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Autore: franceachira    29/11/2012    6 recensioni
Ma cosa ne sapevano loro dell’amore? Erano stati creati per odiarsi, per essere l’uno l’opposto dell’altro ed ora si trovavano a condividere quel sentimento, forse più distruttivo di qualsiasi fiamma.”
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo tre.

Entro in casa strusciando i piedi a terra per non far rumore con il tacchetto degli stivali.
Mio padre è sdraiato sul divano, addormentato con il televisore acceso, come suo solito.
Salgo le scale lentamente, la testa mi martella vicino alle tempie e sento gli occhi pesanti.
-Kira- mi volto di soprassalto, mia madre mi viene in contro fissandomi.
-Tutto bene? Come è andata la serata?- la guardo per un paio di secondi e poi abbasso lo sguardo.
-Alla grande- esclamo –ma ho sonno, vado a letto- taglio corto non avendo voglia di parlare e con la speranza che non si accorga di niente.
Lei sospira un ‘buonanotte’ ed entra in camera, io le sorrido e faccio lo stesso.
Mi butto sul mio letto, vestita, togliendomi le scarpe con i piedi.
Cerco di riordinare le idee, ma il mal di testa e la nausea sembrano non volersi fermare.
Facciamo la stessa cosa ogni sabato: beviamo e  fumiamo un po’, poi torniamo a casa ed è come se avessimo passato la serata a giocare a carte.
Mentre stasera mi sento come se un auto mi avesse investito in pieno petto.
Cerco di contare le bottiglie di birra che ho bevuto, ma il conto si ferma a tre, come sempre, e non trovo una spiegazione ai crampi che mi affliggono lo stomaco.
Sbuffo, mi sfilo la felpa e i leggins restando sdraiata sul letto, mi infilo sotto le coperte e cerco di rilassarmi e senza neanche accorgermene mi addormento distrutta.


Mi sveglio improvvisamente.
Soffoco un lamento nel cuscino sentendo che la situazione non è migliorata.
Socchiudo un occhio e guardo la sveglia sul comodino: le quattro e mezza.
Mi volto su un fianco sperando di avere dei miglioramenti, ma appena mi muovo lo stomaco è come se si attorcigliasse su se stesso.
La nausea diventa terribile.
Scatto in piedi e corro in bagno in preda ai conati di vomito.
Raggiungo giusto in tempo il water per svuotare tutto quello che ho mangiato e bevuto la sera precedente nella tazza.
Resto una ventina di minuti seduta sulle piastrelle bianche, che a contatto con la pelle  sono gelate.
Se prima di andare  a letto mi sentivo come se mi avesse investito un’auto, ora l’auto è diventata un tir, con tanto di rimorchio.
Ogni volta che mi alzo per tornare in camera, arrivo davanti al letto e sono costretta a tornare in bagno.
Sento dei passi  e spero con tutto il cuore che non si accorgano che  sono in ginocchio, con la testa appoggiata al muro, ma la porta si apre e mia mamma entra.
Accende la luce e sobbalza vedendomi in quel modo –Akira cosa fai?- mi chiede avvicinandosi.
Scuoto la testa e –non mi sento bene- riesco a dire con le labbra secche e la gola che brucia.
-Ce la fai a tornare in camera?- mi accarezza i capelli e io annuisco, sperando che ormai il mio stomaco sia vuoto.
Mi sciacquo la bocca e poi mi trascino nella mia stanza. Mi siedo sul letto, lei mi sfiora la fronte e mi guarda sorpresa –Scotti- esclama preoccupata.
Ecco spiegato il mal di testa allucinante.
Mi sdraio lentamente e lei mi copre con dolcezza.
-Vado a prendere il termometro, vuoi qualcosa?- domanda premurosa io scuoto la testa e mi sistemo meglio sul cuscino.
Esce dalla porta  a passo svelto, fisso la trama della coperta che mi copre e sospiro.
Sono le cinque.
Sento mia madre aprire il cassetto dove tiene le medicine  nella sua camera, ma prima che ritorni per portarmele le palpebre si appesantiscono e sprofondo in un sonno pesante.

E così passo tutta la mattinata seguente.
Un alternarsi tra dormire, rigirarsi nel letto, fissare il muro bianco cercando di placare la nausea e poi di nuovo dormire.
Mia mamma mi porta un vassoio con una tazza di thè e dei biscotti.
Prendo alcuni sorsi del liquido caldo e un morso da un biscotto che lascio a metà perché devo di nuovo correre in bagno.
-Hai bevuto ieri sera?- mi chiede mentre mi pettino nervosamente i capelli prima di ritornare nella mia stanza.
-Non è per quello che mi sento male- rispondo con il tono di chi ha poca voglia di parlare.
Ho le occhiaie, sono pallida, le labbra spaccate in vari punti e lo sguardo assente; penso che potrebbero prendermi in qualche film horror; come mostro.
-Allora perché?- insiste, ma il telefono suona e con il passo più veloce che riesco ad avere in questo momento raggiungo il comodino dove è appoggiato e rispondo.
-Ehi Elin- saluto la mia amica, ma non risulto molto entusiasta.
-Kira, volevo dirti che oggi pomeriggio non possiamo andare al cinema. Sono malata- alzo un sopracciglio e mi siedo sul letto perché le gambe iniziano a perdere la loro poca forza.
-Anche io sono malata- la informo seria –tu cosa hai?- -vomito e febbre- mi risponde con un tono di schifo nella voce.
-Credo che ci siamo attaccate l’influenza, perché anche io sono nelle tue stesse condizioni- sospiro e mi sdraio.
-Mi scoppia la testa, ci sentiamo più tardi okay? Volevo solo dirti questo- annuisco anche se non può vedermi –Certo, a dopo- butto giù e visto che ho il telefono in mano mando un messaggio a Harry.
“Sono malata, non passare dopo pranzo se non vuoi prendere un brutto spavento” invio e mi sistemo sotto le coperte.


Riapro gli occhi svegliata dalla suoneria del cellulare; Harry mi ha risposto.
Non mi ero neanche resa conto di essermi addormentata.
Guardo l’ora prima di aprire il messaggio: sono passate due ore da quando mi ha chiamato Elin.
“Scusa Aki, dormivo. Non ci crederai, ma anche io sto uno schifo. Ieri sera ho esagerato, probabilmente la birra mi ha dato noia” leggo un paio di volte quelle parole e mi allungo un po’ per vedere se attraverso la finestra vedo il mio amico nel suo letto, ma le tende sono tirate.
-Chi era?- mi chiede mia mamma entrando di nuovo in camera mia.
-Elin. Sia lei che Harry stanno male.- lei inclina la testa e aggrotta la fronte.
-Forse la pizza era andata a male- ipotizza –o forse te e i tuoi amichetti dovreste passare meno tempo insieme, per evitare di attaccarvi i germi- continua e increspa le labbra in una smorfia odiosa.
-Mamma, non rompere.- sospira ed esce.
“Non so se è stata la birra, fatto sta che potrebbero cuocere un uovo con il calore della mia fronte” rispondo dopo essermi passata il palmo della mano sulle tempie.
“non parlarmi di cibo, è la quarta volta che vomito questa mattina”  mi risponde dopo poco, io sbuffo, mi rotolo un paio di volte sotto il pile e decido che l’unico modo per trascorrere il tempo è cercare di addormentarsi di nuovo.
Passo tutta la domenica a poltrire fra le coperte calde del mio letto, guardo un film, dormo, moltissimo, e fisso il soffitto con sguardo disperato.
Mia mamma di tanto in tanto entra in camera e mi obbliga a misurarmi la febbre o mi consiglia di bere un po’ d’acqua o semplicemente rompe le scatole.
Quando, dopo l’ennesimo ‘uhm uhm’, esce indispettita borbottando un ‘come sei acida’, forse ha capito che voglio stare sola e infatti per un paio d’ore resta al piano di sotto a guardare la tv e stirare.

...

 Apro gli occhi, mi allungo un po’ per sgranchirmi la schiena e m tiro seduta.
Guardo la sveglia, sono le dieci.
Mi stupisco nel sentire lo stomaco brontolare per la fame.
Mi sento riposata e piena di vita e mi chiedo se la domenica da incubo non sia stato solo un brutto sogno fatto sabato notte.
Ma guardo il telefono e nella data in alta c’è scritto ‘lunedì’.
Metto le gambe giù dal letto e mi alzo in piedi lentamente per paura di aver i soliti capogiri, ma niente;  miracolosamente ogni dolore è scomparso.
Scendo in cucina facendo le scale velocemente.
-Buongiorno- saluto felice mia mamma, che si volta e mi fissa, anche lei è stupita dal repentino cambiamento.
(La sera prima l’avevo cacciata per l’ennesima volta dalla mia stanza, dopo che si era presentata con un vassoio pieno di biscotti)
-Stai bene?- si accerta avvicinandosi.
-Sono anche io sorpresa, ma sì- sospiro felice, poi apro la credenza e afferro un cornetto pieno di marmellata.
-Vacci piano con quelli, non voglio di nuovo reggerti la fronte- mi consiglia lei, ma io scuoto la testa –potrei mangiare tutta la scatola, sto morendo di fame- mi fissa incuriosita, mentre divoro la brioche e poi con un ‘come siete strani, voi giovani’ torna ad affettare le zucchine.
-Domani torno a scuola- annuncio decisa prendendo dal frigo la spremuta.
Lei annuisce distratta –oggi però stai in casa- mi avverte mandandomi un’occhiata di sfida, io sbuffo e –okay- sospiro annoiata.
                              

              ...


Afferro lo zaino, mi do un’ultima occhiata allo specchio nell’ingresso,saluto mia mamma ed esco.
Harry mi aspetta seduto sulle scale di casa sua con le cuffiette nelle orecchie.
Appena mi vede si alza e mi viene in contro.
E’ strano come anche lui si sia svegliato ieri mattina pieno di vita dopo gli stessi miei sintomi, e lo stesso è successo ad Elin.
-Ciao- lo saluto e gli stampo un bacio su una guancia.
-Sai che sei dimagrita- nota osservandomi.
Mi passo una mano sulla pancia –ho vomitato ogni scorta di cibo che avevo messo da parte nel mio corpo negli ultimi cinque anni- ironizzo, lui ride e poi fa una smorfia schifata, probabilmente ripensando a qualcosa riguardante i suoi viaggi al bagno.
-Mia mamma mi ha obbligato ad andare dal dottore ieri pomeriggio-si lamenta, io lo guardo confusa.
-Sì, è tornata. Gemma l’ha chiamata dicendole che avevo la febbre a 40 e deliravo- mi risponde anticipando la mia domanda e poi scoppiamo a ridere entrambi.
-E che ti ha detto?- chiedo curiosa, lui si chiude nelle spalle –ha fatto un discorso lunghissimo, ma in poche parole ha detto che probabilmente è la nuova influenza. Dura massimo un paio di giorni e provoca nausea, vomito e febbre alta. Ce la siamo attaccati la mattina a scuola bevendo alla bottiglia di coca cola di Elin, probabilmente- mi spiega serio.
-L’importante è che è passata- concludo con un sorriso, lui annuisce.
Poi mi passa una cuffietta e –ascolta questa. Mi sono fissato, forse è la mia canzone preferita- esclama, io ascolto le prime parole di ‘let me go home’ di Micheal Bublè e trattengo un sorriso, perché so che domani la sua ‘canzone preferita’ non sarà già più quella.
Entro nella classe dove facciamo storia sorridente vedendo Elin seduta sul banco vicino alla porta.
-Che carine che guariamo e ci ammaliamo insieme- mi dice abbracciandomi e ridendo.
Ci avviciniamo al nostro solito posto e ci sediamo, mentre il professore entra nell’aula.
-Il dottore ha detto a Harry che è stata influenza, ce la siamo attaccata fra di noi- la informo parlando a bassa voce.
Lei sbuffa –perché Liam non si è ammalato? Sempre a me succedono queste cose- si lamenta gonfiando le guance sempre leggermente arrossate.
Io mi stringo nelle spalle –avrà più anticorpi- sparo con un mezzo sorriso.
L’insegnante inizia a fare l’appello, ma alla ‘L’ si ferma, interrotto dalla porta che si apre all’improvviso con violenza.
Un ragazzo castano entra di spalle appoggiandosi allo stipite ridendo, fa un passo in avanti e grida un ‘Muoviti testa di cazzo!” poi si volta verso la cattedra e saluta con un cenno della mano il professore, che lo fissa  inespressivo.
Il ragazzo alza lo sguardo, lo fa scorrere velocemente sulla classe e rimango stupita dalla leggerezza dei suoi lineamenti, dalla perfezione del suo naso, dall’azzurro dei suoi occhi e dal modo in cui i suoi capelli sono fonati da un lato.
Velocemente raggiunge uno dei due banchi vuoti posizionati dall’altra parte della classe, che noto solo ora. Getta lo zaino a terra, poi si siede incrociando le gambe e come se fosse la cosa più normale del mondo tira fuori una mela ed inizia a mangiarla con gusto.
Ma nessuno sembra stupirsi di quel comportamento, lo fissano in silenzio, quasi affascinati.
Sposto lo sguardo sulla porta sempre aperta perché qualcun altro è entrato.
-Buongiorno- sospira il professore al ragazzo moro, più alto del precedente che ha appena fatto il suo ingresso nella stanza, lui non lo degna di uno sguardo e serio raggiunge il suo amico che gli mostra la mela entusiasta.
Gli dice qualcosa e poi scuote la testa rendendosi conto che il moro non lo ascolta.
Fisso il nuovo ragazzo e giuro di non aver mai visto creatura più perfetta di lui.
I suoi capelli, terribilmente scuri, alzati in ciuffo composto si intonano con il nocciola dei suoi occhi penetranti, il naso diritto, la bocca carnosa e un fisico, che sembra fatto per essere guardato.
Alza lo sguardo e mi squadra sentendosi i miei occhi addosso.
Mi volto di scatto arrossendo, Elin mi sta guardando confusa.
-Chi sono?- mi chiede sbirciando senza farsi vedere dai due ragazzi.
Io scuoto la testa non avendo pronta una risposta.
Il professore come se niente fosse accaduto torna a leggere i nomi dal suo registro.
Arriva all’ultimo e poi –Malik e Tomlinson, devo ricordarmi di aggiungervi nell’elenco- sospira scocciato.


Passo l’ora a fantasticare, distratta dai miei stessi pensieri.
Elin alterna il prendere appunti e colorare una scritta sul diario.
I due ragazzi restano in silenzio, il moro continua a fissare la lavagna senza fare il minimo movimento, ogni tanto lo vedo sospirare e scivolare con lo sguardo sul resto della classe e io ogni volta puntualmente abbasso la testa e fingo di scrivere.
L’altro scarabocchia il banco con la penna, si scrive sulle mani, allunga le gambe e sbuffa annoiato.
Appena il suono della campanella risuona nell’aula afferrano i loro zaini e quando gli altri non si sono ancora alzati dalla sedia, loro sono già fuori dalla stanza.
-Sono strani- concludo rivolgendomi alla mia amica, che annuisce con un velo di preoccupazione negli occhi.
Lentamente usciamo anche noi e ci avviciniamo ai nostri armadietti.
Mi guardo intorno cercando i due nuovi arrivati fra i corridoi, ma di loro non c’è traccia.


Passiamo il resto della mattinata nella solita monotonia.
Malik e Tomlinson sono scomparsi o per ora abbiamo solo il corso di storia in comune.
Come sempre aspetto Harry all’uscita, seduta sul muretto pieno di graffiti.
Lo vedo arrivare a passo svelto e mi sorride non appena mi vede.
Salutiamo Elin che va verso la macchina di suo fratello, mi alzo sulle punte per vederlo e gli sorrido, Liam mi manda un bacio, mette in moto e parte.
-Hai notato niente di strano?- chiedo poi a Styles. Iniziamo a camminare verso casa e lui scuote la testa facendo ondeggiare i ricci.
-Nessun nuovo elemento? Dei ragazzi strani e fottutamente belli?- continuo vagheggiando, lui ci pensa un attimo e poi muove l’indice nell’aria ricordandosi qualcosa.
-C’è un nuovo ragazzo, eravamo insieme alla prima ora a musica- mi spiega e io annuisco.
-Quello moro o quello con gli occhi di un azzurro impossibile?-
- azzurro impossibile- -castano- specifico io, lui mi guarda e aggrotta le sopracciglia –forse la febbre mi ha danneggiato la vista, ma quello è biondo- conferma deciso.
Io inclino la testa e mi passo una mano fra i capelli –Fa di cognome Tomlinson?- domando –No, mi sembra Horan- risponde lui, cercando nello zaino l’i phod.
Socchiudo le labbra e mi esce spontaneamente un ‘ah’ stupito.


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Holaaaaaa.
Non so se perchè è una novità anche per me o perchè non ho da fare un cazzo dalla mattin alla sera, ma questa storia mi prende un sacco.
INFATTI: ho già messo il capitolo *si commuove*
Spero come sempre che vi piaccia, che non vi annoi e che non sia scontato.
Vorrei tanto sapere che ne pensate con una recensione.
Minimo quattro uù
Per chi li aspettava sono arrivati anche Zayn, Louis e Niall.
Are you happy?
Vabbè se volete parlarmi su twitter sono sempre @shelovehissmile
A massive thank you a chi ha letto e ancora più grande a chi recensisce sempre, siete l'amore ♥
Ci vediamo al prossimo capitolo, un bacio.
Franci.


 

 

  
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