Lucciole
-Mamma!!-
- Ciao, tesoro!- esclamò
Ludovica, che era venuta a prendere il figlio.
- Abbiamo già pranzato e si
è
comportato benissimo!- la informò Anna, con un sorriso a
trentadue denti
compiaciuto e rassicurante allo stesso tempo. Nel frattempo, il piccolo
gruppo
fu raggiunto da Sel, che era andata a recuperare le scarpe di Antonio che erano
state
appoggiate in un piccolo ripostiglio nel sottoscala; le porse alla
madre che
aiutò il figlio a mettersele, mentre gli chiedeva
amorevolmente che cosa avesse
fatto durante la mattinata. Anna impallidì; non le sembrava
una buona idea far
sapere a Ludovica che suo figlio aveva passato buona parte del tempo a
saltare
sul letto e a correre per la casa, rischiando seriamente di rompersi
qualcosa.
Ma non fu questo, quello che riportò Antonio alla madre. Si
trattò di ben
altro.
- Anna e Sel hanno iniziato
ad insegnarmi a leggere.- disse, tutto compiaciuto.
- Bè, ad Antonio piaceva come
idea...- aggiunse Anna che, senza sapere il motivo esatto, temeva che
Ludovica
si arrabbiasse. Lei, dal canto suo non si adirò, ma non
mostrò neanche
compiacimento. La verità era che si trovava un pò
spiazzata: non aveva mai
pensato di fare in modo che suo figlio fosse in grado di leggere e non
aveva
neanche contemplato l’idea di essere lei stessa ad imparare.
Era un pensiero
che non l’aveva mai sfiorata e che, francamente, le sembrava
anche un pò
assurdo. Leggere? A che sarebbe servito a Starland?
“Ragazzate” si ritrovò a
pensare. La cosa la irritava leggermente: la madre di Antonio era lei e
quelle
ragazzine avevano di due tronfie per aver insegnato qualcosa al bambino
che lei
non avrebbe neanche potuto comprendere.
Fece un sorriso di
circostanza e si apprestò ad andarsene con il figlio, ma
prima che lo potesse
fare intervenne Anna:
-Io non mi voglio sostituire
a lei.- dichiarò – Ma secondo me è
importante, non precluda la cosa a priori.
Ci pensi.-
- Va bene.- disse Ludovica,
per niente convinta, ma con una gran voglia di andarsene.
Una volta che la porta si
richiuse dietro alle spalle di Ludovica, Anna sospirò
sconsolata; per un
momento aveva pensato che la madre di Antonio si sarebbe trovata
d’accordo con
la sua idea,sbagliandosi di grosso. Come chi si avvicina ad accarezzare
un
gattino mansueto che poi, all’ultimo, alza la zampa per aria
e conficca i suoi
artigli nella mano della persona in questione.
Si sentiva come una straniera
che ignorava la lingua e le usanze del posto in cui era capitata. Un
pò come
Selene si doveva essere sentita i primi tempi a Starland. Dal canto
suo, anche
Sel si era ritrovata a pensare che in quel modo non era più
sufficiente. Doveva
agire, perchè la sua influenza non era evidentemente
abbastanza. E così fu.
***
Quella sera l’aria era
limpida, si ritrovò a pensare la ragazza, mentre si fermava
un attimo a
ragionare sulla strada da prendere. Era incredibile come fosse
complicato quel
paesino così piccolo: era tutto una scaletta, una viuzza, un
ponticello... Un
vero labirinto per chi non lo conosceva bene. Si augurò che
la scusa che aveva
precedentemente propinato ad Anna e a sua madre reggesse e
proseguì per una
stretta stradina costeggiata dai muri delle case. Riprese il suo filo
di
pensieri e decretò che era una scusa abbastanza credibile;
d’altronde l’aveva
pescata dal suo immenso bagaglio. Non ricordava nemmeno bene con chi
l’aveva
usata la prima volta. Ricordava solo che era un vecchio mezzo cieco e
che le
stava simpatico, niente di più.
Comunque, si avvicinò ad una
piccola casetta e, stando ben attenta a non farsi vedere,
spiò l’interno da una
delle finestre illuminate: doveva trattarsi della cucina, a giudicare
dal
tavolo posto al centro della stanza e del fornello a destra. Dovevano
aver
appena concluso la cena, dedusse Sel, notando il tavolo ancora ingombro
di
stoviglie e Ludovica che si apprestava a sparecchiare e pulire, ad un
certo
punto scorse anche Antonio. Come fare? Di certo non poteva bussare e
mettersi a
fare un bel discorso moralistico, le avrebbero sbattuto la porta in
faccia. Non
poteva giustificare la sua presenza, ammise infine. Si
sforzò di pensare.
Poi s’illuminò. Aveva trovato
un buon appiglio: poteva sfruttare Antonio, quel bambino aveva una
buona
capacità istintiva di comprendere le situazioni.
Si affacciò all’angolo della
finestra e, attenta a non farsi notare da Ludovica, aspettò
il momento buono
per farsi scorgere dal bambino premurandosi di portare un dito davanti
alla
bocca subito dopo per intimargli il silenzio. Aprì di poco
la finestra e ci
fece passare sotto il libro che stavano leggendo la mattina, non prima
però di
avergli infilato dentro un foglietto ripiegato in due a cui aveva poco
prima
aggiunto qualche frase, giusto per adattarlo al contesto. Poi si
riportò il
dito alla bocca e sussurrò un “Leggi” ad
Antonio. Chissà come fece a sentirla!
Lui si era avvicinato un poco, ma il vetro era abbassato e lei aveva
parlato a
bassa voce. All’epoca non le chiese nulla in merito, ma nel
corso degli anni a
venire...
All’interno della casa,
intanto, un bambino leggeva incespicando nelle parole alla sua mamma,
che da
prima corrucciata ora accennava un lieve sorriso. Poi dal libro cadde
un
foglietto su cui Ludovica riconobbe il suo nome, l’unica cosa
che sapeva
leggere. Allora fermò il figlio e lo pregò di
leggerle quella lettera
inaspettatamente destinata a lei. Alla fine, la giovane donna
alzò gli occhi al
cielo, con un sorriso bonario e poi annuì. Chissà
se sapeva che qualcuno la
stava guardando.
Selene si avviò lungo la
strada del ritorno, segretamente compiaciuta. Sebbene lei dovesse
puntare ad
agire in modo evidente, ma scontato, qualche volta un piccolo
stratagemma
serviva anche a lei.
Riattraversò il villaggio con
più calma, guardandosi intorno. Infatti, nonostante il suo
stato di chiusura
che impediva a forestieri e al progresso di entrare, quel posto le
piaceva: lo
definiva dentro di sè romantico, forse proprio a causa della
sua solitudine che
rappresentava allo stesso tempo il suo problema. Quindi? Secondo Selene
sarebbe
bastata una piccolissima breccia per mantenere l’uno e
risolvere l’altro. Una
piccolissima breccia serpeggiante per quel bosco, un piccolo
compromesso... Sel
agitò le spalle per riscuotersi dai suoi pensieri e
proseguì, conscia del fatto
che a casa dovevano essere tutti in pensiero, così prima
affrettò il passo e
poi si ritrovò a correre finchè, nei pressi di
casa, non si scontro con un
altra figura nascosta nel buio.
-Aaaaaaah!!!- Anna, cacciò un
urlo spaventata, mentre Selene lo represse quasi a stento; era quasi
riuscita a
cogliere di sorpresa perfino una
come
lei.
- Ma dov’eri finita?!-
sbraitò Anna, che aveva riconosciuto Sel.
- Diciamo che me la sono
presa con calma.-
- Con calma? Per andare a
svuotare la pattummiera non ci vuole c così tanto tempo...
Avanti, dove sei
stata?- incalzò Anna.
Selene non rispose, come
sempre in quelle situazioni, facendo così in modo che, dopo
un paio di secondi,
si venisse a formare nella testa di Anna un’idea ben chiara e
che, in seguito,
lei capisse. Quella volta non fu diverso.
-Sei stata da loro, vero?-
A Selene sarebbe bastato
tacere, per confermare l’ipotesi di Anna, ma in quel caso
preferì parlare:
-Sì.- disse semplicemente.
Anna annuì e non aggiunse
altro, sarebbe stato inutile; in quei mesi aveva dovuto riconoscere che
Selene
era una di quelle persone impossibili da conoscere completamente, ma da
quel
poco che aveva capito, sapeva per certo che se avesse domandato
qualcos’altro
non avrebbe ricevuto altro che una risposta chiara come lei. Come
Selene. Che
alcune volte sembrava tanto ingenua da essere uscita da una favola di
un libro
per bambini, altre una saggia millenaria e altre ancora sfoggiava
un’espressione indecifrabile, che lasciava intravedere
qualche volta e sempre
per poco, l’ombra tratteggiata di un disegno.
-Guarda là!- disse a un
tratto Sel, indicando un punto nel buio.
Anna strinse gli occhi e
riuscì, con sua sorpresa, a distinguere una moltitudine di
piccole lucine che
si muovevano in ordine sparso.
-Lucciole!- esclamò Selene,
con tono che voleva esprimere ovvietà, almeno per lei. Anna
ne aveva solo
sentito parlare e le aveva sempre classificate come animali atipici
della sua
zona. E a quanto pare si sbagliava. Di lucciole ce ne erano migliaia,
era solo
lei che non ci aveva mai fatto caso, a differenza di Sel.
Sel faceva sempre caso alle
cose, anche a quelle più insignificanti. Questa era
un’altra cosa che Anna
aveva imparato.
-Sono belle.- commenò Anna,
sorridendo. Le piacevano sul serio.
-Già. Sembrano stelle; delle
piccole stelle in terra che nelle notti buie illuminano i boschi.-
Spazio autrice:ok... Scusate per
l’immenso
ritardo!! Ma, siate comprensivi, trala
scuola, un contest, la palestra e un’improvvisa
mancanza d’ispirazione
per questo capitolo non sono proprio riuscita a pubblicare prima. Spero
comunque che, nonostante questo piccolo “blocco dello
scrittore”, il capitolo
non risulti deludente per qualcuno e in tal caso... Siate liberi di
segnalarmi
qualsiasi cosa!
Alla prossima
Ila