Film > Thor
Segui la storia  |       
Autore: Nemsi    02/12/2012    1 recensioni
Asgard e Jotunheim.
Due regni in guerra perenne, mondi opposti, realtà talmente distanti da non convergere mai, se non su un campo di battaglia, tra le urla di dolore dei soldati e quelle di incitamento dei generali.
Due popoli così profondamente diversi da non essere in grado neppure di capirsi.
Sole e ghiaccio, ardore bruciante e gelo persistente, orgoglio guerriero ed astuta stregoneria, sempre in guerra da tempi immemori.
Dopo millenni in guerra e due mondi sull’orlo del baratro, fu stipulato un folle e scellerato patto di non belligeranza. Una tregua sancita con il sangue di innocenti, sacrificati in nome di un odio che non aveva confini.
Ogni inverno un giovane, uomo o donna, veniva estratto a sorte e condannato a vagare nudo per le lande perennemente ghiacciate di Jotunheim, così da essere vittima dei mostri che vagavano in quella terra ostile come il più arido degli inverni.
Quanto accadde in quel maledetto equinozio d’autunno, nessuno, di qualunque genia, pote mai scordarlo.
[CENSURATA]
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Loki, Thor
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

AVVISO:
Per non contravvenire al regolamento di EFP ho scelto di inserire questa storia pesantemente CENSURATA. Se volete leggere la versione originale, priva di censura potrete trovarla qui.
Nemsi

Passarono i giorni e divennero settimane. I due uomini condividevano quella minuscola abitazione come meglio potevano. Loki procurava cibo e acqua, Thor portava dentro la legna e gestiva il fuoco. Ai suoi polsi erano ancora stretti i bracciali d’oro che ne sigillavano la forza, segno di come fosse tuttora in prigioniero, sebbene il suo salvatore cercasse di non fargli pesare quella condizione, non a parole almeno. Il loro rapporto era fatto di alti e bassi, sebbene più il tempo passasse, più i secondi diventavano preponderanti. Il biondo guerriero era fatto per vivere all’aria aperta, in ampi spazi. Si vedeva chiaramente quanto soffrisse a restare confinato, giorno e notte, là dentro. Loki era un tipo pacato e riflessivo, passava ore intere a leggere, mentre lui si annoiava a morte e cercava di allenarsi come meglio poteva, in quella piccola grotta. Fino a quando il suo irritabile ospite non sbottava, poiché lo distraeva con il suo continuo dimenarsi, e finivano per litigare, urlandosi contro. I loro continui battibecchi non sfociavano mai nello scontro fisico unicamente perché si temevano a vicenda. Il biondo era dotato di una forza erculea, sebbene ancora limitata, ed era certo che quel mingherlino non avrebbe retto un solo pugno. In compenso avrebbe scatenato la sua ira arcana, iniziando a far volteggiare oggetti od incantare la neve, come gli aveva visto fare alcuni giorni prima, quando un malaugurato Gigante aveva invaso il suo territorio, con intenzioni per nulla amichevoli. Il guerriero doveva ammettere che lo Jotun attaccava solo se provocato, e pur essendo un tipino assai irritabile, riusciva a frenarsi piuttosto bene.
Il vero problema era il cibo.
Non che non apprezzasse gli sforzi del suo ospite, ma lui non riusciva a sfamarsi con funghi, bacche ed erbette. Ormai aveva un onnipresente dolore alla bocca dello stomaco, che spesso si faceva sentire in ben poco regali lamenti. Non che fosse più un problema. Il suo piano geniale era pronto. Ci aveva messo giorni a trovare le pietre adatte, aguzze ed appuntite, e i rami migliori, sufficientemente flessibili e resistenti. Era assolutamente orgoglioso del proprio lavoro, fatto in gran segreto. L’indomani, sarebbe andato a caccia e sarebbe tornato con una bella preda succulenta, prima che quel fifone iper-prudente si svegliasse.
Si destò prima che sorgesse il sole, si vestì e preparò senza fare il minimo rumore. E visto la sua mole, unita alla naturale goffaggine che qualunque Aesir avverte nel muoversi al buio, ci mise tutto l’impegno di cui era capace. Scivolò fuori dalla grotta, rabbrividendo per il gelo pungente della notte di Jotunheim, che gli sferzò il viso come lame di ghiaccio. Non si sarebbe mai abituato a quelle temperature. «Rivoglio il sole.» sbuffò sconsolato, incamminandosi verso la radura in cui alcuni giorni prima avevano sorpreso lo sfortunato invasore. In quell’occasione aveva scorto le tracce di diversi animali di grossa taglia. Magari cervi o cinghiali. A quel pensiero il suo addome cantò a festa.
Quella, Loki si svegliò poco prima dell’alba, assetato. Si diresse verso la brocca dell’acqua, vagamente infastidito. Aveva un brutto presentimento. E si che ormai si era abituato a dormire nonostante l’odioso russare di quel barbaro fulvo. Fu allora che realizzò l’irreale silenzio in cui giaceva la sua casa. Si voltò di scatto, raggiungendo in fretta il giaciglio di fortuna del suo ospite/prigioniero e non lo trovò. Thor era fuggito.
Immediatamente prese il mantello e corse all’inseguimento. Era semplicemente furioso. Quando lo avrebbe trovato, sempre che fosse ancora vivo, lo avrebbe ucciso con le proprie mani.
C’era una valida ragione per cui gli aveva detto di non uscire, mai specie di giorno e da solo. Non conosceva il territorio, le sue insidie e soprattutto non sapeva delle guardie che pattugliavano l’intero reame ad orari stabiliti. Se malauguratamente altri della sua razza lo avessero catturato, era certo che avrebbe aperto quella sua boccaccia sprovveduta e sarebbe stata la fine. E Loki non voleva morire per colpa di un bestione irruento ed ingrato.
Per fortuna era bravo a seguire le tracce e lo raggiunse in meno di venti minuti di cammino. Non appena lo vide, non riuscì a trattenersi e gli saltò addosso, con l’istinto di menarlo. Il guerriero non si lasciò prendere alla sprovvista ed evitò il colpo, parandolo con troppo impeto, spingendo inavvertitamente lo Jotun verso il burrone. Si lanciò dietro di lui, aggrappandosi ad una roccia con tutta la sua forza. Sentì qualcosa graffiargli la gamba, ma non ci dette peso. Era riuscito ad afferrarlo per la caviglia, giusto un attimo prima che finisse giù nello strapiombo. Uno scatto di reni e lo aveva gettato oltre il bordo, al sicuro.
Erano entrambi a terra, nervosi come non mai e completamente coperti di neve. Scattarono entrambi in piedi, pronti allo scontro, fisico o verbale che fosse. Loki gli andò in contro, corna estese ed aura rosseggiante intorno. Thor alzò i pugni e si preparò a colpirlo, prima che potesse fare uno di quei suoi trucchetti da mago. A separarli neppure un metro. Lo stregone si mise sulle punte così da non essergli inferiore, almeno in quanto all’altezza.
«Ti avevo detto di non uscire!» lo aggredì con furia, puntandogli l’indice al petto e fissandolo occhi negli occhi, decisamente fuori di sé. In risposta Thor contrasse la mascella, cercando di controllarsi ed evitare di stenderlo con un cazzotto ben piazzato. Fu allora che lo stregone notò la veste scura, strappata all’altezza dell’inguine, ed alcune piccole gocce scarlatte che stavano sozzando il candore accecante della neve. Immediatamente voltò la testa, riconoscendo la pianta su cui doveva essersi graffiato. Non aveva un attimo da perdere. Lo spintonò con forza, cercando di farlo sedere, così da curarlo prima che il veleno entrasse in circolo. Peccato che il guerriero intese in tutt’altro modo le sue intenzioni.
«Non sono il tuo cane.» gli abbaiò contro l’uomo, colpendolo con una manata, lanciandolo lontano e facendolo atterrare brutalmente di schiena. L’impatto lasciò lo Jotun stordito per qualche secondo. Non appena mise a fuoco nuovamente, si trovò il biondo sopra di lui, ed evitò per pura fortuna un pugno diretto in piena faccia. Era in trappola. Loki soffiò e mostrò i canini, sporgenti ed affilati, cercando di affondare le proprie unghie, ora simili ad affilatissimi artigli neri, in quel muso barbuto. L’Aesir afferrò i suoi polsi senza fatica e li sbatté a terra, bloccandolo con le mani accanto alla testa, completamente indifeso. Lo Jotun ansimava, furente e spaventato. Per tutti gli dei, neppure sfruttando a pieno la propria natura riusciva a farlo vacillare. Ed aveva ancora i sigilli ai polsi.
In preda al panico ed all’urgenza del momento, decise di giocare d’astuzia, per quanto quel piano fosse ben poco eroico e parecchio rischioso. Aprì la bocca di scatto ed affondò i denti nella sua carne. Thor urlò, afferrandosi l’avambraccio destro con l’altra mano. Quel cane di ghiaccio lo aveva morso! E sfruttando l’attimo di dolore e smarrimento, aveva invertito le posizioni, tenendolo inchiodato a terra con tutto il proprio peso, mettendogli il sedere praticamente in faccia. Gli aveva strappato di dosso la spartana cintura e sollevato la tunica, fino a metà addome. Prima che il povero guerriero potesse capire le sue intenzioni, avvertì la sua bocca fredda premere contro il suo inguine, succhiando con forza. E poi lo vide sputare il sangue poco distante da loro, e ciucciare nuovamente. Thor voltò il capo, notò la strana pianta che lo aveva graffiato e capì. Era di nuovo in debito con lui. Loki ripeté l’operazione alcune volte, fino a che non fu certo di aver eliminato tutto il veleno. Quando fu sicuro di avergli salvato la vita per la seconda volta, fece perno e si voltò, mettendosi a carponi su di lui, tenendogli le braccia ferme con tutte le sue forze. Lo fronteggiò, con le labbra ancora imbrattate del suo sangue e gli occhi spalancati, ringhiando gutturale e mostrando i denti.
Thor non reagì in alcun modo. Anzi, lo studiava apparentemente calmo. Sapeva che potevano assumere tratti ferini, quando si sentivano realmente in pericolo. Forse perché era nuovamente in debito con lui, ma non riusciva a temerlo davvero. Anzi, gli sembrava un enorme gattone blu, feroce perché spaurito. Aspettò pazientemente che si tranquillizzasse e smettesse di minacciarlo in quel modo ridicolo. Gli sarebbe bastato un braccio per afferrarlo al collo e strozzarlo. Ed era certo che anche lo stregone se ne sarebbe reso conto, non appena fosse tornato in sé.
Lentamente lo Jotun prese a respirare con regolarità, smettendo di ringhiare, mentre i suoi occhi tornavano lucidi e razionali. Gli si mise a sedere in grembo e solo allora entrambi si accorsero dello stato in cui giaceva l’Aesir. Loki guardò giù, per conferma e le sue iridi scarlatte si spalancarono di nuovo, sconvolte.
Una reazione inequivocabile.
«Farò finta di non averlo visto.» mormorò scattando di lato, togliendoglisi di dosso come se fosse stato scottato. Dal canto suo, l’uomo si affrettò a tirarsi giù la veste, così da coprire la propria involontaria, e decisamente fuori luogo, erezione.
«Ehi! Sei tu che ti sei messo a succhiarmi vicino a... sono a sangue caldo io! Ho delle reazioni naturali.» il biondo non poté far altro che ribattere alterato, per celare vergogna e desiderio che lo avevano assalito, non appena quelle labbra sottili avevano sfiorato la sua pelle.
«La prossima volta ti lascio morire avvelenato!» gli gridò contro il suo salvatore, guardandolo in cagnesco. Ah quindi la colpa sarebbe stata sua?! La collera superò l’imbarazzo.
«E io ti lascio cadere in un burrone, così non mi graffio su quei maledetti rovi!» urlò più forte il biondo, cercando la propria cintura, nascosta nella neve.
«Se tu non avessi cercato di fuggire, non ti avrei inseguito ed avrei prestato più attenzione al terreno!» strillò fuori di sé, fronteggiandolo a muso duro. Ora pure avere ragione, quel buzzurro irsuto e violento.
«Non stavo scappando! Volevo solo andare a caccia!» rivelò ugualmente arrabbiato, mostrando un rudimentale arco e le frecce, che si era costruito nei giorni precedenti.
«Al cibo ci ho sempre pensato da solo.» gli fece notare lo Jotun, piccato perché i suoi sforzi non venivano apprezzati a dovere. Come se fosse facile trovare da mangiare per due, a Jotunheim, in pieno inverno.
«Funghi ed erbe rinsecchite, complimenti per le grandi prede.» lo accusò strafottente, a meno di una spanna dal suo visino delicato. Se voleva stare a dieta per non ingrassare nemmeno di un grammo, non voleva dire che lui dovesse fare altrettanto.
«Ti sei abbuffato senza frignare fino a ieri! E mangi per tre.» lo criticò, puntandogli l’indice in mezzo allo sterno, dove doveva avere una caverna al posto dello stomaco.
«Se osavo lamentarmi, mi avresti lasciato pure senza cena!» gli fece notare il giovane, sogghignando saputo. Loki non poté ribattere. In effetti si sarebbe comportato proprio così.
«Fai schifo come cacciatore, smetti di negare l’ovvio.» concluse il biondo, incrociando le braccia al petto. Ora che si era sfogato si sentiva decisamente meglio.
«Nessuno mi ha mai insegnato, va bene?» confessò lo stregone, interrompendo il contatto visivo, vagamente confuso. In fin dei conti era vissuto per anni anche senza sfamarsi in abbondanza, no? Però dovette ammettere che se lui era abituato a sopravvivere con il minimo indispensabile, quell’ammasso di muscoli doveva bruciare un bel po’ di energie solo per respirare e tenersi caldo. Forse non aveva tutti i torti ad aver cercato di cacciare. L’aura e le corna sparirono, era di nuovo calmo. E sebbene non fosse abituato a relazionarsi con un’altro essere senziente, dovette ammettere che si sentiva molto meglio, dopo avergli urlato contro.
Loki stava per aprir bocca e chiedere scusa per l'aggressione, quando si trovò di nuovo affondato nella neve. Thor gli si era gettato addosso, con tutto il suo peso. Ed il suo calore. E per quanto lo turbasse essere schiacciato da un altro uomo, lo turbava ancora di più l’intenso tepore che proveniva da quella pelle muschiata. Era la prima volta che qualcuno lo toccava in modo così... totalitario. Poteva sentire ogni centimetro della sua pelle, ora che a coprirlo aveva solo la tunica, e non strati e strati di pelliccia. Tutte quelle sensazioni, nuove ed estranee per lui, lo stavano confondendo sopra ogni dire. Prima che potesse ri-evocare i propri poteri e dare a quel buzzurro ipertrofico la lezione che si meritava, l’Aesir gli tappò la bocca con la mano, intimandogli il silenzio.
«Zitto e guarda.» sussurrò con un fil di voce, facendo un cenno con la testa in un punto imprecisato dietro di loro.
Loki si allungò all’indietro, affondando il capo nella neve, e vide un maestoso cervo, che brucava serenamente a pochi metri da loro, del tutto ignaro della loro presenza.

~?~

Erano mesi che non mangiava selvaggina fresca. Cervo poi. L’ultima volta che era stato così fortunato da soffiare la preda ad un falco, si era trattato di un misero coniglietto.
Silenzio. Solo il rumore dei cucchiai nelle ciotole e le loro bocche avide di stufato. Nessuno dei due osava parlare. Erano entrambi dalla parte del torto. O della ragione, poco importava.
«Però cucini bene.» ammise il biondo, portandosi direttamente la ciotola alla bocca. Erano settimane che non mangiava così.
«Anni di pratica.» replicò il moro, con un mezzo sorrisetto, lasciando perdere le buone maniere e scolandosi fino all’ultima goccia di sugo. Sembrava che la burrasca fosse passata e per assurdo, dopo quella mezza scazzottata, erano entrambi molto più rilassati e collaborativi l’uno con l’altro. Avevano fatto un lavoro egregio per quanto riguardava quel cervo. Thor lo aveva centrato in pieno cuore e lo aveva trascinato fino alla grotta, mentre Loki si adoperava per nascondere le tracce di sangue con la propria magia. L’avevano scuoiato, pulito e tagliato in pezzi. Poi lo Jotun si era messo a cucinare, facendo sprigionare alla carne un profumino da svenire per la fame. Se evitavano di sbranarsi o ignorarsi a vicenda, formavano un’ottima squadra.
«Perché non sai cacciare? I tuoi genitori non ti hanno insegnato?» domandò il biondo, alzandosi e prendendo un’altra porzione. Allungò la mano verso il suo commensale, che gli porse la propria ciotola vuota, subito sostituita da un’altra, colma fino all’orlo di quella delizia, lasciata raffreddare così da non ustionarlo. Poi si rimise a sedere di fronte a lui, affondando il cucchiaio con sommo gusto.
«Sono sempre vissuto da solo.» confessò addentando un pezzo di carne, dopo averlo addirittura ringraziato. Non aveva motivo di nascondere le proprie origini. Non a Thor almeno. Quell’ingenuo bestione gli aveva rivelato la propria identità, il secondo o forse il terzo giorno.
«Sei orfano?» riprese curioso il guerriero. Era abituato a conversare a tavola e sembrava che anche il suo ospite ci avesse fatto il callo. Erano arrivati ad una sorta di accordo: potevano chiedere liberamente quello che volevano, se l’altro si sentiva a disagio, non rispondeva. Semplice e diretto, come piaceva a lui.
Un assenso, mentre continuava a mangiare, con molto più appetito del solito.
«Ah, capisco.» mormorò, ingoiando l’ultima sorsata di brodo caldo. Era davvero affamato, quello era il quarto piatto che divorava alla velocità di un lupo. Per fortuna ce ne era più che in abbondanza. E se Loki si era convinto a lasciarlo cacciare, potevano passare l’inverno satolli. Anche lo Jotun aveva finito, il piatto davanti a lui era vuoto e lindo come se fosse stato appena lavato. Di sicuro aveva apprezzato. Lo vide alzarsi diretto al pentolone e farsi un tris. Thor non poté fare a meno di sorridere soddisfatto. Soffiava su ogni boccone, raffreddandolo a vista d’occhio e lo assaporava con calma.
«Se vuoi posso insegnarti. Sai, come ringraziamento» gli propose il guerriero, stiracchiandosi e massaggiandosi la pancia, finalmente iniziava a sentirsi appagato. Lo stregone sollevò lo sguardo dal cibo, ascoltandolo con attenzione. Non male come offerta. Così quando quella primavera sarebbe tornato nel proprio regno, lui avrebbe potuto cavarsela anche con prede più veloci di funghi e bacche.
«Ci penserò.» rispose a bocca piena, masticando con cura un nervetto particolarmente saporito. Nel mentre, il guerriero si era alzato di nuovo, prendendosi una quinta porzione.
Ripresero entrambi a mangiare in religioso silenzio. Thor divorava con sommo gusto quello stufato di cervo e funghi che sembrava caricarlo di energie ad ogni boccone. Ormai sapeva che, una volta terminate le domande, sempre sue d’altra parte, l’intera cena si sarebbe svolta senza chiacchiere inutili. Il suo commensale era un tipino taciturno, sebbene estremamente curioso. Magari non si fidava ancora di lui, o forse semplicemente non era abbastanza interessante per i suoi canoni. Quando lo sentì riprendere la conversazione, con la voce stranamente titubante, rimase parecchio sorpreso.
«E’ piacevole?» gli domandò il ragazzo ceruleo, senza alzare gli occhi dal piatto.
«Cosa?» replicò il biondo, posando il cucchiaio. Visto l’aggettivo usato, linguaggio forbito o meno, non si stava riferendo alla zuppa.
«Quello che ti è successo prima.» chiarì, osservando il fuoco con insolito interesse. Thor non ci mise molto per ricollegare quel “prima” all’aggettivo “piacevole”.
«Non hai mai...» mormorò sottovoce, incredulo. Si scambiarono un’occhiata fugace. D’accordo, visto l’imbarazzo che gli abitava i lineamenti femminei “non aveva mai”. Che non fosse un tipo socievole lo aveva capito, ma che non avesse idea di ...
«Cosa non hai capito del “sono sempre vissuto da solo”?» aveva sbottato acidulo, smettendo di mangiare a sua volta. Ad essere sincero gli era accaduto alcune volte, pochi anni prima, di svegliarsi in quello stato. La prima volta era rimasto terrorizzato, credeva di essere stato morso nel sonno da una sanguisuga paralizzante, ma non aveva mai capito come e perché gli succedesse quello strano fenomeno.
«Nessuno stimolo o contatto fisico? Mai?!» la sua voce si era alzata di un’ottava buona ed ora i suoi occhi azzurrissimi lo fissavano spalancati.
Loki sospirò, scocciato. Ecco perché aveva sempre difficoltà ad iniziare le conversazioni con quel bestione, lo metteva a disagio con una facilità imbarazzante.
«Per alcuni anni ho vissuto con mia madre, ma ero poco più che un bambino quando é morta.» gli rivelò, alzandosi e posando i piatti, ormai vuoti, nella pentola sporca.
La mente di Thor iniziò a vagare su ogni possibile implicazione di quelle nuove rivelazioni. Era sempre stato da solo, gli unici contatti che aveva mai avuto erano stati sua madre e i nemici che invadevano il suo territorio, ma facevano subito una brutta fine. E poi lui, un Aesir. Forse quel saccente stregone si sbagliava su molte, molte cose. Ed era una in particolare a tormentare la curiosità del biondo. Certo avrebbe potuto chiedere, affrontare l’intera faccenda con più tatto, ma lui era un tipo istintivo. Agiva prima di parlare, era nella sua natura.
Lo afferrò all'improvviso, attirandolo a sé ed infilando la destra sotto le sue vesti, stringendolo nel proprio caldissimo pugno. In tutta risposta si beccò un piede in piena faccia, con tutta la potenza di cui l’altro disponeva.
«Se vuoi che ti ammazzi seduta stante, non hai che da chiedere!» gli berciò contro, allontanandosi fulmineo, come se fosse stato scottato, mentre intorno a lui si andava formando quell’aura rossastra tipica della loro magia ed anche i suoi cornini iniziavano a crescere.
«Sei davvero un maschio.» realizzò ad alta voce, più a sé stesso che al suo irascibile coinquilino.
«Ancora con queste insinuazioni?! Non avrò due bracci che sembrano tronchi come i tuoi, ma non vuol dire sia una femmina.» sbottò di colpo, stufo marcio dei dubbi che quel bruto aveva sulla sua virilità.
«Ho le corna! E niente seno, vedi?» continuò la propria accorata difesa, affrontandolo a viso aperto, a meno di un metro, indicando prima la sommità del capo e poi tastandosi la veste, aprendola un poco e mostrandogli il petto scarno e glabro. L’Aesir sembrò rifletterci su, reprimendo l’istinto di toccare quel lembo di pelle cerulea. In effetti aveva convissuto con la madre, anche se solo per pochi anni. Almeno la differenza tra maschio e femmina doveva conoscerla.
«Anche le Jotun allattano? E vi partoriscono...» domandò curioso, con le iridi azzurre fisse in quelle scarlatte del giovane gigante e lo vide annuire distrattamente, mentre voltava il capo verso la parete opposta, riprendendo il suo solito contegno altero. La veste rimase sbottonata fino a metà sterno. «Non li so certi dettagli, non ho mai visto nascere nessuno.» ammise, passandosi una mano nei capelli, accertandosi che le corna fossero di nuovo solo due piccoli spuntoni.
«Quindi la vostra razza ha due sessi distinti.» concluse soprappensiero l’Aesir, ignaro della reazione che avrebbe scatenato.
«Pensavate partorissimo NOI?» Loki stava praticamente strillando. Il guerriero dovette trattenersi dallo scoppiare a ridergli in faccia. Meglio evitare, visto quanto era permaloso il suo ospite. Però era decisamente buffo con gli occhi scarlatti fuori dalle orbite e la bocca spalancata.
«Bhe non abbiamo mai visto le vostre donne. La nostra era una deduzione logica.» si limitò a spiegare con una scrollata di spalle, non riuscendo però a trattenere un sorrisetto. Lo stregone lo fissò indecifrabile per alcuni secondi. Per quanto gli scocciasse ammetterlo, il biondone aveva parecchi punti a favore della sua teoria. Ma avrebbe potuto chiedere, parlare, anziché infilargli una mano proprio lì e lui... non avrebbe risposto. Quell’uomo iniziava a conoscerlo un po’ troppo bene. E questo lo infastidiva... e rassicurava allo stesso tempo.
«Le femmine vivono in tribù separate.» aveva preso a spiegare gli usi della loro razza con serena indifferenza, nientemeno che al futuro re dei loro più acerrimi nemici. In fondo tutto quello che sapeva, lo aveva imparato dai libri lasciatigli da sua madre. Non era realmente attaccato alle loro usanze, non aveva mai provato l’affetto o l’amicizia dei suoi simili, per cui poteva ergersi a commentatore neutrale. E poi gli piaceva il modo in cui l’altro lo ascoltava, seduto a gambe incrociate, rapito dalla sua erudizione.
«Non abbiamo proprio il concetto di nucleo famigliare di voi fuochi ambulanti.» proseguì, facendo sfoggio di tutto ciò che aveva imparato leggendo per una vita intera. Il guerriero sorrise per quell’epiteto. “Fuochi ambulanti” non suonava tanto male.
«I nati maschi entrano a far parte dei guerrieri, vengono addestrati fin da bambini a combattere e difendere il regno.» riprese, mettendosi a sedere sul proprio giaciglio, così da essere allo stesso livello del biondo, che sembrava avere una strana passione nel sedersi per terra, a gambe incrociate.
«I più intelligenti e talentuosi divengono stregoni.» la sua voce era profondamente orgogliosa nel pronunciare quelle parole. Lui non aveva neppure avuto dei veri maestri, ma era un incantatore decisamente capace. Fingersi modesti sarebbe stato da stupidi.
«Le femmine, raggiunta l'età adulta migrano di tribù in tribù ogni lustro, così da garantire una progenie sana. Abbiamo contatti tra i due sessi solo in occasione dei rituali d’accoppiamento.» concluse, non senza un filo di vergogna alla parola “accoppiamento”. Il biondo si sforzò di non sorridere di quel suo lato tenero ed innocente. Almeno su quel campo era più colto di lui.
«Io sono un eccezione.» mormorò, mettendosi a giocare con l’orlo della manica. Sembrava molto turbato ora. Thor comprese lo sforzo che stava facendo ad aprirsi così con lui e lo apprezzò sinceramente. Se fosse stato certo che non l’avrebbe presa male, l’avrebbe abbracciato. In maniera amichevole, da soldati, ovviamente. Non c’entrava nulla il fatto che fosse bello quanto una donna, ed altrettanto dolce e premuroso, quando non aveva la luna di traverso.
«Mia madre non volle lasciarmi morire e per questo fu bandita, costretta a vivere come una reietta, con quel maledetto che le dava la caccia per tutto Jotunheim, per cancellare l’onta di avere un figlio deforme.» riassunse con freddezza la propria intera esistenza, come se non lo riguardasse, ma le iridi scarlatte ardevano come fuoco, d’ira e sdegno.
«Mio padre è il re.» confessò infine, dopo lunghi attimi di silenzio.
«Sei un principe?» sbottò il biondone, sinceramente stupito. Era di sangue reale anche lui. Lo vide annuire, senza alcun orgoglio.
«Non c'é che dire, il fato ha davvero un senso dell'umorismo assurdo.» commentò con sarcasmo. Due eredi, due regni, due esiliati, o meglio un fuggiasco ed un sacrificato. Ed una grotta umida. Non faceva poi tanto ridere, a pensarci bene.
«Comunque se vuoi la mia opinione, per essere deforme, sei davvero bellissimo.» lo rassicurò appoggiandogli una mano sulla spalla, dandogli un paio di pacche leggere e sorridendo caloroso. Loki arrossì fino alle orecchie, ma non si sottrasse a quel contatto. Forse poteva osare, la situazione tra loro si era fatta molto più distesa, erano entrambi sazi e lo Jotun sembrava abbastanza di buon umore. Thor prese il coraggio a due mani, deglutì e parlò.
«Posso vedere come sei fatto?» chiese semplicemente. Non era in grado di aggiungere chiarimenti, dettagli o perché. Erano giorni, anzi settimane che si domandava come fosse davvero fatto da vicino uno Jotun, quello Jotun in particolare.
«...solo se ricambi il favore. Non ho mai visto da vicino un Aesir.» replicò lo stregone, cercando di non apparire impacciato. In fondo era dannatamente curioso. Era una fortuna inaspettata, accademicamente parlando. Non aveva altri motivi per volerlo studiare, se non puro amore per il sapere. Assolutamente nessun altro motivo.
«E quando mi hai salvato? Ero nudo allora.» gli ricordò il biondo, alzandosi in piedi. Seguito poco dopo dal giovane ceruleo.
«Ho preferito portare entrambi al sicuro, invece di mettermi a studiarti come un esemplare raro.» chiarì con un’alzata di spalle, preferendo non scoprirsi troppo ed ammettere a voce alta che gli era sembrato da approfittatore, osservarlo mentre era incosciente.

~?~

PARTE CENSURATA

~?~

«Domani è l’equinozio di primavera.» aveva mormorato lo stregone, ancora avvolto nell’abbraccio caldo del guerriero, carezzandogli distrattamente l’avambraccio possente, ormai da tempo libero dai bracciali magici. C’era rammarico nella sua voce. L’indomani si sarebbero dovuti separare. E lui sarebbe stato di nuovo solo. No, non voleva pensarci. Sarebbe andato tutto bene. Quel grosso bestione gli aveva già donato tanto, molto più di quanto avesse mai sperato. Non poteva chiedergli di rimanere. Non era il suo mondo quello. E sinceramente non avrebbe chiesto neppure al suo peggior nemico di restare a vivere con lui, in quelle lande desolate, abitate da mostri con usanze crudeli.
«Ho deciso.» annunciò Thor, pieno di determinazione. Lo fece voltare verso di sé. Non si sarebbe perso la sua espressione per nulla al mondo.
«Ti porterò con me, ad Asgard.» dichiarò stentoreo, sorridendo raggiante. Loki non poté far altro che fissarlo ad iridi sgranate. Che diavolo gli era preso?! Non pensava davvero che il suo popolo lo avrebbe permesso. Uno Jotun deforme tra gli Aesir? Anche se gli aveva salvato la vita, due volte, non voleva dire che sarebbe stato accettato di buon grado.
«Mi sono sacrificato per la mia patria, ho rischiato la mia vita, mi sono piegato ad una stupida usanza solo per non incrinare un patto crudele, che si fa beffe del sacrificio di un intero popolo.» Thor parlava a ruota libera, mostrandogli tutte le ragioni per cui non avrebbero dovuto poter obbiettare niente. Doveva essere da parecchio che ci rifletteva.
«Dovranno concedermi ciò che voglio.» annunciò infine, sicuro come un leone.
«E io voglio te.» sussurrò ad un soffio dalle sue labbra, puntando l’indice proprio in mezzo al petto, sul cuore, come era solito fare lui quando voleva imporsi.
«Come amico, fratello, amante. Ancora non lo so. So solo che mi piaci da impazzire.» una dichiarazione di una bellezza disarmante, annunciata con la semplicità che solo un’anima pura come quella poteva possedere, mentre il più meraviglioso e sincero dei sorrisi gli illuminava i tratti marcati, con la fulgida potenza del sole d’agosto.
«Stupido bestione.» fu l’unico commento che la sua gola, serrata dall’emozione, riuscì a proferire, prima di baciarlo.

~?~

Asgard era magnifica.
Oceani sconfinati, campi rigogliosi, cieli tersi, un sole caldo. Meritava a pieno il titolo di meraviglia dei Nove Regni.
Lo stregone Jotun era in piedi sul balcone della camera reale, avvolto in una veste leggera, verde e oro. Il suo incarnato era roseo e privo delle linee d’osso che contraddistinguevano il popolo dei Ghiacci. Le corna erano nascoste da una fascia dorata, che gli acconciava i capelli all’indietro. E gli occhi avevano assunto un verde brillante, luminoso e sereno. Si mostrava nel suo vero aspetto solo alla famiglia reale ed agli amici più cari. Amici, quanto suonava bene quella parola nella sua mente?
«Loki.» si sentì chiamare dalla voce profonda di Thor, ma il suo arrivo non lo colse di sorpresa. L’odore inconfondibile della sua pelle, lo aveva annunciato ben prima che aprisse bocca.
«Stai ancora guardando l’orizzonte?» domandò abbracciandolo da dietro e sentendolo sbuffare. Non gli piaceva essere stretto in modo così intimo lì, su un balcone, in bella vista. La sua diffidenza verso il prossimo non era ancora completamente scomparsa e questo ne faceva un eccellente uomo politico. «Lo sai che amo il tramonto.» spiegò l’altro, continuando a fissare il mare, cercando di liberarsi da quei tronchi che gli cingevano la vita, ma senza troppa convinzione.
«Non ho mai provato il piacere del sole, prima che tu mi portassi qui, ad Asgard.» confessò con un sorriso malinconico. Quanti anni erano passati da quel giorno? Quante battaglie avevano combattuto insieme, liberando gli Aesir da quell’inumano sacrificio e gli Jotun dal crudele giogo di suo padre? «Tua moglie come sta?» domandò sinceramente preoccupato. Non c’era astio o gelosia nelle sue parole. In fondo Thor era il re, aveva dei doveri ben precisi verso il suo popolo e la corona. E poi Sif gli era molto simpatica. Era una donna forte, intelligente e spiritosa, oltre che incredibilmente bella. Ed amava veramente, con tutto il suo cuore, il loro sovrano, esattamente come lui.
«Bene. Mi ha dato un maschio.» Thor sorrideva raggiante. Era lieto oltre ogni dire. Ora aveva un figlio, un erede. La sua felicità era completa.
«Congratulazioni, mio re.» annunciò genuino, voltandosi all’improvviso e regalandogli un fulmineo bacio sulla bocca. Era ancora molto restio a mostrarsi affettuoso con lui, al di fuori della loro camera da letto. Sgusciò via dalle sue braccia come neve a primavera.
«E credi di cavartela con così poco, uomo freddo?» gli sussurrò all’orecchio quel bestione biondo e lo ri-attirò a sé, senza smettere di sorridere, intrappolandolo di nuovo.
Un bacio senza tempo, caldo e dolce.
«Per te ci sarà sempre posto al mio fianco, Loki. Non dimenticarlo mai.» lo rassicurò, accarezzandogli la tempia, dove sapeva bene esserci un secondo cornino, che stava spuntando con l’età ed era molto, molto sensibile. Forse non poteva dargli un figlio, ma era il suo consigliere più fidato ed indispensabile. Anche la sua amata Sif sapeva quanto fosse profonda ed intima la loro relazione, e non ne sembrava turbata. Anzi, ne era persino curiosa. Tanto da proporgli di condividere il talamo, tutti e tre, una volta che la successione dinastica fosse stata assicurata. Chissà come avrebbe reagito Loki a quell’idea. Il sovrano, si era accorto da tempo, quanto il suo compagno fosse attratto dai seni prosperosi della bella regina.
«Sei mio germano.» mormorò sulle sue labbra, chiamandolo con l’appellativo che solo due fratelli d’armi potevano usare l’un l’altro.
«Tuo pari.» incalzò il moro, ricordandogli quale fosse il sangue che gli scorreva nelle vene.
«Mio amico.» aggiunse il guerriero, accarezzandogli dolcemente la schiena, dove ben sapeva si trovava lo sfregio che si era causato, pur di ripararlo dalla freccia di un traditore.
«Tuo amante.» insinuò lo stregone, leccandosi il labbro superiore, sensuale, mentre la sua mano saliva al suo collo, dove era rimasta la sottile cicatrice causatagli da quel Gigante, quel giorno ormai lontano. Il re rise, vagamente imbarazzato.
«Già, forse ultimamente ho trascurato un po’ troppo quest’ultimo aspetto.» ammise ridacchiando tra sé.
«Potresti fare ammenda.» gli suggerì, baciandolo tentatore, mentre affondava la mano in quella chioma dorata come il sole.
«Lo farò.» promise il sovrano, sfregando i loro nasi, giocoso.
«Mi conosci bene, Loki.» confessò, stringendolo di più a sé. Era la felicità incarnata in quel momento.
«So resistere a tutto, tranne alle tentazioni.» mormorò suadente, scostandogli la chioma corvina e strofinando le labbra contro la sua tempia, posando un bacio delicato sul suo corno destro.
«E per quale altro motivo credi sia venuto ad osservare il tramonto, proprio sul balcone della tua camera da letto, con indosso solo la tua veste preferita?» insinuò malizioso, indugiando nel suo abbraccio con movenze quasi femminee, ben sapendo quanto quel gesto lo facesse impazzire.
Thor non si prese neppure la briga di replicare. Scelse di zittirlo con un bacio infuocato, stringendolo a sé con tutto l’amore che provava per lui.

~? FINE ?~

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Thor / Vai alla pagina dell'autore: Nemsi