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Autore: nini superga    28/11/2012    1 recensioni
Winscott, Regno degli Scott, Terre di Narba.
A Winscott, capitale dai mille portici, è piena stagione del sole. In questo periodo, le precipitazioni sono scarse per non dire nulle. E’ per questo che un temporale dalle dimensioni esagerate si preannuncia essere uno spettacolo che passerà agli annali e alle cronache. Ma questo temporale non è comune, oh no: dietro di esso, si nasconde l’arrivo di una creatura malinconica, disgraziata, disperata e disperante, nonché l’annuncio di una probabile Fine del Mondo che solo un Principe senza popolo e un Cavaliere Sbruffone possono sventare.
Una storia che mischia tante altre, una storia che io avrei sempre voluto leggere. Aspetto recensioni, sia positive che negative.
Nini.
Genere: Fantasy, Guerra, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo cinque_  pensieri.

 

Il suo cuore aveva finalmente rallentato i battiti, la sua mente stava recuperando informazioni e lucidità eppure, tutte le volte che incrociava lo sguardo rosso di Haiduc, la bocca dello stomaco le si chiudeva in una morsa dolorosa: vedeva in quegli occhi la follia del ragazzino nella spiaggia coperta di cadaveri. Cadaveri bianchi come lui, pensò Ellis, che aveva ricominciato a districare la massa di capelli biondi, arruffati anche più di prima a causa della colluttazione con Haiduc. L’occhio biondo le cadde sui segni rossi che non accennavano a sparire sulle sue spalle, ricordandole il pericolo appena trascorso. Che quei segni le fossero da monito: mai più sarebbe interferita nel ricordo di qualcuno! Era già passata qualche ora, eppure la conversazione fra l’Albeis a Nicolai era ancora vivida nella sua testa…

<< Abbiamo davanti a noi l’unica sopravvissuta di Xeris, Nicolai. >> Aveva detto Haiduc, sorridendo nonostante il dolore pulsante alla mascella. Nicolai aveva fatto saettare gli occhi azzurri da Ellis a lui, passandosi poi le mani fra i capelli. << E come sei giunto a questo, me lo spieghi? >> Sbottò, indicando con la mano aperta le spalle di Ellis. << Per tutti gli Dei, sembravi impazzito! >>

<< Lo era davvero… >> Mormorò Ellis, portando su di sé tutta l’attenzione. Guardò Nicolai con gli occhi biondi, il viso così bianco da sembrare di gesso. << … Mi ha detto di abbracciarlo e di concentrarmi, fissando gli occhi nei miei. Io… pensavo che… >> Scosse il capo, come se avesse pensato una sciocchezza, per poi continuare. << Non so cosa sia successo, non so chi fossero tutti quei cadaveri e perché fossero tutti lì,  ma il verso che ha fatto dopo aver calciato la testa di quell’uomo- averla calciata così forte da staccarla dal suo cadavere!- era così disumano e disperato che… >> Sembrò accorgersi solo allora che Haiduc era al suo fianco. Trasalì, aspettandosi una qualche reazione dell’Albeis, ma l’unica cosa che Haiduc fece fu prenderle la mano e baciarla piano. << E lo ero, Ellis, lo ero. Credo che quello fu il momento più buio in assoluto, quel momento in cui maledissi me stesso e la mia carne e il mio sangue. Io… >>

<< Stai dicendo che ha guardato dentro di te? >> Intervenne Nicolai, chinandosi in avanti. << Questa ragazzina ha visto i tuoi ricordi? >>  Haiduc annuì all’espressione sbalordita dell’amico. Gli raccontò di cosa avevano parlato, della paura di Ellis, di come lui si fosse aperto a lei e della sua intuizione… << L’ho lasciata entrare, Nicolai, pensando che non ci fosse niente di male. E’ entrata nella mia mente e si è fermata a guardare quando ho scoperto i cadaveri della mia gente, quando ho trovato il corpo di mio padre. Erano morti, tutti. >> Nicolai gli fece un cenno affinché continuasse. La storia la conosceva già da tempo. Haiduc annuì, gli occhi lontani. << E’ andato tutto “ bene “, finché lei non si è avvicinata e mi ha toccato… una rabbia improvvisa mi ha investito. Rabbia e paura, tutta la paura che avevo dentro per essere rimasto io solo, l’unico di una razza, l’unico col peso della vita addosso. Ero come avvolto nel mio incubo, incapace di svegliarmi.  >> Alzò di scattò la testa, sogghignando. << Finché non sei arrivato e  mi hai messo al tappeto con un colpo da maestro. >> Nicolai si costrinse a sorridere. << Be, quando c’è una fanciulla in pericolo questo e altro… >>

Ellis si sorprese a sorridere, eppure il cuore le si agitava come un uccellino in gabbia. << Quindi, tutto questo è servito a qualcosa. >> Disse.  Haiduc annuì più che serio. << Abbiamo una pista. >>

<< Devi essere una maga, o qualcosa del genere. >> Commentò Nicolai, annuendo a sua volta. << Una di Xeris. >>

<< E dove è Xeris? >> Chiese Ellis, ma nessuna risposta giunse dai suoi interlocutori. << Signori? >> Pigolò, perplessa da quel silenzio. << Ditemelo, dove è Xeris? >>

Dopo un attimo di greve silenzio, Haiduc le posò una mano sulla testa, cercando di darle conforto.<< Non esiste più, Ellis. Xeris è morto. >>

 

Un nodo più caparbio degli altri la fece mugolare  di dolore, attirando l’attenzione di Haiduc. I loro occhi si incrociarono di nuovo per subito allontanarsi, imbarazzati, nel più assoluto silenzio. Da quando se ne era andato Nicolai quel silenzio aleggiava fra loro, tangibile come una barriera. Ma di cos’era fatto questo ostacolo? Paura? Senso di colpa? Vergogna?

<< Eri fuori di te dal dolore >>, sentenziò Ellis a voce alta, scacciando quella parola dalla sua mente quasi fosse arroventata. Parlò come se stesse proseguendo una conversazione. Stavolta, fu lei a cercare gli occhi di lui. << Haiudc. >> Lo chiamò. << Eri un ragazzino spaventato, è comprensibile che - >>

<< Che ti abbia stretta così forte da lasciarti degli ematomi? >> Sbottò prontamente lui, << O che ti abbia sbattuto come una bambola di pezza? No, non è comprensibile, Ellis. E nemmeno accettabile. >> Sentenziò, avviandosi verso l’uscita della tenda, il più lontano da lei. Era infastidito dall’incaponirsi della ragazza: perché semplicemente non gli dava la colpa che meritava?  << Io… non posso essere perdonato. >>

<< Certo che puoi! >> Esclamò Ellis, saltando sulla sedia per l’energia che sentì nella sua voce. Da dove veniva tutta quella forza? << E sai perché? Perché non c’è niente da perdonare, Haiduc. >>

L’Albeis non si voltò a guardarla, troppo spaventato da quello che era successo poche ore prima e dalla domanda che continuava a farsi da allora: se Nicolai non fosse intervenuto, non l’avesse allontanato da lei, cosa sarebbe accaduto? Si sarebbe fermato oppure… scacciò il pensiero dalla testa, e in quello spazio si infilò l’immagine della testa decapitata di suo padre che rotolava sui granelli di sabbia, i lunghi capelli candidi come alghe nelle onde, la bocca dischiusa da cui usciva una granchio verdastro… Ecco cosa c’è da perdonare, pensò Haiduc con amarezza, la mia intera vita è da perdonare. << Non mi voltare le spalle, Haiduc! >> Lo richiamò di nuovo Ellis, sorprendendolo: quella ragazzina si stava rivelando più tenace di quanto credesse… Lentamente, si volse per guardare quello scricciolo biondo e bianco, incrociando il suo sguardo furente. Perché è così arrabbiata?  << Ho solo bisogno di pace, adesso. Tutti e due ne abbiamo bisogno. >>  Le disse, conciliante, ma lei inaspettatamente strinse i pugni. << No, abbiamo bisogno di parlare, invece! >> Gli si avvicinò a grandi falcate, senza alcun timore. << Non ho alcuna intenzione di lasciarti sprofondare nei sensi di colpa >>, annunciò con le braccia conserte sotto il piccolo seno, mentre lui la ascoltava. Gli puntò un dito al petto. << Ascoltami bene: quello che mi ha sbatacchiata come una bambolina non eri tu, Haiduc, perché tu non mi faresti mai e poi mai del male. Quello che mi ha sbatacchiata eri tu molto tempo fa, che per non so quale motivo stava in piedi circondato da cadaveri e prendeva a calci la testa di suo padre. >> Sospirò, passandosi le mani nei capelli in un gesto stanco << Eri spaventato a morte, Haiduc, disorientato proprio come me il giorno del mio risveglio >>,  disse guardandolo da sotto le ciglia chiare. << Solo che io ho potuto piangere liberamente, circondata dalle tue braccia, e nessuno si è intrufolato nei miei ricordi. >> Gli sorrise, cercando di apparire convincente. << E poi, sono stata anch’io un’irresponsabile: interferire con l’Haiduc del passato… sono certa che se non ti avessi toccato non ti saresti nemmeno accorto di me. >> Adesso, notò Haiduc,  i suoi occhi erano calmi e la sua espressione serena. Come una bambina, Ellis aveva già superato la paura e i tumulti del suo cuore, cercando di allievare il suo dolore col balsamo della sua voce. Sei straordinaria, pensò in un improvviso moto d’affetto. Avrebbe voluto abbracciarla, ma temeva che Ellis fraintendesse e fuggisse, così cerco di sorriderle, ma il cazzotto di Nicolai gli aveva lasciato il viso mezzo indolenzito, quindi fece una smorfia. << Ti ha proprio messo al tappeto. >> Sentenziò Ellis ricordandosi solo allora della maniera con cui Nicolai l’aveva allontanato da lei. Ridacchiando, accennò al tavolino basso su cui teiera e tazze erano stati ricollocati.  << Dai, bevi con me. >>

 

Nonostante i molteplici sforzi, Ellis lo costrinse ad usare un impacco di acqua fredda sulla mascella gonfia. Si sentiva ridicolo a stare disteso su quei cuscini,  con un fazzoletto intriso di acqua ghiacciata sulla mascella,  ma tacque, soddisfatto dall’avere la testa sul grembo di Ellis e gratificato dalle occhiate che lei gli lanciava quando pensava che stesse dormendo. Erano occhiate dolci, fugaci, velate da un sorriso.   

<< … Mi ha detto di abbracciarlo e di concentrarmi, fissando gli occhi nei miei. Io… pensavo che… >> Si era interrotta a metà pensiero, eppure Haiduc aveva colto molto anche in quelle poche parole. Dio mio, pensò sconcertato, pensava davvero che l’avrei baciata. Non era mai stato un grande amante come Nicolai, eppure anche lui aveva avuto le sue conquiste: donne umane affascinate dal suo corpo diafano, romanticamente colpite dai frammenti che si sapevano sul suo passato, spudoratamente interessate a lui  per la sua amicizia con il Re. Era da tanto tempo li a Winscott e aveva visto sbocciare e sfiorire molte delle sue amanti, cosa che lo lasciava sempre lievemente amareggiato: poteva stare con una donna umana per qualche tempo, ma alla fine la relazione non poteva mai sbocciare in un vero rapporto, fatto di “ finché morte non ci separi ”: chi avrebbe passato la sua vita con un semi immortale ? Ovviamente, aveva avuto anche delle conquistatrici; era stato innamorato un paio di volte, e il sentimento non aveva fatto altro che peggiorare la situazione: aveva visto coloro che amava scivolargli dalle dita come acqua, riaprendo le cicatrici sulla morte di ogni singolo abitante di Albeisine. Era da tempo che non provava più quei sentimenti, pensò con un certo stupore, chiedendosi quando fosse stata l’ultima volta in cui si era appartato con una dama maliziosa. Eppure, sentiva che con Ellis poteva essere diverso proprio perché lei era diversa: così bianca, così bionda, così… Albeis. Quell’idea l’aveva sfiorato sin da subito: Ellis sembrava un misto delle due razze, anche se Haiduc non sapeva che aspetto avessero i sangue misti, eppure sapeva che erano esisti: peccato che lui non ne avesse generato nemmeno uno. In ogni caso, che Ellis fosse o meno una della sua specie, doveva levarsi dalla testa l’idea malsana di una relazione con lei: era troppo piccola, troppo innocente per un peccatore come lui, nel fiore degli anni coi suoi due secoli di vita. E come la metteva con la sua possibile provenienza da Xeris?

Sentì una mano accarezzargli i capelli, facendogli sciogliere lo stomaco, sfumando nel bianco quei pensieri impuri: da quanto tempo nessuno lo accarezzava così? Ripensò improvvisamente alla sua bellissima madre, ancora nel fiore degli anni, che gli pettinava i capelli tutte le sere prima di andare a dormire. C’era stato un tempo in cui aveva i capelli lunghi, già

…nemmeno si ricordava la sensazione delle mani di lei nelle sue ciocche bianche e folte. Si fissò nello specchio, incrociando gli occhi sereni e concentrati di sua madre. Le sorrise, prendendole la spazzola dalle mani e alzandosi per farle posto. Sua madre, la regina, si sedette con fare elegante sullo sgabello troppo piccolo del figlio, facendo ruotare lo strascico dell’abito sul davanti con un fruscio sommesso e dolce, come il brusio lontano delle onde. << Togli il diadema, madre. >> Mormorò Haiduc bambino, toccando la consistenza morbida e serica dei capelli della donna, quelli che lui aveva ereditato. Sua madre obbedì, scuotendo la testa e reclinandola leggermente all’indietro per permettere al figlio di lavorare con maggiore agio. Haiduc la vide sorridere di piacere. Si concentrò sui lineamenti del viso: l’ovale dolce, il nasino all’insù, la bocca candida, la fronte spaziosa… e gli occhi, incredibilmente viola. << Madre, siete la donna più bella del mondo >>, disse Haiduc al colmo dell’ammirazione, sopraffatto da tanta bellezza. Sua madre si  voltò verso di lui, gli occhi scintillanti di gioia e orgoglio, e gli carezzò una guancia candida con dita lunghe e affusolate.  << Sei così dolce. Fortunata la donna che ti prenderà come sposo, figlio mio. >> Gli disse, facendolo arrossire: e chi si voleva sposare? Lui voleva fare il pescatore e si sa, loro non hanno tempo per le donne. << Non voglio una donna, madre. Mi bastate voi >>, ribadì il bambino, spazzolando con dolcezza le prime ciocche di capelli.  Sollevò ancora lo sguardo e incrociò gli occhi di un’altra persona nel riflesso dello specchio: occhi color del grano…

Haiduc si svegliò con un tremito così forte da far trasalire Ellis. Spalancò gli occhi rossi e li fissò nel soffitto della tenda, espellendo tutto il fiato che aveva in corpo in un colpo solo. << Di nuovo. >> Sussurrò lei, spaventata. Si accorse di avere ancora le mani nei capelli di lui e le ritrasse di scatto, inquieta. << E’ successo ancora, Haiduc… >> Disse piano, ancora sconvolta.  L’Albeis si sedette ed annuì piano. Non si sentiva affatto spaventato, anzi: un senso di malinconia sempre maggiore gli stava invadendo l’anima. Da quanto tempo non aveva ricordi piacevoli sul suo passato? Non si ricordava nemmeno la faccia di sua madre da viva… Mi vergogno di me stesso. << Era bella. >> Il pigolio sommesso di Ellis lo risvegliò dai suoi pensieri. << Come? >> Chiese, voltandosi verso di lei. La Stella  gli sorrise, dolce e malinconica. << Tua madre. Era bellissima. >> Haiduc soppesò le sue parole, annuendo come se fosse un dato di fatto. << Erano anni che non la ricordavo così >>, le confessò.

<< E come la ricordavi? >>

<< Cadavere. >> Perché l’ho detto? 

Ellis sgranò gli occhi, attonita e muta. << Ma cos’è accaduto? >> Chiese dopo un lungo attimo di silenzio. << Quale disgrazia si è abbattuta sulla tua gente? >>

Haiduc inspirò aria dai denti stretti, sentendo una vecchia ferita sanguinare. << E’ da circa un secolo che me lo chiedo. >> Notò Haiduc, sorridendo freddamente. << E ancora non ho risposta. >>

Dopo un attimo di silenzio, si mise a raccontare la sua storia. Le disse del caso fortuito per cui si era salvato, di come avesse assistito alla fine di Albeisine ( di cosa avesse provocato la fine della sua civiltà ) e di come avesse pensato di morire una volta che la barca si era ribaltata tra i flutti. Le disse che quanto aveva visto qualche ora prima era vero: si era svegliato dopo un indeterminato lasso di tempo, nudo, su quella spiaggia sconosciuta, coperta dai cadaveri della sua gente. Era andato inconsciamente in cerca di suo padre e l’aveva trovato. << Non so nemmeno io perché ho calciato la sua testa. >> Le disse, atono. << So solo che mi ha fatto male il collo del piede per giorni e giorni. >> Le disse di aver raccolto il cadavere di sua madre e di averla tenuta stretta per un giorno e una notte, mentre attorno a lui i granchi divoravano i resti di quelli che erano gli Albeis. Poi, erano arrivati i pescatori. Erano stati spinti dal forte tanfo di putrefazione che penetrava per chilometri e chilometri nella foresta, fino ai loro villaggi paludosi. Lo avevano trovato scottato dal sole, privo di sensi, che teneva fra le braccia il cadavere ormai rigido. Furono loro a dargli per la prima volta ospitalità. Sapevano chi era perché gli Albeis e i pescatori umani spesso commerciavano tra loro, ma decisero che era meglio non chiedere quale disgrazia si fosse abbattuta sull’intera stirpe degli Albeis. << In ogni caso, mi ero chiuso in un mutismo volontario >>, commentò. << Non volevo parlare di quanto avevo visto. Pensavo che fosse ancora tutto un sogno. Se avessi parlato, avrei confermato che era tutto vero e che erano tutti morti. >> Comunque, la gente del villaggio fu buona con lui: gli curarono le ustioni sulla pelle candida con latte di cocco e impacchi di banane e aloe, nutrendolo e cercando in qualche modo di integrarlo con loro: andava a pescare con gli umani, partecipava alle loro feste, ascoltava le loro storie, ma era sempre passivo. Per un anno non trovò voce, finché il capo del villaggio gli chiese espressamente di parlare e di dirgli ogni cosa. << Come un fiume in piena ho parlato, Ellis. >> Le disse, << Ho raccontato quello che avevo visto e che avevo patito. Io… ho pianto. Perché era tutto reale e per quanto loro mi volessero bene, io ero solo e solo resterò fino alla fine dei miei giorni. >> Ellis si avvicinò sensibilmente a lui, ma Haiduc si scostò, guardandola perplesso. << Lascia che ti abbracci. >> Lo pregò lei, senza aggiungere altro. Dopo un attimo di esitazione, Haiduc si volse verso di lei e aprì le braccia, accogliendola. Con la testa poggiata sulla sua spalla, proseguì il racconto. << Mi hanno consigliato loro di chiedere asilo a Winscott, in quanto un principe non poteva vivere tra comuni pescatori. Non chiesero nulla in cambio. >> Quando arrivò a Winscott, la notizia della fine degli Albeis era ormai acqua passata ma suscitò non poco scalpore che il rampollo della famiglia reale, il Duca di Albeisine, fosse vivo e vegeto. Il Re di allora, Scott VI, trisavolo dell’attuale Re, diede ad Haiduc asilo, accogliendolo e trattandolo con ogni riguardo. Col passare del tempo, Haiduc divenne sempre più confidente del Re, tanto che quest’ultimo gli affidò suo figlio nelle vesti di pupillo. Haiduc iniziò dunque a ricoprire un ruolo sempre più importante nella corte del Palazzo, ma cercò sempre di restare fuori da qualsiasi trama ed intrigo, fedele solo alla famiglia Scott che l’aveva accolto e fatto uno di loro. Divenne tradizione affidare i principi di casa Scott alle cure di Haiduc, che vide passare sotto la sua protezione ben tre generazioni di Re, fino a giungere a Re Scott X, il suo attuale Re. Da tempo Haiduc era stato nominato Custode del Reame e Cavaliere della Lingua,  protettore dei segreti del Re e della sua reputazione.

<< Anche Nicolai è Cavaliere della Lingua >>, constatò Ellis, << Anche lui ha i tuoi stessi doveri? >>

Haiduc annuì. << Diciamo che siamo gli unici veri pari del regno. Non riceviamo altri ordini che dal Re. Nemmeno la Regina o il Primo Ministro possono ordinarci qualcosa, se non su delega di Sua Maestà. >>  Si strinse nelle spalle. << Il mio è ovviamente un titolo onorifico, e Nicolai è diventato tale in quanto amico d’infanzia e fratello di latte del Re, nonché uomo di notevoli capacità e fedeltà incrollabile. >> Si separò dall’abbraccio di Ellis, ammonendola col dito indice. << Prima lezione: la fedeltà è il primo passo per conquistare la fiducia in una persona. Se sarai fedele, dovrai essere anche onesta: soppesa le parole e calibra i giudizi, ma di sempre quello che pensi. A tutti i costi. Capito? >>

Ellis annuì, versando il Cha tiepido in due tazze. Sorseggiarono il tonico con lentezza, in totale silenzio, mentre la canicola estiva lasciava il posto al tramonto rosso. La pelle di entrambi era tinta di un tenue arancione.

<< Dici che se sono stata capace di leggere nella tua mente, saprò farlo anche con quella di Nicolai? >> Chiese all’improvviso Ellis con voce troppo squillante per apparire naturale. Da quanto tempo sta pensando a questo? << Presumo di si, Ellis >> , le rispose, posando la tazza e allungandosi su una cuscino per prendere il piccolo astuccio di metallo e pelle in cui conservava i tabacchi e i cerini. << Se sei riuscita a guardare in me accarezzandomi i capelli, chissà cosa vedrai sfiorando i baffi di Nicolai. >>

La battuta la fece sorridere. << Già… perché pensavo che forse, se riesco a leggere in voi, posso leggere dentro di me, no? >> Eccolo, il nocciolo della questione. Ellis lo guardò intensamente e ad Haiduc i suoi occhi sembrarono paurosamente simili ai suoi, alterati dalla luce del tramonto. << Perché no? >> Ribadì, alzandosi per uscire a fumare. << In fondo, se vieni da Xeris, hai una potenzialità a noi sconosciuta. Dobbiamo solo capire come fare a “ risvegliare ” questa potenzialità sopita. >> Le fece l’occhiolino, una sigaretta in bocca e un cerino nell’altra mano. << Assieme ce la faremo, vedrai. >>

Ellis annuì ancora, alzandosi a sua volta per uscire. Fuori, l’aria era calda e ferma. La Stella calcò i piedi nudi sulla terra polverosa, restando nell’ombra della tenda, mentre le mura di Winscott si tingevano di rosso arancio e rosa per salutare la giornata appena passata. << E Xeris? >> Chiese alla fine Ellis, fissandosi le punte dei piedi bianche di polvere.

Haiduc espirò una prima boccata di fumo mentolato, guardano un punto distante sulle mura. Crollò il capo. << Era inevitabile che tu volessi sapere. >> Mormorò. << Ma vorrei che ci fosse anche Nicolai, per spiegarti con esattezza la situazione. >>

Ellis annuì. Non aveva fretta di conoscere se stessa: una strana inquietudine le attanagliava le viscere ogni volta che pensava a chi davvero fosse lei, forse perché sentiva che il ruolo di Stella Rinata le calzava a pennello, quasi le fosse cucito addosso. Forse dovrei smetterla di farmi tante domande, pensò, forse dovrei essere solo Ellis e dimenticarmi di essere un’altra- forse.  Guardò di sottecchi Haiduc stiracchiarsi e aspirare dalla sigaretta   una boccata profonda, immerso nella luce oltre l’ombra proiettata dalla tenda, poco lontano da lei. Dovrei vivere questa vita accanto a loro, beneficiare del dubbbio, non farmi domande. Sarebbe troppo infantile cogliere questo dono senza indagare chi me l’ha fatto?

In quel momento, dalla porta secondaria della Città uscì Nicolai, seguito dal suo cavallo. Portava appese alla sella due grosse bisacce dall’aria decisamente pesante. Si sbracciava per farsi vedere. << Oh Dio… >> Gemette Haiduc, le mani sui fianchi, mentre Ellis si avvicinava. << Credo che quello sia tutto ciò che riguarda la tua patria. >> Le circondò le spalle con un braccio, sorridendole con aria accattivante. << Sei pronta per imparare a leggere? >>                

    

 

D.I.F.

Ebbene, aggiornamento lampo. In verità, è che sono in panchina. In tutti i sensi: ho terminato l’Accademia e sono disoccupata. Quindi, saltellando da una mail a un’altra, eviscerando Informagiovani e annunci economici, eccomi qua. Adesso, ho DAVVERO tutto il tempo che voglio per scrivere e disegnare comediocomanda ( che bella parola, che dolce suono! ) e in più è tornata anche la verve scribacchina, quindi sono ultraipermegasuper a bot ( che, per chi non è della Bassa Bresciana, significa “ sotto col lavoro”) con tutto!

Ah, ovviamente ho fatto anche la tesi… embè, di te se è poco!!! Mah, dai, adesso basta. Vorrei sapere che ne pensate, che i vostri consigli/critiche sono la sferza quotidiana! Non volete darmi questa soddisfazione?

Besitos, Nini :D

  
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