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Autore: Kristen Williams    01/12/2012    4 recensioni
Il passato di Alice, la storia della sua famiglia, la vita in manicomio e la sua trasformazione.
Visioni di vita e di morte, costruzione e distruzione di un equilibrio familiare, il crollo della nostra protagonista e la sua rinascita: questo e molto altro vi aspetta in questo mondo grondante di sangue.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alice Cullen, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga
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Capitolo 9: Flowers and Snow (I)

 

 

Biloxi, Casa Brandon, 2 dicembre 1917


“Cindy cara, come ti senti ora?” chiese Florence, sedendosi sul letto della piccola.
“Malissimo, Florence. Per carità, portatemi altra acqua.” Mormorò in risposta la bambina, ancora debole per il pianto. Non aveva fatto altro tutta la notte: piangere e pregare. Era molto legata a Zachary e non aveva preso affatto bene la sua morte prematura. Gli incubi, poi, l’avevano tormentata tutta la notte, ogni volta che crollava anche solo per qualche minuto. Sembrava essere cresciuta tutta in fretta, quella bimba dal volto di bambola. Fino a qualche giorno prima sembrava spensierata e felice, piena di vita. Adesso era ridotta uno straccio: pallida in volto, gli occhi gonfi e l’aspetto sciupato. Nessuno avrebbe mai pensato di trovarsi di fronte alla stessa bambina.
Florence, che da sempre l’aveva preferita a chiunque altro, annuì, alzandosi e uscendo dalla stanza. Imboccò il corridoio e incrociò Alice, che al solito le scatenò dentro un moto di rabbia. Era l’unica macchia per quella che si prospettava come l’unione perfetta, quella che l’avrebbe portata al successo.
“Tu, piccolo demonio, porta l’acqua a tua sorella. Sta male e ha bisogno di riprendersi dopo la brutta nottata che ha passato.”
Alice le lanciò un’occhiata carica d’odio.
“Ancora non capisco come faccia tuo padre a tenerti in casa. La gente fuori mormora, per colpa delle tue stranezze. C’è chi dice che porti sfortuna o, peggio, che sei tu stessa ad uccidere chi ti sta intorno. Se non l’avessi negato fino allo sfinimento, a quest’ora penserei che sei stata tu ad uccidere quella povera anima di Dio.”
“Che riposi in pace.” Aggiunse poi Florence, sospirando e alzando gli occhi al cielo, mentre si baciava le mani e faceva il segno della croce.

Alice se ne andò, ignorandola. Quella donna era un concentrato di buonismo, ipocrisia e malvagità. Non le riusciva di sopportare il suo tono, i suoi atteggiamenti civettuoli e quella risatina stridula, simile a uno squittio, che associata al suo viso scarno la facevano somigliare in tutto e per tutto ad un topo.
Era così che l’aveva vista la prima volta, nella sua mente, e fu così che la vide di nuovo la prima volta che se la trovò di fronte. Era soltanto un topo ben vestito e con una parrucca bionda.
Non la sopportava affatto e se avesse potuto l’avrebbe sbattuta fuori di casa immediatamente. Ma suo padre non era più l’uomo di un tempo. Si era fatto affascinare da quella serpe che di sicuro l’avrebbe portato alla rovina.
Chiuse gli occhi, dandole le spalle, e respirò profondamente. Doveva solo resistere. Presto avrebbe trovato un modo per andar via da quella casa. Ormai si era arresa: non era più possibile rimanere lì e difendere quelle quattro mura. Alla fine sua madre aveva ragione. Andar via, in un modo o nell’altro, era l’unica soluzione possibile.
“Che c’è? Neanche rispondi? Cos’è? Hai perso la lingua?” la provocò Florence, destandola dai suoi pensieri.
Alice, esasperata, si voltò verso di lei e con tono acido le rispose:
“Fareste meglio a tenere a freno la vostra. E ora, se permettete, vado ad occuparmi di mia sorella, cosa che invece non fate voi.”
“Piccola, maledetta insolente!” esclamò la bionda, con stizza.
Ora che suo padre l’aveva presentata pubblicamente come la sua nuova compagna si era montata ancora di più la testa e, se possibile, era diventata ancora più insopportabile. Ogni occasione era buona per maltrattarla, darle ordini o insultarla, col benestare del futuro marito, naturalmente. A Cynthia, invece, veniva riservato tutt’altro trattamento.
“Che essere inutile…”  pensò fra sé Alice, andando difilato in cucina mentre nella sua testa ancora echeggiavano le parole di quella donna che con tanta prepotenza si era inserita nella sua vita. Vi era entrata con forza, sgomitando, come molti fanno quando sono circondati dalla folla, senza alcuna remora.
Riempì un bicchiere d’acqua e lo portò a sua sorella con altrettanta rapidità; il tutto, senza neanche considerare la presenza di Florence, che la guardava allibita e al tempo stesso furiosa. Non le piaceva essere ignorata: Alice l’aveva capito e ormai amava sfruttare la cosa a suo vantaggio. Si divertiva a vedere quell’espressione di sgomento comparire sul suo volto, per lasciar spazio al cipiglio severo e collerico, tipico di quando doveva reprimere l’istinto di metterle le mani addosso. Più di una volta negli ultimi tempi l’aveva vista mentre meditava di picchiarla, o mentre diceva a suo padre, disperata: “Quella ragazzina danneggia terribilmente i miei nervi, Lewis. Sono così stanca…”
La cosa più divertente di tutte, però,  era sfidarla, imitandola e riportando parola per parola le frasi dette da lei non più di qualche ora prima, lasciandola di stucco. Era il modo migliore di vendicarsi, secondo Alice. Avrebbe voluto tormentarla fino a farla fuggire. Lo avrebbe fatto per sua madre e per toglierle la soddisfazione di prendere possesso della casa, della gioielleria e dei beni di famiglia. Purtroppo, però, col passare dei mesi la situazione era degenerata. L’ultima volta che Florence le aveva fatto una sceneggiata davanti a suo padre, lui l’aveva minacciata di sbatterla fuori di casa.
Alice, non avendo ancora un progetto di vita preciso, non si sentiva ancora pronta. Il suo piano per lasciare l’odiato nido non era ancora completo. Del resto, era da poco che aveva deciso di lasciare che tutto cadesse in disgrazia. Così aveva deciso di non dire nulla che non fosse necessario, per non dover lasciare prematuramente la città, benché quell’orribile donna non attendesse altro.

 

***


Dopo aver dato da bere a Cynthia e averla tranquillizzata, Alice fece per andare in camera sua, seguita come un’ombra dalla crudele matrigna e istitutrice, che non l’aveva mollata un attimo quella mattina. Chiuse la porta con un gesto di stizza proprio davanti al suo viso, infischiandosene della buona educazione, lasciandola fuori e godendosi per un po’ la quiete della sua stanza, mentre la sentiva chiaramente brontolare e sbuffare dal corridoio.
Si sedette sul letto, portando al petto le ginocchia e voltandosi leggermente verso la sua sinistra per ammirare il candore della neve che ricopriva il paesaggio che si estendeva fuori dalla finestra. D’improvviso, un colpo di vento fece aprire violentemente le imposte verso l’interno. Era un vento sorprendentemente leggero, ma freddo, tanto da far sentire ad Alice un forte pizzicore sulla pelle.
C’era solo una ragione per quell’evento semplice e insieme straordinario.
Rimanendo seduta sul letto, annusò quell’aria fresca quasi con avidità, stanca dell’odore forte del profumo di Florence, che le dava alla testa.
Odore di fiori, come immaginava.
Qualche lacrima colò spontanea dagli occhi di cioccolato della ragazza. Era bello poter sentire ancora la presenza di sua madre. Era l’unico conforto che aveva nella sua miserevole vita. Non le mancavano gli agi, ma solamente per una questione di formalità. Suo padre e quella che si rifiutava di definire la sua nuova madre le compravano ancora degli abiti dignitosi solo per dare a tutti l’impressione che la loro fosse una famiglia felice e sana. L’inferno era dentro quella casa, quando erano soltanto loro. I desideri di Alice venivano regolarmente soffocati. Quando chiedeva gentilmente qualcosa, le veniva puntualmente negato. Per questo aveva smesso da qualche mese di disegnare (tranne quando qualche volta Cynthia le offriva della carta e una matita). Cynthia, invece, veniva accontentata in tutto, ma era dalla sua parte, anche se non poteva certo esprimere la propria opinione o andar contro suo padre, essendo ancora molto piccola.
Alice lo capiva e non gliene faceva una colpa. Anzi, un po’ le invidiava l’ingenuità e la docilità che aveva ereditato dalla madre. Simili riflessioni le ricordavano inevitabilmente quanto lei fosse più simile a suo padre nel carattere, per quanto la cosa la ripugnasse.
Simili, non uguali.” Si ripeteva ogni volta, ricordandosi che lei combatteva, sì, ma per cause giuste, per nobili intenti che solo il padre che aveva una volta avrebbe perseguito. Quando era a casa, lo guardava con aria di biasimo, mentre lui era girato o distratto.
“Guarda cosa sei diventato… dubito che questa donnaccia rimarrà per molto al tuo fianco. Il tempo sta passando anche per te. Ne vedrai i segni ancora prima degli altri, perché per quanto meschino tu sia, non è facile convivere con le colpe che ti porti addosso. Uccidere la mamma, prendere con te la donna con la quale l’hai tradita per anni, recitare una farsa per essere ben visto in società… Stai già pagando il tuo debito e presto sconterai anche gli interessi.”
Questo pensò fra sé, ricordando quando l’aveva visto qualche ora prima chino ad attizzare il fuoco nella sala lettura. Era andato lì di buon mattino, per rilassarsi prima di andare a trovare nuovamente sua sorella.
Cynthia entrò in camera, bussando. Salì sul letto di Alice, sedendosi di fronte a lei, poi le prese le mani.
“Alice, va tutto bene?”
“Sì, piccola Cindy, benissimo.” Rispose, esitante. “E tu come stai?”
“Meglio, grazie. Sono ancora sconvolta per la vicenda di Zac. Mi manca tanto, lo sai?” rispose Cynthia, ancora malconcia, abbassando lo sguardo e arricciando un po’ le labbra.
“Anche a me, Cindy, credimi.”
“Però ho anche paura.”
“Perché?”
“Perché sono una bambina cattiva, Alice. Lui adesso è in cielo, ma io finirò di certo all’inferno. Ho pensato una cosa tanto brutta.” Piagnucolò, sporgendo appena il labbro inferiore, con gli occhi lucidi.
“Che cosa hai pensato, tesoro? Dimmi.”
“Ho pensato che… un po’ è stata colpa sua se ora non c’è più. Ed è anche colpa di Ronald. Se solo ti avessero ascoltato…”
“Non hai pensato nulla di male, piccina. Stai tranquilla. Ma non farti sentire da Florence o da papà. Non voglio che sappiano.”
“Alice, ma perché indovini tante cose? Come fai? E perché non puoi dirlo più a nessuno? Tu non c’entri nulla, ma ho sentito dei signori al funerale che dicevano cattiverie su di te. Dicono che porti il malocchio, che è colpa tua. Avrei voluto urlargli che non è vero, che tu sei buona, forte… dovresti combattere e farli smettere…”
“Cindy, non so neanch’io perché indovino le cose, come dici tu. Succede e basta. E non voglio che nessuno sappia cosa ho detto a Ronald e Zac, perché tutti credono sia una cosa brutta, come hai visto. Non posso più combattere contro tutta questa gente. Non fanno che parlar male di me da quando ero piccola, quando mamma e papà non potevano sentire.”
“Ma tu l’avresti salvato!” esclamò la piccola.
“Lo so” la interruppe Alice “ma tutti dicono che è solo un segno di sfortuna, lo sai. Per me a volte è anche divertente, invece.”
“Te lo prometto Alice, non lo dirò a papà e neanche a Florence. Lo so che non ti piace neanche un po’.”
Alice arrossì leggermente. Cynthia la conosceva meglio di chiunque altro… chissà perché, in quel momento aveva voglia di abbracciarla forte, mentre sorrideva, furbetta, compiaciuta per aver indovinato anche lei qualcosa.
L’odore di fiori, che non l’aveva più lasciata, era sempre più persistente. Veniva da sua sorella. Che fosse un segno?
La mamma fino ad allora non aveva mai sbagliato. Ancora una volta, Alice le avrebbe dato ascolto.
“Visto? Ho i poteri anch’io! Ho i poteri anch’io!” cantilenò sottovoce.
“Ti voglio bene, Cindy.” Sussurrò, interrompendola, e la strinse a sé.
“Anch’io Alice. Tanto.” Disse, scossa dai singhiozzi, la piccola Cynthia, mentre rispondeva al suo abbraccio, liberandosi ancora un po’ del dolore e della frustrazione accumulati.
Improvvisamente, si sentì suonare alla porta.
“E’ papà… abbiamo ospiti, Cindy.” mormorò Alice, il volto teso senza una ragione apparente.
“Rimettiti in ordine, non vorrai farti vedere così.” Aggiunse, più dolcemente, sciogliendo l’abbraccio.

Cynthia annuì e si risistemò in fretta. Era certa che Alice avesse visto qualcosa di brutto, ma non osò domandarle alcunché. Presto avrebbe scoperto da sola cosa le attendeva nell’ingresso…



Angolo dello Sproloquio

Vi ho fatto davvero aspettare troppo per questo nono capitolo. Lo so bene, e spero mi perdonerete.
L'ispirazione ha fatto i capricci e il tempo non è stato altrettanto gentile con me. Sono stata presa dagli esami e dall'inizio della scuola al punto da non avere più nemmeno 5 minuti per scrivere. Quando finalmente avevo la fortuna di avere anche solo un po' di quel tempo che tanto desideravo, le idee non venivano e il mio grande progetto era andato temporaneamente a farsi friggere, per usare un eufemismo.
Spero che abbiate ancora voglia di leggere i frutti della mia mente depravata. Se lo farete, avrete la mia eterna gratitudine, sappiatelo.
Ma parliamo di cose serie...
Il capitolo è abbastanza fresco. Si parla un po' più di Cynthia e del rapporto tra le due sorelle, l'accettazione del lutto da parte della piccola... il tutto condito da mancamenti e crolli di nervi, strizzando un po' l'occhio alla mia adorata Jane Austen (lungi da me l'intenzione di paragonarmi a lei). Ci volevano proprio, direi. Pur essendo apparentemente semplice, penso sia un capitolo interessante e ricco di spunti. E' stato un vero piacere scriverlo. :)
Le prime righe le avevo buttate giù tempo fa, ma il resto l'ho scritto quasi tutto in viaggio. Il più l'ho fatto il 25 ottobre, tornando da casa di un'amica, mentre ero su un tram fin troppo simile al Nottetempo. La cosa mi ha inevitabilmente ricordato il mio buffissimo sogno su Robert (vedete i precedenti AdS ;D) e, per l'ennesima volta, ho pensato a voi e a quanto lavoro avessi da fare. :) Così, durante un viaggio turbolento, tra la velocità folle dell'autista, le curve continue, gli "spioni" (ma perché tutti vogliono sbirciare mentre scrivo? ç.ç) e le luci che si accendevano e si spegnevano continuamente, ho scritto con la mia grafia tremolante qualcosa come 3 pagine di quaderno sulla mia amata Moleskine. Dovrei comprarne una nuova, a proposito.
Insomma, che sia stato l'isolamento da mezzi pubblici o il freddo autunnale, il capitolo prendeva forma, e più scrivevo, più mi venivano idee, al punto che ho dovuto fermarmi e dire "Ok, dobbiamo trovare una fine al capitolo 9, così è troppo lungo".
Da questo mio rush creativo, quindi, è nato anche il capitolo 10, che è ancora in fase di perfezionamento. :)
Scommetto che vi piacerà, perché vi farà capite qualcosa in più di un certo personaggio... "Quale personaggio?" vi chiederete. Vi rispondo subito. :)

Ho pensato fosse giusto parlarvi di Florence e della sua storia personale nel prossimo capitolo. La odiamo tutti, credo (non è proprio un angioletto, in effetti). Il problema è che scrivere di lei come una "cattiva per natura" mi sembrava troppo semplicistico, riduttivo. Volevo darle veramente vita, carattere, perché non amavo che fosse solo una specie di fantoccio, di espediente, uno di quei personaggi dalla presenza passeggera che si odiano e basta, come un punchball a cui si tirano colpi che vorremmo destinare volentieri a certe persone (ho una bella lista di "bersagli", in effetti)... 
Come Lewis, doveva lasciare il segno. In questo senso, Florence è un personaggio più forte di Emily, che invece era praticamente una santa. Di lei ho detto qualcosa in meno perché volevo semplicemente che si pensasse a lei con un nodo in gola, con nostalgia. Volevo che, leggendo queste pagine, pensaste: "Peccato sia morta, avrei voluto conoscerla meglio".
Volevo, in pratica, che io e voi potessimo entrare in simbiosi il più possibile con il personaggio di Alice, che senza sua madre si sente svuotata, persa, ma che al tempo stesso cova un desiderio di vendetta, di giustizia, perché ha visto spegnersi sotto i suoi occhi la vita di un essere innocente e assolutamente buono.
Vengono le lacrime anche a me, a ripensarci... credetemi, scrivere della sua morte è stato più difficile di quanto non vi abbia detto (ancora non riesco ad accettare la cosa). So che potrà sembrarvi patetico, ma amo i "miei" personaggi (o meglio, l'idea che ho voluto darvi di loro, visto che sono stati estrapolati dal background di Twilight), ciascuno in modo diverso. Ucciderli è come dire "Ok, oggi decido di far fuori qualcuno". Non è esattamente una passeggiata.
Ma sorvoliamo, altrimenti dovrò utilizzare persino la carta vetrata per asciugare le lacrime.
Al contrario di Emily, vi dicevo, Florence è un tipetto deciso, capriccioso, egoista e - questa ve la concedo - assolutamente detestabile (non ve ne eravate accorte, vero? xD). Ma, mettendomi nei vostri panni, ho capito che non c'era una spiegazione di fondo, qualcosa che giustificasse il suo comportamento. Forse non ve ne fregherà niente, ma leggendo con attenzione la storia io stessa, da autrice (se così posso definirmi... .-.) sentivo che questa parte non reggeva. Mancava qualcosa perché il quadro fosse davvero completo. Insomma, ho sfruttato i primi capitoli solo per parlarvi della vita di Lewis ed Emily prima del matrimonio (scavando addirittura nella loro infanzia)... una digressione anche su Florence ve la dovevo, no?
C'è ancora molto da scrivere - e leggere - sulla nostra Alice, ma poiché non ho scritto ancora nulla di definitivo, non mi sento di andare oltre con le anticipazioni.
Non temete, farò in modo che il prossimo capitolo valga l'attesa. Sarà il mio personale ringraziamento a voi che mi seguite e mi avete fatto ritrovare l'ispirazione.
Grazie dal profondo del cuore. :)

K.


P.S.: avevo dimenticato una cosa a cui tenevo tantissimo... una specie di piccolo sondaggio, per conoscervi meglio e per concedermi un altro po' di momenti Slice of Life (ne avevo bisogno). 
Di solito, quando scrivo, metto musica molto tranquilla o che fa parte di una playlist (sì, ne creo qualcuna di tanto in tanto, per aiutarmi) o delle mie "fisse" del momento. Col sottofondo giusto si fa tutto in modo più piacevole, no? :) Per completare il quadro, brucio dell'incenso delle fragranze che più mi piacciono (incenso semplice o aromatizzato alla lavanda o quello col profumo dell'oceano, alla rosa...) e bevo dell'ottimo té (già d'obbligo per me nel mio "teatime". Ho un orologio biologico con devianze goth/British.)
Questo è tutto ciò che mi serve per scrivere/leggere/disegnare/creare... like a sir! xD
E voi? Cosa fate quando scrivete (o leggete)? Mordicchiate le matite, guardate fuori dalla finestra, cantate coi canarini....? Ditemelo con un commento, se vi va. E fatemi sapere che ne pensate della storia! <3

  
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