Non ci sono parole per descrivere la mia assenza di quasi
un anno.
Renesmee.
Non ce la
faccio più, ho troppa sete.
Come una
stupida, due giorni fa sono partita convinta che ce l’avrei
fatta solo con il cibo umano.
Invece sto
per morire di sete.
Devo
trovare qualche bosco, o qualcosa di simile.
Verso le 10
di sera esco dal campus e mi dirigo non so dove.
Corro, corro, pensando a tutto quello che mi sta capitando.
Dopo un
po’, credo due orette circa, mi ritrovo nel bel mezzo di un bosco, non so in
quale regione, né tantomeno in che zona. Continuo a
correre, cercando di percepire qualche preda.
Sento un
battito.
Comincio a
correre verso di esso e mi lascio trasportare dalla mia mezza natura vampira.
Attacco il
cervo che mi trovo davanti e mi disseto nel giro di pochi minuti.
Mi
ricompongo, e mi rendo conto di non essermi sporcata per niente.
Sto
diventando brava.
Poi, un suono.
Mi giro
verso sinistra.
Un altro
suono.
Sono
movimenti, movimenti troppo veloci per essere di un
animale, o di un essere umano.
Non sono
sola.
-“Chi c’è?”
Continuo a
sentire dei passi velocissimi, ma non riesco a percepire da dove provengano.
Il mio
udito e i miei sensi non sono sviluppati come quelli di un vampiro.
Sto
cominciando ad avere paura.
Credo che
la cosa migliore da fare sia darsi alla fuga.
Scatto
verso la direzione opposta di dov’ero prima, ma non faccio in tempo a prendere
velocità che davanti a me compare un’ ombra.
Mi fermo di
scatto e sento il cuore andare sempre più veloce.
Calma,
rimani calma.
È il vampiro
del bar.
Non può essere
cattivo, non può uccidermi.
O forse sì?
Ci
guardiamo per un po’.
È veramente
alto.
Io
deglutisco, me la sto davvero facendo addosso.
-“Perdonami,
non volevo spaventarti.”
Che voce.
Che
voce terribilmente melodiosa e dolce, come quella dei vampiri del resto.
-“Cosa vuoi.” Non riesco nemmeno a intonare la domanda, sono
paralizzata dal terrore.
-“Non aver
paura, non voglio farti del male.”
Nei film
horror dicono sempre così, prima di uccidere la vittima.
Come mi è venuto in
mente di pensare agli horror?
La paura
gioca brutti scherzi.
-“Si, ok cosa vuoi.” Parlo velocissima, non riesco a calmarmi.
-“Perdonami,
ma ti ho vista uscire dal campus con fare circospetto
e la curiosità mi ha portato a seguirti. Ma non
pensavo di dover arrivare fin qui.”
Un bosco,
la notte, è il luogo perfetto per uccidere una
giovane ragazza.
Anche se è una
mezza-vampira.
Il mio
cuore non ne vuole sapere di rallentare.
-“Tu.. cosa sei?” Mi chiede.
Ah, amico
mio, non lo so nemmeno io.
-“Un
ibrido.” Gli dico impassibile.
-“Un.. ibrido?” Ripete.
Mi sto
irritando.
-“Sì, un ibrido.. che c’è di strano?” Ecco la mia parte acida
che si fa viva.
-“Scusami,
non riesco a capire.. non ho mai sentito niente del
genere.”
-“E’ una
lunga storia.” Gli dico.
-“Io ho
tutto il tempo necessario.” Mi dice, sorridendo.
Sa che io so quello che lui sapeva io non sapessi, ma che invece so.
Ma che
diavolo..??
Lo guardo, è davvero un
gran bel ragazzo.
-“Ti va di
fare una passeggiata?” Mi chiede.
-“Non ho
nient’altro da fare.” Gli dico.
Sorride, e
che sorriso!
-“Posso
avere almeno l’onore di sapere il suo nome, signorina?” Mi chiede.
Mi sto
sciogliendo.
-“Mi chiamo
Renesmee.”
-“Che
strano nome.. strano quanto bello! Io
mi chiamo Tyler.”
Che bel
nome.
Tyler.
A passo
d’uomo, camminiamo per circa 600 metri, fino ad arrivare ad
una spiaggia.
Ma dove
diavolo sono finita?
-“Sei
arrivata fino in Liguria.”
Spalanco la
bocca. Wow, avevo davvero sete.
Ci
incamminiamo verso la riva e, una volta ai pressi del mare, ci togliamo le
scarpe e ci tiriamo su l’orlo dei pantaloni per non bagnarli.
Io ho de
semplici jeans, con una maglietta viola e le superga
bianche, mentre lui ha maglietta bianca, dei jeans
strappati e le Nike.
Cominciamo
a camminare fianco a fianco lungo la spiaggia.
-“Raccontami
la tua storia, Renesmee.”
Ma che
diavolo sto facendo?
Sto
camminando a mezzanotte lungo una spiaggia ligure, con un vampiro sconosciuto
che vuole sapere la mia storia.
-“Tyler.. Ci conosciamo appena e io mi fido molto poco delle
persone.”
-“Hai ragione, neanch’io mi fiderei. Su una spiaggia, con un
vampiro sconosciuto. Che strana situazione.” E si gratta la
testa. È bellissimo.
-“Sei dei
Volturi?” Gli chiedo.
Lui scoppia
letteralmente a ridere, senza smetterla.
-“Hai
finito?” Gli chiedo, offesa.
-“No,
perdonami, è che, io..
un Volturo.. naaahh non mi ci vedo proprio!” E
sorride ancora.
-“Chi sei
allora?” Gli chiedo.
-“Un
vampiro vegetariano, la cui famiglia si trova nei pressi di Copenaghen, che ha
deciso di starsene un po’ per conto suo. Tutto qui. Puoi
fidarti di me, davvero, non ti farò del male.
Voglio solo sapere.. cosa sei. Ti prego, raccontami. È da quando
ti ho vista oggi al bar che mi sembri.. diversa. Non
hai cominciato a sbavare come tutte le altre ragazze e non mi hai praticamente calcolato. Dimmi chi sei.”
Mi dice
infine, con un’intensità negli occhi da far quasi paura.
-“Mi
chiamo Renesmee. E sono una
mezza-vampira.”
-“Sono
nata dal rapporto di un vampiro e di un’umana. Insieme a me, è nato anche mio fratello gemello.
Posso nutrirmi sia di sangue, sia di cibo umano. Dormo, e piango, e ho tutte le
caratteristiche umane. Ho un cuore che batte e il sangue scorre nelle mie vene.
La mia
crescita è avvenuta molto più
velocemente rispetto a un qualsiasi altro essere vivente.
La mia
crescita si è stabilizzata all’età di 7 anni e da quel giorno vivrò in eterno.
Ho due
poteri: uno scudo mentale e la capacità di
manovrare gli elementi naturali.
Questa sono io, un ibrido.”
Rimane
sbalordito dalla mia sintetica storia.
Gli ho
raccontato il succo del succo, non mi va di
raccontargli altro.
Poi mi
guarda, con una strana luce negli occhi.
-“E come ci
si sente?”
È la prima
volta che qualcuno mi chiede una cosa del genere.
Sì, mi sono
aperta un po’ con mio padre, ma nessuno mi ha mai fatto questa domanda diretta.
È vero
quando si dice che è più facile
confidarsi con uno sconosciuto che con una persona che conosci da anni.
-“Male.
Terribilmente male. Stare in mezzo, tra due mondi, è.. quasi
stressante.
Non sapere
da che parte si è, né da che parte si deve andare.
Sentirsi
perennemente incompleti, senza una parte di sé.
Ma solo con
una metà.”
Ci fermiamo
in un punto della spiaggia.
Lui si
ferma davanti a me, siamo uno di fronte all’altro.
Io,
con il mio scarso metro e settanta, e lui con il suo, credo, metro e novanta.
-“Deve essere terribile.”
-“Non
immagini nemmeno quanto.”
-“Sai, però? Nonostante io sia un vampiro, sento
questa tua stessa sensazione, anche se credo sia molto più debole
della tua. Io mi sento.. fuori dal mondo.
Senza
uno scopo.”
-“Esatto.” Mi incanto nei suoi occhi dorati.
Stiamo in
silenzio per un po’, poi parla lui.
-“Ti voglio
raccontare qualcosa di me.”
-“Questa è una buona
idea.”
Ci mettiamo
seduti sulla spiaggia, uno accanto all’altro.
A una certa
distanza, ovviamente.
-“Sono nato il 15 luglio del 1983, a Londra. Avevo una vita
meravigliosa: vissi un’infanzia gioiosa con la mia famiglia al completo. I miei
genitori mi volevano bene e sognavano per me un futuro da medico.
Ero figlio
unico, e mi straviziavano.
Avevo
qualsiasi cosa un bambino potesse desiderare.
Sono
cresciuto, sono andato a scuola, mi sono diplomato e a 19
anni entrai nella facoltà di medicina.
I miei
erano fieri di me.
Il 17
maggio del 2006 avevo 23 anni e stavo tornando dalla
facoltà. Saranno stato le 9 di sera,
avevo fatto tardi.
Mi ero
fermato in libreria a studiare e non mi ero reso conto del tempo che era
passato.
Ero per
strada, con l’ iPod nelle orecchie e camminavo
tranquillo verso casa.
Era buio e volevo tornare al più presto a
casa, così decisi di tagliare per una
scorciatoia passante per un vicolo molto.. pericoloso.
Ci stavano
i drogati, gente così, era questa la voce che girava per
Londra.
Ero quasi
arrivato, il vicolo era finito.
Poi,
qualcuno mi afferrò da dietro.
Mi spaccò la schiena
e caddi rovinosamente a terra.
Urlavo per
il dolore, era immane e non riuscivo a sopportarlo.
Il vampiro mi si avventò e mi morse.
Cominciai a
urlare dal dolore e qualcuno mi sentii.
Non
percepii più nessuna presenza, ero solo.
Solo, con
la schiena spaccata, per terra.
Sentivo un
dolore atroce.
Mi convinsi
che era quello il mio destino, morire in modo lento e doloroso.
Ma, poi, mi
resi conto che c’era di peggio.
Un fuoco si impossessò di me.
Volevo
morire, cominciai ad urlare.Volevo
morire.
Qualunque
cosa pur che quel fuoco venisse spento.
Non ce la
facevo più.
Fu
un’agonia lunghissima.
Dopo tre
giorni mi risvegliai in un letto all’interno di una stanza che non conoscevo.
Appena
aprii gli occhi mi resi conto di ciò che stavo
guardando.
Riuscivo a
cogliere tutto: le venature del tavolo, ogni granulo di polvere.
Una cosa
impressionante.
E poi
l’udito!
Riuscivo a
sentire dei passi che provenivano dal piano di sotto.
Che poi,
pian piano, si avvicinavano sempre più.
Poi la
porta si aprì e comparì colui che, da quel giorno, divenne mio padre.
Charles.
Il mio
creatore.
Mi spiegò cosa mi
era successo e mi disse che l’unico modo per salvarmi era quello di
trasformarmi in un vampiro.
Mi spiegò anche il
mio potere: quello di annullare gli altri poteri.
I miei
primi due anni da neonato, li passai chiusi in un guscio difensivo che mi ero
costruito da solo.
Non
riuscivo a crederci.
Ero un
vampiro.
Poi, con
l’aiuto della mia seconda madre, Caroline, e di mio fratello Dylan, riuscii ad
accettarmi.
Va bè,
accettarmi è una parola grossa.
Ma cominciai
a comprendere cosa fossi diventato e che ormai dovevo restarci.
Cominciai
ad apprezzare i lati positivi dell’essere vampiro, e pian piano mi abituai.
Ora sono
qui per stare per conto mio, poi tra poco ci trasferiremo di nuovo da
Copenaghen verso non so dove.
Questa
è la mia storia.”
Triste,
vorrei aggiungere, come tutte quelle che riguardano i vampiri.
-“Sei
riuscito a finire gli studi? E i tuoi
genitori?”
-“Il
loro dolore fu immenso. Mi diedero per disperso per i primi due mesi, poi
inscenai il mio ritrovamento e il funerale. Gli studi sì, l’ho finiti, sono medico e sto prendendo lauree su lauree. Tanto ho l’eternità davanti.”
“Capisco.”
Abbassai lo
sguardo, non sapendo cos’ altro dire.
-“Ehi! Parlami
della tua famiglia.. io ti ho parlato della mia!” Mi
dice, come un bambino offeso.
Io sorrido,
è troppo buffo.
-“I
miei genitori si chiamano Edward e Bella. Vissero felicemente innamorati per poco meno di un anno. Poi, lui decise di lasciarla perché riteneva
che lui fosse troppo pericoloso per lei, essendo lei un’umana e lui un vampiro:
il suo grande amore poteva nuocerle.
Così, dopo aver
fatto l’amore, lui se ne andò, senza
sapere che mia madre sarebbe rimasta incinta.
La
gravidanza durò tre mesi, e quando arrivò il momento
del parto io la morsi da dentro, non prima che EJ, mio fratello fosse nato. Per
un pelo nacqui, mio nonno, umano, riuscì, non so
come, a farmi nascere.
Passarono
tre giorni, poi mia madre si svegliò.
Appena
rivide mio nonno, suo padre, la sua natura la portò a..
ucciderlo. E a bere il suo sangue.
Il suo
dolore fu inconcepibile.
Aveva
ucciso suo padre.
Ma poi, sentì un pianto.
Si diresse verso la cucina dove c’erano due carrozzine
in cui vi eravamo io ed EJ.
Sono
cresciuta senza un padre, per vent’anni.
Il dolore
mi ha accompagnato lungo tutto il mio percorso facendomi provare rabbia,
delusione e umiliazione.
Poi, un
giorno, tornarono a Forks e mia madre li rincontrò.
Fu subito,
di nuovo, amore fra lei e mio padre.
All’inizio
ero contro questo riavvicinamento, ma non potevo oppormi.
C’è stato
anche uno scontro con i Volturi, secondo i quali la mia famiglia stava
crescendo troppo.
Riuscimmo a
mandarli via e vivemmo in pace per una settimana.
Poi sono
tornata in Italia per un esame che ho tenuto questa mattina.
Ed eccomi
qua, a parlare con un vampiro appena incontrato nel bosco, delle nostre vite.”
E ci
sorridiamo.
Percepisco
che c’è qualcosa tra noi. Una specie d’attrazione.
Ma non
succede nulla.
Né lui né io ci
avviciniamo, ed è meglio così, non so
come potrei reagire.
Continuiamo
a parlare del più e del meno, di cosa ci piace fare e
dei suoi studi.
Poi,
all’improvviso, ci accorgiamo che è l’alba.
-“È già l’alba?”
Chiedo.
-“Quando si
sta bene con una persona, il tempo passa subito.” Mi dice, spiritoso.
Arrossisco.
-“ Dovremmo
andare.”
-“Sì, lo penso
anch’io.”
Prima di
andare mi ferma per un braccio e mi fa girare verso di lui.
-“È stato.. Bello confidarsi con qualcuno che ti capisce davvero.” Mi
dice.
-“Lo penso anch’io.”
Gli rispondo, sempre con la faccia rossa come un pomodoro.
Ci
guardiamo per un’ultima volta e ci dirigiamo, correndo, verso Milano.
Il mio
cuore non si è mai calmato stanotte.