Titolo: Crossed Times
Autore: Lien
Capitoli: 4/?
Rating: R (ma conta di arrivare a NC-17)
Pairing: Tom/Harry
Altri Personaggi: Hermione Granger, Minerva McGranitt, Luna Lovegood, Draco Malfoy,
altri…
Avvertimenti: Slash, Slash e ancora Slash
A.N.: oh, finalmente si entra un po’ nel vivo della storia! Mi sto
accorgendo che la mia narrazione è una delle più lente esistenti, speriamo di
non star facendo morire tutti di noia XD E contare che l’ispirazione per questa
storia mi è venuta a partire da una scena che sarà… nel penultimo capitolo!
Capitolo 4. Piccole Speranze
Tre settimane dopo Harry e Hermione si trovavano
nuovamente nell’ufficio della McGranitt, il primo nervoso e impaziente e
l’altra con aria determinata, mentre teneva in mano una boccetta piena di un
liquido verde scuro. Il tavolo al centro dello studio era stato completamente
sgombrato, tranne che per una grossa cartina della Gran Bretagna.
“Signorina Granger, credo sia il momento di
iniziare.” Disse la professoressa rivolgendosi alla riccia.
Hermione annuì e avvicinandosi al tavolo stappò la
boccetta, la quale fumava lievemente di un vapore verdastro.
“Da come è descritta la procedura sembra molto
simile ad un incantesimo di Orientamento. Gli appunti nel diario dicono di intingere
la punta di una bacchetta nella pozione e pronunciare ‘invenio’,
dopodiché la bacchetta mostrerà la posizione dell’Horcrux. Purtroppo, dato che
Voldemort sicuramente conosceva il procedimento, avendolo inventato lui, non fa
nessun riferimento a come possa indicare uno di questi luoghi… voglio dire,
sicuramente funziona anche se l’Horcrux non è nella stanza in cui viene
pronunciato l’incantesimo.” spiegò Hermione aggiungendo l’ultima parte con una
nota infastidita nella voce, quasi che Tom Riddle avesse omesso informazioni
solo per fare un dispetto a lei, “Dovremo procedere a tentativi quindi: per ora
proviamo a vedere se funziona con una semplice cartina geografica della Gran Bretagna.”
Gli altri due presenti nello studio annuirono,
lasciando che la ragazza procedesse. Quando stava per intingere la sua
bacchetta nella pozione però, ad Harry venne un’idea.
“Aspetta Herm, perché non usiamo la mia?” disse con
tono ragionevole, “In fondo la mia bacchetta e quella di Voldemort sono
gemelle, potrebbe non fare alcuna differenza, ma magari sarà più efficace.”
Hermione sembrava un po’ dubbiosa, ma in fondo
tentar non noceva. “D’accordo, come vuoi.” Rispose prendendo la bacchetta che
le veniva offerta.
“Non so cosa potrebbe succedere, non sappiamo
nemmeno se le istruzioni siano giuste, forse è meglio se vi allontanate un po’
dal tavolo.”
Harry voleva rispondere che se l’incantesimo non
era sicuro, nemmeno Hermione avrebbe dovuto correre un rischio simile, ma
dovette mordersi il labbro frustrato: non avevano scelta, era la loro unica
possibilità dopo mesi di ricerche.
Appena la punta della bacchetta entrò in contatto
con il liquido vischioso della pozione il lieve fumo verde che aleggiava sparì
e il contenuto brillò leggermente. La ragazza che teneva entrambi gli strumenti
in mano affondò la punta all’interno della boccetta, mescolando un po’ prima di
ritirarla fuori, rimanendo sorpresa insieme agli altri nel vedere come il
liquido che rimaneva attaccato intorno al legno non avesse più un colorito
verde ma completamente trasparente. Senza indugiare oltre, Hermione posò la
bacchetta sul tavolo e richiudendo la pozione si avvicinò alla cartina
geografica per vedere meglio.
“Invenio!”
I presenti nella stanza trattennero il fiato per
qualche secondo.
Niente.
Hermione guardò sospettosa la bacchetta e la mosse
leggermente verso la cartina.
“Invenio!”
Ancora nulla.
Harry non voleva arrendersi dopo così poco, ma non
poté fare a meno di sentire una punta di sconforto cominciare a farsi largo
dentro di se.
“È possibile che l’Horcrux non si trovi in Gran
Bretagna. Prova a puntare la bacchetta contro il planisfero.” Suggerì la
professoressa McGranitt.
Con una nuova aria di determinazione Hermione prese
il tavolo e lo avvicinò alla parete.
“Invenio!” ripeté per la terza volta e di
nuovo nulla accadde.
Harry si avvicinò agitato. “Herm, fammi provare,
forse dato che è la mia bacchetta…” ma lasciò la frase in sospeso, poiché
appena si fu accostato al tavolo la bacchetta cominciò a vibrare e a girare
vorticosamente, per poi bloccarsi di colpo.
Puntando direttamente Harry.
Il ragazzo era troppo sbigottito da non sentire
nemmeno Hermione inspirare scioccata portandosi una mano alla bocca, né notò lo
sguardo sbalordito della sua professoressa. Tutto quello che riusciva a vedere
era la punta della sua stessa bacchetta puntare su di lui.
“Oh mio dio… non è possibile, non può essere…”
sussurrava la riccia sottovoce, mentre la McGranitt si lasciava cadere su una
sedia, incapace di parlare.
“Harry, ci deve essere sicuramente un errore, non
può essere giusto… ricontrollerò, probabilmente qualcosa è sbagliato nella
pozione…” disse Hermione quando riprese la parola, avvicinandosi all’amico.
Harry istintivamente fece un passo indietro, ritirandosi al contatto e
distogliendo lo sguardo dalla bacchetta che, appena egli si era mosso, lo aveva
seguito continuando a puntare su di lui.
“Falla smettere.” Ordinò Harry con voce troppo
calma rispetto a quello che stava pensando dentro di se.
Hermione con voce tremante sussurrò “inventus”,
continuando a guardare l’amico per vedere la sua reazione.
Harry in quel momento sentiva di non riuscire a
pensare chiaramente. Parole vaganti continuavano a fluttuargli in testa:
Horcrux… io… Voldemort… non è possibile… io… anima…
Lui, lui era un Horcrux? Com’era possibile?
Quand’era successo? Ci doveva essere un errore, non era possibile, ma più ci
pensava, più cose che prima non avevano alcun senso ora si delineavano con
chiarezza davanti ai suoi occhi: la strana connessione che lo legava a
Voldemort non poteva essere solo per via della cicatrice, il suo parlare
serpentese poi gli era sempre sembrato strano che derivasse solo da una
trasmissione di poteri e durante il suo quinto anno, il modo in cui gli era
così facile trovarsi nella mente di Voldemort senza nemmeno volerlo…
Harry Potter era l’ultimo Horcrux.
Il moretto si girò verso Hermione: come poteva
starle anche solo vicino quando poteva rappresentare un pericolo così grande?
Doveva andarsene, allontanarsi il più possibile. Si sentiva improvvisamente
contaminato, sporco, come quando nel suo quinto anno era convinto di essere
posseduto da Voldemort.
Voldemort! Come avrebbe fatto ad uccidere
Voldemort?
“Ah, si,
era proprio quello che temevo.” Disse improvvisamente una voce dall’altro lato
della stanza.
Tutti si voltarono verso quel lato e ciò che videro
li lasciò a bocca aperta.
“Professor Silente!”
Il ritratto di Silente infatti non era più immobile
con gli occhi chiusi come ormai da più di un anno erano abituati a vederlo, ma
al contrario teneva ora le mani giunte in grembo e gli occhiali a mezzaluna non
riuscivano a nascondere il suo caratteristico luccichio degli occhi.
Harry, vedendo il suo vecchio preside, venne
investito da un’ondata di sollievo: se Silente era con lui, c’era ancora speranza.
Tuttavia questi pensieri gli fecero tornare in mente il motivo primario del
perché avesse bisogno d’aiuto.
Silente rivolse gli occhi verso quello che qualcuno
si azzardava a dire essere stato il suo alunno preferito “Harry, mio caro
ragazzo, siediti e non pensare di andare da nessuna parte.”
Il ragazzo, che aveva smesso molto tempo fa di
chiedersi come Silente riuscisse a sapere sempre tutto, si sedette rassegnato.
Hermione però non sembrava aver alcuna intenzione
di smettere di agitarsi. “Professore, com’è possibile? Pensavamo che il dipinto
fosse venuto male, che lei non potesse parlare!”
Da un lato si sentì un grugnito da parte del
ritratto di Phineas, ma Silente si limitò a sorridere bonario. “No, signorina
Granger, questo ritratto è perfettamente a posto e ricorda, io non me ne sarò
mai andato finché a Hogwarts ci sarà ancora qualcuno che crede in me.”
Hermione e la professoressa McGranitt si guardarono
perplesse, ma un piccolo sorrisino si delineò sul viso di Harry, ricordando le
parole di tanti anni fa.
“Albus, cosa intendevi nel dire che era quello che
temevi?” chiese la McGranitt con voce grave.
L’ex preside sospirò “Vuol dire, Minerva, che
sospettavo che Voldemort avesse potuto fare una cosa simile.”
A quelle parole scese un silenzio spesso, ma Harry
non credeva alle sue orecchie. “Lei sospettava che io fossi un Horcrux?” chiese
con una pericolosa inclinazione nella voce, rivolgendo uno sguardo gelido al
suo ex preside, “Due anni fa aveva detto di avermi detto tutto, che non ci
sarebbero stati più segreti, e ora invece mi viene a dire che sin dall’inizio
sapeva che avevo un pezzo di Voldemort dentro di me! Come ha potuto non
dirmelo!” urlò.
La professoressa McGranitt sembrava indecisa se
rimproverare il tono che Harry stava usando nei riguardi di Silente o rimanere
prudentemente nell’ombra, mentre Hermione era ben decisa a non intromettersi:
aveva imparato che la furia di Harry era qualcosa che nessuno avrebbe voluto
aver contro.
“Mio caro ragazzo, al contrario dell’opinione
comune, non sono onnisciente,” disse Silente con voce calma, anche se
improvvisamente sembrava più vecchio che mai, “non avevo intenzione di
caricarti di preoccupazioni basate su sospetti senza alcun fondamento.”
Harry chiuse gli occhi e si portò entrambe la mani
sul viso con un sospiro, cercando di calmarsi: era troppo stanco perfino per
arrabbiarsi.
Hermione decise di farsi avanti. “Professore, mi
scusi, ma ci sono un sacco di cose che non tornano: prima di tutto, quando
sarebbe successo? Quand’è che Tu-Sai-Chi avrebbe potuto fare di Harry un suo
Horcrux? E poi ha passato tutti questi anni a cercare di ucciderlo, ma perché
voler distruggere la propria anima?”
Il vecchio professore sorrise voltandosi verso la
ragazza. “Brillante come sempre signorina Granger,” la lodò facendola
arrossire, “ e le posso assicurare che ogni domanda avrà una sua risposta.
Ho cominciato a sospettare qualcosa durante il tuo
secondo anno Harry, quando venne a galla la tua abilità come Rettilofono. Vedi,
mai è esistita una connessione simile a quella portata dalla tua cicatrice, non
esistendo nessun altro sopravvissuto all’anatema mortale, per cui non potevo
sapere quale fosse la portata del suo potere. Quando si scoprì che potevi
parlare Serpentese ti dissi che era dovuto ad una trasmissione di poteri
avvenuta la fatidica notte della morte dei tuoi genitori ed era, sinceramente,
ciò che credevo anche io, anche se il dubbio si era insinuato nella mia mente.
Non avevo però né mezzi né prove per affermare altro.
Alla fine del Torneo Tremagli, quando tornasti dal
cimitero e raccontasti ciò che era accaduto alcune delle tue parole mi rimasero
impresse: dicesti che Voldemort aveva usato un rituale di sangue per
resuscitare e che aveva specificatamente chiesto il tuo sangue e non
quello di un nemico qualunque, come gli avevano suggerito i suoi fedeli
Mangiamorte. Perché proprio il tuo? Vendetta personale? Sicuramente cercare di
prenderti deve avere rallentato i suoi piani di parecchio, dovendo aspettare la
fine dell’anno, eppure lo fece lo stesso. È possibile che lo abbia fatto solo
per liberarsi della protezione di tua madre… ma forse non era l’unico motivo.
Poi durante il tuo quinto anno la vostra
connessione è cresciuta talmente tanto che tu stesso ti accorgesti che qualcosa
non stava andando come avrebbe dovuto: ricevevi sogni, provavi emozioni che non
erano le tue, per non parlare dell’improvviso odio verso di me che non riuscivi
a spiegarti. Quando al Ministero Voldemort prese possesso del tuo corpo, seppur
per pochi secondi, era chiaro che qualunque connessione aveste fosse ben più
profonda di quanto non sospettassi. Eppure pensai che non era molto strano in
fin dei conti che Voldemort fosse capace di possedere qualcuno, infondo l’aveva
già fatto in precedenza col professor Raptor. Forse semplicemente mi rifiutavo
di vedere la verità.
Infine, l’anno scorso nella grotta, trovai
estremamente strano che la barca che usammo per raggiungere l’isola dove si
trovava l’Horcrux non avesse protestato nel caricare due maghi, quando era
stata palesemente progettata per impedire una cosa del genere. Mi dissi che era
solo perché non eri legalmente adulto, eppure Harry, tu hai un potere enorme,
di gran lunga superiore alla media per la tua età. In ogni caso ero piuttosto
impegnato in quel momento e non c’era tempo per questi pensieri. Allora non
avevo nessuna prova per queste mie teorie, ma ora l’incantesimo non mente:
l’ultimo Horcrux sei tu, Harry.”
Harry aveva ascoltato tutto senza mai una volta
alzare il viso dalle proprie mani, ma sentito il preside fermarsi decise di
alzare lo sguardo. “Non ha ancora risposto alle domande di Hermione,
professore.” Fu l’unica cosa che disse.
Silente annuì, “Vero, e ho intenzione di rimediare
subito. Chiedeva quando sarebbe potuta succedere una cosa simile, signorina
Granger? Beh, la risposta è piuttosto ovvia, nella notte in cui tutto è
cominciato, Halloween di sedici anni fa. Quella notte Voldemort commise un
grandissimo errore di valutazione e in tutti questi anni mi sono chiesto il
perché di un atto così stupido, sapendo che la stupidità non è mai stata un
attributo di Voldemort.
Bisogna capire che una Profezia non è mai qualcosa
da prendere alla leggera e Tom ne è cosciente. Se essa indicava possibilmente
te come ‘l’unico col potere di sconfiggere l’Oscuro Signore’, la decisione di correre e cercare di ucciderti
non era per niente saggia. Solo ora è chiaro che Voldemort aveva un piano ben
più astuto in mente, aveva intenzione di renderti completamente innocuo
rendendoti uno dei suoi Horcrux.
Creare un Horcrux da una creatura cosciente è
possibile, ma molto rischioso, poiché non si è mai sicuri di avere il completo
controllo sopra di essa. Perciò dopo aver ucciso i tuoi genitori e fatto di te
un Horcrux, Harry, tentò di ovviare a questo problema nella maniera a lui più
comoda.”
Silente fissò intensamente i suoi occhi azzurri
nelle iridi verdi di Harry.
“Ti ricordi, vero, cos’è un Inferius?”
Harry spalancò gli occhi ed Hermione emise un
gemito orripilato, mentre la professoressa McGranitt, che fino a quel momento
era rimasta stranamente taciturna, si alzò di scatto dalla sedia su cui era
seduta.
“Ma era solo un bambino! Come si può anche solo
pensare di fare una cosa simile ad un neonato? È atroce, agghiacciante!”
Silente le rivolse uno sguardo triste: “hai ragione
Minerva, ma sappiamo tutti che nel cuore di Voldemort non c’è posto per la
compassione: ha rinunciato all’amore tantissimo tempo fa.”
A queste parole Harry non poté fare a meno di
ritornare col pensiero alle pagine del diario che aveva letto settimane addietro
e chiedersi quanto a fondo Silente avesse conosciuto Tom Riddle.
“Comunque, ritornando al discorso principale,
Voldemort voleva fare del piccolo Harry un Inferius, ma quando nel processo
dovette scagliare l’Avada Kedavra, come tutti sappiamo l’incantesimo si
rifletté contro di lui a causa della protezione che il sacrificio di Lily aveva
donato. Il resto è storia.”
Calò un lungo silenzio nell’ufficio mentre tutti
cercavano di venire a patti con tutte quelle nuove rivelazioni, ma tra tutti
Harry era il più afflitto: si sentiva come se improvvisamente non conoscesse
più se stesso, come se, se solo avesse chiuso gli occhi e si fosse concentrato,
avesse potuto sentire quel frammento d’anima alieno avvelenargli lentamente il
sangue. Finiva così tutta la storia? Non erano serviti a niente i mesi di
allenamento da Auror, non avrebbe mai potuto sconfiggere Voldemort, avevano già
perso. Tutti gli sforzi, tutte le fatiche, tutte le perdite, le morti… tutto
vano.
“P-professore, “ iniziò Hermione con voce tremolante,
“ma anche se Harry… se anche Harry – oh Dio – se anche si… sacrificasse per
uccidere Voldemort… non servirebbe, il suo spirito ci metterebbe pochissimo ad
impossessarsi di un corpo qualunque in attesa di resuscitare di nuovo, e una
volta tornato… beh, secondo la profezia Harry sarebbe l’unico con il potere di
sconfiggerlo, per cui non ci sarebbe nulla da fare….”
Silente spostò il suo sguardo grave su di lei con
esasperante pacatezza. “Si, hai dipinto uno dei possibili scenari.”
Harry non ci vide più. “Uno dei possibili scenari?!
E quali sarebbero gli altri? Voldemort finisce il suo piano e io divento un
mostro senza vita? Come fa ad essere così calmo? Mi sta dicendo che non c’è più
nulla da fare!” urlò.
Stranamente né Hermione né la McGranitt lo rimproverarono
per la mancanza di rispetto mostrata. Silente di rimando rimase imperturbato.
“Non ho mai detto che non ci sia più nulla da fare, ho solo raccontato i fatti.
Ho piena fiducia in te Harry: non disperare quando tutto è ancora da decidere.”
Harry scosse la testa, non avendo la forza di
ribattere al suo vecchio professore.
La professoressa McGranitt prese parola: “Albus, ci
deve essere qualcosa che possiamo fare, sicuramente puoi trovare un modo – ”,
ma si interruppe vedendo l’uomo scuotere il capo.
“Minerva, Minerva, troppo spesso durante la mia
vita le persone si sono dimenticate che anche io, come tutti gli altri, ero un
essere umano. Adesso, ad un anno dalla mia morte è bene che vi ricordiate che
non solo altro che un ritratto.” Disse con un sorriso triste.
Harry si sentiva improvvisamente esausto e dovette
appoggiarsi al tavolo mentre si passava stancamente una mano sul viso. Hermione
sembrò accorgersene e si morse il labbro ma restò zitta, non volendo peggiorare
la situazione facendogli da mamma. Non dovette preoccuparsi però, perché la
McGranitt scelse proprio quel momento per guardare l’orologio e constatare
l’ora tarda.
“Ragazzi, è stata sicuramente una serata spossante,
con tutto quello che è successo…” si fermò un attimo indecisa su cosa dire, poi
si rivolse ad Harry “sono convinta che una soluzione ci sia, so che la
situazione non sembra delle più rosee al momento e qualunque cosa possa dirti
difficilmente ti sarebbe di conforto, ma Silente ha ragione: non disperiamo
quando è ancora tutto da decidere. Ora, anche se dubito ci riuscirai, pensa
solo a dormire che domani ci aspetta una lunga giornata.”
Hermione, vedendo che l’amico non si era mosso, gli
si avvicinò e fu grata quando posandogli una mano intorno al braccio, quello
non si ritirò al tocco. “Harry andiamo, sembri morto in piedi, domani mattina
saremo di nuovo qui, non sarà cambiato nulla, tanto vale cercare di riposarsi
un po’, sicuramente ne hai bisogno. Ne abbiamo tutti bisogno.”
Il moro lasciò cadere le spalle in avanti sconfitto,
ma annuì rassegnato prima di lasciarsi condurre fuori dall’ufficio dall’amica,
sicuro che nonostante la stanchezza non sarebbe riuscito a chiudere occhio.
Una volta che la porta dell’ufficio si fu richiusa
alle spalle dei due ragazzi, la Preside si abbandonò nuovamente s’una sedia.
“Minerva, anche tu hai bisogno di un buon numero di
ore di sonno, rimanere a rimuginare con la mente poco lucida non ha mai portato
a grandi risultati.”
La McGranitt annuì. “Certo, hai ragione Albus, è
solo che… mio Dio, ancora stento a crederci, è così incredibile!” disse
scuotendo la testa, fermandosi però con aria pensosa. “Sai Albus, c’è anche
qualcos’altro…”
“Si?” chiese il ritratto.
“Non lo so, ma avrei pensato di trovarmi più
disperata in una situazione del genere, invece è come se sapessi che in fondo
c’è davvero una soluzione. Sento di avere la risposta sulla punta della
lingua…”
Silente sorrise bonario. “Sono sicuro che tu ce
l’abbia Minerva, sono sicuro che tu ce l’abbia.”
Ma allo sguardo interrogativo della professoressa, il vecchio preside non diede alcuna risposta.