Note
della
traduttrice:
Oggi
mi sentivo veramente piena di energie e mi sono data alla traduzione
ossessivo-compulsiva della meravigliosa discordandrhythm. In parte
perché
meritava e in parte perché la connessione mi prova dei
possibili download di
Glee.. e quindi dedichiamoci al Kurtbastian. Comunque, non è
questo il punto,
il punto è che queste OS sono meravigliose e che tutti
dovrebbero avere la
possibilità di leggerle; e sicché mi sento in
sensi per tradurre tutto questo pacco
sacco di roba mi sono messa al lavoro. Non anticipo nulla
ma.. quanto mi è
piaciuta? Di solito non sono brava a trattenermi con l’angst
(vorrei prendermi
a padellate dopo aver finito qualche fan fiction) solitamente sono
quelle che mi
rimangono più in mente. Bando alle ciance, la finisco di
annoiarvi e vi lascio
alla fan fiction, che è già abbastanza lunga di
suo. Au revoir, e alla
prossima!
A proposito, qua c’è il link
all'originale.
:)
Note
dell’autrice:
Questa
idea è stata partorita dal mio cervello da quando ho visto
THG. C’è così tanto che avrei voluto
aggiungere a questa fan fic, ma non ne ho
avuto il tempo. Si trattava di scegliere se scrivere quello che avevo
in mente
in quel momento o aspettare e farne qualcosa divisa in più
parti, ma sapevo che
non sarebbe mai accaduto. Quindi.. ecco qua. Di tutti i differenti
scenari che
avevo in mente ho scelto di usare questo. Sono abbastanza contenta di
come sia
venuto fuori, anche se al contempo sono abbastanza frustrata per tutti
i buchi
che non ho tempo di aggiungere. Ad ogni modo, spero che vi piaccia.
Il titolo viene da una canzone di Kelly Clarkson, “Already
Gone”.
Someone’s
Gotta Go
“Finn
Hudson!”
Kurt
avanzò prima che Finn avesse la possibilità di
protestare al fatto che il suo nome fosse stato scelto.
“Mi
offro volontario,” dichiarò, la voce troppo calma
per
qualcuno che si era appena fatto avanti per morire. Persino la voce dei
Favoriti
tremava un po’ quando si presentavano come tributi.
“Cosa,
Kurt – NO!”
Kurt
ignorò le urla del fratello mentre seguiva i
Pacificatori sul palco, dove Quinn Fabray stava già
attendendo. Il suo volto
era priva di qualunque emozione, almeno quanto lo era il cuore di Kurt.
L’unica
cosa che riuscì a farlo battere più velocemente
fu la vista di Rachel, in piedi
dal lato delle ragazze, le guance rigate di lacrime alla realizzazione
del suo
gesto. Stava piangendo in quel momento, certo, ma quando avrebbe
realizzato che
avrebbe potuto versare quelle lacrime per la morte di Finn, per il
crollo di
tutti i loro sogni, sarebbe stata grata a Kurt per il suo sacrificio.
No,
pensò Kurt. Non è un
sacrificio. Non sei ancora morto, puoi ancora vincere.
Anche
se una parte di lui era morta agli Hunger Games dell’anno
prima, si diceva, Qual è il punto?
{&}
Sue
Sylvester era un mentore severo. Kurt era sorpreso che
il Distretto 12 non avesse un numero di vincitori maggiore mentre la
donna li
sospingeva verso il treno. I loro orari erano ristretti, le loro
istruzioni
precise e non lasciavano spazio a errori.
Quinn
non gli aveva mai parlato, a dire il vero, ma a Kurt
non importava. Non poteva rischiare di affezionarsi a qualcuno quando
sapeva
che avrebbe dovuto ucciderlo.
Si
ritrovarono seduti accanto alla finestra del loro
appartamento una sera, tardi, e Kurt non si trattenne dal chiedere,
“Pensi che
potresti vincere?”
Quinn
osservò le luci scintillanti di Capitol City e disse,
“Devo farlo.”
Kurt
non chiese il perché.
{&}
Sebastian
Smythe gli diede sui nervi sin dalla prima volta
in cui lo vide. Era uno dei Favoriti dal Distretto 1 insieme a una
ragazza che
si chiamava Rouge, dai capelli rosso fuoco. Entrambi sogghignarono in
sua
direzione per tutto il tempo in cui si allenarono nel centro di
formazione,
fino a quando Kurt non sbottò un giorno.
“C’è
qualcosa che non va?”
Sebastian
sorrise, “Stavo solo pensando che gli Hunger Games
non sono un posto per delicate principessine come te.”
Kurt
era tentato di sparare una freccia dritta contro il suo
cervello, lì, per dimostrargli quanto fosse delicato,
ma ricordò delle istruzioni della Silvester; non
mostrare agli altri Tributi i tuoi punti di forza, tienili in salvo
per l’arena.
Così
si limitò a digrignare i denti e fare dietrofront,
facendo del suo meglio per ignorare le loro risate, ma l’eco
dei loro insulti
lo portò oltre il limite quando varcò la soglia
per la sua prova con gli
Strateghi e li ritrovò a ignorarlo.
Quando
vide un gigantesco 11 sopra il suo
volto, quando i risultati furono annunciati,
ringraziò mentalmente Sebastian e Rouge di avergli rotto le
scatole quel
giorno.
{&}
Kurt
non riuscì a dormire la notte prima che iniziassero gli
Hunger Games.
Ogni
volta che stava per assopirsi, i suoi sogni si
riempivano di immagini sfocate dei precedenti Hunger Games, i ricordi
della
madre affamata, suo padre che gli sorrideva la mattina prima di essere
ucciso
dall’esplosione nella miniera e il bosco – il bosco
poco lontano dal Giacimento
in cui Kurt aveva trascorso le ore più belle della sua vita
con l’unica persona
che lo conoscesse meglio di chiunque altro…
{&}
Ci
fu un momento, quello appena prima il che urlassero “CHE
I SETTANTAQUATTRESIMI HUNGER GAMES ABBIANO INIZIO!” in cui
Kurt lasciò
scivolare lo sguardo sui Tributi messi in fila sulle loro piattaforme e
osservò
l’espressione dipinta sul volto di Sebastian.
Non
aveva niente di quella smorfia arrogante e sicura di sé
che aveva stampata in viso da quando erano giunti a Capitol City.
Quella
era un’espressione di puro panico.
{&}
Fu
a un paio di giorni dall’inizio dei Giochi che Kurt,
diretto al fiume, si scontrò contro qualcuno ben piantato,
alla cui collisione
si sentì mancare il fiato. In qualche modo riuscì
a mantenere l’equilibro.
Dovette sbattere le palpebre un paio di volte per fermare quel
giramento di
testa, e quando riuscì finalmente a rimettere a fuoco,
realizzò che il giovane
con cui aveva appena sbattuto non era altri che Sebastian Smythe.
La
sua mano volò letteralmente all’arco,
immediatamente, ma
si fermò a metà strada, poiché
Sebastian era caduto in ginocchio di fronte a
lui, il volto sfigurato dalla paura. Non era chiaramente nella
posizione per
attaccarlo. Con un’occhiata più da vicino comprese
che la sua gamba era
gravemente ferita, il sangue macchiava gli orli strappati della sua
tuta.
Delle
voci, forti e colme di scherno, riecheggiarono in
tutta la foresta, sempre più vicine. Chiamavano Sebastian.
Kurt sentì un’ondata
di adrenalina investirlo e sapeva che aveva bisogno di fuggire
– fuggire al più
presto. Fece qualche passo indietro, gli occhi puntati sulla porzione
di alberi
da cui Sebastian era appena barcollato fuori, fino a quando non si
accorse che
Sebastian stava lottando per rimettersi in piedi.
“Seeebbbbyyy,
vieni fuori a giocare!” Era Rouge. Kurt fu troppo shockato al
sentire il suono
della sua voce per muoversi. Non era alleata con Sebastian? Non lo
erano tutti?
Lo pensò quando le risate di altri Tributi si unirono alla
sua voce.
“Andiamo,
Seb. Non fare la principessina e sii uomo,” disse
una profonda voce maschile – Trent, uno dei Favoriti del
Distretto 4.
“Hai
paura?” disse Rouge. “Hai paura adesso che il tuo
paparino non è più qua a proteggerti?”
Il
fruscio degli alberi non molto lontano riscosse Kurt dai
suoi pensieri. Senza pensarci troppo, si chinò e
afferrò il braccio di
Sebastian, poggiandoselo sulla spalla mentre lo rimetteva in piedi.
Sebastian
ringhiò per il dolore, ma si artigliò alla spalla
di Kurt mentre provava a
rimettersi in piedi.
“Cosa
stai facendo?” domandò quando Kurt
cominciò a
trascinarlo via dalle voci sempre più vicine dei loro nemici.
“Ti
sto salvando la vita. Ora sta’ zitto e aiutami a uscire
di qui.”
Non
potevano andare lontano, non con la gamba di Sebastian a
quella maniera, ma riuscirono a lasciarsi alle spalle Rouge e gli
altri,
almeno, e trovarono una radura dietro una fitta macchia di alberi in
cui
sedersi. Sebastian si abbandonò contro un albero, la testa
reclinata
all’indietro, sulla corteccia, gli occhi chiusi.
Kurt
stava in piedi di fronte a lui, incerto sul da farsi.
Avrebbe potuto abbandonare lì Sebastian, era abbastanza al
sicuro per il
momento e aveva fatto la sua parte aiutandolo a scappare dalle grinfie
dei
Favoriti. Non ha altri obblighi. Ma il taglio, da quello che riusciva a
capire,
sembrava davvero messo male e se Kurt l’avesse abbandonato in
quel momento non
ci sarebbe stato modo per Sebastian di provvedere a se stesso. Non
aveva armi
con sé, né armi. Sarebbe morto prima
dell’alba.
Sospirando,
fece un passo avanti e si inginocchiò di fronte
a lui, mantenendo lo sguardo sul suo volto per scorgere una qualunque
traccia
di disaccordo, ma Sebastian era messo troppo male per curarsene.
Sibilò in
segno di protesta quando Kurt strappò i bordi lacerati dei
suoi pantaloni con
un tocco gentile, ma non si scostò.
“Oddio,”
mormorò Kurt quando vide l’entità del
danno.
“Quant’è
grave?” domandò Sebastian, la voce colma di
panico.
Una patina di sudore gli ricopriva il viso e gli occhi erano umidi per
il
trattenere le lacrime.
Kurt
deglutì e abbassò lo sguardo, sperando di non
vomitare
alla vista e all’odore del sangue.
“Cos’è successo?”
domandò invece di
rispondergli.
“Il
coltello di Trent,” rispose Sebastian con una certa
difficoltà. “Stavamo combattendo e-”
s’interruppe, respirando pesantemente, ma
Kurt non aveva bisogno di sentire il resto della frase per capire come
il
coltello si fosse conficcato nella sua gamba.
“Te
lo sei tolto?” domandò, incredulo.
“Beh,
ovviamente non potevo correre in giro con un coltello
attaccato alla gamba, no?” sbottò Sebastian,
nonostante parlare sembrasse
risucchiargli le ultime energie rimaste.
Kurt
non ne sapeva molto di trattamento delle ferite, ma
aveva visto Carole lavorare con abbastanza pazienti da avere
un’idea piuttosto
rozza sul come agire di fronte a una situazione come quella. Aveva
bisogno di
fare pressione sul taglio – ma non aveva niente di abbastanza
pulito per
assicurarsi che non si manifestasse un’infezione. Lo fece con
il fazzoletto che
aveva trovato nella foresta mentre era in cerca di Quinn e lo
pulì con l’acqua
della sua borraccia.
Gli
occhi dell’altro si aprirono per appuntarsi
sull’acqua
che cadeva nel tessuto. Allungò quasi involontariamente la
mano verso la
borraccia. Kurt gliela passò, osservando il modo in cui la
mandò tutta giù in
pochi secondi, la gola che si muoveva quasi violentemente mentre beveva.
Il
sollievo che gli si dipinse in volto durò poco,
poiché
nel momento in cui Kurt poggiò la pezza contro il taglio,
gli strappò dalla
gola un grido di dolore. Smise immediatamente,
“Sta’ zitto!” disse, tendendo le
orecchie per cogliere il minimo segnale della presenza degli altri.
“Ci farai
uccidere.”
Alcune
lacrime scivolarono già dagli angoli degli occhi di
Sebastian, ma si ficcò il pugno in bocca per trattenersi
dall’urlare di nuovo,
mentre Kurt si occupava della sua ferita. Non c’era nulla che
potesse fare per
lenire il dolore, poteva solo immaginare cosa Sebastian stesse provando.
Quando
finì, Sebastian si lasciò sfuggire un sospiro
tremante e aprì gli occhi, fissando il bendaggio
raffazzonato sulla ferita. Il
fazzoletto era macchiato di rosso, ma almeno aveva smesso di perdere
sangue.
“Non
guarirà presto, vero?” domandò
Sebastian.
Kurt
lo osservò, ancora bagnato di sudore e consumato dalla
stanchezza e dal dolore. “No,” disse onestamente.
“A meno che non troviamo una
medicina.”
Sebastian
serrò la mascella e annuì una sola volta,
probabilmente sulla stessa linea di pensiero di Kurt – era altamente improbabile. I regali
nell’arena erano e costosi e se
Kurt – o comunque qualcuno con un Mentore con forti legami
come Sue Sylvester
non era stato capace ad attirare alcuno sponsor a proprio favore, era
sicuro
che le possibilità di Sebastian fossero davvero scadenti.
“Perché
t’inseguivano?” domandò, tentando di
deviare la
conversazione.
Sebastian,
con sua grande sorpresa, rise ma non rispose alla
sua domanda. “Lasciami in pace e basta, 12.”
“Sai,
un grazie per
avermi salvato il culo sarebbe stato carino,” disse
Kurt, inarcando le
sopracciglia mentre si rimetteva in piedi. “Ma immagino che
sbagliassi ad
aspettarmi qualcosa del genere da te.” Sebastian non disse
nulla, cosa che fece
solo aumentare la rabbia del giovane nei suoi confronti. Se ne sarebbe
andato
in quel momento, ma stava facendo buio e quello era un posto sicuro in
cui
trascorrere la notte. Così si limitò ad afferrare
la borraccia vuota e a dire,
“Divertiti a guardarti le spalle da solo, da
domani,” prima di camminare verso
un albero dall’altro lato della radura e sedersi, lontano da
Sebastian.
Non
ricordava di essersi addormentato ma, quando si svegliò,
gli alberi erano immersi nella luce del mattino. Sebastian stava ancora
dormendo, il corpo che tremava a intervalli regolari, ma Kurt aveva
preso la
sua decisione, ormai. Non sarebbe rimasto. Con un’ultima
occhiata al ragazzo,
gli volse le spalle e sparì tra gli alberi.
{&}
Quando
il cannone sparò sopra la sua testa quella notte,
Kurt era vicino al fiume, stava riempiendo la sua borraccia di acqua.
Il suo
cuore sembrò stringersi lievemente, ma si sforzò
a deglutire il groppo che
aveva in gola e guardò in su. Fu solo quando
l’inno di Capitol City cominciò a
risuonare e il volto del Tributo caduto si dipinse di fronte a lui che
si
lasciò sfuggire un sospiro di sollievo.
Il
colpo di cannone non era stato per Sebastian, ma per una
ragazza del Distretto 11.
Non
sapeva se quella notizia lo agitasse, ma non riusciva a
non sentirsi sollevato per il fatto che Sebastian fosse ancora vivo.
Che fosse
riuscito a sopravvivere da solo in qualche modo. Ciò
significava che Rouge e
gli altri li stavano ancora guardando.
Provò
a convincersi del fatto che non gli importasse, che la
sua vita fosse più importante in quel momento, ma si
ritrovò a ripercorrere i
propri passi verso la radura in cui avevano passato la notte in ogni
caso.
Sebastian
non era lì e nell’attimo in cui Kurt se ne rese
conto si sentì stupido per aver guardato lì. Il
fruscio di alcuni rami lo fece
sussultare, ma fu seguito dalla voce del ragazzo, debole e tuttavia
divertita;
“Sei tornato per me?”
Kurt
si rilassò, sia perché non era sotto attacco, sia
per
il fatto che Sebastian fosse di fronte a lui, decisamente vivo.
Zoppicava
pesantemente mentre si avvicinava a Kurt e l’espressione sul
suo volto era più
esausta di quanto non lo fosse stata il giorno prima, ma riusciva
ancora a
sorridere.
“Sono
sorpreso che tu sia ancora vivo,” disse Kurt freddamente,
incrociando le braccia al petto.
Il
sorriso di Sebastian si tramutò in un ghigno. “Non
mi
arrendo tanto facilmente.”
Rimasero
lì, fissandosi pacatamente l’un l’altro,
fino a
quando Kurt non sfilò lo zaino dalle spalle e
cominciò a cercarvi dentro la
borraccia. “Ecco qua,” disse, tendendola a Sebastian
Il
giovane sgranò gli occhi e prese la borraccia dalle mani
dell’altro, osservandolo con soggezione. Il ghigno
scivolò via, comparve un
solco tra le sopracciglia. “L’hai portata per
me?”
“No,”
rispose Kurt. “L’avevo presa per me e visto che
stai
morendo.. penso che sia il minimo che possa fare.”
Sebastian
non bevve, continuo a fissare la borraccia.
“Grazie,”
disse piano. Kurt era sicuro di non aver mai sentito tanta
sincerità nella sua
voce.
{&}
Si
accamparono per la notte, senza sapere se il giorno
avrebbe recato con sé una nuova separazione o no; per il
momento sembrava fosse
sceso un silenzio di tregua tra loro.
Sebastian
tremava violentemente, m non potevano rischiare di
accendere un fuoco per paura di essere scoperto. Non avevano cibo, era
rimasta
solo mezza borraccia di acqua e l’unica cosa che li
distraesse dal borbottio
del loro stomaci era parlare.
“Mi
dirai mai perché i tuoi amici ti stavano
inseguendo?”
domandò Kurt, reclinando il capo per osservare Sebastian.
Erano sdraiati contro
lo stesso albero contro cui il giovane aveva dormito la notte prima.
“Prima
tu,” disse Sebastian. “Dov’è
quella tua amica
biondina?”
“Io
e Quinn non siamo mai stati amici,” rispose Kurt.
“Non
ha bisogno di alleati; sta bene da sola.”
“Beh,
neanche io e Rouge siamo amici, sebbene abbia fatto un
ottimo lavoro per farmi credere il contrario, durante gli
allenamenti.”
“Perché
avrebbe dovuto farlo? Credevo che voi Favoriti foste
uniti.”
“Non
sono uno dei Favoriti,” rispose Sebastian.
“Ma
hai detto-”
“Quello
che ho detto
è una bugia. Lo sai che sono il figlio del Sindaco,
giusto?”
“Sì,
lo so,” rispose Kurt. Aveva sentito Sue parlare di
Sebastian, aveva sentito le sue raccomandazioni sullo stare lontano da
lui
nell’arena, ma in qualche modo non riesce a pensare ad altro
che al fatto che
tutto ciò che aveva sentito riguardo al giovane fosse falso.
“Beh,
ho sempre pensato che ciò mi garantisse una posizione
sopraelevata rispetto agli altri ragazzi senza che vi fosse bisogno di
aggiungere il mio nome più di una volta
l’anno-” Kurt non poté evitare di
stringere i denti a quelle parole, pensando a quante volte il suo nome fosse stato inserito nel
mucchio. “Non ho mai pensato
di poter essere scelto, sai? Così quando sono arrivato
all’allenamento, ho
fatto tutto come se fosse uno scherzo – mi sono guadagnato un
paio di nemici
per questo. E quando il mio nome è stato chiamato durante la
mietitura, ho
pensato che nessuno mi avrebbe portato via l’onore di essere
un Tributo.”
La
sua voce era piena di amaro sarcasmo, e Kurt si rese
improvvisamente conto di come Sebastian, per quanto fosse stato
arrogante e
presuntuoso, non aveva fatto mai nulla per minacciarlo per tutto il
tempo in
cui si erano allenati insieme. Era stato odioso e fastidioso, ma non
aveva
avuto la stessa aria assetata di sangue degli altri Favoriti.
“Quindi
adesso ti hanno preso di mira,” osservò.
“Già,”
rispose Sebastian con un cenno. “Che mi dici di te?
Qual è la tua storia, 12? Ti sei offerto volontario al posto
di tuo fratello,
giusto?”
“Sì.”
“Mi
è sembrato un ragazzo ben messo, più grosso di te
comunque,” osservò Sebastian, senza reagire
all’occhiata raggelante dell’altro.
“Perché dovrebbe avere bisogno di te in prima
linea per salvarlo?”
“Finn
non farebbe male a una mosca,” rispose Kurt, scuotendo
il capo. “È forte, ma troppo emotivo e ingenuo.
L’avrebbero fatto fuori in tre
secondi. E poi.. lui e Rachel devono sposarsi appena hanno finito con
la storia
della Mietitura. Non potevo fare altro per loro.”
“Hai
accettato di batterti fino alla morte perché loro
potessero sposarsi?”
domandò
Sebastian, suonava incredulo. “Sei un folle,
cazzo.”
“Non
potevo portare via la loro felicità,” rispose
Kurt.
“Finn l’anno prossimo andrà a lavorare
alla miniera, Rachel sa cacciare e Carol
fa quel che può curando i suoi pazienti. Ce la faranno senza
di me.. finché non
tornerò.” Aggiunse velocemente, senza voler fare
suonare le proprie parole come
una sconfitta volontaria.
“Carol
è tua sorella?” domandò Sebastian.
“Matrigna.”
“E
tuo padre?”
“È
morto,” rispose Kurt in tono piatto.
“Mi
dispiace.” Kurt annuì a mo’ di
ringraziamento. “Tu invece
non hai una ragazzina ad
aspettarti a casa per sposarti?”
“Avevo
qualcuno,” rispose Kurt, stringendo le ginocchia al
petto e osservando l’oscurità intorno a loro.
“Chi?”
domandò Sebastian.
“Un
ragazzo,” rispose Kurt, piano. Sebastian inarcò
appena
le sopracciglia a quella risposta ma continuò a osservarlo
in silenzio, in
attesa di altro. “Si chiamava Blaine.”
“Blaine..
Anderson?” chiese Sebastian, la consapevolezza che
prendeva forma sui suoi tratti. “Il tributo
dell’ultimo anno?”
Kurt
annuì, cercando di ignorare il formicolio dietro le
palpebre e il doloroso groppo in gola. Non voleva piangere di fronte a
Sebastian. “Avremmo..” si fermò prima di
poter dire combattuto contro Capitol City
insieme, perché non importava quanto
sembrasse privata quella conversazione, erano spiati dalle telecamere.
Invece
si corresse velocemente e disse, “Ci saremmo sposati anche
noi.”
Sebastian
capì che c’era di più, ma vide lo
sguardo di
avvertimento di Kurt e non chiese altro. “È
terribile,” disse.
Kurt
si prese un momento per ricomporsi, prima di dire, “Si,
lo è.”
{&}
Al
mattino, la ferita di Sebastian aveva cominciato a gonfiarsi,
divenendo di una pallida sfumatura di giallo. Il suo volto era
mortalmente
pallido, più di quello di Kurt, e aveva borse viola sotto
gli occhi.
Kurt
lo lasciò con il coltello nel caso in cui qualcuno lo
trovasse e tornò al fiume per prendere altra acqua. Non
c’era cibo da nessuna
parte, né noci, né animali che potesse uccidere,
niente di commestibile.
Sebastian lo guardò speranzoso quando fece ritorno, ma tutto
ciò che fece il
giovane fu porgergli la borraccia e scuotere il capo.
Avrebbe
dovuto sapere che tre giorni di relativa pace
significavano che Capitol City cominciava a stancarsi di loro. Quando
aprì gli
occhi quella notte e vide un gli alberi di fronte a loro prendere fuoco
si alzò
velocemente e portò Sebastian via con sé.
Riuscirono
a scappare, ma non prima di aver ottenuto un buon
numero di ustioni. Sebastian ne aveva una particolarmente brutta sulla
scapola
sinistra e quando finalmente ebbero la possibilità fermarsi
e Kurt fece per controllarla,
lui si scansò.
“Non
ha senso,” disse.
“Fammi
dare un’occhiata almeno.”
“Kurt,
hai fatto abbastanza,” disse Sebastian, sembrava
arrabbiato.
“Che
problemi hai?” chiese Kurt. “Stai per morire.
Lasciami-”
“Questo
è tutto, no?” lo interruppe l’altro.
“Sto per morire
e non c’è nulla che tu possa fare, quindi vattene,
okay?”
“No,”
rispose Kurt fermamente. “Ti salverò.”
“Che
problemi hai con il salvare le persone?” sbottò
Sebastian, strappando il braccio dalla presa di Kurt. “Non
puoi salvare tutti,
Kurt!”
“Oh,
credimi, lo so bene,” rispose l’altro amaramente,
pensando a Blaine, al padre, alla madre e a tutti quei bambini mandati
all’arena anno dopo anno.
Sebastian
lo guardò tanto intensamente che Kurt sentì quasi
il bisogno di indietreggiare. Quasi. “Mi dispiace,”
disse.
Kurt
serrò la mascella. “Pensavo che non ti arrendessi
facilmente,” disse. “Lasci che un paio di ferite ti
sconfiggano?”
Sapevano
entrambi che non si trattava solo di un paio
di ferite, ma Sebastian riuscì
ad approntare un lieve sorriso in ogni caso.
“Touché,” disse e si volse per
lasciare che il giovane controllasse la scottatura.
Era
messa male. Davvero, davvero male. Non c’era modo che
guarisse a meno che qualcuno a Capitol City avesse pietà di
loro e mandasse delle
medicine. L’avambraccio gli pulsava a una maniera
pressoché fastidiosa che
rendeva difficile pensare, ma gli venne in mente una cosa che la
Sylvester gli
aveva detto la notte prima dell’inizio degli Hunger Games.
“Quello che vogliono è
uno show piacevole, Porcellana. Daglielo – falli felici e ti
faranno
sopravvivere. Sei intelligente, usa questa dote a tuo vantaggio.”
“Quindi,
qual è il verdetto?” domandò Sebastian
quando si
volse indietro.
A
Kurt girava la testa, ma riuscì comunque a dire,
“È – è
peggio di quanto mi aspettassi.”
“La
tua magia non funzionerà questa volta?” lo
pungolò Sebastian,
nonostante avesse lo sguardo già più mesto.
“Ci
sarà qualcosa che posso fare. Deve esserci.”
C’era
ancora tempo per tirarsi indietro, ma più Kurt pensava
al piano che stava prendendo forma nella sua testa, più
realizzava che avrebbe
potuto funzionare.
“Perché
t’importa tanto?” domandò Sebastian
improvvisamente,
ignaro del conflitto nella mente di Kurt. “Cosa
t’importa se vivo o muoio. Uno
in meno, giusto?”
Kurt
lo osservò e ricordò lo shock dipinto sul suo
volto
durante il replay della Mietitura, il panico prima di scendere dalla
piattaforma nell’arena, il terrore quando si era imbattuto in
Kurt il primo
giorno, nel bosco, con una freccia puntata al cuore. Sebastian non era
un
amico, ma neanche un nemico. Approvava gli Hunger Games almeno quanto
Kurt, non
aspettava di avere la chance di ammazzare qualcuno e vincere per la
gloria del
suo distretto. Era solo un ragazzino viziato che si era ritrovato in
quel casino,
privato del lusso in cui era cresciuto.
Nessuno
di loro aveva la possibilità di trovare altri
alleati, a meno che Quinn non decidesse di aiutarli, nel caso in cui i
Favoriti
li trovassero, ognuno di loro avrebbe dovuto guardarsi le spalle a
vicenda.
Kurt sapeva di dover vincere, sapeva che c’era una grande
possibilità di finire
combattendo l’uno contro l’altro nel caso in cui si
fossero ritrovati faccia a
faccia, ma in quel momento non riusciva a pensare a cosa potesse
accadere. Stava pensando a cosa a bisognava che accadesse
in quel momento.
Così
prese la sua decisione e sollevò le mani a prendere il
volto di Sebastian. Era sporco di fuliggine e acceso per
l’incendio da cui
erano fuggiti, ma la sorpresa nei suoi occhi a quel gesto era evidente.
“Mi
ricordi Blaine,” disse, ignorando il modo in cui il suo
cuore sembrasse protestare a quell’approfittare del suo nome.
“Ho già perso
lui, non posso rischiare di perdere anche te.”
Sebastian
lo guardò fisso, l’espressione ferma e risoluta
quando Kurt reclinò appena il capo e lo baciò. Ci
volle un secondo perché
rispondesse al bacio, ma quando lo fece, Kurt poté sentire
la domanda
inespressa nel movimento delle sue labbra. Non poteva rischiare di
farsi
sfuggire qualcosa ad alta voce, ma sollevò l’altra
mano a carezzare la mascella
dell’altro, coprendo le loro labbra dalla vista delle loro
labbra, così che
potesse mormorare, “Fidati di me.”
{&}
Il
paracadute giunse qualche secondo dopo che s’erano
accampati in un’altra radura; era più piccola
questa volta e con alberi più
sottili, ma sembravano essere lontani dagli altri Tributi.
Sebastian
non aveva detto niente quando Kurt lo aveva preso
per mano dopo quel bacio, ma le domande sembravano quasi bruciare nelle
sue
iridi. Sembrarono accendersi di una luce di comprensione quando giunse
il
paracadute, ma poi si volse a osservarlo confuso.
Il
contenitore aveva un piccolo pezzo di carta attaccato
sopra; Molto bene, Porcellana.
Kurt
sentì un’ondata di sollievo infrangersi contro di
lui a
quelle parole.
C’era
unguento solo per uno dei due, comunque, e sicché
Sebastian era quello con le ferite più gravi –
“No,” disse il giovano quando
Kurt espresse il pensiero ad alta voce.
“Non
essere stupido, Sebastian. Ne hai più bisogno di
me.”
“Quella
medicina è per te,” rispose Sebastian.
“Te l’ha mandata
il tuo mentore, solo tu e Quinn potete usarla.”
“Cazzate,”
rispose Kurt, prendendo un po’ dell’unguento e
forzandolo a volgersi verso di lui. “Non sei nella posizione
di discutere con
me quindi sta’ zitto e fammi prendere cura di te.”
Sperò che non suonasse
troppo infastidito e più.. appassionato,
ma sembrò mettere fine alle proteste di Sebastian,
quantomeno.
Fortunatamente,
c’era abbastanza medicina per curare sia la
bruciatura che il taglio alla gamba, oltre che un sottile strato che
Kurt
riuscì ad applicare al suo braccio. Prese un sorso dalla
borraccia ormai mezza
vuota e si rassegnò ad un’altra notte senza cibo.
Una volta seduti a terra, uno
di fronte all’altro, Sebastian chiese, “Da quanto
tempo mi ami?”
Kurt
sapeva che in realtà stava chiedendo da
quanto tempo lo stavi pianificando?
“L’ho
realizzato lentamente,” disse, cauto.
Sebastian
si avvicinò, provando a non allargare le ferite.
“La mia ‘quasi-morte’ ha fatto scattare
qualcosa in te?”
Kurt
prese il volto dell’altro tra le mani un’altra
volta,
coprendo le labbra di entrambi e le possibili altre domande premendole
insieme.
Contò sino a quindici nella sua testa, provando a sembrare
sincero nel baciare
Sebastian, prima di osare a mormorare, “È stata
l’unica cosa cui sono riuscito
a pensare.”
“Fingere
di essere innamorato di me?” sussurrò Sebastian
contro le sue labbra.
“Sono
riuscito a ottenere la medicina, no?” rispose Kurt,
tracciando il contorno delle labbra di Sebastian con la lingua.
Nonostante
tutto lo sporco sui loro volti, le labbra del giovane sapevano
meravigliosamente di pulito.
“Cosa
facciamo, allora?” domandò Sebastian, succhiando
leggermente il labbro superiore dell’altro.
Kurt
rimase sorpreso da quel brivido di piacere che gli
passò lungo la spina dorsale a quel gesto. Era una reazione
involontaria,
niente che avesse a che vedere con la testa che gli girava, ma era una
piacevole distrazione da tutto quel caos.
“Continua
a recitare,” sussurrò in risposta, prima di
premere le labbra contro quelle dell’altro un’altra
volta.
Quando
finalmente si scostarono, Sebastian sembrava aver
pensato a una storia convincente perché disse,
“È stato così anche per me,
sai.”
“Cosa?”
domandò Kurt prima di osservare la piega nelle sue
labbra e dire, “Oh, giusto. Da – um, da
quando?”
Sebastian
sembrò trattenersi dal roteare gli occhi. “Dal
primo giorno nella foresta,” rispose. “Quando mi
hai puntato contro l’arco ma
non mi hai sparato. Sapevo che c’era qualcosa nei tuoi
occhi.”
Oh,
grazie al cielo Sebastian non era un totale idiota. Kurt
avrebbe saputo lavorare con quella storia – avrebbe saputo
lavorarci
perfettamente.
“Non
avrei potuto ferirti,” disse, provando a non umiliarsi
con la falsità di quelle parole. Era parzialmente vero, si
erano incontrati
appena poche ore dopo dall’inizio dei Giochi e Kurt non era
pronto per uccidere
qualcuno, ancora. Sebastian non gli era sembrato una minaccia in quel
momento e
l’aveva lasciato perdere, contando sul fatto che gli dovesse
la vita.
“Perché
te ne sei andato, allora?” domandò Sebastian,
c’era
una luce d’avvertimento nei suoi occhi. Era ovvio che stesse
cercando più di
Kurt delle possibili scappatoie. Avevano bisogno di essere convincenti.
“Mi
sono svegliato la mattina dopo che mi avevi bendato la gamba e non
c’eri più.”
“Io-”
Kurt si fermò, cercando una spiegazione. “Avevo
cominciato a realizzare quali fossero i miei sentimenti per te e stavo
provando
a – proteggermi dal dolore.”
Sembrava
abbastanza convincente, no?
“Ma
sei tornato.”
“Non
potevo starti lontano.”
Oddio,
la Sylvester avrebbe fatto meglio ad apprezzarlo
perché cominciava a sentirsi a disagio. Riusciva solo a
immaginare cosa
stessero pensando Finn, Rachel e Carole a casa.
{&}
Le
loro ferite avevano cominciato a guarire il mattino dopo,
ma la debolezza data loro dalla fame cominciava a farsi sentire. Kurt
afferrò
il suo arco e disse che avrebbe trovato qualcosa, ma le parole erano
appena
fuoriuscite dalla sua bocca quando un paracadute scese dritto nelle sue
mani.
C’era un cestino attaccato ad esso con un piccolo pezzo di
carta attaccato in
cima. Kurt rise quando lo lesse.
“Cosa
dice?” domandò Sebastian.
“Non lo condividere
per nessun motivo.”
Gettò
via il pezzo di carta e aprì il coperchio del cestino.
L’odore di cibo fu così forte da riempirgli
immediatamente la bocca di saliva.
“Oddio,” disse Sebastian, mettendosi in piedi e
giungendo al suo fianco. Il
cestino conteneva abbastanza cibo per entrambi almeno per un altro paio
di
giorni. Kurt prese un pezzo di pane e lo annusò a lungo
prima di spezzarne un
pezzo e porgerlo a Sebastian.
“Il
primo morso va a te.”
“Non
dovresti condividerlo,” gli fece notare il giovane.
In
qualche modo, Kurt sentiva che quella era una parte del
piano della Sylvester, che avrebbe dovuto
infrangere le sue regole.
“Non
starò qui a mangiarmi tutto questo cibo guardandoti
morire di fame. Mangia.”
Sebastian
sorrise e prese il pezzo di pane che Kurt gli
stava offrendo, chinandosi per baciargli la guancia a mo’ di
ringraziamento per
poi affondarvi i denti. Se fosse un gesto sincero o se stesse ancora
recitando
con quella messa in scena, Kurt non lo notò
perché – finalmente
avevano del cibo.
{&}
L’annuncio
fu fatto due giorni dopo – le regole erano state
cambiate, sarebbero stati ammessi due vincitori nel caso fossero dello
stesso
Distretto.
Sebastian
non sembrò colpito dalla notizia. “Rouge non
condividerà la gloria. Mi ucciderà appena ne
avrà l’occasione.” Sembrò
capire
che Kurt non sarebbe rimasto con lui perché la sua
espressione si fece improvvisamente
seria e disse, “Andrai a cercare Quinn, vero?”
Kurt
annuì. “Se c’è la
possibilità potremo tornare insieme a
casa e-”
“No,
è giusto così, lo capisco,” lo
interruppe Sebastian.
Passò il dito lungo il coltello che aveva cominciato a
portare con sé. “Sarebbe
– sarebbe dovuto accadere a un certo punto, no?”
Aveva
ragione. Avevano finto di essere innamorati per
soddisfare gli spettatori abbastanza da dare loro degli sponsor. Ora
che erano
guariti e avevano del cibo non avevano più bisogno di
continuare per molto con
quel giochetto.
Ma
Kurt aveva cominciato ad abituarsi alla compagnia
dell’altro, a fidarsi di lui, una volta capito che non aveva
intenzione di
ucciderlo più di quanto lui stesso avesse intenzione di
uccidere un’altra
persona, a meno che non fosse stato per autodifesa. Non era pronto a
dire addio
ad un alleato, anche se era stato piuttosto fastidioso alle volte. E
ancora,
non era pronto a lasciare che la solitudine lo consumasse di nuovo.
“Beh,
buona fortuna allora,” disse Sebastian, porgendogli la
mano.
Kurt
l’afferrò, stordito, e si sforzò a
parlare. “Buona
fortuna.”
Sebastian
si chinò a baciarlo per un lungo, lento minuto,
carezzandogli la guancia. “Per le telecamere,”
mormorò, ma gli strinse il
braccio quando si scostò e per un secondo sembrò
che fosse qualcosa di più.
{&}
Il
cannone risuonò due volte quel giorno e ogni volta la
mente di Kurt era volata a Sebastian e Quinn. Quando scese la notte e
risuonò
l’inno, rilasciò un sospiro di sollievo al vedere
la coppia del Distretto 7.
Erano
rimasti in otto.
{&}
Il
primo assassinio di Kurt fu il ragazzo del Distretto 5.
Non
conosceva il suo nome e non avevano avuto tempo per i
convenevoli quando avevano cominciato a rotolare per terra coi coltelli
puntati
l’uno contro la gola dell’altro. Era accaduto
troppo velocemente, Kurt aveva
sentito la pressione del coltello contro la sua pelle e un rivolo di
sangue
scendere lungo la gola e in qualche modo era riuscito a liberare il
braccio
abbastanza a lungo da accoltellarlo alla schiena.
Fu
solo più tardi, mentre stava provando a lavare via il
sangue dalle mani che realizzò che aveva
appena ucciso qualcuno.
{&}
Fu
un urlo a svegliarlo quella note. Si rimise in piedi e
seguì la fonte del suono prima ancora di aprire per bene gli
occhi. Era la voce
di un ragazzo, lo poteva dedurre benissimo e il suo cuore
cominciò a battere
più forte quando la consapevolezza lo colpì in
pieno.
Sebastian.
Cominciò
a correre, facendosi largo tra i rami che gli
ferivano il volto con le loro spine nella fretta di raggiungere il
ragazzo e,
come quel giorno, andò a sbattere contro qualcuno, ma quella
volta non mantenne
l’equilibrio.
Un
altro urlo raggelante fece eco nella radura prima che
capisse che di fronte a lui c’era Sebastian. Si teneva a
stento in piedi quando
il giovane lo strinse in un abbraccio, stringendolo forte e sospirando.
“Stai
bene. Stai bene, oddio, stai
bene.”
Kurt
era un po’ scosso, sia dalle urla che ancora
risuonavano forte e sia dal modo in cui Sebastian lo tratteneva a
sé come se
avesse paura che sparisse se l’avesse lasciato andare, ma
riuscì a dargli
qualche pacca e dire, “Sì, sto bene.”
“Pensavo
fossi tu,” disse Sebastian, volgendo il viso così
da sfiorargli l’orecchio con le labbra.
“Pensavo
fossi tu,”
rispose Kurt.
Le
urla della vittima risuonarono forte ancora una volta
prima di essere interrotte completamente. Il cannone sparò.
Sebastian
continuava a trattenere Kurt tra le braccia,
tremava appena. “Siamo rimasti in cinque.”
{&}
La
notte in cui Trent morì, Sebastian si volse a Kurt e
disse, “Lo faresti?”
Kurt
continuò a guardare il punto del cielo in cui il volto
di Trent era appena sparito. “Cosa?”
“Uccidermi.”
Reclinò
il capo per osservarlo con un lieve aggrottare di
sopracciglia. “Perché me lo chiedi?”
“Io,
tu, la biondina e Rouge siamo gli unici rimasti, e
visto che il mio partner non sta cercando nessun alleato –
sarò il primo a
morire.”
Kurt
ci pensò su per un secondo, prima di volgersi al cielo.
“No.”
“Non
mi uccideresti se ne avessi l’occasione?”
“Ti
darei almeno la possibilità di difenderti, prima.”
Sebastian
sbuffò in una bassa risata, allungando la mano a
carezzargli le nocche. “Beh, grazie mille.”
{&}
Si
separarono il giorno dopo per cercare del cibo, le loro
scorte erano finite. Kurt aveva appena colto un paio di more quando
Quinn
emerse fuori dagli alberi.
“Kurt,”
disse, un lieve sorriso sulle labbra. “Ciao.”
“Ti
ho cercato per giorni,” disse Kurt, mettendosi in piedi,
ma aveva appuntato gli occhi sul sangue sulle mani di Quinn, lungo i
fianchi.
“Cos’è
successo?” domandò.
“Ho
incontrato Sebastian, ma mi ha visto prima che potessi
ucciderlo,” quando vide il panico dipinto nei suoi occhi
scosse il capo. “Sto
bene, l’ho preso con un – ow!” disse
prima che Kurt la scostasse e cominciasse
a correre nella direzione da cui era sbucata fuori. “Kurt,
dove stai andando?”
No,
no, ti
prego, no, fa’ che non sia morto, non farlo morire, non
ancora, non così..
“Sebastian!”
urlò, disturbando le ghiandaie imitatrici sugli
alberi. “SEBASTIAN!”
Lo
trovò steso a terra, semi-cosciente, la maglietta
strappata a mostrare dove il coltello l’aveva colpito, allo
stomaco. Corse in
avanti e ricadde sulle ginocchia. Si chinò a sentire il
battito del cuore e lo
schiaffeggiò per forzarlo ad aprire gli occhi.
“Guardami,”
gli ordinò. “Sebastian,
guardami.”
Sebastian
lo fece, un lieve sorriso che si allargava sul
volto. “Hey, Kurt.”
Kurt
sentì le lacrime raccogliersi dietro le palpebre.
“Stupido.
Che problemi hai con i coltelli?”
“La
Biondina è piuttosto veloce,” rispose Sebastian.
“Mi ha
preso quando ho abbassato la guardia.”
Kurt
passò le dita tremanti tra i capelli dell’altro,
sul
suo volto, ovunque. “Non morirai,” disse.
“Non puoi.”
“Pensi
di potermi salvare di nuovo?”
Kurt
lasciò scivolare lo sguardo allo stomaco
dell’altro, si
sentì boccheggiare. Distolse lo sguardo, tornando al suo
volto, le lacrime che
finalmente cominciavano a correre lungo le guance. “Mi
dispiace,” disse. “Mi
dispiace così tanto.”
“E
se – e se ci baciassimo di nuovo?”
mormorò Sebastian,
incespicando sulle parole. “Gli diamo un altro spettacolino e
avremo.. avremo
la medicina.”
Kurt
sapeva che stava scherzando ma si chinò e lo
baciò
comunque, il sudore e le lacrime che si mischiavano tra le loro bocche.
Le
labbra gli tremavano, Sebastian era completamente immobile e Kurt
chiuse gli
occhi, poggiando la fronte a quella dell’altro, sapendo cosa
avrebbe visto una
volta che li avesse aperti.
Il
cannone risuonò sopra di loro un secondo dopo e Kurt
strinse il corpo senza vita dell’altro più forte
tra le sue braccia, reprimendo
l’istinto di gridare.