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Autore: JadeDaniels    01/12/2012    1 recensioni
Se devo essere sincera non ricordo nemmeno come iniziò tutto ciò. Mi ritrovai catapultata da un mondo all'altro in così poco tempo che non ebbi nemmeno il tempo di rendermi conto di cosa stesse succedendo. Ricordo solo che faceva freddo, l'autunno era praticamente alle porte. Mamma stava caricando l'ultima valigia sull'auto. Mi trovavo in camera mia a chiedermi che cosa sarebbe successo, che cosa sarebbe cambiate, cosa sarebbe migliorato.
"Andrai a stare da tua Zia a Londra per un anno, il tempo che tu possa terminare gli studi, visto che dopo "quell'incidente" nessuna scuola dell'Italia ti ha accettato. Dopodiché tornerai a casa e inizierai a fare la vita che io e tuo padre abbiamo deciso tu farai." Amavo il modo stretto e diretto che aveva mia mamma di parlare. Ma forse e meglio che io inizi a raccontare da un po' prima.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: Incompiuta
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Le giornate passavano velocemente, anche perché la maggior parte dei giorni che separarono la nostra partenza per New York le passammo a letto, a dormire.
Prima che me ne potessi rendere conto era già arrivato il 29. Quella mattina il cielo fuori era di un azzurro talmente chiaro che sembrava bianco, bianco come i fiocchi di neve che stavano cadendo leggeri da esso. Il vialetto di casa mia era completamente ricoperto dalla neve fresca, così anche il giardino, i tetti delle case e il mio cuore. Era un cubetto di ghiaccio quel giorno.
Ci sono giorni in cui il mondo è così sincero. Dove tutte le domande sembrano ficcarsi in testa. Dove non sai perché, dal momento in cui apri gli occhi, senti il cuore pesante.
Harry passò tutta la mattinata a casa a fare le valige, cosa che avrei dovuto fare anche io, ma quella mattina mi sentivo giù di morale, a terra.
Mi andai a sedere sul davanzale della finestra come facevo sempre quando avevo bisogno di riflettere un po'. Era bellissimo. Il paesaggio completamente bianco mi faceva gioire gli occhi. 
Quando ero in Italia la neve non la si vedeva spesso, anzi, non era certo che la vedessi almeno una volta all'anno. Ho sempre amato la neve, come ho sempre amato la pioggia. Sono due tempi atmosferici che mi hanno sempre affascinato. La pioggia perché rivela chi siamo, perché ci indebolisce, ma neve perché ci fa essere felice anche se ci rende congelati dentro.
Quando vedo la neve, la prima cosa che mi viene in mente e una cioccolata calda bevuta vicino al camino di casa, con vicino l'albero di Natale tutto in ghingheri, oppure, mi vengono in mente lunghe scene di film. I baci sotto la neve. Il primo fiocco di neve che sfiora la guancia alla ragazza innamorata. Dio, la neve, l'unica cosa che mi faceva veramente essere felice, anche se quella mattina ben poco mi avrebbe reso felice.
La mia testa si riempiva di ansia e angoscia. 
Immaginavo le mille domande, i mille flash, le mille urla, lo stress che avrebbe creato il fuso orario, la lontananza da casa, le mille critiche che mi avrebbero rivolto, le mille false storie che avrebbero creato. Stavo crollando?. 
Iniziai a pensare che, forse, non ero adatta al mondo movimentato di Harry, mondo che ormai, stava diventando anche mio.
Era difficile, credetemi. Guardavo fuori casa e trovavo gente travestita in modi assurdi che faceva finta di scattare foto agli alberi per poi fotografare me, o Harry. Compravo un giornale e ci trovavo sopra accuse infondate, storie mai sentite, insulti a gratis. Entravo su Twitter e la maggior parte delle fans dei One Direction mi insultava, mi minacciava, mi derideva. 
Accendevo il cellulare e non trovavo niente. Nessuno che pensasse a me, o che pensasse a come stavo. Niente.
Avevo bisogno di parlarne con qualcuno.
Pensai a Zayn come prima persona, lo ammetto, ma sarebbe stato inutile parlare con una persona che faceva parte dello stesso mondo frenetico che avevo iniziato a temere. Così, puntai l'occhio sulla mia rubrica. MARTIN STARK. 
Ricordavo perfettamente le sue parole “professore, psicologo, psichiatra, tutto quello che vuoi” Bene, questa volta sarebbe dovuto diventare veramente uno psicologo. Lo chiamai.
“Pronto?” rispose
“Ei, saleve em, sono Jade” ora che mi aveva risposto non sapevo più che cosa averei dovuto dirle.
“Oh ciao, dimmi pure”
“Ecco” iniziai “si ricorda il primo giorno cosa mi aveva detto?”
“Riguardo a cosa?” chiese
“Mi servirebbe uno psicologo”
“Stai diventando matta?” chiese scherzosamente.
“Forse” risi appena “Ho bisogno di parlare con qualcuno” terminai con voce seria.
“Dammi dieci minuti e sono da te”
“La ringrazio” attaccai il telefono.
Ero di nuovo da sola. 
I fiocchi di neve continuavano a cadere lentamente, molto lentamente. Io rimanevo li a guardarli, quasi come se li stessi contando. Forse lo stavo facendo veramente, o forse, semplicemente, speravo che loro si accorgessero di me.
La macchina del professore lasciò le sue impronte sulla neve del mio vialetto. Portai il mio corpo ad aprirle. 
“Ei Jade” iniziò “che succede?”
“Possiamo andare in stanza?” le risposi facendole strada. 
Salimmo in camera mia. Mi andai a sedere nuovamente sul davanzale della mia finestra mentre il professor Stark si accomodò sul mio letto.
“Allora?” chiese.
“Cosa pensa della neve?” chiesi continuando a guardare fuori dalla finestra.
Tacque per qualche minuto.
“Credo che sia l'agente atmosferico più vero. Rimane di un colore neutro, bianco, quasi come se ti lasciasse vedere in lui tutto quello che tu vuoi vedere. E una cosa che ti riscalda l'animo. E' qualcosa di raro. Cade solo in un periodo dell'anno e solo se ha voglia. Credo sia la cosa meno domabile, più pura. E' bellissima” terminò sorridendo e guardando anche lui fuori dalla finestra. 
“E per te invece?” chiese guardando me questa volta.
“Sa” iniziai “mi sono sempre vantata della mia grande intelligenza nell'utilizzare ed unire le parole giuste, ma davanti a tutto ciò, parole non trovo”
“Forse la neve e solo una scusa per non trovare parola”
“Senza forse, lo è” commentai veloce.
“Qual'è la causa principale?” chiese. Non risposi. “Tua zia?”
“No”
“La scuola?”
“No”
“Il lavoro?”
“In parte”
“Harry?”
Non risposi.
“Le cose non vanno bene?”
“No anzi, vanno benissimo”
“Credo di aver capito” esordì alzandosi in piedi e avvicinandosi al davanzale “Mondo difficile il suo, non è così?”
“Parecchio” risposi sorridendole appena.
“Sai, una volta ho lavorato con una ragazza, una ragazza proprio come te che stava con un personaggio famoso. Aveva lo stesso problema che hai tu adesso. Un giorno si e svegliata e ha detto “Non sono fatta per questo mondo” e bene, oggi dirò a te le stesse cose che dissi a lei qualche anno fa.” tirò il mio volto verso i suoi occhi, voleva che lo guardassi mentre mi parlava.
“Il mondo in cui stai vivendo ti punta gli occhi addosso. Analizza ogni tua singola mossa e aspetta che tu faccia un minimo sbaglio per mandarti al tappetto. Ti infama, ti priva della tua privacy, ti fa sentire chiuso in una gabbia, è vero. Ma sai una cosa, il mondo reale e molto peggio. Li non hai nessuno che ti possa far vedere bene come nel tuo mondo gli errori che stai commettendo. Li non c'è nessuno che ti farà i complimenti quando farai un'opera buona, anzi, nel mondo reale più opere buone fai più sei uno schifo, più la gente pensa che lo fai per secondi fini. Hai trovato una persona che ti vole bene, perché e così, te ne vuole, molto. Se ti danno cento motivi per rimanertene al tappeto te dagliene centouno per rialzarti e mandarli a fanculo, senza tanti giri di parole. Il mondo è un mare di squali. Basta che impari a nuotare e tutto ti sembrerà andare nella direzione giusta. Basta pensa a quello che la gente possa pensare di te. Basta credere di non essere abbastanza, basta pensare in generale. Sei giovane. Viviti la vita ora che puoi farlo. Esci la sera, non tornare a casa la mattina. Innamorati, ama, vivi, odia. Fai di tutto. Ma ricorda, nel tuo mondo se lo fai sei una persona che vuole provare tutto della vita, nel mondo normale, sei solo una ragazzina viziata che non capirà mai il senso della vita.” terminò così la sua spiegazione. 
Il mio cuore si era riscaldato. Sorridevo, finalmente.
“Secondo lei” chiesi “cosa ha pensato la gente quando è uscita la notizia della gravidanza?”
“Ha importanza? I commenti negativi che fanno loro non arriveranno mai ad eguagliare i complimenti che Harry ti ripete ogni giorno, no?” 
Cavolo, era stupendo. Avevo proprio bisogno che qualcuno mi dicesse quelle parole. 
“Posso abbracciarla?” le chiesi
“Adesso per abbracciare una persona serve anche un permesso?” chiese lui sorridendomi e aprendo le sue braccia.
“Non vorrei sembrare inopportuna” commentai
“Ma smettila” mi tirò a lui abbracciandomi proprio come un papà fa con la propria bambina. 
“Adesso smettila di piangerti addosso, ho letto che i One Direction suoneranno al Capodanno a New York e che arriveranno a domani con le loro belle ragazza nella città e io” disse guardandosi in torno “non vedo ancora la tua valigia pronta”
“Si beh” commentai sorridendole “penso che mi metterò a farla ora”
“BRAVA! Io invece ora vado, ho un pranzo. Mi raccomando” disse alzandosi dal letto e indossando il suo cappotto “sorridi sempre, sempre e comunque.”
Sorrisi. Il professore stava uscendo dalla stanza quando lo bloccai.
"Aspetti" si fermò "com'è finita poi tra quella ragazza e il suo ragazzo?"
"Beh" iniziò "da quello che so si sono sposati e hanno avuto due figli" sorrise. Uscì dalla stanza e poi dalla porta di casa. Ero felice.
Tirai fuori la mia valigia e iniziai a infilare dentro tutto l'occorrente. 
Quella sera, assieme a tutti gli altri, saremmo stati alla festa di inaugurazione della casa di Zayn.
“Devo vestirmi elegante o in tuta?” chiesi quando Harry entrò in casa mia verso le sei di sera.
“Beh, siamo solo noi.” rispose sorridendomi.
“Bene, opterò per Jeans e tacchi” conclusi tirandoli fuori dall'armadio e infilandomeli “Domani per il viaggio mi vesto così, almeno sono comoda” terminai.
“Ottima osservazione” rispose Harry baciandomi.
Alle 19.30 uscimmo di casa per andare da Zayn. Harry caricò sia la mia che la sua valigia sull'auto e sfrecciammo via. 
“Ho visto una macchina parcheggiata fori dal vialetto di casa tua stamattina, chi era?” chiese Harry mentre guidava per andare da Zayn.
“Oh era il mio professore, dovevo consegnarle dei compiti che mi aveva dato prima delle vacanze” bugia che mi ero già preparata.
“Capito, come va con la scuola?” chiese Harry sorridendomi
“Tutto bene, forse riuscirò a entrare all'università” risposi
“Beh, ora che lavori non penso ti servirà molto l'università” commentò mettendosi a ridere.
“Infatti grazie a dio lavoro, sennò all'università ci sarei dovuta andare per forza”
La macchina si fermò davanti all'entrata principale.
“Non entri su retro?”
“Come fai a sapere che c'è un'entrata sul retro?” chiese Harry dubbioso.
Merda. Lui non sapeva che avevo passato una notte a casa di Zayn, me ne scordavo sempre.
“Beh, tutte le case hanno un'entrata sul retro” cercai di giustificarmi velocemente.
“Oh beh, si, ma Zayn ha detto di parcheggiare qui la macchina che dopo vengo a prenderci le valige” rispose sorridendomi
“Capito” presi la mia borsa. Stavo scendendo dalla macchina quando Harry mi fermò.
“Che c'è?” chiesi
“Mi sei mancata oggi” disse con quel suo faccino amoroso.
“Anche tu” risposi avvicinando la mia fronte alla sua. Mi stampò un bacio, lungo e tenero. In tempo zero, la macchina era circondata da mille flash. 
Fantastico, pensai.
“Aspetta che scendo io, poi ti vengo ad aprire a te” disse Harry scendendo dalla macchina e facendosi spazio tra i fotografi, venne ad aprirmi lo sportello. Scesi velocemente. Harry allontanava le persone da me che, continuavano a chiedere cose sulla presunta gravidanza.
“Se era tutto falso perché fare i Test?” “Non siete usciti di casa per un giorno intero, che progetti avevate fatto” “Ci sei rimasta male nel scoprire che non eri in cinta?” “Volevate tenerli il bambino” “Preferivate maschio o femmina?” “Come lo avreste chiamato” Facevano tante di quelle domande stupide che ridevo quasi nell'ascoltarle.
Finalmente arrivammo all'entrata principale. La porta si aprì velocemente. Entrammo e ci dirigemmo alla porta dell'abitazione di Zayn.
“Allora, come lo avesti chiamato?” chiese Harry mettendosi a ridere.
“Asdrubale, ti piace?” chiesi con occhioni teneri
“Asdrubale Styles? Non ci starebbe nemmeno male” commentò dandomi un altro bacio.
“Oh eccoli qui” disse Niall aprendo la porta di casa e facendoci entrare “mi siete mancati” commentò venendo ad abbracciarci.
“Anche tu mi sei mancato” commentò Harry.
“E a te sono mancato Jade?” 
“Troppo” lo abbracciai 
“ECCOLI QUI” disse Louis venendo a palpare il sedere a Harry. Era d'abitudine ormai vedersi palpeggiare a vicenda. 
“Ei bella” disse Eleaonor venendo verso di me “come stai?” chiese
“Eila, tutto bene te?”
“Bene, se non si conta che ho un mal di testa allucinante”
“Tutta colpa della caffeina secondo me” disse Danielle avvicinandosi a noi assieme a Liam. 
“Ti sei tagliato i capelli?” chiesi guardandolo la sua testa ormai completamente pelata.
“Si, volevo cambiare” rispose sorridente.
“Se avete finito di fare salotto, la cena sarebbe pronta” disse Zayn facendoci avviare verso la cucina. Era esattamente come me la ricordavo, ma feci finta di niente in presenza di Harry.
Ci porse dei bicchieri contente spumante, credo. Facemmo il brindisi, dopo di che, andammo a cenare. 
Era tutto molto buono. La serata andava per il meglio. Alcuni, tipo Harry e Louis alzarono un po' troppo il gomito, cosa che feci notare a Harry parecchie volte durante la serata. Lui rispondeva con “No, ma sto bene” mi baciava e tornava a bere. Stessa cosa faceva Louis con Eleaonor. Ma cosa potevamo fare? Rimanevamo a guardare la scena come se non fosse niente.
Erano le 2 e mezza quando cercammo di prendere sonno.
Zayn e Niall andarono a dormire nella camera da letto, Liam e Danielle andarono a dormire sul divano, Louis e Eleaonor nella camera degli ospiti e io e Harry nella seconda camera degli ospiti, camera che, tra l'altro, non avevo ancora visto. Era molto carina e accogliente. 
Harry era più “spinto” del solito nelle cose che faceva e nei baci che mi dava. Colpa dell'alcol. Odiavo la gente che beveva. Ammetto che anche a me capitava di farlo, ma non mi riducevo mai in condizioni squallide. 
Harry era rosso in volto e sudava parecchio. Camminava e capiva perfettamente quello che le dicevo, e andava già più che bene, però era un po' maldestro nelle cose che faceva. Si buttò sul letto della stanza tirandomi giù con lui.
“Ti amo” mi disse con quella sua voce contenta.
“Si ti amo anche io, ma mi fai alzare?” chiesi mettendomi a ridere vedendo la faccia stravolta di Harry che rideva con le poche forze che le erano rimaste.
“Sei tu che non ti alzi” rispondeva lui continuando a stringermi al suo petto.
Andammo avanti per molto, fino a quando, crollai io sopra lui e lui sotto di me.
Crollo che durò veramente pochissimo. Mezzora dopo che chiudemmo gli occhi Louis venne a svegliarci. Era ora di andare a prendere l'aereo. Privi di spirito uscimmo dalla casa di Zayn, entrammo nella macchina che ci attendeva fuori, scendemmo all'aereoporto e, crollammo nuovamente sull'aereo che ci stava portando a New York.
  
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