Water Seven: la metropoli dell'acqua.
Era una fresca mattinata primaverile quando io e Lucci arrivammo. C'era
stato un dibattito piuttosto acceso per decidere quali sarebbero stati i
quattro agenti a cui affidare l'incarico, ma dopo un'accurata analisi di ciò
che ci aspettava, la scelta cadde su me, su Lucci, su Califa
e su Blueno.
Il compito era quello d'insediarci all'interno della Galley
Company e fingere di essere degli esperti carpentieri, il che non doveva
risultare particolarmente difficile per il sottoscritto.
"Sei stato scelto solo per questo, naso lungo!" mi aveva
rinfacciato Jabura.
Tutti gli altri avevano acconsentito pacificamente, anzi, quando gli avevo
offerto il mio aiuto sulle tecniche del mestiere, mi avevano fatto una risata
in faccia "Tu non capisci proprio con chi hai a che fare" aveva
commentato freddo Rob Lucci.
"Mio Dio, ma chi l'ha mandato questo qui?" si era lamentata Califa, sistemandosi gli occhiali da vista.
"Come non detto" avevo alzato le mani in segno di resa.
Ogni giorno di più, avevo maturato la convinzione che quella gente fosse a
dir poco intrattabile...
Era la prima volta che prendevo il treno marino. A dirla tutta, non sapevo
nemmeno che potesse esistere un apparecchio simile: cercavo di contenere il mio
entusiasmo infantile, perché se sei costretto a fare un viaggio seduto accanto
a uno come Lucci devi per forza imbavagliare il Peter Pan che è in te.
Ma la vera meraviglia arrivò alla vista dell'isola: era mastodontica e si
ergeva di fronte a noi con imponenza e maestosità.
L'acqua veniva giù da una grande fontana centrale e tutt'intorno era
cosparso di canali e casette dai tetti rossi; le persone intonavano svariati
cori e i bambini urlavano e ridevano, mentre io mi guardavo attorno con il
crescente desiderio di riempirmi gli occhi di quelle immagini spensierate.
Una volta arrivati al centro della città, non ci volle molto per trovare il
Dock 1: ci accolse un tipo dai capelli biondi con un sigaro fumante tra le
labbra "Voi dovete essere i novellini" aspirò il fumo con aria
circospetta "Entrate"
Aprì il massiccio portone grigio e ci introdusse in quello che mi sembrò
essere il cantiere più grande che avessi mai visto: numerosi uomini erano al
lavoro, costruivano navi o trasportavano pesanti travi di legno, ma il tutto
accompagnato da una buona dose di buonumore collettivo.
Mi voltai verso Rob Lucci, ma la sua espressione
era indecifrabile.
"Accomodatevi qui" il ragazzo ci fece sedere all'interno
dell'edificio, nella sala d'attesa "Il Signor Iceburg
sarà qui a momenti" fece per andarsene, ma poi tornò indietro "A proposito,
io mi chiamo Paulie. Voi siete...?"
Mi aprii in un largo sorriso "Io sono Kaku,
piacere di conoscerti" gli strinsi la mano calorosamente "E lui è il
mio amico Lucci"
"Perfetto" aspirò altro fumo "Buona fortuna, ragazzi. Ci
vediamo dopo"
"Devi spiegarmi questa storia del mutismo" mi rivolsi a Lucci non
appena fu fuori "Ha qualche senso?"
Il moro accarezzò il piccione che teneva sulla spalla "So quello che
faccio" sorrise beffardo "Sei tu piuttosto che dovresti lavorare sul
tuo alibi. Sorprendimi" si passò la lingua sulle labbra.
In verità, non sapevo proprio da che parte cominciare: durante il mese di
allenamento ad Enies Lobby, mi era stato detto più
volte che per essere una brava spia avrei dovuto saper costruire con cura i
miei personaggi, come una sorta di attore che si prepara ad andare in scena con
la sua maschera migliore.
Rob Lucci, a quanto avevo capito, era deciso ad impersonare un carpentiere
senza voce che riusciva a comunicare solo attraverso il volatile che aveva
sulla spalla; Califa si sarebbe offerta come
segretaria del capo della Galley Company; Blueno avrebbe rivestito il ruolo di barista; e per quanto
riguardava me, non mi restava che puntare sull'unica arma che avevo:
l'affabilità.
Sarei stato il carpentiere simpatico e disponibile che tutti avrebbero
ammirato e rispettato, pronto ad aiutare chiunque si fosse trovato in
difficoltà e pronto a difendere gli interessi della giustizia.
L'obiettivo era far fidare le persone di me, convincerli che un ragazzo
così a modo non poteva che essere una brava persona.
Almeno, questo era ciò che m'illudevo che fossi...
Quando conoscemmo il Signor Iceburg, capimmo
subito che non sarebbe stato semplice impossessarci dei progetti di Pluton: infatti, si trattava di un uomo composto, che
sapeva il fatto suo e che di certo non si sarebbe lasciato ingannare dal primo
che passava.
Ma noi non avevamo fretta.
"Potete occuparvi di ciò che ritenete più opportuno" ci aveva
detto semplicemente, infilandosi un dito in una narice con aria indifferente
"Io ho molto da fare"
Breve, chiaro e conciso.
Immediatamente, io e Lucci ci adoperammo per renderci utili come meglio
potevamo nel cantiere, affiancati da Paulie e da
altri due uomini chiamati Lulu e Tilestone.
"Ce l'avete fatta, fratelli!" sorrise il biondo "Benvenuti
alla Galley Company!"
Dopo circa due settimane, arrivarono anche Blueno
e Califa e in meno di tre mesi ci eravamo già fatti
una buona reputazione.
Ambientarsi a Water Seven non era stato difficile: le persone erano tra le
più disponibili e amabili di questo mondo. Gli abitanti dell'isola erano soliti
spostarsi con dei bizzarri pesci chiamati Bull, che risalivano per tutti
i canali e procedevano sorprendentemente veloci; c'era un attrezzo chiamato
ascensore acquatico che portava ai vari livelli della città proprio grazie
all'innalzamento/abbassamento dell'acqua; e c'erano negozi riforniti di carne,
dolci e maschere a volontà.
Insomma, era davvero una meraviglia di posto.
Ma dovresti vederla la sera, tesoro.
Water Seven è illuminata dalle luci dei lampioni tutt'intorno e riscaldata
dall'atmosfera delle taverne.
Ho deciso di esplorarla meglio e di saltare sui tetti, guardandola
dall'alto, respirando l'aria fresca e permettendole di far ampliare i miei
polmoni desiderosi.
Non lo facevo da troppo tempo: è stato come tornare bambino, come risentire
la voce della mamma che mi rimproverava, ricordi?
Poi sono sceso a fare un giro su un Bull nascondendomi dai miei colleghi e
sono rimasto strabiliato: le urla, le risate, l'acqua, la gente...qui sembra
tutto così giocoso e mi sto lasciando convincere a giocare anch'io, cercando di
dimenticare per un istante il vero motivo per cui sono qui.
Il cielo è stellato stasera, mi ha fatto pensare a te. E' stato su un tetto
che ci siamo baciati la prima volta, ricordi?
E le navi che si costruiscono qui, Dio, assomigliano tutte terribilmente
alla Lady Catherine!
Vorrei davvero che tu potessi sapere dove mi trovo, o meglio venire anche
tu in questo posto stupendo: sono certo che ti piacerebbe da morire.
Sai, alle volte ti sogno, sei ancor più bella di quanto ricordassi; altre
volte il sogno diventa incubo e ci sei tu, e ci sono le doglie, e allora
cominci ad urlare il mio nome in preda agli spasmi, piangi e ti chiedi per
quale stramaledetto motivo il padre di tua figlia non è lì accanto a te.
Spesso mi sveglio sudato nel cuore della notte e corro a sciacquarmi la faccia.
Aiuta davvero.
Ma poi i miei pensieri volano sulle nuvole che si spostano col vento, e
allora mi chiedo se mai arriveranno da te.
Ti amo, amore mio. Ti amo tanto.
Testo di una lettera che non PUO' essere inviata.©
Eccomi qui, sempre puntuale!
Il capitolo è breve (anche più romantico e sdolcinato di quanto avessi voluto),
ma spero vi piaccia comunque.
Ci tenevo a rappresentare l’arrivo
di Kaku a Water Seven e l’impatto con questa nuova
realtà.
Continuo imperterrita con
questa storia, anche se non ha molti seguaci…ma se vi va di farmi sentire la
vostra presenza, non mi offendo mica! ;)
Alla prossima!