*toc toc* c’è nessuno?
Sì, sono tornata tra voi!
Il motivo per cui ho tardato ad aggiornare
questa volta non è stato il solito blocco dello scrittore, o la mancanza di
ispirazione. Ho avuto alcuni problemi familiari che mi hanno colpita molto, e
che di conseguenza mi hanno fatto passare la voglia di scrivere. Adesso però si
è tutto sistemato, diciamo così, e ho ripreso a scrivere con calma … pensate
che ho quasi ultimato questa storia! Mi manca un capitolo da scrivere e poi
metterò la parola ‘fine’ anche qui °-°
Quindi, gli aggiornamenti per ‘The campo f love’
saranno più o meno puntuali, conto di aggiornare una volta a settimana :D
Bene, e adesso vi lascio leggere. Però,
prima voglio dirvi un paio di cose: questo capitolo è quello più importante, e
devo scusarmi con voi se vi sembrerà un po’ strano. C’è una ‘situazione’ che io
non ho mai provato, e su cui ho dovuto fare delle ricerche per scriverla al
meglio … se non ci ho preso, o se fa schifo, mi scuso con tutte voi °-°
E, per ultimo, vi lascio un paio di link
che potrebbero tornarvi utili: sono il mio profilo Facebook, per chi
volesse aggiungermi tra gli amici, e quello del gruppo delle mie storie! L’ho
fondato da poco, ed è ancora vuoto XD ma se volete entrare a farne parte basta
che mi mandiate la richiesta ed io lo farò subito :) ecco a voi Little Talks.
Bene, adesso vado che le note sono
abbastanza lunghe stavolta XD vi ringrazio per avermi aspettato – ancora una
volta XD – e … buona lettura!
Alla prossima :*
Capitolo tredici – Oltre al danno, la
dichiarazione… dichiarazione?
02/08/2010
«Avete fatto sesso?! Ma mi prendi per il culo
o stai dicendo la verità?» l’esclamazione sorpresa di Alice giunge fino al
mio povero orecchio, rischiando quasi di rompermi il timpano.
«Alice,
non urlare! Potrebbe sentirti qualcuno!» la sgrido.
«Tranquilla, non mi sente nessuno … sono in
auto, da sola, quindi posso urlare quanto mi pare e piace!» dice,
compiaciuta di quel fatto.
«Sei in
auto? E dov’è che stai andando?» domando, e dopo che l’ho fatto mi viene in
mente un’altra cosa. «E che ci fai in piedi a quest’ora?»
A Napa
sono passate da poco le sette del mattino: nel Maine siamo tre ore avanti, e
alcune volte mi dimentico del fuso orario. Mi chiedo cosa stia facendo quella
pazza di mia cognata in giro a quest’ora …
«Devo andare in agenzia, ho un po’ di lavoro
da sbrigare … ma non provare a cambiare discorso! Tu e il tuo spasimante avete
fatto sesso e me lo racconti solo adesso?! Sei pessima, cognata, davvero pessima!»
Sbuffo.
«Alice, non mi piace mettere i manifesti sulla mia vita sessuale! Mi conosci,
pensavo che lo avevi capito da sola …»
«Sì, lo so … ma sono la tua confidente! E tu
sei la mia, o mi sbaglio?»
«Purtroppo
sì, lo sei …» rabbrividisco al ricordo di come Alice, appena tornata dalla luna
di miele, mi ha raccontato per filo e per segno la maratona di sesso sfrenato
che ha avuto con mio fratello.
Non è
bello sentire le prestazioni di Jasper, per niente! Mi ha bloccato la crescita!
Beh, quella in realtà si è bloccata già da tempo, adesso che ci penso …
«Ecco, quindi raccontami tutto! È bravo a
letto?» domanda Alice, interrompendo così i miei pensieri.
«Ma che
cazzo di domande fai? Fatti gli affaracci tuoi!» squittisco, sentendo le guance
andare a fuoco.
«Oh Bella, ti imbarazzi per così poco? Non
oso immaginare quando ti sei trovata davanti a Edward, allora!» scoppia a
ridere, ed io mi arrabbio.
Come
osa?!
«Alice,
piantala subito! E sì, è bravo a letto, più di Jasper!» esclamo.
Dall’altra
parte della cornetta non sento più niente. Forse Alice è morta. Oh, madonna
mia! Ho ucciso mia cognata! E adesso chi glielo dice a Jasper? E a Rosalie? E
ai signori Brandon, piuttosto! Quelli mi uccidono!
Okay,
mantieni la calma …
«Che ne sai tu di com’è tuo fratello a letto?»
bisbiglia – finalmente! – lei, ed io sospiro di sollievo. Non ho ucciso
nessuno, evvai!
«Ricordo
i … tuoi discorsi interessanti sulla tua luna di miele. Purtroppo.» le spiego.
Mi appoggio contro la corteccia di un albero, mi sono stufata di camminare
senza una meta.
«Ah già, è vero, ti ho raccontato tutto!
Quindi Edward è super dotato … se è davvero così ti invidio, cognatina!»
dice, entusiasta.
Arrossisco
di nuovo, e devo persino schiarirmi la gola per evitare di strozzarmi con la
mia stessa saliva. «Mi avvalgo della facoltà di non replicare a questa
affermazione, Alice. E adesso scusami, ma devo proprio andare … sai com’è, la
vita di campeggio …»
«Certo, Bella, certo … usa i preservativi, mi
raccomando! Non voglio vedere tuo padre incazzato se ritorni a casa incinta, e
neanche tuo fratello se è per questo …»
«Alice,
smettila! Pensa per te, piuttosto!»
«Lo farò, non preoccuparti. Ci sentiamo più
tardi, tesoro.»
«Certo,
certo.»
Chiudo
la telefonata, e resto per qualche secondo ad osservare lo schermo oscurato del
telefonino prima di riposarlo nella tasca degli short. Un sorriso mi aleggia
sulle labbra, mentre ripenso alle parole di Alice.
“Se è davvero così ti invidio, cognatina!”, ha
detto. Beh, cara Alice, io non te lo dirò mai – mi vergogno troppo per farlo!
-, ma … ma invidiami pure quanto vuoi. Io Edward non me lo faccio scappare di
certo, e non solo perché il sesso con lui è spettacolare … ma perché sento che
è la persona giusta per me.
Non
sono ancora sicura dei sentimenti che provo per lui, ma so che gli voglio molto
bene e che è qualcosa che non ho mai provato veramente in tutta la mia vita. È
intenso. Non so se è amore, o qualcosa che gli va molto vicino … ma so che è
qualcosa per cui vale la pena trascorrere insieme queste ultime settimane di
vacanza prima di tornare alle nostre vite di sempre, e di affrontare una
relazione a distanza.
Questa
storia della relazione a distanza mi preoccupa un po’, ad essere sincera. Non
ne ho mai affrontata una, e non so come ci si deve comportare in una simile
circostanza … non so neanche se avrò la pazienza necessaria per sopportare la
distanza che ci separerà dalla metà di agosto in avanti! Però so che ce la devo
mettere tutta per farla funzionare … devo farlo per noi due.
Io non
voglio perderlo, per nessuna ragione al mondo.
Con
questi pensieri che continuano a girarmi in testa, mi stacco dall’albero e
riprendo il mio vagabondare per il campo. Oggi sono tutti impegnati in uno
pseudo torneo di scherma – dannata Odette ed i suoi tornei! -, ma io me ne sono
andata quasi subito. Mi annoiava terribilmente.
Ho
avuto anche paura che facessero partecipare anche me, lo ammetto. Mi è bastato e
avanzato il torneo dell’altro giorno, e non sarei stata molto entusiasta se
avrei dovuto prendere parte anche a questo.
Ho
ancora i segni della mia ‘impresa titanica’: il livido sul mio zigomo da viola
è diventato di un orrendo color verde marcio, non sono riuscita a coprirlo
neanche con il correttore. Mi fa schifo solo guardarlo, e non capisco come
faccia Edward a vedere la mia faccia senza schifarsi anche lui.
Perché lui ti ama!, mi
suggerisce la mia vocina/cervello/coscienza.
Già,
lui mi ama.
Ormai
ripenso sempre più spesso a quelle due misere parole che Edward mi ha detto un
paio di sere fa, anche se credo che non si sia reso conto di averlo fatto.
Dopo
aver fatto di nuovo sesso, presi com’eravamo in una nuova performance di
coccole innocenti, sarebbe stata l’occasione perfetta per chiedergli cosa
intendeva con quelle parole … ma non l’ho fatto.
Questo
perché sono una codarda, e perché ho avuto paura di sentire di nuovo quell’‘Amore’
uscire dalle sue labbra perfette. E poi, come vi ho detto poco fa, non so bene
cosa provo io nei suoi confronti … ho temuto di offenderlo, se dopo avermi
confessato il suo amore per me gli avessi detto quelle cose.
Che
figura ci avrei fatto?
Per
fortuna mi sono trattenuta, e ho preferito evitare una spiacevole situazione.
Se riuscissi a capire meglio la portata dei miei sentimenti verso di lui,
potrei anche evitarmi tutte queste ed inutili seghe mentali e confessarglieli
direttamente! Almeno così saremmo tutti e due contenti.
«Bella!
Bella! Aspettami!» sento la voce di
Angela che mi chiama, e voltandomi la vedo che sta correndo verso di me. Ha un
sorriso enorme sulle labbra e gli occhiali di traverso, e penso che non si sia
accorta di quest’ultimo particolare.
«Ehi,
Ang! Che succede?» chiedo, e per la prima volta uso il nomignolo che ho
scoperto piacergli particolarmente.
Angela
non ama, come dire, i diminutivi troppo femminili e troppo carini del suo nome,
come Angie, Angelina e via dicendo: lei, per tutti, è Ang. Una volta mi sono
sbagliata e l’ho chiamata Angie, e mi è quasi saltata addosso come una pazza,
con tanto di unghie scoperte come i gatti.
Ci ho
ripensato due volte prima di chiamarla di nuovo in questo modo.
Angela
mi raggiunge e si raddrizza gli occhiali, scrollando le spalle. «Niente! Ho
abbandonato anche io quel torneo, non mi piaceva … tra poco arrivano anche
Edward e Ben.»
«Ah,
perfetto!» le sorrido, almeno non resterò da sola per chissà quanto tempo.
«Sì, ho
detto loro di aspettarci in mensa … chissà, forse è avanzato qualcosa dalla
colazione.» mormora, prendendomi sottobraccio.
«Hai di
nuovo fame? Ma … abbiamo fatto colazione poco fa!»
«Quasi
due ore fa, per essere precisi. E poi ho un metabolismo veloce, brucio tutto
subito. Devo assolutamente mettere qualcosa sotto i denti!»
Una
ventina di minuti dopo, più o meno, io e Angela siamo sedute sui gradini del
portico, fuori dalla mensa; io sto bevendo un cappuccino, lei invece sta
facendo fuori il terzo cornetto.
«Sei un
pozzo senza fondo!» esclamo, guardandola dare un morso enorme al cornetto.
«Ho
fame, non posso farci niente!» ribatte lei, e a malapena riesco a capire cosa
mi ha detto: ha la bocca talmente piena che mi stupisco che non sputi niente
mentre parla.
«Lo
vedo che hai fame.» rido tra me e me, e prendo un altro sorso dal bicchierone
di carta che ho in mano.
«Ah,
eccole qui, le nostre donne!» esclama Ben, che sta venendo verso di noi insieme
a Edward.
Non
appena incrocio il suo sguardo, un sorriso timido si forma sulle mie labbra e
viene subito ricambiato dal suo, quello sghembo, il mio preferito. Sembrerà una
cosa strana, ma in questa piccola manciata di minuti in cui siamo stati
separati mi è mancato.
Sono
sulla buona strada per capire cos’è che provo veramente per lui, se ho capito
che mi da fastidio non averlo accanto per poco tempo … un’altra cosa da
aggiungere alla lista.
«Ciao
ragazzi!» li saluta Angela, sempre con il boccone in bocca. Ma come fa a
parlare? Io avrei già rinunciato da tempo a farlo!
«Sempre
a mangiare, eh, moglie?» la sfotte Ben, arruffandole i capelli una volta che si
è avvicinato a noi.
«Taci,
marito!» Angela gli da una manata sul petto e poi, come se niente fosse, gli
manda un bacio volante.
Sorrido,
davanti a quella scena, prima di venire interrotta dal mio ragazzo che mi si
inginocchia davanti, posando le mani sulle mie cosce scoperte.
Ogni
momento è buono per lui per palparmi, ammettiamolo!
«Ciao,
piccola.» Edward mi saluta, sorridendomi nel modo che mi piace tanto. Glielo
mangerei quel sorriso per quanto è bello!
«Ciao,
piccolo … oddio, non è che sei così piccolo!» rido, e se non la smetto di
parlare rischio di fare un'altra delle mie figure di merda.
«Già,
in confronto a te sono un gigante!» mi prende in giro e si sporge verso il mio
viso per baciarmi dolcemente le labbra. «Che fate di bello sole solette?»
«Vi
stavamo aspettando, e intanto Angela si è ingozzata come un maiale!»
«Dovresti
farlo anche tu, sai? Sei un pochino magra, per i miei gusti …» mi fa notare
Edward, strizzandomi un fianco.
«Non è
vero, non sono così magra! Sei tu che … mi stai facendo fare un sacco di
ginnastica ultimamente!» meglio non specificare il tipo di ginnastica che
facciamo insieme, anche se so che ha capito perfettamente a cosa mi sto
riferendo.
Edward
annuisce, dando conferma alle mie parole. «Uh, è vero … ma visto che non ho
intenzione di smettere di ‘fare ginnastica’ con te, vado a prenderti qualcosa
da mangiare. Cos’è che preferisci?»
Alzo
gli occhi al cielo: è inutile cercare di protestare se si è messo in testa una
cosa. «Quello che vuoi, hai libera scelta.»
«Benissimo,
torno subito.» mi bacia di nuovo le labbra e si alza, salendo i gradini del
portico. «Ben, prendi qualcosa anche tu?»
«Certo,
aspetta che ti accompagno …»
I due
si allontanano così come sono arrivati, e ci lasciano di nuovo sole. Bevo
ancora del cappuccino e mi volto verso Angela, che mi sta guardando con un
sorriso furbo sulle labbra e che cerca malamente di coprire con il suo
bicchiere di caffè.
«Che
c’è?» le chiedo, con un sopracciglio che si inarca verso l’alto.
Lei
scuote le spalle e fa la vaga, ma non le riesce molto bene. «Niente, niente …»
dice, voltando lo sguardo. «Tu e Edward siete davvero carini insieme!» esclama
alla fine, e volta di poco la testa per guardarmi e per sorridermi
maliziosamente.
«Quanto
sei scema! Ma grazie.» mi viene da ridere guardandola in faccia, quindi abbasso
lo sguardo per non sembrare maleducata.
«Ah!
Brutta stronza, sparisci!» torno a voltarmi quando sento Angela sbraitare contro
qualcosa, e vedo che sta agitando le mani per scacciare via un insetto … dai
colori, si direbbe una vespa.
«Ang,
non fare così! Se la provochi ti punge!» esclamo, alzandomi in piedi con uno
scatto a dir poco fulmineo: ho la fobia per quegli esseri di merda, per me
dovrebbero morire tutte, nessuna esclusa! Ogni volta che ne vedo una, quando
sono in mezzo alle mie viti, scappo via per paura che mi possa pungere.
«No,
Bella, se stai ferma ti punge! E con le punture di vespa non si scherza, questi
sono esseri maledetti!» ringhia, alzandosi in piedi come me e guardandosi
attorno, come un cane. «È andata via? Bene!»
«Sì,
sembra di s … AHIA!» sono costretta a smettere di parlare quando sento un
pizzicotto terribile sul collo.
Porto
la mano sul punto che mi fa male, e nel farlo sento che qualcosa va via. Oh,
merda! Quella vespa di merda ha scelto me come cavia della giornata! Ah, ma me
la pagherà, eccome se me la pagherà!
«Bastarda!
Stronza! Ah, brucia!» mi lamento, e sento che la pelle comincia a gonfiarsi nel
punto in cui quella merdosa vespa ha colpito.
«Oddio,
non dirmi che ti ha punto! Fa vedere!» Angela mi si avvicina e mi scosta i
capelli dal collo, e fa la stessa cosa con la mia mano. «Guarda qua, si sta
gonfiando! Dobbiamo metterci una crema a base di cortisone, e subito!» detto
questo, comincia ad armeggiare con il suo inseparabile marsupio.
Non ho
mai fatto caso a quello che contiene, ma adesso vedo che è pieno di … creme e
scatole di medicinali.
«Ma hai
svaligiato una farmacia?» chiedo, facendo una smorfia quando provo a toccare
quella strana bolla che ho sul collo. Mi schiarisco la gola, sentendo che c’è
qualcosa che mi da fastidio.
«Più o
meno … ma è tutta roba utile, non si sa mai cosa può accadere no?» dopo aver
recuperato quello che cercava, torna a guardarmi e lo fa in modo quasi
preoccupato. «Non sei allergica alle punture di insetti, vero?»
«No,
non penso … perché?» sono costretta a schiarirmi di nuovo la gola, c’è qualcosa
che non va.
«Perché
se lo sei, una semplice crema non basta.»
Scuoto
la testa. «No, ti assicuro che non è questo il caso …»
E tutto
succede non appena finisco di parlare.
Il
respiro comincia a mancarmi da un secondo all’altro e la cosa mi spaventa un
sacco. Provo a tossire e a cercare di respirare più forte per risolvere la situazione,
ma non ci riesco … è come se ci fosse qualcosa in gola che mi impedisce di
farlo bene. Rantolo peggio di un cane che si sta strozzando. Barcollo, e mi
appoggio alla ringhiera di legno per evitare di cadere a terra.
Comincio
a preoccuparmi, non mi è mai successa prima una cosa simile.
«Ecco,
vedi? È questo che intendevo!» esclama Angela, allarmata. «Non restare in
piedi, siediti … BEN! EDWARD!» urla subito dopo.
«Angela,
che … oh, Dio! Ma che è successo?» Ben è tornato fuori e, come ha visto la
situazione, si è precipitato da noi. Nonostante le lacrime agli occhi, che mi
offuscano un po’ la vista, riesco a scorgere il suo sguardo terrorizzato. «Che
cos’ha Bella?»
«È
stata punta da una vespa, credo che stia avendo una reazione allergica …» la
voce della mia amica è tremolante e spaventata. «Su Bella, su, non avere paura
…»
Come
diavolo faccio a non avere paura?! Per colpa di quella stronza mi sta venendo
chissà che cosa! Vorrei vedere te al posto mio, che cosa faresti?
Tossisco
di nuovo, e come per le altre volte ottengo come risultato un bel niente. Mi
sembra di stare peggio, invece … oh, mamma, vi prego non ditemi che sto
morendo! Sto morendo, vero? No, non rispondetemi per favore!
«Bella,
ehi, piccola! Stai tranquilla, ok?» ci ha raggiunti anche Edward adesso, e forse
è l’unica persona che voglio veramente accanto in questo momento. Incrocio il
suo sguardo e anche se è spaventato quasi come quello degli altri due, mi
sembra anche fiducioso e tranquillo. «Stai tranquilla, e vedrai che andrà tutto
bene. Ben ha appena chiamato un ambulanza, sarà qui a momenti …»
Cerco
di annuire, anche se non sono così sicura di averlo fatto veramente. Edward
prende la mia mano nella sua e la stringe, mentre mi sostiene la schiena con un
braccio. «Sono qui, va bene? Non ti lascio sola, resto con te.»
Sapere
che lui è accanto a me mi aiuta moltissimo. Non può fare nulla per risolvere la
situazione, ma almeno mi da un po’ di forza.
Alla
fine Angela aveva ragione: ho avuto davvero una reazione allergica per colpa di
quella stronza puntura di vespa. Uno shock anafilattico con i fiocchi ed i
controfiocchi! Non pensavo proprio di essere sensibile al veleno di quegli
insetti rompiballe, ma a quanto pare è così. Non ero mai stata punta da un
insetto prima d’ora, e non mi è mai saltato per la testa di fare delle prove
allergiche per sapere se ero o meno allergica a qualcosa.
Se lo
sapevo prima, avremmo evitato tutta questa spiacevole vicenda … o forse sarebbe
accaduta ugualmente.
Mah,
vallo a sapere!
Dopo
essere stata portata urgentemente al pronto soccorso, mi hanno soccorsa – gran bel
gioco di parole! – e mi hanno somministrato una cura a base di cortisone, che
ha risolto in gran parte la crisi respiratoria e che mi ha anche leggermente
gonfiato. Sembro più grassa di dieci chili, a giudicare dall’aspetto delle mie
mani, ma è una cosa passeggera e un classico effetto collaterale del farmaco,
quindi non mi preoccupo più di tanto.
Il
medico che mi ha sotto cura mi ha anche avvertito che mi terranno l’intera
giornata sotto osservazione, per evitare una eventuale ricaduta, e forse
resterò in ospedale anche per la notte. Io odio gli ospedali, però questa volta
non posso proprio evitare di andare via: devo fare la brava, e aspettare che si
risolva tutto quanto.
Ho
pensato di annoiarmi, stesa sul letto a non fare praticamente niente, ma alla
fine ho risolto questo problema … anzi, lo ha risolto la cura al posto mio. Ho
riposato praticamente tutto il giorno, entrando di tanto in tanto in una specie
di dormiveglia che mi ha lasciata rimbambita e confusa ogni volta che tornavo
ad aprire gli occhi.
Il mix
di farmaci, che mi stanno ancora somministrando tra l’altro, mi ha stesa
letteralmente. Sembra una specie di sedativo per gli elefanti! Almeno adesso so
che c’è qualcosa che mi fa stare zitta e buona … ma è meglio che mi tenga
questa novità per me.
Qualcuno
potrebbe approfittarsene.
Mi
risveglio dopo l’ennesimo pisolino della giornata. Ho la testa leggermente
pesante e gli occhi che bruciano, per non parlare della gola secca. Se proverei
a parlare in questo momento, uscirebbe solo un suono gracchiante da strega.
Roba spaventosa, senza contare che la notte di Halloween è ancora lontana:
qualcuno potrebbe anche pensare che mi sono preparata in largo anticipo.
Volto la
testa mentre mi gratto distrattamente un occhio, e cerco con quell’altro la
presenza di una misera bottiglietta d’acqua che possa alleviare il fastidio che
sento all’interno della mia bocca. Ne trovo una posizionata sul comodino
accanto al letto, e faccio per allungare un braccio per afferrarla … ma
qualcuno lo fa prima di me.
Confusa
più di prima, cerco di capire a chi appartiene la mano … e scopro che il
proprietario è Edward. A beh, dovevo aspettarmi che ci fosse anche lui, qui con
me: è venuto in ospedale insieme ad Angela e Ben, e non mi ha mollato un
secondo da quando mi hanno sistemata in questa minuscola stanzetta. Gli altri
sono tornati al campo, ma lui è voluto restare qui a farmi compagnia.
«Non ti
sforzare, ti aiuto io.» mormora, ma abbastanza forte in modo che io possa
udirlo. Beh, io lo sento chiaro e conciso, non sono mica diventata sorda!
«Va
bene …» gracchio. Visto, che vi avevo detto prima? Voce da strega!
Edward,
dopo aver riempito un bicchiere con l’acqua, mi aiuta a mettermi in posizione
semiseduta e mi passa il bicchiere. Mentre bevo l’acqua a piccoli sorsi, i miei
occhi si posano sulle mie dita che stringono il bicchiere di carta. Mi sembrano
tanti piccoli salsicciotti … spero che il gonfiore passi in fretta.
«Come
ti senti?» mi domanda dopo che ho finito di bere e gli ho restituito il
bicchiere.
«Bene …
rimbambita, ma bene.» borbotto, strofinandomi il viso con le mani e appoggiando
la schiena contro i cuscini.
«Hai
dormito tutto il giorno, è normale. L’infermiera prima mi ha detto che ti
tratterranno anche per la notte, piccola …» Edward mi accarezza dolcemente i
capelli e mi sorride altrettanto dolcemente. Gli verranno le carie un giorno o
l’altro, se continua così … o forse verranno a me.
Sbuffo,
scocciata. «Non sono nella posizione adatta per dire di no, giusto?»
Ridacchia.
«No, direi proprio di no. Queste ore passeranno in fretta, vedrai … neanche te
ne accorgi, secondo me.»
«Ci
credo poco.» mi volto su di un fianco, in modo così da stare con il viso di
fronte al suo, e appoggio nuovamente la testa sui cuscini. Facendo così,
strofino il collo contro la federa e sento che la puntura comincia a farmi
male. Dalle mie labbra fuoriesce un gemito di dolore, che non sfugge a Edward.
«Che
succede?» chiede subito, preoccupato.
«Niente,
è la bolla … brucia un po’.»
«Non
servo io per dirti che è normale, vero?» Edward si sporge sul letto e si avvicina
con il viso al mio, facendo strofinare tra di loro i nostri nasi. Quando fa
così è troppo dolce. Ho il serio dubbio che le carie verranno a me, per la
troppa dolcezza che mette in ogni suo gesto rivolto alla sottoscritta.
Scuoto
la testa, divertita, e mi godo tutte le coccole che mi fa. Edward mi bacia il
naso, le guance, la fronte, l’attaccatura delle sopracciglia … insomma, bacia
ogni parte del mio viso e riserva per ultimo quello sulle mie labbra, quello
che bramo di più. Il contatto però dura poco, cosa che non mi piace per niente.
«Perché
hai smesso?» chiedo, scocciata.
«Perché
devi riposare, e per i baci c’è sempre tempo.» mi risponde lui, con fare da
saputello.
«Ho
riposato abbastanza, per oggi … avvicinati, per favore!» lo supplico, e alzo le
braccia verso di lui, cercando di afferrarlo per le spalle.
«Bella,
attenta alla flebo!» esclama, indicando l’ago della flebo che ho sul dorso
della mano.
«Ci sto
attenta, ma tu vieni qui!» dico risoluta, e vedendo che non cederò tanto presto
Edward mi accontenta.
Ci
scambiamo un altro bacio, dolce e delicato quanto il primo ma di diversa durata.
Quando ci separiamo abbiamo entrambi le guance arrossate ed il respiro corto …
quest’ultimo ormai è diventato una parte di me, visto che è tutto il giorno che
me lo porto dietro.
«Grazie.»
gli dico, sorridendo.
«E di
che, scusa? Adoro baciarti, l’ho fatto con piacere!»
Comincio
a ridere e anche lui lo fa, posando per qualche istante la sua fronte contro la
mia. Ad interrompere questo momento così tranquillo e tenero è un ‘bip’, che riconosco provenire dal mio
cellulare. Il mio cellulare?!
«Dov’è
il mio cellulare?» chiedo, guardandomi attorno. Lo sguardo si sposta sul
comodino, ma di quel piccolo ammasso di ferraglia non c’è traccia … dove lo
hanno nascosto?
«Ce
l’ho io, Bella.» Edward viene in mio soccorso, e dalla tasca dei jeans fa
uscire fuori il mio cellulare. «Mi sono occupato delle chiamate che hai
ricevuto … ah, più tardi dovrebbe chiamarti la tua famiglia.» mi informa,
porgendomi l’apparecchio.
«La mia
famiglia?» chiedo, prendendo il telefono dalle sue mani. «Non sapranno mica di
quello che è successo, vero?»
«Lo
sanno, invece, li ha avvertiti Seth. Ho passato più di mezz’ora a convincere
tua nonna ed i tuoi genitori che sei fuori pericolo, erano spaventati a morte!»
alza gli occhi al cielo, ricordando molto probabilmente quelle telefonate,
prima di tornare a guardarmi. «Tua nonna sa che stiamo insieme, o sbaglio?»
Annuisco
in fretta, e arrossisco. Merda, mi sono dimenticata di raccontarglielo! «Ho
sbagliato a dirglielo?»
«No no,
va bene! Mi ha solo preso alla sprovvista, ecco perché sono rimasto sorpreso! I
tuoi invece non lo sanno ancora … come mai?»
Inarco
un sopracciglio verso l’alto. «Mio padre è un poliziotto. Ho voluto evitare che
facesse indagini e rapporti sul tuo conto per vedere che sei un bravo ragazzo,
e che non ti stai approfittando di me …»
«Ah!
Hai fatto bene, allora. Una cosa per volta …» mormora, poggiando i gomiti sul
materasso e prendendo una mia mano tra le sue.
La
stringe forte, la accarezza e poi la bacia una, due, tre volte prima di
portarsela alla guancia. Comincio ad accarezzargliela delicatamente mentre lui,
con gli occhi fissi nei miei, comincia a piangere.
Oddio,
e adesso perché lo fa? Mi fa preoccupare e spaventare, questa sua reazione. E quei
lacrimoni che scendono sul suo viso non mi piacciono per niente.
«Tesoro,
che succede?» sussurro, mentre una lacrima raggiunge le mie dita.
Edward
asciuga subito quelle prime gocce, e scuote energicamente la testa. «Niente,
niente.»
«Non
può essere ‘niente’, se ti fa piangere …» gli faccio notare, preoccupata.
«Edward, ti prego, parlami. Che c’è che non va?»
Lui
torna a guardarmi, con gli occhi lucidi e con lo sguardo triste. «È che … ho
avuto paura quando ti ho visto … stare male, prima.» mormora, abbassando gli
occhi.
All’improvviso
non so cosa dire, troppo spaesata e presa in contropiede per rispondere
prontamente. Ha avuto paura, cosa più che comprensibile … anche io ne ho avuta
tanta, ho creduto di morire, cavolo!
«Ne ho
avuta anch’io, tesoro … ma è andato tutto bene. Adesso sto meglio.»
«E se
invece non fosse successo?» esclama ad un tratto, tornando con gli occhi fissi
nei miei. «Ci sono persone che muoiono tutti i giorni per questi incidenti,
Bella. E se fosse accaduto anche a te? Se non ce l’avessi fatta … che avrei
fatto io?» nuove lacrime escono dai suoi occhi, scendendo lungo le sue guance,
e mi sento così male a vederlo così che comincio a piangere anche io.
«Ma non
è successo, Edward, non è successo … io sto bene, guardami! Sono solo un po’
acciaccata, ma sto bene. Perché dici così?»
«Perché
per un attimo ho provato ad immaginare la mia vita senza di te, e non ci sono
riuscito. Credo che, adesso che ti ho conosciuta, non posso proprio pensare di
riuscire a vivere senza averti al mio fianco … e credo di essermi innamorato di
te, Bella.» mormora, senza smettere di guardarmi negli occhi.
Non so
che dire. Ho smesso persino di respirare, le sue parole mi hanno lasciata …
senza parole, per l’appunto!
Si è
innamorato di me. Edward si è innamorato di me. Dovrei essere la ragazza più
felice di questo mondo, adesso, ma chissà per quale oscuro motivo non lo sono.
Non
sono felice perché io, a differenza sua, non so se sono innamorata di lui. So
di provare qualcosa di forte per lui, ma non so se è amore. Non mi sono mai
innamorata, quindi non so riconoscere questo sentimento così bello, complicato
e potente allo stesso tempo.
«Sei …
sei innamorato di me?» mentre lo domando, una lacrima mi scende sulla guancia,
e Edward la asciuga prontamente con le sue dita.
Annuisce.
«Credo di averlo capito solo adesso, ma forse mi sono innamorato di te dalla
prima volta che ti ho baciata.» torna di nuovo con il viso accanto al mio, e
poggia la fronte contro la mia. «Credo di amarti, Isabella Swan … anzi, no, io so di amarti! E sono sicuro che non
amerò nessun’altra nel modo in cui amo te. Ti amo.»
Oh,
merda!
«Io …
io non so se ti amo, Edward …» dico, chiudendo gli occhi per evitare il suo
sguardo. «Non so se ti amo … non lo so, non sono così esperta di sentimenti …»
il mio è un piccolo tentativo di fargli capire come stanno le cose. Spero che
non lo prenda come un rifiuto perché il mio non
è affatto un rifiuto! E non voglio perderlo proprio adesso che sento di
essermi affezionata così tanto a lui.
«Non ti
agitare, piccola, va bene così. Non devi dirmelo adesso anche tu …» mormora,
baciandomi la testa. «Posso aspettare.»
Annuisco,
stringendo forte la presa sulle sue spalle, e lo faccio con così tanta
convinzione che sento bruciare la mano in cui c’è l’ago della flebo. Riapro gli
occhi, scontrandomi con i suoi, verdi e ancora lucidi per le lacrime che ha
versato poco fa.
«Io non
so se ti amo … ma so di volerti bene, e che c’è qualcosa di forte dentro di me
che non ho mai provato prima in vita mia. Non so se è amore, ma credo che sia
qualcosa che ci va molto vicino.»
Edward
sorride, carezzandomi la guancia con il pollice. «E a me basta quello che mi
hai appena detto. Davvero, mi basta. Per il resto, se è vero amore, posso
aspettare tutto il tempo che vuoi.»
Ricambio
il suo sorriso, e lo abbraccio forte, seppellendo il viso nella sua spalla.
Non mi
sarei mai aspettata una cosa simile, oggi. Edward mi ama, e mi esce una lacrima
mentre ci ripenso. Mi ama, è sicuro dei suoi sentimenti ed io non posso che
essere felice di questo …
Un po’
mi dispiace, però, che non possa ancora ricambiare a pieno questo amore. A lui
sembra non interessare, ma per me è importante. Devo capire se lo amo o no, e
voglio mettercela davvero tutta per scoprirlo.