Ciao! Questa è la prima fanfic che scrivo in vita mia! Per cui, cercate di non
essere troppo esigenti eh! Beh, non credo comunque che per tale fanfic ci saranno recensioni, poiché ho notato che nuove fanfic su questo anime sono quasi
del tutto assenti, ma comunque non rimane che farvi leggere il testo e
augurarvi una buona lettura.
Come primo capitolo, ho
voluto un po’ riraccontare ciò che Electra ha detto nell'episodio 22, riguardo al suo passato.
Comunque, a voi le recensioni!
“La città…non esisteva più”
Ovunque andasse, incontrava i
resti di coloro che adesso non c’erano più, mentre i corvi volavano nell’aria. Lei
aveva paura, perché ancora non si capacitava di quello che era successo. Aveva
ancora in mente l’immagine del braccio di suo fratello, mentre cadeva a terra,
quel rumore orribile! Pianse: aveva paura di ciò che ancora le sarebbe potuto
accadere, per cui si mise a correre, come per fuggire
dalle terribili visioni che vedeva. In cuor suo si, voleva credere che fossero
solo visioni, che fosse solo un incubo. Ma, purtroppo, presto si rese conto che
non era così.
Stremata per la corsa e per
il dolore, raggiunse il margine esterno di Thartessos,
e si rannicchiò in un angolo, cadendo in un lungo sonno pieno di incubi.
Rimase lì per due giorni,
paralizzata e impaurita, incapace di procurarsi cibo e acqua, di cui ora aveva
paura: ormai aveva paura di tutto, qualunque cosa di quel luogo tenebroso le
destava terrore, ma in particolar modo l’acqua, come se fosse capace di
inghiottirla, come aveva fatto per i suoi genitori. Continuava a ripetersi “Tornerà
tutto come prima” “Svegliati! Era solo un brutto sogno!”, ma tutte le volte che
i suoi desideri sembravano realizzarsi, sentiva il funesto rumore dei corvi
gracchianti, facendola ricadere nel terrore e nella confusione più totale.
“Infine, incontrai i primi sopravvissuti…uno di quelli…eri tu…”
Dopo due notti di tormento,
infine, un uomo grande, dai lineamenti austeri e dall’espressione fiera, ma gentile, le tese una mano, ricca di anelli, come
simbolo di speranza e salvezza. Lei si chiedeva se anche quel segno fosse frutto
della sua immaginazione, e all’inizio pensava che fossero solo delle visioni,
illusioni della sua piccola mente terrorizzata. Ma infine, le parole uscirono
dalla bocca dell’uomo, e risuonarono dolcemente nell’aria, risvegliandola dal
suo incubo:
“Vieni con me” le disse. E lei, in un atto di tremendo sforzo, tese la sua
piccola mano. Voleva piangere e stringersi a quel uomo, ma non aveva più la
forza né per piangere, né per disperarsi.
Quegli interminabili momenti
sembravano non avere mai fine, finché l’uomo non la sollevò dalla terra,
strappandola via definitivamente dal suo incubo, portandola con se per mano,
lontano da lì.
Ma subito lei si accasciò
contro di lui, perché era troppo debole per camminare, per
cui i tre uomini fecero una sosta per rifocillarsi e prendersi cura
della ragazza. L’uomo che le porse la mano stavolta le diede del pane e dell’acqua:
certo, non era molto, ma la ragazza era talmente affamata che non ci fece caso,
e mangiò tutto, mentre fissava l’uomo che l’aveva salvata e lui a sua volta la
fissava. Quei due sguardi s’incontravano per la seconda volta, e in lei nacque subito
un profondo sentimento di gratitudine, tanto che quando quel uomo si girò a
discutere con gli altri due sul da farsi, lei gli si avvicinò lentamente e,
piano piano, adagiò la sua testa sul suo grembo,
colta da un’improvvisa stanchezza. Lui non se ne accorse, ma quando decise di
riprendere il cammino, nonostante facesse quasi buio, sentì il peso e il calore
di lei, che dormiva appoggiata a lui. L’uomo sorrise alla visione di una tale
graziosità e ne rimase quasi commosso, ma tuttavia un’ombra di tristezza
occultò il suo sguardo, ricordando ciò che aveva fatto… sapeva che prima o poi,
la ragazza avrebbe voluto sapere che cosa accadde quel giorno, e che lui lo
volesse o no, lei lo avrebbe saputo, inevitabilmente. In quel momento si sentiva
in colpa, mentre vedeva quell’esile ragazza che
respirava lievemente, sentendosi colpevole della sua situazione, del fatto di
essere stato artefice della morte di molta gente e, come molto probabilmente
pensava, anche della morte dei suoi genitori. Per cui ordinò di accamparsi lì
per quella notte, e che sarebbero partiti il giorno dopo.
Dopo aver messo un fagotto
sotto la testa della ragazza per non farla stare scomoda, l’uomo aiutò gli
altri due compagni a mettere su le tende, e quando finirono accesero un fuoco
in mezzo alle tre tende. Di nuovo, la sua attenzione venne
presa dalla ragazza, che se ne stava in posizione rannicchiata e tremante:
quindi la prese e la sollevò da terra, portandola dentro la tenda più grande,
fatta appositamente per lui. Nelle tende c’era abbastanza caldo, per cui non erano necessarie le coperte, ma comunque le
stesero per terra, per rendere più confortevole il sonno. Lei però continuava a
tremare, per cui l’uomo prese un’altra coperta e la
mise sopra la ragazza. Lasciarono acceso il fuoco, e si misero tutti e tre a
dormire. Però, nonostante fossero in due, lei continuava a tremare.
Evidentemente era ancora scossa per gli avvenimenti, e la sua mente era
offuscata da vaghe visioni.
Nel cuore della notte, lei si
svegliò,. Subito vide lui dormiente, con la sua
espressione fiera, ma adesso a lei pareva quasi diversa: in lui rivedeva una
figura quasi paterna. Sentì il desiderio di stargli accanto, e di godere della
sua vicinanza, in momenti così cupi. Così, lentamente, si avvicinò a lui, e
appoggiò la sua testa sul suo petto e, finalmente, dormì. Anche lui, ad un
tratto si svegliò, come se si fosse accorto del cambiamento: e infatti notò subito una piccola chioma dorata, e quelle due
piccole braccia che lo avvolgevano. Ciò creò in lui tenerezza, e pose una mano
sulla chioma della ragazza, accarezzandola.
E subito lei smise di
tremare.
“Ero molto riconoscente…all’uomo che mi aveva salvata…”.
Bene ragazzi, questo primo
capitolo è finito. Niente di che, ma spero in capitoli migliori di questo!
Ciao, e al prossimo
aggiornamento!