Non è raro trovare qualcuno che associ lo scorrere del tempo alle stagioni: è una filosofia vera e propria, mista a poesia.
La primavera, la vita.
L'estate, l'adolescenza.
L'autunno, la vecchiaia.
L'inverno, la morte.
Devo ammetterlo: anche io la pensavo in questo modo tempo fa, proprio quando l'estate di quell'anno era alle porte; eppure, se davvero le stagioni rappresentano lo scorrere del tempo, ciò che successe allora non ci fece pensare ad altro che all'inverno.
"E' una situazione di stallo."
Aldebaran continuò a
camminare avanti ed indietro, fissando lo sguardo pensieroso a terra; alle sue
spalle, Mur di Aries era impassibile come sempre, tenendo le braccia incrociate
al petto e la schiena poggiata contro una colonna.
Marzo era passato in fretta e gli attacchi contro il Grande Tempio erano
diventati sempre più frequenti; persino Aphrodite, durante uno scontro, aveva
rischiato di rimetterci le penne.
"Beh..." mormorò
Elise, mentre si dilettava con la sua nuova sedia a rotelle poco più in là. "Non
si può dire che vi siate annoiati questo mese..."
Aldebaran si voltò a fissarla. "Sono morti altri Apprendisti, Elise, ormai siamo
decimati. Non mi sembra il caso di fare dello spirito!"
Lei non disse altro, semplicemente puntò i suoi occhi vuoti sul Saint di Tauros. "A cosa serve allenarsi e diventare sempre più forti quando si è destinati a morire? A niente!" e si mise a ridere, una risata bassa e da pazza, tanto che gli Apprendisti che la conoscevano avevano iniziato a temerla più di DeathMask.
"Calmati, Aldebaran."
Mormorò Dauko, nascosto all'ombra della Prima Casa. "Infuriarti non servirà a
nulla."
"E comunque non stiamo parlando di quella ragazza..."
"Quella ragazza ha un nome, se non ti spiace!" soffiò Elise, benché
Dauko non l'ascoltasse: non gli piaceva molto avere a che fare con lei.
"...piuttosto, abbiamo bisogno di prendere una decisione; è per questo che
Mur ci ha
convocati qui."
Aldebaran si lasciò
cadere stancamente su una poltrona, che scricchiolò rumorosamente sotto il suo
peso. "Vorrei sapere che diavolo c'entro io, dato che pensare non è mia
abitudine."
Mur sorrise appena. "Lo sappiamo, amico mio, lo sappiamo. Ma abbiamo bisogno
anche del tuo aiuto, questa volta."
Elise sbuffò,
voltandosi verso la finestra che dava sul campo di allenamento; più gli attacchi
aumentavano e più gli allenamenti diventavano pressanti, sebbene gli Apprendisti
ormai rimasti erano poco più di una decina.
Fermò la sedia a rotelle solo quando riuscì ad accostarsi perfettamente alla
finestra, riuscendo persino a poggiare i gomiti sul davanzale -peraltro basso-
per poter ammirare il campo di battaglia e la lotta che lì stava avendo luogo.
"Dardi dell'Aurora!"
Dick si spostò
velocemente con un notevole balzo all'indietro ed atterrò in ginocchio, posando
il pugno per terra per avere un maggior equilibrio; subito dopo, alcuni dardi
ghiacciati ed estremamente appuntiti si piantarono nel terreno dove si trovava
prima, emettendo un sibilo acuto.
Dall'altro lato del campo, con il braccio teso in aria anche dopo l'attacco
effettuato, Cris sorrise fiera notando quanto l'avversario stesse sudando; gli
allenamenti con Kanon e le tre Sacerdotesse del Tempio stavano dando i loro
frutti e presto o tardi la ragazzina avrebbe potuto prendersi il titolo di
maestra.
Dick, al contrario, era forse l'Apprendista più anziano: era sicuramente molto
abile, ma nessuna armatura ancora pareva essere destinata a lui, quindi doveva
aspettare un altro po'.
"Ti arrendi?" chiese
lei, abbassando infine il braccio e guardandolo negli occhi; lo svizzero non
ricambiò l'accennato sorriso che gli aveva rivolto, limitandosi a rialzarsi con
uno sguardo di sfida.
"Mai." sbottò, iniziando a correre verso Linx e caricando il braccio per un
nuovo attacco; lei non si mosse, si limitò ad osservare i suoi movimenti.
La prima cosa da fare è analizzare le mosse degli avversari le ricordò una strana vocina nella sua testa, così simile a quella di Milo di Scorpio; Cris seguì il consiglio, ma le ci volle un po' di tempo prima di capire le intenzioni di Dick.
Inavvertitamente, portò entrambe le mani dinanzi a sè e si concentrò, iniziando ad espandere il proprio Cosmo; sentì l'energia percorrerle entrambe le braccia e, quando scagliò l'attacco, dalle sue mani partirono due raggi ghiacciati che avvolsero il corpo dello svizzero, ibernandolo e lasciandogli libera solo la testa.
"Sei proprio sicuro di voler continuare?" chiese, trattenendo a stento il proprio orgoglio, mentre si passava una mano sulla fronte imperlata di sudore; era sfinita, ma oramai aveva vinto e si diresse vittoriosa verso Dick.
O almeno, verso quello che aveva le sembianze di Dick.
Un Plop e lo svizzero si dissolse nel nulla.
"Plop??" ripeté lei, stravolta, convinta di aver sentito male; spalancò gli occhi quando si accorse che l'avversario contro cui aveva combattuto e che le aveva fatto sprecare un sacco di energie non era altro che una copia, un'illusione, anche se era fatta maledettamente bene.
"Mer-" iniziò ad imprecare Linx, ma s'interruppe e riuscì a scansarsi appena in tempo prima che un pugno dal basso la colpisse alla mascella. Dick le ricomparve davanti, ansimando per la fatica, mentre con un balzo si allontanò nuovamente: era troppo stanco per colpire un'altra volta.
"Basta così! L'incontro è pari."
June si fece avanti,
mettendosi in mezzo ai due e dividendoli per decretare così la fine
dell'incontro; la sua pelle diafana mostrava un gran numero di cicatrici e
ferite non ancora rimarginate a causa dei combattimenti ai quali aveva dovuto
prendere parte per proteggere il Grande Tempio, ma nonostante tutto era ancora
la ragazza di sempre.
Dick annuì, lasciandosi cadere sfinito a terra e ben contento, ma Cris si voltò
verso di lei, spalancando la bocca ed agitando le braccia come una forsennata.
"Non può finire pari!
Dammi qualche minuto e giuro che riesco a spezzargli le ossa!"
"Ehi!"
"... almeno la colonna vertebrale?" si corresse, notando lo sguardo di
rimprovero che le stava rivolgendo June.
"Silenzio!" intimò la bionda, richiamando l'attenzione degli allievi. "Ho un
annuncio da fare."
Cris si zittì, sconsolata, raggiungendo la Sacerdotessa del Camaleonte; a poco a poco, tutti i ragazzi presenti nel campo si erano riuniti con discrezione dinanzi alla Maestra, attendendo in silenzio.
Lei parve soddisfatta.
"Domani, all'alba, partiremo tutti verso le montagne per concludere le fasi di
allenamento e poter così iniziare con le promozioni."
I ragazzi si scambiarono un'occhiata veloce ma così carica d'angoscia che alla
Sacerdotessa fecero persino pena; prepararsi ad una guerra imminente quando i
componenti del proprio esercito non superavano la quarantina non era una bella
prospettiva, peggio ancora se si pensava che il nemico aveva dalla sua parte
ben due Divinità.
"Maestra..."
intervenne una delle cinque apprendiste rimaste -incluse Ashanti e Cris-"Che
senso ha continuare una guerra pur essendo così pochi?"
La bionda la guardò negli occhi, tentando di trovare le parole adatte; voleva
confessarle quanto persino lei trovasse assurda quella situazione, voleva
intimare loro di abbandonare tutto, di evitare di combattere una guerra così
cruenta e senza via di uscita, ma, come aprì la bocca per parlare, la voce di
Shaka la precedette.
"Hai ragione, apprendista." disse, uscendo dall'ombra che dapprima aveva celato la sua presenza e volgendo il viso verso la ragazza che aveva parlato. "Le tue parole sono veritiere."
Cris storse appena il naso.
Ma parla come mangi!
"Sei tu che sei troppo
volgare, Linx..." le rispose a tono il Cavaliere della Vergine, facendola
arrossire, ma nessuno ci fece caso: erano tutti intenti a rivolgersi sguardi
confusi e perplessi.
Virgo, ovviamente, non tardò ad accorgersene. "Perché quelle espressioni sui
vostri volti? Preferireste che vi dica che finché c'è anche una vaga speranza
vale la pena di lottare fino all'ultimo? Che quello che voi chiamate il bene
vince sempre? Sarebbero solo menzogne."
June si volse a guardarlo, sorpresa da quelle parole e forse incredula quando Shaka, all'improvviso, aprì gli occhi; gli apprendisti vennero sopraffatti da un'energia spaventosa, talmente potente da impedire loro di respirare, ma fu solo un momento, come un'onda gigantesca che si abbatte sugli scogli per poi svanire nel nulla.
"In battaglia vi ritroverete davanti a nemici con un'energia superiore a questa." riprese lui, volgendo le iridi celesti verso i visi degli apprendisti. "Verrete feriti gravemente, forse perderete l'uso di alcuni arti, sarete costretti a confrontarvi contro un altro Cavaliere fino alla morte. Questa è la realtà, la vita vera, non un romanzo; perciò, chi non se la sente di affrontare tutto questo, si faccia avanti e torni a casa. Non cercate la fama di eroi, i vostri cari di sicuro preferiscono riavere indietro voi piuttosto che un titolo onorifico del genere."
E di nuovo silenzio,
quel silenzio che soleva accompagnare la maggior parte dei Cavalieri dorati;
all'inizio nessuno si mosse e June iniziò a credere che volessero tutti
combattere.
Poi, tremante, una mano venne alzata tra quella piccola folla ed un bambino di
appena otto anni si fece avanti, tenendo lo sguardo fisso per terra come per
paura di una reazione del Gold; quest'ultimo, da parte sua, si inginocchiò
vicino a lui e gli posò una mano sulla testa con fare delicato.
"Ci vuole più coraggio
ad ammettere le proprie paure che a nasconderle; anche questo fa parte
dell'essere Cavaliere." gli mormorò Shaka e benché dal suo viso non trapelasse
alcuna emozione, il bambino intuì quanto affetto celassero quelle parole.
Seguì un'altra mano alzata, e un'altra, e un'altra ancora.
Dieci... Quattordici... Quindici.
June si lasciò
scappare un sospiro solo quando quei ragazzi se ne andarono; Rivolse uno sguardo
affranto ai pochi rimasti e nemmeno il sorriso appena abbozzato sulle sue labbra
risultò confortante, tanto che Cris scosse appena la testa.
"Potete andare." disse e l'unica cosa a cui riuscì a pensare era che, se prima
non superavano la quarantina, ora raggiungevano a stento la trentina
Shaka si era già alzato e non staccò gli occhi dagli apprendisti che se ne stavano andando dal Grande Tempio finché la voce della bionda non lo riscosse.
"Non so come dirtelo,
ma ti sono grata per quelle parole." gli confidò, ostentando un sorriso talmente
falso che persino lei ne rimase disgustata.
Virgo non disse nulla, ma June sobbalzò quando sentì le dita di lui intrecciarsi
con le sue, in una morsa fredda e controllata. Rabbrividì a quel contatto che di
romantico o di affettuoso non aveva proprio nulla.
"Quelle parole erano soprattutto per te."
E lei non ebbe nemmeno il tempo di poter rimanere ferita da quel tono quasi crudele che il Cavaliere scomparve nel nulla, proprio come era apparso.
"Milady, siete proprio
sicura di quel che fate?"
Shura si azzardò ad alzare la testa per osservare Lady Saori, poiché a forza di
tenere il capo chinato quando si inginocchiava, il suo povero collo aveva
iniziato ad emettere scricchiolii inquietanti.
La ragazza sorrise
appena. "Tendi a dimenticarti un po' troppo spesso che sono una Dea e che posso
cavarmela da sola."
"Non è che me ne dimentico, è che troppo spesso avete dimostrato il
contrario." fu il pensiero del Gold, ben attento a tenersi quelle parole per
sé.
"Insolente!" urlò allora Tatsumi, il maggiordomo, puntandogli addosso la katana.
"Come osi mettere in dubbio l'operato della signorina?"
In risposta, il Cavaliere allontanò da sé la katana con una mano; l'arma, che il maggiordomo teneva ben salda tra le sue mani, venne tagliata inspiegabilmente in tanti piccoli pezzettini.
"Toh! Un vecchietto
che tenta di intimorire un Gold con una spada di cartapesta!" lo sbeffeggiò il
Cavaliere, osservando Tatsumi buttarsi per terra per raccogliere ciò che restava
della sua arma.
Alle sue spalle, Aphrodite alzò gli occhi al cielo, scotendo la testa. "Ti
diverte così tanto usare Excalibur contro chi non sa difendersi?"
"Parla quello che ha usato il suo posteriore..." ed indicò il maggiordomo. "...
come bersaglio per le tue freccette!"
"Sono rose, Shura, rose."
"Come quelle che gli altri Gold porteranno sulle vostre tombe se non la piantate
subito!" strillò tutto ad un tratto Saori, zittendo quell'irritante battibecco.
Nessuno di loro osò fiatare, anche perché era raro che la Dea Athena perdesse la calma.
E, cosa ancora più inquietante, che si mettesse a sparare freddure.
Un respiro profondo,
poi la ragazza riprese a parlare. "Per rispondere alla tua domanda iniziale...
Sì, Shura, sono sicura di quel che faccio. Domani, tutti gli apprendisti
partiranno per le montagne con la scusa di un allenamento; lì, almeno spero,
dovrebbero essere fuori pericolo."
"Questo lo capisco, milady..." tentò di spiegare Capricorn. "Il problema è...
come facciamo a sapere che, con tutto il rispetto, l'obiettivo siate Voi?"
"Infatti non sono io."
Saori si massaggiò le
tempie, con fare stanco. "Per tutto questo tempo non hanno fatto altro che
attaccare principalmente Ashanti e gli Apprendisti. Certo, io sono un
obbiettivo, ma uno dei tanti e di sicuro non il principale. E dato che gli altri
Gold li invierò a vigilare sugli Apprendisti, vorrei che voi due rimaneste qui
assieme a Virgo e a Dauko, in modo da poter avvisare i vostri compagni se i nemici
attaccassero."
Entrambi si inginocchiarono, in segno di assoluta fedeltà; Shura, però, non era
ancora convinto.
"Ma se loro puntano a Lady Ashanti, che senso ha tutto questo?"
Fu Aphrodite a rispondere. "Uno dei migliori tra gli Apprendisti rimasti ha la
capacità di creare illusioni; è lui che ha soccorso Nasser e Linx mesi fa da un
attacco simile da parte del Cavaliere della Terra."
"Esattamente. Al Grande Tempio rimarrà assieme a me una copia di Ashanti che
difficilmente potrà essere riconosciuta come illusione: sembrerà un essere umano
in tutto e per tutto, potrà afferrare oggetti, parlare, mangiare e dormire."
Shura sembrò colpito.
"Ma ci vorrà un sacco di energia per fare una cosa simile!"
"Sì, è una cosa lunga, il ragazzo ci ha impiegato un mese per crearla poiché io
non ho potuto prestargli parte della mia energia."
"Un'ultima cosa, Milady..." intervenne Aphrodite, voltandosi verso di lei per
guardarla dritta in volto. "Durante gli attacchi nemici, Nasser ha degli enormi
sbalzi di energia che si manifesta sottoforma di luce verdastra. Per quanto
possa essere ben fatta, nessuna copia illusoria potrebbe mai comportarsi così.
Avete pensato anche a questo?"
Saori sostenne lo
sguardo del Gold, benché le sue mani candide avessero preso a torturare un
fazzoletto di lino. "In verità, questa è la seconda ragione per cui voglio
allontanare Ashanti da qui, assieme ai rimanenti Gold: voglio capire se quella
reazione è difensiva oppure è un segnale loro possano individuare il posto in
cui si trova."
"E se fosse davvero così?"
Lo sguardo di Athena si fece grave. "In tal caso, temo non ci resti altro da fare che giustiziarla."
L'alba, quella
mattina, non era certo delle più fresche; a causa dell'afa o forse a causa
dell'agitazione, nessuno quella notte aveva dormito granché e ritrovarsi così
presto ragazzi con le occhiaie marcate e simili alle proprie non era esattamente
il massimo.
Marin era intenta a sgranchirsi le braccia, mentre attendeva che arrivassero
tutti; lei sarebbe rimasta volentieri al Grande Tempio per proteggere Athena in
caso di attacco, ma la dea non era d'accordo e quasi l'aveva supplicata di
andare.
Nonostante continui a pensare che questo sia un piano assurdo.
"Tutto bene, Cris?"
La ragazzina si voltò stancamente verso la sorella, sollevando il pollice in
aria allo stesso modo con cui si solleva un oggetto molto pesante.
"Il mio scrigno non pesa granché, ma spero sinceramente di trovare qualcosa
di commestibile una volta arrivati..."
Aveva la voce roca,
probabilmente a causa del troppo caldo, e i suoi vestiti appena cambiati erano
già zuppi di sudore.
Marin stava per aprire bocca, quando la voce tonante di Ashanti la interruppe.
"Cos'è, ti sei
stancata di dare la caccia ai topolini, gatta spelacchiata?"
"Tornatene a beccare le briciole di pane, gallina spennata!"
Eagle si batté una mano sulla fronte mentre le due ragazze venivano nuovamente
alle mani.
Quanto si vogliono bene...
"BASTA!" sbottò la dolce voce di Shaina, la quale si mise in mezzo alle due e sferrò ad entrambe un cazzotto in testa; le vittime non si azzardarono a gemere di dolore, limitandosi a darsela a gambe levate.
"Siamo di buon umore
oggi, uhn?"
"Camus, lasciami in pace, cavoli!"
Lui assunse un'espressione sorpresa. "Hai detto cavoli?"
"Ma vaff..."
Era quasi divertente
vederli litigare e Marin si sarebbe volentieri fermata ad ascoltarli se non
avesse dovuto contare i presenti; i Gold, a parte Camus, stavano tutti in un
angolino e mostravano il tipico broncio di un bambino costretto a fare qualcosa
malvolentieri, ma c'erano tutti.
Gli apprendisti, assonnati e depressi, si erano abbandonati per terra senza
curarsi di sporcarsi le tute ed attendevano in silenzio, eccezion fatta per Cris
e Ashanti che continuavano a litigare; quindi, in teoria, aggiungendo lei e
Shaina, c'erano tutti.
Un momento...
Marin volse lo sguardo
attorno, confusa.
"Dov'è June?"
Non poteva sapere che
lei era ancora davanti alla Sesta Casa, ostentando uno sguardo stranamente serio
e sicuro.
"June..." fece Shaka, comparendo dinanzi a lei. "Non dovresti partire?"
Non che lei si aspettasse un caloroso ciao da parte del Cavaliere, ma rimase comunque sorpresa da quella indifferenza.
"Ho ripensato alle tue parole a lungo..." disse solo, sforzandosi di non abbassare lo sguardo. Virgo annuì, forse soddisfatto.
"Bene, sono lieto che
tu abbia preso questa decis-"
"Io non scapperò."
Shaka si zittì subito, rimanendo interdetto: che diavolo passava per la testa di quella ragazza?
"Io non sono una
ragazzina debole divenuta Sacerdotessa per avere fama e gloria." sbottò June,
premurandosi di alzare appena la voce. "L'ho fatto perché credo nelle mie
capacità, perché voglio dimostrare che non sono inferiore a nessuno di voi."
"Già il fatto di voler dimostrare qualcosa, June, forse vuol dire che non hai
tutta questa fiducia in te stessa."
"Risparmiati la predica, Virgo."
Lui rimase interdetto di nuovo, sia per la sfacciataggine di Chamaelon che per l'appellativo che aveva usato; la bionda respirò a fondo, prima di parlare di nuovo.
"Ho deciso di
affrontare le mie paure, Cavaliere."
Lui aggrottò appena le sopracciglia. "E quando avresti intenzione di farlo,
Sacerdotessa?"
"Ora."
Ci mise un po' a capire il significato di quelle parole e tra loro ricadde il solito silenzio; poi, come un'illuminazione improvvisa, il Gold comprese e si concesse un mezzo sorriso.
"Allora..." iniziò,
aprendo gli occhi con calma. "... tu avresti paura di me?"
"Sì."
La bionda alzò il braccio, puntandogli l'indice contro, ma erano talmente vicini che il suo dito si posò sul petto di lui. "All'inizio parlavamo tranquillamente, sembrava quasi che fossimo riusciti a diventare... confidenti." stava per dire amici, ma si trattenne appena in tempo. "Poi, da quando siamo stati attaccati, hai iniziato a dirmi che dovrei ritirarmi, che forse non è il mio diventare una Saint. Sei freddo, distaccato, e ti stai allontanando."
Lui non la interruppe,
guardandola dritta negli occhi blu; non sembrava minimamente scosso da quelle
parole e non faceva nulla per difendersi.
June abbassò il braccio, serrando i pugni segretamente. "Chi sei davvero, tu? Di
quale volto, tra tutti quelli che mi hai mostrato, dovrei fidarmi?"
L'aveva detto: tutto
quello che si era tenuta dentro da mesi era uscito fuori in un baleno; eppure,
qualcosa non andava, sentiva dentro di sé di aver dimenticato qualcosa.
Quella era solo una mezza verità.
"June..." sussurrò Shaka all'improvviso, interrompendo il flusso dei suoi pensieri; le si avvicinò ancora di più, tanto che poteva sentire il fiato della ragazza. "Io sono un Gold, tu sei una Sacerdotessa; siamo entrambi due Saint al servizio della dea Athena e io non ti considero affatto inferiore a chicchessia. Però, nonostante questo, io non posso darti quello che cerchi: i sentimenti sono solo un ostacolo per me ed il massimo che posso fare per te è rispettare la tua decisione di restare."
Lei si sentì
improvvisamente agitata e si allontanò quasi con timore dal Gold. "Guarda che
hai frainteso! N-non intendevo quello che hai..."
"Eagle ti sta cercando. Non abbiamo più nulla da dirci."
La lasciò così, senza aggiungere altro, e a lei non restò altro che arrendersi ed avviarsi verso il campo per la partenza, senza rendersi davvero conto che ciò che aveva intuito Shaka corrispondeva all'altra metà di quella verità che lei tentava di sopprimere.
ab
Erano arrivati al
campo giusto verso le sei di pomeriggio e gli apprendisti erano intenti a
baciare il terreno polveroso sotto lo sguardo perplesso di Aldebaran.
"Quante storie, è stata praticamente una passeggiata!"
"Non credo che scalare la parete della montagna per arrivare prima si possa
considerare una passeggiata." fece Elise, tranquilla e riposata dato che Tauros
l'aveva portata sulle spalle.
Lui scosse la testa e si mise a ridere sguaiatamente, ignorando i goccioloni
sulle teste dei presenti.
I Gold scossero la testa, finendo di tirare su le ultime tende: Lady Saori si
era preoccupata di far sì che quell'allenamento risultasse quasi un campeggio ed
il loro scopo era di far distrarre il più possibile gli apprendisti.
Il campo era perfetto, erboso e non molto lontano da una cascata, da cui si poteva attingere l'acqua fresca; le tende erano grandi tanto quanto una stanza e ci si poteva stare tranquillamente in sei o sette, ma ricordavano le tende usate dai soldati in guerra e questo, se possibile, demoralizzò ancora di più i ragazzi.
Non appena scese la
sera, Aioria si premurò di accendere un fuocherello, ma l'accendino non
funzionava e fu costretto a usare due pietre focaie.
Una piccola scintilla brillò per un attimo, sotto gli sguardi speranzosi di
tutti, per poi spegnersi inesorabilmente.
"Inizio a sentire la nostalgia dei fornelletti a gas..." fu il commento di Cris, che si teneva lo stomaco per la fame.
Aioria si stava arrabbiando e lanciò le pietre lontano, evitando per poco la testa di Milo; poi, afferrando un bastoncino, iniziò a sfregarlo energicamente, tanto che per poco non lo consumava lateralmente.
Dopo innumerevoli tentativi, finalmente il fuoco fu acceso e Leo si lasciò cadere per terra, stanco morto ma con un sorriso vittorioso.
Un tuono soltanto e in pochi istanti un violento temporale li travolse, spegnendo allegramente la fiammella.
"..."
"..."
"Aioria, se continui così ti farai male!" esclamò Marin non appena vide il
ragazzo sbattere la testa contro un albero.
Come primo giorno, dunque, fu uno schifo totale.
Il secondo fu una tragedia a colazione: i ragazzi, costretti la sera prima a saltare la cena, decisero di restare a digiuno quando si videro passare sotto il naso una scatola di fagioli per uno.
"Ho come l'impressione
che come animatori facciamo proprio pena..." mormorò Kanon, osservando con
attenzione i volti stravolti degli apprendisti.
Mur sospirò, poi si alzò e batté le mani per richiamare l'attenzione. "Ora vi
divideremo in gruppi per poter così iniziare l'allenamento. Vi prego quindi di
posizionarvi vicino ai vostri maestri non appena sarete chiamati."
Il primo maestro fu
Aioria, a cui vennero affidati ben quattro allievi; seguirono Aldebaran e Marin,
Milo, Kanon ed infine Camus e Shaina.
Questi ultimi, per qualche strano motivo, si lanciarono un'occhiata assassina e
la sola a non accorgersene fu Cris, troppo occupata a saltellare come un
coniglio per la gioia: era finita in squadra con Milo!
Purtroppo per lei, però, Scorpio non era del suo stesso umore.
"Chiedo di poter cambiare la Saint Cris di Linx con l'apprendista Irzule." disse, con voce tonante, rivolgendosi a Mur; il Gran Sacerdote rimase interdetto, ma la richiesta del Gold doveva, per legge, essere accettata.
Cris si era immobilizzata a quelle parole e spostava lo sguardo da Milo a Mur; una pacca di Shaina parve risvegliarla dal suo sonno apparente, ma la sua espressione triste non mutò nemmeno quando si ritrovò in mezzo ai suoi tre compagni.
Perché?
Camus non si curò di quel comportamento, nonostante ancora non capisse le ragioni di quello che considerava il suo migliore amico; fece un cenno d'intesa con Shaina, poi incrociò le braccia al petto.
"Bene. Possiamo cominciare."