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Autore: Pink_lemon    28/11/2012    1 recensioni
Un forte trauma colpisce Bella durante la sua vita a Phoenix. Per aiutarla, Renee la manda a vivere con suo padre a Forks. Riuscirà Bella a ritrovare la serenità e a tornare a parlare?
Genere: Avventura, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più libri/film
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AUG!! salve! E’ da molto tempo che avrei voluto scrivere un capitolo dal punto di vista di Edward, ma sono sempre stata frenata dalla paura  di scrivere qualcosa di totalmente irreale e fasullo che Edward non direbbe mai. Ma ora finalmente mi sono messa a scrivere , perché ne sentivo proprio una forte necessità…   Mi sembrava che la storia ne risentisse troppo quindi ho deciso di farlo sperando in un risultato non troppo irreale! Poi naturalmente volevo farmi perdonare per la lunga assenza di Edward nella storia, intuendo dalle vostre recensioni che vi mancava XD sono contenta perché ho  ripreso il ritmo della storia e come molte di voi mi consigliavano noterete che i capitoli sono più lunghi, ma spero non noiosi XD fatemi sapere come trovate questi cambiamenti !! Buona lettura !!

 

                                                                                                                                                      INCONTRO (parte 1)

Pov Edward

La strada scorreva fin troppo lentamente sotto le ruote di quel pesante gippone, e mi chiedevo come Emmett  riuscisse a sopportare tale lentezza. Con la mia Volvo ci avrei impiegato un quarto del tempo.  Sembra strano, penserete: ”ha tutta un’eternità davanti e si lamenta per qualche ora spesa male” Beh,  lo so che può sembrare solo un capriccio (e probabilmente lo è) ma, che dire, mi piace la velocità, era l’unica cosa che mi piaceva in quella vita piatta e lenta che mi ritrovavo a vivere da circa un secolo.

In macchina la noia mi costrinse  a pensare a cosa esattamente mi aveva spinto ad intraprendere quella fulminea  fuga in Alaska… ma forse mi sarei dovuto chiedere  casa mi spingesse a tornare. Dentro di me continuavo a ripetermi che lo facevo per la mia famiglia,  non sopportavo più le chiamate di Esme - che  sembrava sempre in procinto di piangere  - e poi l’orgoglio, quello era un fattore dominante: non sarei di certo scappato.

 Indubbiamente queste erano valide motivazioni che sicuramente avevano influito nel mio bisogno di tornare, ma c’era qualcosa, non sapevo spiegarmi esattamente cosa fosse, che mi spingeva a tornare il più velocemente possibile a Forks…

La mia partenza era stata così improvvisa che quasi non riuscivo a spiegarmela nemmeno io…

 

…“Isabella Marie Swan” La prima volta che sentii il suo nome non gli attribuì l’importanza dovuta. In fondo è il bello delle prime volte. Tutto ci sembra diverso rispetto a quello che l’avvenire ci dimostrerà. “Alta un metro e sessanta due, quarantasei kilogrammi.  Numerosi ricoveri  al pronto soccorso dovuti a fratture e contusioni, fin dall’infanzia”. In quel momento i pensieri di mio padre mi sembravano del tutto normali  -   ovviamente normali per un diligente medico che porta sempre il lavoro a casa, disposto a consultare su cartelle per un padre preoccupato della sua unica figlia, e naturalmente normale per quanto un vampiro che svolge come lavoro quello del medico possa essere normale.

 Che strano concetto la normalità, una cosa soggetta a innumerevoli fattori:  tipologie sociali, passato storico demografico e sociologico del posto a cui si fa riferimento, e soprattutto al passare del tempo . Proprio il trascorrere del tempo e i continui e repentini  cambi di mode, usanze e pensieri, mi aveva portato alla conclusione che la normalità poteva esistere solo all’interno di un singolo individuo ed avere un valore molto effimero.

“L’ultimo suo ricovero nella città di Phoenix è stato in seguito ad un aggressione subita in casa da ladri che sono riusciti a scappare. Ha riportato un forte trauma cranico, una gamba rotta e alcune costole inclinate… Da allora sembra aver perso l’uso della parola.” Doveva essere atroce trovare nella propria casa delle persone estranee e sentirsi in trappola, pensai. Poi la mente mi condusse a Rose, un forte sentimento di compassione e tristezza mi pervase: quanto doveva essere stato difficile per lei? Decisi di non voler più ascoltare mio padre, un po’ perché il disgusto per persone come quelle mi faceva fare brutti pensieri e mi conduceva verso un passato di cui non ero fiero, un po’ perché mi sembrava di intromettermi  e immischiarmi nella vita privata di un altra persona che doveva aver subito già troppe intrusioni…

Ero diventato sempre più bravo a evitare i pensieri altrui. Ci avevo messo un po’, ma ora riuscivo a canalizzare la mia mente su quello che più volevo. Avevo dovuto esercitarmi ed imparare soprattutto per la mia famiglia. Non mi sembrava corretto violare la loro privacy, anche se ormai erano abituati a non avere più segreti con il sottoscritto, ma io appena potevo mi distraevo con altro nel tentativo di concedere loro quel poco di privacy che riuscivo a lasciargli.

All’ inizio non era stato facile nemmeno per me: sentivo sempre una gran confusione di cui avrei voluto liberarmi. Quando compresi che non avrei potuto farlo cercai di imparare ad usare a vantaggio mio e dalla mia famiglia questa mia… qualità!  Ad esempio se in qualche città qualcuno iniziava ad avere dubbi su noi, potevamo scoprirlo e fare le valigie prima che i dubbi diventassero sospetti.

Mi rifugiai nella mia stanza per apprezzare un po’ di Debussy … visto che tutti i miei fratelli e sorelle avevano da fare “fra di loro”.

 

                                                                                                                                                                    ***

 

Quando scesi in salone, con mio grande stupore, trovai mio padre ancora intento a leggere la cartella medica che Charlie Swan gli aveva consegnato qualche giorno prima.

Doveva essere un caso molto complesso per tenerlo occupato tutto quel tempo. Mi domandavo perché mio padre, che ha un’ esperienza pluricentenaria, fosse stato bloccato su un solo caso per un intero pomeriggio. La cosa m’incuriosiva alquanto, se si considera oltretutto che anche io avevo un paio di lauree in medicina.

-Papà , stai ancora lavorando sul caso Swan?-

-oh Edward caro, non mi ero accorto che fossi entrato nella stanza- Mentre lo diceva non smosse minimamente lo sguardo dai fogli che stava leggendo.

“Vorrei solo capire, le analisi mostrano che non ha riportato nessun danno che le impedirebbe di parlare, eppure è da quasi un anno che è muta...”

-cosa hai intenzione di fare?-

“non lo so proprio figliolo, domani verrà nel mio studio, non ho altro da fare se non propinarle tutta la trafila di visite che ha già effettuato più e più volte…”

-Ti aiuterebbe poter sapere cosa pensa questa ragazza?- Dissi a metà tra il divertito e lo spassionatamente buono.

Mi padre sembro rianimarsi dalla tristezza che lo affliggeva fino a poco prima… “Hai avuto proprio una buona idea figliolo… ma sospetto che tu lo faccia per saltare la scuola.”

-Non posso negarlo! ma sai dopo tutti gli anni da liceale che ho passato perdere qualche giorno non può che giovarmi-

Mentre eravamo lì che ridevamo tranquilli arrivò  Esme per avvisarci che in soggiorno un torneo di scacchi stava avendo luogo , e mentre lo faceva cinse  le spalle a mio padre con un tenerissimo abbraccio. In quei momenti, quando vedevo i miei “genitori” abbracciarsi, capivo che quel loro sentimento era qualcosa che desideravo più di ogni altra cosa al mondo, più dei nostri soldi ma soprattutto più della mia eternità…

 

                                                                                                                                                                  ***

 

La mattina seguente, mentre i miei fratelli si preparavano per la scuola, li osservavo con un sorriso beffardo e qualche battutina che sembravano non gradire molto… Era per me veramente un sollievo non dovermi recare in quel raduno di adolescenti problematici ed essere costretto ad ascoltare i loro sciocchi pensieri, che vertevano sempre sugli stessi argomenti e che si potevo sintetizzare con una sola parola: sesso.

-Ti porterò i compiti a casa- Disse la mia piccola e adorata Alice, tra una piroetta e l’altra, danzando armoniosamente fino alla porta finestra della sua stanza. Le feci una piccola reverenza, in omaggio alla sua grazia.

- Mamma, se Edward non va a scuola non vado nemmeno io- Emmett per quanto fosse il più grosso di tutti continuava a comportarsi e ad esprimersi come un ragazzotto, ma bastò un’ occhiata fulminea di Esme per metterlo a tacere con un broncio che però non se ne andò via. Io e Jasper ci guardammo con un’ aria di rassegnazione. Poi lui andò a raggiungere  Alice: quei due non riuscivano a stare lontani per più di pochi minuti!

Lasciai le chiavi della mia macchina a Rose: la sua avrebbe fatto troppo scalpore, e non mi sembrava proprio il caso! Noi puntavamo al confonderci con gli altri… almeno ci speravamo.

                                                                                                                                                                  ***

Ero sicuro che quella ragazza fosse entrata nello studio, ma non sentivo altro che i pensieri di mio padre. Eppure la vedevo! Come poteva essere? era davanti gli occhi di Charlise, tutta indifesa e spaurita, non era possibile che non stesse pensando a nulla, non per più di dieci minuti almeno! Non sapevo cosa pensare: non mi era mai capitata una cosa del genere, forse sarei dovuto entrare nella stanza con un qualsiasi pretesto, così da più vicino sarei riuscito a sentirla, ne ero sicuro. Ma non volevo invadere lo studio di mio padre per poter spiare meglio una persona, mi sembrava già orribile essere venuto qui con il mero intento di spiare una ragazza i cui problemi sembravano già tanti! Restai ancora qualche minuto diviso tra il voler entrare e il tentare di concentrarmi meglio. Ma visto che tutto quello che riuscivo a vedere era il suo viso minuto e troppo ossuto, e tutto quello che sentivo erano le parole di mio padre che riepilogavano davanti ad aprire la porta.

Ora, con il senno di poi, mi chiedo come sarebbero andate le cose se non avessi mai aperto quella porta, ma mi consolo pensando che il nostro incontro era inevitabile e che forse se gli occhi di mio padre e il timore dei suoi giudizi non fossero stati lì di fronte a me non sarei riuscito a trattenermi, e la strage sarebbe stata inevitabile.

Ma lì in quel momento, con quel sublime odore che mi invadeva le narici riscendendo giù per la gola, che al suo passaggio ribolliva tutta e ardeva di frenesia, non riuscii a far altro che tentare di scappare il più in fretta possibile - e credo che già per scappare impiegai molta della mia forza d’animo-. Con ancora quella fragranza in me correvo per i corridoi dell’ospedale di Forks, sperando che nessuno mi notasse, e a stento mi accorgevo di mio padre che mi correva dietro per capire cosa mi fosse successo.

Mentre mi fiondavo nella Jeep di Emmett, ancora indeciso se non fosse il caso di tornare indietro e lasciare che la natura del mio vero essere facesse il suo corso, il mio telefonino cominciò a vibrare: inutile rispondere, già sapevo di chi si trattava.

La mia Piccola Alice doveva aver saputo prima di me che stavo per partire. Le si sarebbe spezzato il cuore, ma mai come ad Esme… decisi di non tornare a casa altrimenti non sarei riuscito ad andar via vedendo la tristezza di mia madre.

A volte mi domando se ho amato la mia vera madre più di quanto amo lei, ma non lo ricordo proprio.

Speravo che Emmett mi avrebbe perdonato per il furto, ma credo che in fondo persino io sapessi che era solo  una cosa temporanea. Lo avrei scoperto in  breve...

 

…Ed ora, preda dello stesso impeto,  mi ritrovavo davanti al cartello “benvenuti a Forks” che capeggiava lo svincolo dell’uscita autostradale. Rientrando nella piccola e nuvolosa città che aveva ospitato svariate volte la mia famiglia, ero ancora indeciso sul da farsi. Sarei dovuto andare a casa, sì questo avrei dovuto fare, e me lo ripetevo senza tregua mentre varcavo la soglia dell’ingresso dalla scuola.

Subito avvertii i pensieri di mia sorella Alice, che forse sapeva prima di me che sarei arrivato, stava pensando così tante cose insieme che la mia mente fu travolta da una specie di uragano da cui riuscivo solo a percepire rare parole : lo sapevo, ne sei sicuro?, posso dirlo io?

Ma non disse nulla, mi corse incontro e mi abbracciò.

 

                                                                                                                                                                 ***

 

Con la scusa della campanella riuscii a scampare dalla furia di Emmett, che non voleva perdonare il mio “furto”. Mi recai verso l’aula di biologia invaso da un sempre maggiore stato d’ansia, dovuto alla consapevolezza che la mia ora di biologia era in comune con quella di una certa “muta” di mia conoscenza.

Mi ripetevo che in fondo era una semplice umana, e che ero stato uno stupido a pensare di scappare, e poi per cosa? un po’ di buon odore? Un po’ del più buon odore mai sentito in cento anni? Una semplice ventata della fragranza più sublime che la natura avesse creato?

E mentre tentavo di ricordare la fragranza in questione entrai nell’aula e mi trovai travolto da quel famigliare e sublime odore, appartenente a due occhi color nocciola che  mi fissavano stupefatti .

 

­­­­

Okay … sono cattiva? Ma no dai vi dico che il prossimo capitolo è già pronto e sarà di nuovo un Pov. Edward !!
 

 

  
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