bisogno di pace, adesso.
Tutti e due ne abbiamo bisogno. >>
Le disse, conciliante, ma lei inaspettatamente strinse i
pugni. <<
No, abbiamo bisogno di parlare, invece! >> Gli si
avvicinò a grandi
falcate, senza alcun timore. << Non ho alcuna intenzione
di lasciarti
sprofondare nei sensi di colpa >>, annunciò
con le braccia conserte sotto
il piccolo seno, mentre lui la ascoltava. Gli puntò un dito
al petto. << Ascoltami
bene: quello che mi ha sbatacchiata come una bambolina non eri tu, Haiduc, perché tu non mi
faresti mai
e poi mai del male. Quello che mi ha sbatacchiata eri tu
molto tempo fa, che per non so quale motivo stava in piedi
circondato da cadaveri e prendeva a calci la testa di suo padre.
>>
Sospirò, passandosi le mani nei capelli in un gesto stanco
<< Eri
spaventato a morte, Haiduc, disorientato proprio come me il giorno del
mio
risveglio >>, disse
guardandolo da
sotto le ciglia chiare. << Solo che io ho potuto piangere
liberamente,
circondata dalle tue braccia, e nessuno si è intrufolato nei
miei ricordi.
>> Gli sorrise, cercando di apparire convincente.
<< E poi, sono
stata anch’io un’irresponsabile: interferire con
l’Haiduc del passato… sono
certa che se non ti avessi toccato non ti saresti nemmeno accorto di
me.
>> Adesso, notò Haiduc,
i suoi
occhi erano calmi e la sua espressione serena. Come una bambina, Ellis
aveva
già superato la paura e i tumulti del suo cuore, cercando di
allievare il suo
dolore col balsamo della sua voce. Sei
straordinaria, pensò in un improvviso moto
d’affetto. Avrebbe voluto
abbracciarla, ma temeva che Ellis fraintendesse e fuggisse,
così cerco di
sorriderle, ma il cazzotto di Nicolai gli aveva lasciato il viso mezzo
indolenzito,
quindi fece una smorfia. << Ti ha proprio messo al
tappeto. >>
Sentenziò Ellis ricordandosi solo allora della maniera con
cui Nicolai l’aveva
allontanato da lei. Ridacchiando, accennò al tavolino basso
su cui teiera e
tazze erano stati ricollocati. <<
Dai, bevi con me. >>
Nonostante
i molteplici sforzi, Ellis lo costrinse ad usare un impacco di acqua
fredda sulla
mascella gonfia. Si sentiva ridicolo a stare disteso su quei cuscini, con un fazzoletto intriso di
acqua ghiacciata
sulla mascella, ma
tacque, soddisfatto
dall’avere la testa sul grembo di Ellis e gratificato dalle
occhiate che lei
gli lanciava quando pensava che stesse dormendo. Erano occhiate dolci,
fugaci,
velate da un sorriso.
<<
… Mi ha detto di abbracciarlo e di
concentrarmi, fissando gli occhi nei miei. Io… pensavo
che… >> Si era
interrotta a metà pensiero, eppure Haiduc aveva colto molto
anche in quelle
poche parole. Dio mio,
pensò
sconcertato, pensava davvero che
l’avrei
baciata. Non era mai stato un grande amante come Nicolai,
eppure anche lui
aveva avuto le sue conquiste: donne umane affascinate dal suo corpo
diafano, romanticamente
colpite dai frammenti che si sapevano sul suo passato, spudoratamente
interessate a lui per
la sua amicizia
con il Re. Era da tanto tempo li a Winscott e aveva visto sbocciare e
sfiorire molte
delle sue amanti, cosa che lo lasciava sempre lievemente amareggiato:
poteva
stare con una donna umana per qualche tempo, ma alla fine la relazione
non poteva
mai sbocciare in un vero rapporto, fatto di “ finché
morte non ci separi ”: chi avrebbe passato la sua
vita con
un semi immortale ? Ovviamente, aveva avuto anche delle
conquistatrici; era stato innamorato un paio di volte, e il
sentimento non aveva fatto altro che peggiorare la situazione: aveva
visto
coloro che amava scivolargli dalle dita come acqua, riaprendo le
cicatrici
sulla morte di ogni singolo abitante di Albeisine. Era da tempo che non
provava
più quei sentimenti, pensò con un certo stupore,
chiedendosi quando fosse stata
l’ultima volta in cui si era appartato con una dama
maliziosa. Eppure, sentiva
che con Ellis poteva essere diverso proprio perché lei era diversa: così bianca,
così bionda, così… Albeis.
Quell’idea
l’aveva sfiorato sin da subito: Ellis sembrava un misto delle
due razze, anche
se Haiduc non sapeva che aspetto avessero i sangue misti, eppure sapeva
che
erano esisti: peccato che lui non ne avesse generato nemmeno uno. In
ogni caso,
che Ellis fosse o meno una della sua specie, doveva levarsi dalla testa
l’idea
malsana di una relazione con lei: era troppo piccola, troppo innocente
per un
peccatore come lui, nel fiore degli anni coi suoi due secoli di vita. E
come la
metteva con la sua possibile provenienza da Xeris?
Sentì
una mano accarezzargli i capelli, facendogli sciogliere lo stomaco,
sfumando
nel bianco quei pensieri impuri: da quanto tempo nessuno lo accarezzava
così?
Ripensò improvvisamente alla sua bellissima madre, ancora
nel fiore degli anni,
che gli pettinava i capelli tutte le sere prima di andare a dormire.
C’era
stato un tempo in cui aveva i capelli lunghi, già
…nemmeno
si ricordava la
sensazione delle mani di lei nelle sue ciocche bianche e folte. Si
fissò nello
specchio, incrociando gli occhi sereni e concentrati di sua madre. Le
sorrise,
prendendole la spazzola dalle mani e alzandosi per farle posto. Sua
madre, la
regina, si sedette con fare elegante sullo sgabello troppo piccolo del
figlio,
facendo ruotare lo strascico dell’abito sul davanti con un
fruscio sommesso e
dolce, come il brusio lontano delle onde. << Togli il
diadema, madre.
>> Mormorò Haiduc bambino, toccando la
consistenza morbida e serica dei
capelli della donna, quelli che lui aveva ereditato. Sua madre
obbedì,
scuotendo la testa e reclinandola leggermente all’indietro
per permettere al
figlio di lavorare con maggiore agio. Haiduc la vide sorridere di
piacere. Si
concentrò sui lineamenti del viso: l’ovale dolce,
il nasino all’insù, la bocca
candida, la fronte spaziosa… e gli occhi, incredibilmente
viola. <<
Madre, siete la donna più bella del mondo >>,
disse Haiduc al colmo
dell’ammirazione, sopraffatto da tanta bellezza. Sua madre si voltò verso di
lui, gli occhi scintillanti di
gioia e orgoglio, e gli carezzò una guancia candida con dita
lunghe e
affusolate. <<
Sei così dolce.
Fortunata la donna che ti prenderà come sposo, figlio mio.
>> Gli disse,
facendolo arrossire: e chi si voleva sposare? Lui voleva fare il
pescatore e si
sa, loro non hanno tempo per le donne. << Non voglio una
donna, madre. Mi
bastate voi >>, ribadì il bambino, spazzolando
con dolcezza le prime
ciocche di capelli. Sollevò
ancora lo
sguardo e incrociò gli occhi di un’altra persona
nel riflesso dello specchio:
occhi color del grano…
Haiduc
si svegliò con un tremito così forte da far
trasalire Ellis. Spalancò gli occhi
rossi e li fissò nel soffitto della tenda, espellendo tutto
il fiato che aveva
in corpo in un colpo solo. << Di nuovo. >>
Sussurrò lei,
spaventata. Si accorse di avere ancora le mani nei capelli di lui e le
ritrasse
di scatto, inquieta. << E’ successo ancora,
Haiduc… >> Disse piano,
ancora sconvolta. L’Albeis
si sedette ed
annuì piano. Non si sentiva affatto spaventato, anzi: un
senso di malinconia
sempre maggiore gli stava invadendo l’anima. Da quanto tempo
non aveva ricordi piacevoli sul suo
passato? Non si
ricordava nemmeno la faccia di sua madre da viva…
Mi vergogno di me stesso. << Era bella.
>> Il pigolio
sommesso di Ellis lo risvegliò dai suoi pensieri.
<< Come? >>
Chiese, voltandosi verso di lei. La Stella
gli sorrise, dolce e malinconica. << Tua
madre. Era bellissima.
>> Haiduc soppesò le sue parole, annuendo come
se fosse un dato di fatto.
<< Erano anni che non la ricordavo così
>>, le confessò.
<<
E come la ricordavi? >>
<<
Cadavere. >> Perché
l’ho detto?
Ellis
sgranò gli occhi, attonita e muta. << Ma
cos’è accaduto? >> Chiese
dopo un lungo attimo di silenzio. << Quale disgrazia si
è abbattuta sulla
tua gente? >>
Haiduc
inspirò aria dai denti stretti, sentendo una vecchia ferita
sanguinare.
<< E’ da circa un secolo che me lo chiedo.
>> Notò Haiduc,
sorridendo freddamente. << E ancora non ho risposta.
>>
Dopo un
attimo di silenzio, si mise a raccontare la sua storia. Le disse del
caso
fortuito per cui si era salvato, di come avesse assistito alla fine di
Albeisine ( di cosa avesse
provocato
la fine della sua civiltà ) e di come avesse pensato di
morire una volta che la
barca si era ribaltata tra i flutti. Le disse che quanto aveva visto
qualche
ora prima era vero: si era svegliato dopo un indeterminato lasso di
tempo,
nudo, su quella spiaggia sconosciuta, coperta dai cadaveri della sua
gente. Era
andato inconsciamente in cerca di suo padre e l’aveva
trovato. << Non so
nemmeno io perché ho calciato la sua testa. >>
Le disse, atono. <<
So solo che mi ha fatto male il collo del piede per giorni e giorni.
>>
Le disse di aver raccolto il cadavere di sua madre e di averla tenuta
stretta
per un giorno e una notte, mentre attorno a lui i granchi divoravano i
resti di
quelli che erano gli Albeis. Poi, erano arrivati i pescatori. Erano
stati
spinti dal forte tanfo di putrefazione che penetrava per chilometri e
chilometri nella foresta, fino ai loro villaggi paludosi. Lo avevano
trovato
scottato dal sole, privo di sensi, che teneva fra le braccia il
cadavere ormai
rigido. Furono loro a dargli per la prima volta ospitalità.
Sapevano chi era
perché gli Albeis e i pescatori umani spesso commerciavano
tra loro, ma
decisero che era meglio non chiedere quale disgrazia si fosse abbattuta
sull’intera stirpe degli Albeis. << In ogni
caso, mi ero chiuso in un
mutismo volontario >>, commentò.
<< Non volevo parlare di quanto
avevo visto. Pensavo che fosse ancora tutto un sogno. Se avessi
parlato, avrei
confermato che era tutto vero e che erano tutti morti. >>
Comunque, la
gente del villaggio fu buona con lui: gli curarono le ustioni sulla
pelle
candida con latte di cocco e impacchi di banane e aloe, nutrendolo e
cercando
in qualche modo di integrarlo con loro: andava a pescare con gli umani,
partecipava alle loro feste, ascoltava le loro storie, ma era sempre
passivo.
Per un anno non trovò voce, finché il capo del
villaggio gli chiese
espressamente di parlare e di dirgli ogni cosa. << Come
un fiume in piena
ho parlato, Ellis. >> Le disse, << Ho
raccontato quello che avevo
visto e che avevo patito. Io… ho pianto. Perché
era tutto reale e per quanto
loro mi volessero bene, io ero solo e solo resterò fino alla
fine dei miei
giorni. >> Ellis si avvicinò sensibilmente a
lui, ma Haiduc si scostò, guardandola
perplesso. << Lascia che ti abbracci. >> Lo
pregò lei, senza
aggiungere altro. Dopo un attimo di esitazione, Haiduc si volse verso
di lei e
aprì le braccia, accogliendola. Con la testa poggiata sulla
sua spalla, proseguì
il racconto. << Mi hanno consigliato loro di chiedere
asilo a Winscott,
in quanto un principe non poteva vivere tra comuni pescatori. Non
chiesero
nulla in cambio. >> Quando arrivò a Winscott,
la notizia della fine degli
Albeis era ormai acqua passata ma suscitò non poco scalpore
che il rampollo
della famiglia reale, il Duca di Albeisine, fosse vivo e vegeto. Il Re
di
allora, Scott VI, trisavolo dell’attuale Re, diede ad Haiduc
asilo,
accogliendolo e trattandolo con ogni riguardo. Col passare del tempo,
Haiduc
divenne sempre più confidente del Re, tanto che
quest’ultimo gli affidò suo
figlio nelle vesti di pupillo. Haiduc iniziò dunque a
ricoprire un ruolo sempre
più importante nella corte del Palazzo, ma cercò
sempre di restare fuori da
qualsiasi trama ed intrigo, fedele solo alla famiglia Scott che
l’aveva accolto
e fatto uno di loro. Divenne tradizione affidare i principi di casa
Scott alle
cure di Haiduc, che vide passare sotto la sua protezione ben tre
generazioni di
Re, fino a giungere a Re Scott X, il suo attuale Re. Da tempo Haiduc
era stato
nominato Custode del Reame e Cavaliere della Lingua,
protettore dei segreti del Re e della sua
reputazione.
<<
Anche Nicolai è Cavaliere della Lingua >>,
constatò Ellis, << Anche
lui ha i tuoi stessi doveri? >>
Haiduc
annuì. << Diciamo che siamo gli unici veri
pari del regno. Non riceviamo
altri ordini che dal Re. Nemmeno la Regina o il Primo Ministro possono
ordinarci qualcosa, se non su delega di Sua Maestà.
>> Si
strinse nelle spalle. << Il mio è
ovviamente un titolo onorifico, e Nicolai è diventato tale
in quanto amico
d’infanzia e fratello di latte del Re, nonché uomo
di notevoli capacità e
fedeltà incrollabile. >> Si separò
dall’abbraccio di Ellis, ammonendola
col dito indice. << Prima lezione: la fedeltà
è il primo passo per conquistare
la fiducia in una persona. Se sarai fedele, dovrai essere anche onesta:
soppesa
le parole e calibra i giudizi, ma di sempre quello che pensi. A tutti i
costi.
Capito? >>
Ellis
annuì, versando il Cha tiepido in due tazze. Sorseggiarono
il tonico con
lentezza, in totale silenzio, mentre la canicola estiva lasciava il
posto al
tramonto rosso. La pelle di entrambi era tinta di un tenue arancione.
<<
Dici che se sono stata capace di leggere nella tua mente,
saprò farlo anche con
quella di Nicolai? >> Chiese all’improvviso
Ellis con voce troppo
squillante per apparire naturale. Da
quanto tempo sta pensando a questo? << Presumo
di si, Ellis >>
, le rispose, posando la tazza e allungandosi su una cuscino per
prendere il
piccolo astuccio di metallo e pelle in cui conservava i tabacchi e i
cerini.
<< Se sei riuscita a guardare in me accarezzandomi i
capelli, chissà cosa
vedrai sfiorando i baffi di Nicolai. >>
La
battuta la fece sorridere. << Già…
perché pensavo che forse, se riesco a
leggere in voi, posso leggere dentro di me, no? >> Eccolo, il nocciolo della questione.
Ellis lo guardò intensamente e
ad Haiduc i suoi occhi sembrarono paurosamente simili ai suoi, alterati
dalla
luce del tramonto. << Perché no?
>> Ribadì, alzandosi per uscire a
fumare. << In fondo, se vieni da Xeris, hai una
potenzialità a noi
sconosciuta. Dobbiamo solo capire come fare a “ risvegliare
” questa
potenzialità sopita. >> Le fece
l’occhiolino, una sigaretta in bocca e un
cerino nell’altra mano. << Assieme ce la
faremo, vedrai. >>
Ellis
annuì ancora, alzandosi a sua volta per uscire. Fuori,
l’aria era calda e
ferma. La Stella calcò i piedi nudi sulla terra polverosa,
restando nell’ombra
della tenda, mentre le mura di Winscott si tingevano di rosso arancio e
rosa
per salutare la giornata appena passata. << E Xeris?
>> Chiese alla
fine Ellis, fissandosi le punte dei piedi bianche di polvere.
Haiduc
espirò una prima boccata di fumo mentolato, guardano un
punto distante sulle
mura. Crollò il capo. << Era inevitabile che
tu volessi sapere. >>
Mormorò. << Ma vorrei che ci fosse anche
Nicolai, per spiegarti con esattezza
la situazione. >>
Ellis
annuì. Non aveva fretta di conoscere se stessa: una strana
inquietudine le
attanagliava le viscere ogni volta che pensava a chi davvero fosse lei,
forse
perché sentiva che il ruolo di Stella Rinata le calzava a
pennello, quasi le
fosse cucito addosso. Forse dovrei
smetterla di farmi tante domande, pensò, forse dovrei essere solo Ellis e dimenticarmi di
essere un’altra-
forse. Guardò
di sottecchi Haiduc
stiracchiarsi e aspirare dalla sigaretta
una
boccata profonda, immerso nella
luce oltre l’ombra proiettata dalla tenda, poco lontano da
lei. Dovrei vivere questa vita accanto a
loro,
beneficiare del dubbbio, non farmi domande. Sarebbe troppo infantile
cogliere
questo dono senza indagare chi me l’ha fatto?
In quel
momento, dalla porta secondaria della Città uscì
Nicolai, seguito dal suo
cavallo. Portava appese alla sella due grosse bisacce
dall’aria decisamente
pesante. Si sbracciava per farsi vedere. << Oh
Dio… >> Gemette
Haiduc, le mani sui fianchi, mentre Ellis si avvicinava.
<< Credo che
quello sia tutto ciò che riguarda la tua patria.
>> Le circondò le spalle
con un braccio, sorridendole con aria accattivante. <<
Sei pronta per
imparare a leggere? >>
D.I.F.
Ebbene,
aggiornamento lampo. In
verità, è che sono in panchina. In tutti i sensi:
ho terminato l’Accademia e
sono disoccupata. Quindi, saltellando da una mail a un’altra,
eviscerando
Informagiovani e annunci economici, eccomi qua. Adesso, ho DAVVERO
tutto il
tempo che voglio per scrivere e disegnare comediocomanda ( che bella
parola,
che dolce suono! ) e in più è tornata anche la
verve scribacchina, quindi sono
ultraipermegasuper a bot ( che, per chi non è della Bassa
Bresciana, significa
“ sotto col lavoro”) con tutto!
Ah,
ovviamente ho fatto anche la
tesi… embè, di te se è poco!!! Mah,
dai, adesso basta. Vorrei sapere che ne
pensate, che i vostri consigli/critiche sono la sferza quotidiana! Non
volete
darmi questa soddisfazione?
Besitos,
Nini :D