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Autore: alaisse_amehana    02/12/2012    2 recensioni
C’è qualcosa di strano in me.
L’ho sempre saputo. Non è una cosa di cui si possa parlare. Non che debba vergognarmene, almeno non credo. E’ solo che non posso spiegarlo. Non più di quanto posso spiegare cosa c’è nella mia testa. Per quanto mi sforzi, le parole sono insufficienti.
L’ho sempre saputo.
Quando la gente parla non capisce mai davvero cosa vuole dire l’altro.
Con le parole si possono creare così tante realtà alternative, ma queste realtà non potranno mai superare quelle presenti dentro ciascuno di noi. Io lo capisco bene.
Mi chiedo se sono l’unica.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ecco qui un nuovo capitolo!^^
Ok, è di nuovo spezzato a metà perchè era un po' lungo, ma prometto di postare il prossimo prima di Natale, così non vi lascerò in attesa per tutte le feste, ok? ^^ E parlando di feste... per Natale abbiamo organizzato una piccola sorpresa sul blog che tengo con delle amiche. Se avete voglia di ricevere un bel libro in regalo, date un'occhiata!
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Non avevo considerato che avere un secchione come vicino di banco può avere molti risvolti positivi. A cominciare dal ricevere continui suggerimenti mentre la prof mi fa correggere la versione di compito a casa, che non avevo fatto. Ma dato che nelle ultime ore hanno tentato di uccidermi e ho scoperto cose piuttosto inquietanti sul mio futuro prossimo, mi sento giustificata.
< Puoi ripetermi come hai tradotto l’ultima frase?> chiede la prof, la stessa di latino. Sempre lei. Abbiamo il piacere di averla per nove ore la settimana. Una media di quasi due ore al giorno oppure, come oggi, addirittura tre.
Non ho tradotto nulla, ero troppo impegnata a non farmi esplodere la testa mentre mi raccontavano cose senza senso in un camper allargato. Ma non posso rispondere così. Gost ha già scritto la frase nella sua calligrafia ordinata sul quaderno. La leggo ad alta voce. Non ha senso nemmeno in italiano.
< Bene, giusto> dice la prof.
< Si vede che Alice ha capito la traduzione>.
A dire il vero … beh, non c’è bisogno che sappia la verità.
Per fortuna subito dopo passa a torchiare qualcun altro.
< Grazie> bisbiglio a Gost.
< Figurati> risponde lui.
< Greco mi è sempre piaciuto>.
< Temo che su questo non andremo mai d’accordo> borbotto, cercando di sparire all’interno del banco per non essere vista dall’insegnante.
< Perché no?> chiede lui, gli occhi spalancati, innocentemente curioso.
< Pensi che mi possa piacere il greco?> chiedo scettica.
< Non vedo perché non potrebbe>.
Lancio un’occhiata alla prof che continua a correggere la versione con i pochi che l’ascoltano.
< Perché è noioso? Perché è difficile? Perché sono qui solo a causa dei miei che non potevano sopportare l’onta di una figlia in un istituto tecnico?> chiedo sarcastica.
< Non può essere così difficile per te> dice inclinando la testa di lato, come davanti a uno strano puzzle che non riesce a risolvere.
< Ah, no?>.
< Avere le stigma si accompagna anche a una certa dose di intelligenza, e di attitudine per le lingue> mi spiega.
Schiocco la lingua, scettica.
< Si vede che io sono l’eccezione>.
Gost scuote la testa.
< Poter viaggiare negli universum richiede molta forza di volontà e capacità di adattamento. Le tue stigma indicano che hai queste doti. Senza eccezioni> dice serio.
< Se lo dici tu> borbotto fingendo di interessarmi alla lezione per evitare il discorso.
Quindi avrei un’attitudine per le lingue. Si vede che non ha mai visto i miei voti di latino e greco.
Durante il resto delle lezioni cerco di tenere gli occhi bassi per non vedere le immagini intorno ai miei compagni. Le luci intermittenti che li avvolgono si stanno facendo sempre più intense e sento il mal di testa premere sulla nuca, come in attesa di un attimo di distrazione per afferrarmi.
Quando suona l’ultima campanella non posso crederci. Ho passato le ultime ore senza neanche ascoltare, muovendo la penna a caso sui fogli bianchi fingendo di prendere appunti. Non sono nemmeno sicura di che materia abbiamo fatto.
Aspetto che siano usciti tutti e Gost mi aspetta, fingendo di dover riordinare lo zaino, dove in realtà non ha altro che un quaderno e un portapenne. Un paio di nostre compagne fa per fermarsi ad aspettarlo, ma lui le saluta con la mano e loro se ne vanno, deluse.
< Potevi anche parlarci un po’> dico alzandomi in piedi.
La classe sembra all’improvviso enorme e buia senza nessuno a riempirla di luci multicolore.
< Perché avrei dovuto?> chiede, onestamente perplesso.
E’ il mio turno di guardarlo come uno strano puzzle che non so come rimontare.
< Per fare conoscenza … perché sei un ragazzo in una classe di femmine in astinenza!> dico prima di rendermene conto. Subito dopo mi do uno schiaffo sulla fronte, senza incrociare il suo sguardo.
Dopo alcuni secondi mi faccio forza e lo guardo. Ha sempre un’espressione perplessa e sembra in attesa che dica qualcos’altro.
< Mmmm …> mugugno.
< Andiamo?> chiede lui, graziandomi dal cercare qualcosa di sensato da dire.
Annuisco ed esco dalla classe a passo di marcia. Gost deve rincorrermi per non perdermi tra la massa di studenti in uscita. Mi prende per un braccio, restando al mio fianco come una guardia del corpo. Gli mancano un paio di occhiali scuri e un auricolare. Cerco di immaginarmelo in tenuta da Man in Black, ma è una pessima idea. L’immagine che ottengo rischia di farmi scoppiare e ridere e devo mordermi le labbra per trattenermi.
Gost tiene in una mano l’aperio, fissando lo schermo con attenzione. Mi viene in mente che non ho ancora sentito Eleonora. Non le ho nemmeno mandato un messaggio per sapere perché non è venuta a scuola. Prendo il cellulare per rimediare, lasciando che sia Gost a guidarmi tra gli altri studenti che scendono le scale. Riesce a non farmi sbattere contro la ringhiera e a evitare gli spintoni dei più impazienti. Meglio di quello che avrei fatto da sola, con tutti i sensi vigili e i riflessi pronti.
Le mie performance disastrose in campo ginnico non sono limitate alla palestra.

Tutto bene? Xchè oggi nn sei venuta?

Invio il messaggio e rimetto il cellulare in tasca, accorgendomi di essere quasi fuori. Gost è riuscito a farmi superare indenne l’ingresso. Manca solo più l’ostacolo del cancello e saremo liberi. Riusciamo a sgusciare tra un gruppetto di ragazzine sghignazzanti e due emo con i capelli tinti di nero e il piercing al naso. Gost non ha smesso di lanciare sguardi all’aperio, senza apparentemente usarlo.
Morgana e Blu ci aspettano all’angolo, dove la folla si dirada e si può ricominciare a respirare.
< Pronta per il tuo primo allenamento?> chiede Blu con un sogghigno che non mi piace per niente.
Lo farà apposta a essere così sinistro?
< Cosa racconto ai miei?> chiedo seguendoli verso il camper.
Gost ha messo via l’aperio, ma si guardano tutti intorno in cerca di qualcosa.
< Gabriele ha preparato un modulo da far firmare ai tuoi genitori> dice Morgana.
Si è legata i lucidi capelli castani in una mezza coda, mettendo in risalto il viso pallido. Mi sembra molto adulta e matura, mentre io mi sento una ragazzina alla sua prima uscita di nascosto. Il che, in effetti, è la realtà.
< Che modulo?>.
< Per un gruppo di studio di preparazione agli esami. Ti impegnerà tutti i pomeriggi fino alla fine della scuola>.
Considerato che siamo a fine novembre, direi che è un bel po’ di tempo.
< Non ci cascheranno mai. Il mio impegno nella scuola si limita allo stretto necessario per sopravvivere, non crederanno che abbia deciso di iscrivermi a un corso di recupero>.
< Oh, ma saranno loro a farti iscrivere> risponde Morgana.
Credo che sulla mia fronte sia comparso un enorme punto interrogativo, ma gli altri tre lo ignorano lasciando che mi crogioli nelle mie domande senza risposta.
Arriviamo al camper e Blu entra per primo mentre gli altri si fanno da parte per farmi passare, restando in retroguardia. Come se stessero facendo da scorta a una star del cinema che ha appena ricevuto lettere deliranti da un maniaco.
Quando sento un rumore improvviso alle spalle mi volto di scatto, aspettandomi di vedere un uomo con un passamontagna e un impermeabile pronto ad aggredirmi, invece è solo Gost che ha chiuso la porta del camper.
< Nervosa?> mi chiede Blu facendomi l’occhiolino.
Il mio ringhio di risposta lo fa scoppiare a ridere, mentre Morgana mi lancia uno sguardo di comprensione.
Gli altri ci stanno aspettando in salotto, seduti tranquilli sul divano. Diego è seduto per terra e sta lavorando a qualcosa di elettronico sul tavolino. Non riesco a capire di che si tratti, troppi fili e parti metalliche di cui non riesco a indovinare la provenienza.
Il sorriso di benvenuto di Marianna è sufficiente per tranquillizzarmi.
Diego solleva per un istante gli occhi dal suo lavoro e sento il cuore martellarmi in petto. Il verde delle iridi risplende anche nella luce artificiale della stanza. Un soffio d’aria gelata mi accarezza il viso, per poi sparire rapido appena Diego torna a concentrarsi sul suo lavoro.
Mi appoggio al tavolo, le gambe molli; nessuno sembra farci caso.
Marianna mi fa segno di accomodarmi sulla poltrona di fianco a lei. Obbedisco meccanicamente, mentre gli altri si dispongono intorno per assistere.
< Vorremmo spiegarti meglio in cosa consiste l’allenamento di cui ti abbiamo parlato…> comincia Marianna, sporgendosi verso di me e posandomi una mano rassicurante sulla spalla.
< Abbiamo deciso che ognuno di noi ti insegnerà una parte di quello che ti occorre sapere sugli universum e su come controllare i tuoi poteri>.
Per ora niente di così tremendo.
< Gost ti aiuterà nello studio>.
Un cenno di assenso da parte dell’interessato mi conferma di aver capito bene. Dovrò studiare sul serio, dannazione.
< Blu si occuperà di farti da guida nei primi viaggi negli universum, ma solo quando sarai pronta…> continua Marianna.
Quindi il giretto di stamattina non era contemplato nel programma. Buono a sapersi. Materiale da ricatto in più.
Blu fa finta di niente, giocherellando con un filo della maglietta.
< Morgana ti preparerà nell’uso delle armi a distanza e nella preparazione fisica insieme a…>.
< Armi??>.
La mia voce è così acuta che se ci fossero stati bicchieri di cristallo nelle vicinanze sarebbero esplosi in mille pezzi. Diego sussulta e alcune minuscole viti cadono sul tappeto. Si china a raccoglierle pazientemente, aguzzando la vista. Gli altri mi fissano, per lo più divertiti o perplessi.
Alzo le mani agitandole davanti al viso.
< No, no, niente armi. Lo dico per voi. La cosa più pericolosa che ho maneggiato finora è stata un paio di forbici con le punte arrotondate , e anche con quelle sono in grado di fare parecchi danni, perciò vi consiglio di lasciare perdere>.
Un balenare di sorrisi subito nascosti sulle loro facce mi dice che non mi hanno preso sul serio. Beh, peggio per loro.
< Ti insegnerò a non fare del male a nessuno, a meno che tu non voglia farlo> ribatte Morgana pacata.
Borbotto qualcosa in risposta, per nulla convinta.
< Anche Diego ti aiuterà con le tecniche di combattimento. E’ il migliore in questo campo>.
Un lieve scrollare di spalle, non solleva nemmeno gli occhi dal suo lavoro, troppo preso dal collegare fili. A poco a poco sul tavolino sta prendendo forma qualcosa. Ancora non riesco a capire di che si tratti.
A sentir parlare di combattimento vengo presa dallo sconforto. Marianna fa per aggiungere qualcosa, ma la precedo.
< Volete farmi combattere. Volete insegnarmi a usare calci e pugni. A combattere!>.
Mi prendo la testa tra le mani, scuotendola desolatamente.
< Prima dovrete insegnarmi a camminare in linea retta senza sbattere contro nessuno>.
Questa volta i sorrisi impiegano più tempo a essere nascosti. A qualcuno scappa un risata, ma tengo la testa bassa e non so chi sia.
La mano di Marianna si posa sulla mia testa, accarezzandomi i capelli.
< Allora ti insegneremo anche quello>.
Annuisco rassegnata.
< E’ proprio necessario?> provo ancora a chiedere, giusto per essere sicura.
Questa volta è Gabriele a rispondere.
< Purtroppo sì. Se vuoi vivere normalmente, devi essere pronta anche ad affrontare situazioni pericolose. Non possiamo cancellare il tuo potere, ma possiamo insegnarti a gestirlo>.
< E passerai un sacco di tempo in nostra compagnia!> dice Blu con un sorrisetto malizioso.
Non cancella la preoccupazione, ma mi fa sentire meglio.
< Direi che possiamo metterci subito all’opera> dice Morgana.
< Subito?> chiedo.
Per qualche motivo le mie gambe non vogliono saperne di farmi alzare. Se ne stanno lì, immobili sulla poltrona, sfidandomi ad alzarmi.
Morgana non si fa intenerire e mi tira in piedi senza tante cerimonie.
< Per oggi ti presto una tuta, ma domani ricordati di portarla> dice trascinandomi fuori dal salotto.
< Cioè… ma stai facendo sul serio. Mi stai portando a fare ginnastica?>.
Mi viene la nausea solo a pensarci.
< Ma l’ho già fatta ieri!> protesto.
< Per quanto?> ribatte Morgana, senza pietà.
< Per circa dieci minuti?>.
Non mi ero accorta che le piacesse infierire.
< Sì, e in quella manciata di secondi sono riuscita a farmi mandare in infermeria. Questo non ti dice niente?>.
< Solo che dovremo lavorare molto>.
Non mi piace come suona questa frase. Promette sudore, un lago di sudore.
Mi trascina sulla sinistra, all’ultima porta che si apre su una stanzetta in ordine e profumata di vaniglia. Su un tavolino alla mia destra c’è un contenitore in ceramica dove si vedono le ceneri di incenso bruciato. La stanza è piccola e Morgana ci si muove con sicurezza e padronanza, su un terreno famigliare. Apre l’armadio, di fronte al letto perfettamente rifatto e la scrivania linda e stranamente vuota. Fruga velocemente all’interno mentre io mi lascio cadere sul copriletto blu scuro. Affondo le mani nella coperta morbida. Mi sembra di galleggiare in un cielo notturno, derubato delle sue stelle.
Sì, a volte divento poetica. Quando devo distrarmi da un disastro imminente.
Morgana posa sul letto dei pantaloni di una tuta grigio scuro, con delle righe bianche sui lati, e una canotta viola elasticizzata. Beh, se non altro è meglio di quello che indosso di solito per fare ginnastica.
< Esco, così puoi cambiarti tranquilla> dice con tatto.
Mi lascia da sola con i vestiti da mettere e una brutta sensazione alla bocca dello stomaco.
Guardo la canotta con sospetto, come se temessi un attacco improvviso.
< Bene, parliamoci chiaro> dico togliendomi la giacca e cominciando a spogliarmi.
< Voi non piacete a me e probabilmente io non piacerò a voi … ma se mi fate sembrare più goffa del normale questa sarà la fine della nostra collaborazione!>.
Quando mi rendo conto di aver parlato a dei vestiti capisco di aver raggiunto il fondo.

  
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