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Autore: Mistful    21/06/2007    13 recensioni
Ecco a voi la traduzione della fanfic che ha vinto l'Oscar come migliore fanfic del 2005! Con la partecipazione di un Harry estremamente depresso, in un mondo di maghi lacerato dalla guerra, sul punto di essere colpito dallo shock più grande della sua vita nel momento in cui scopre che Draco Malfoy è leggermente più importante per lui di quanto avesse mai immaginato. Include un’amicizia molto strana, molta angst, sospetti, lealtà conflittuali, un Ron poco sveglio, una Hermione sul piede di guerra e due ragazzi alquanto incasinati.
Genere: Drammatico, Thriller, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Harry
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Scusate il ritardo

Scusate il ritardo! Il prossimo capitolo sarà l'ultimo, e ho intenzione di aggiungere anche qualcosa scritta da Maya riguardo a questa storia, insomma qualche commento dell'autrice. Il problema è che non so ancora *dove* inserirli. Magari li spargerò allafine dei vecchi capitoli, vi avviserò in seguito! Godetevi il 21 ^_^

Underwater Light

By Maya

 

Tradotta da Luciana
Beta: Vale

Sommario:

Mai rivolto preghiere al Signore?
Mai dubitato del vostro amore?
La timidezza adesso buttatela via.
Leggete qui, scoprite la spia!

 

Capitolo Ventuno

La spia di Hogwarts

It's always darkest in the night

Hold on so tight your fists turn white

And your soul may be blown wide open...

[La notte è sempre più buia / Aggrappati forte finché le nocche ti diventano bianche / E la tua anima potrebbe esplodere completamente...]

 

 

Il viaggio di ritorno in treno fu quasi identico a quello verso il Surrey. Erano tutti tesi e tristi, solo di più. Ron continuava a cercare di mettere il braccio intorno a Hermione, ma ogni volta lei si inarcava e si muoveva finché non la lasciava andare. Lupin e Sirius erano lividi.

Erano rimasti solo loro. Silente li aveva mandati via ed erano stati presi uno per uno, ed era ovvio che non l'aveva fatto apposta ma era successo, e Harry l'aveva detto che non avrebbero dovuto farlo! Aveva promesso a Natalie che avrebbe ucciso Voldemort e che non c'era alcun motivo di avere paura.

Avrebbe volentieri ucciso qualcuno. Ne aveva abbastanza di essere incazzato senza potersi sfogare. Appena tornati si sarebbero seduti e avrebbero organizzato un piano tutti insieme. Avrebbero potuto parlare di cosa stavano facendo gli Auror, o anche unirsi a loro. Finalmente avrebbe potuto fare qualcosa.

Potevano salvarli tutti. L'avrebbero fatto.

Draco tamburellava con le dita sul finestrino. Harry pensò che si sarebbe rallegrato se qualcuno se la fosse presa, ma nessuno sembrò notarlo. Lo guardò e Draco annuì.

"Vado a sgranchirmi le gambe," annunciò Draco. "Perché ho bisogno di gambe sgranchite."

"Già, anch'io," disse Harry.

Si alzò e seguì Draco. Draco cominciò a tamburellare anche sul finestrino del corridoio.

"Smettila," disse Harry, più che altro per dargli soddisfazione.

"Non assecondarmi, Potter," replicò Draco. Gli rivolse comunque un mezzo sorriso, smise di tamburellare e si appoggiò al finestrino. "Dunque," disse. "Silente ha mandato dei Gufi e non ha ricevuto risposte, quindi crede che siano stati presi tutti. Tranne la spia. Ovviamente ha consegnato tutti quelli con cui era ed è sparito nell'ombra, così non sapremo mai chi fosse. A meno che..."

"Draco, basta," disse Harry ferocemente.

Doveva essere andata così. Qualcuno in uno dei gruppi aveva consegnato tutti gli altri. Magari Ginny aveva visto il viso del traditore e doveva esser stato orribile vedere un amico di cui si fidava trasformarsi in una spia durante la notte...

"A meno che non sia uno di noi," continuò Draco senza fare una piega. "Non ti sembra un po' strano che siamo rimasti solo noi? Possibile che nessuno nella gang del Signore Oscuro abbia detto ehi, un momento, chi ha preso quel ragazzo con gli occhiali, come si chiama... ce l'ho sulla punta della lingua..."

"Draco, sta' zitto. Non è nessuno di noi. Non è Lupin, non è Sirius, di certo non è né Ron né Hermione, e tu..." Dopo tutto quel tempo, dopo tutto ciò che aveva detto, c'era ancora una certa tensione sulle spalle di Draco. Harry ne strinse una, forte, e lo strattonò.

"Draco," disse. "Non sei neanche tu."

"E chi parla di me?" chiese Draco. "Sei chiaramente tu. E' sempre la persona meno sospetta."

"Sta' zitto, Draco." Strinse anche l'altra spalla e le strattonò entrambe. Si scambiarono un sorriso esausto.

"Hai complottato tutto sin dal primo anno, è ovvio," continuò Draco. "Dietro quegli occhiali tondi si cela la mente di un genio malvagio." Glieli sfilò e a Harry, attraverso l'improvvisa nube sfocata, sembrò che lo stesse scrutando in modo esagerato. "Sì, ora lo vedo," concluse.

Harry si sporse in avanti e il viso di Draco divenne nitido, molto più vicino di quanto pensasse. Draco sbatté le palpebre una volta, lentamente, e quando Harry lasciò cadere con incertezza una mano dalle sue spalle, Draco la afferrò. Restarono immobili, Draco appoggiato al vetro e Harry appoggiato a Draco, e Harry si accorse che ogni volta che avevano i brividi respiravano all'unisono.

"Decisamente malvagio," mormorò Draco.

Harry non era affatto certo di poter dire cose sensate mentre teneva Draco contro il finestrino, ma sentiva di doverci provare.

"Senti, io non voglio... in questo momento so che sei confuso..."

Harry era confuso, furioso, irrequieto e perso perché Draco era troppo vicino. Il suo respiro gli volava rapido contro la guancia, e fu come se le corde del suo cuore si fossero ispessite, aggrovigliandoglisi nel petto. Voleva spingere Draco più forte contro il vetro e fare... qualcosa, qualsiasi cosa, poi andare ad uccidere qualcuno, sistemare qualcosa, tornare da Draco e riposare.

"Sei tu quello confuso," sbottò Draco. "Ti ricordi di cosa abbiamo parlato l'altra volta, sul treno... di noi... di ciò che volevi?"

Le dita di Harry erano chiuse sul dorso delle mani di Draco, schiacciate contro il vetro lucido del finestrino. Guardò Draco, così scontroso e impacciato, e pensò a tutte le cose per proteggere le quali valeva la pena di uccidere, alle cose per cui valeva la pena di morire. Il profilo plumbeo di Hogwarts che si stagliava in lontananza come casa. Sirius che faceva del suo meglio e falliva sempre, Hermione che alzava gli occhi da un libro e gli sorrideva, Ron a undici anni col naso sporco.

"Sì," disse.

"E' molto probabile che moriremo presto," gli disse Draco, pensieroso. "Neanche io posso deluderti nel poco tempo che ci resta..."

"Solo perché pensi che stiamo per morire... lo sai, non devi fare niente se non..."

"Harry, sta' zitto!"

Harry fissò il suo viso affilato e caparbio, e pensò a tutte le cose per cui valeva la pena uccidere.

E questo, pensò. E tu.

"Lo so che non devo," disse Draco. "Io..."

Tese la mano che stringeva ancora gli occhiali di Harry tra due dita, e Harry sentì le stanghette graffiargli la nuca quando Draco lo baciò. Fu un bacio intenso, nonostante Draco tremasse.

Il proposito di trattenersi fallì miseramente, e Harry gli si avventò contro, lo spinse più forte contro il finestrino, sentì la bocca di Draco aprirsi calda sotto la sua mentre le loro mani intrecciate premevano contro il vetro. Con l'altra mano immobilizzò Draco contro il finestrino, e lo sentì tirargli i capelli mentre si baciavano.

Draco si mosse, lottando per non essere tenuto fermo e Harry avrebbe pensato che volesse davvero liberarsi, se non fosse stato per i gemiti profondi e irregolari che gli sfuggivano e per le dita strette tra i capelli di Harry.

Harry cercò di stringerlo ancora più forte, si strusciò disperatamente contro il suo corpo e Draco si contorse e tremò contro il vetro, affondando i denti nel labbro inferiore di Harry.

"Oh, insomma," disse Hermione.

Harry si voltò di scatto e diventò scarlatto sotto il suo sguardo.

"Ehm, Hermione. Ascolta. Lasciami spiegare," disse, poi guardò verso Draco per assicurarsi che capisse che non avrebbe mentito. Draco aveva il fiatone e pareva piuttosto divertito.

"Non disturbarti," disse Hermione. Sembrava stanca. "Non è questo il momento, e poi lo so da mesi. Malfoy, se gli fai del male giuro su Dio che ti ammazzo."

"Non va avanti da mesi," protestò Harry, offeso. "E non ho bisogno di essere protetto da te, fra l'altro."

Hermione incrociò le braccia. "Ah, davvero? Siamo l'unico gruppo rimasto, Harry, non ti sembra un po' sospetto..."

"Siamo l'unico gruppo rimasto, Hermione, non ti sembra un po' controproducente cominciare a scagliarci accuse tra di noi?" scattò Harry.

"E' anche possibile che sia tutta una trappola," disse Draco.

Hermione guardò Draco, e disse con voce forzata: "Cosa vuoi dire?"

"Silente è un uomo in vista. Credi che sia difficile per chiunque nel mondo magico accedere a documenti con la sua calligrafia? Io stesso potrei imitare la sua scrittura. Quel Gufo potrebbe essere falso, e potrebbe portarci dritti dritti in una trappola."

Hermione e Draco erano entrambi molto seri, ma qualcosa di quell'idea fece sorridere Harry.

Che ci provassero. Non vedeva l'ora di fare qualcosa.

"Potrebbe essere," concesse. "Ma dobbiamo comunque andare, nel caso non lo sia. Perciò... come andiamo con le Maledizioni Senza Perdono?"

Hermione aveva detto che sarebbe stato meglio tornare dentro, ma alle parole di Harry si fermò con la mano sulla porta.

"Harry, a parte tutto... non funzionano sempre. Bisogna crederci davvero..."

"Allora suggerisco di crederci," disse Harry. "Dopo di te."

Hermione entrò. Harry si fermò ancora un attimo prima di seguirla. "Prima," disse, e si interruppe. "Volevi dire quello? Che tu... che vuoi essere..."

Draco lo guardò quasi con sfida, e per un attimo continuò a fissarlo. Un sorriso lento ed esitante gli fiorì sul viso. "Sì."

Harry si accorse che si tenevano ancora per mano, e strinse la presa. "Ok," disse. "Bene."

Entrarono nella carrozza e Sirius, cupo, si offrì volontario per essere posto sotto la Maledizione Imperius.

Il viaggio di ritorno fu quasi identico a quello di andata.

Ma non del tutto.

*

Il Binario 9 e ¾ era una distesa immobile e vuota di piattaforme di cemento e binari. Non c'era alcun Espresso di Hogwarts rosso sfavillante, e non ne sarebbe mai arrivato uno, per quanto avessero potuto attenderlo.

Sirius e Lupin forzarono con successo la porta del magazzino in cui i ferrovieri magici tenevano le scope, nel caso in cui ci fosse bisogno di volare sul luogo di un guasto e non ci si potesse Materializzare.

Una certa dose della tensione di Harry fu attenuata dal contatto di un manico di scopa nel palmo della mano. Un altro po' fu alleviata dal sorriso inquieto che comparve a un angolo della bocca di Draco.

"Segui la mia scia," disse piano. "E cerca di non cadere."

"Sono preoccupato, Draco," replicò Harry, chinandosi su di lui, senza baciarlo ma animato della consapevolezza di poterlo fare. "Potrei finire così avanti che non ti vedrei nemmeno cadere."

Draco storse la bocca contento della sfida, e Harry prese il volo nel vento. Nel cielo non c'era che quella luce all'angolo dei suoi occhi, ovvero Draco che lo raggiungeva. Draco gridò qualcosa che non riuscì a sentire, e Harry quasi rise, e il nodo che aveva nel petto si allentò per qualche momento.

Quando si avvicinarono ad Hogwarts anche quel sollievo sparì, e atterrò pieno di rabbia e paura davanti all'entrata della scuola.

*

Harry non aveva mai visto Hogwarts deserta prima, ma adesso si stagliava scura sul cielo tetro. Non c'erano gufi che volavano verso la Guferia né luci alle finestre, e la forma familiare delle torri e dei tetti spioventi apparve improvvisamente sinistra, troppo tranquilla, come il guscio vuoto di una persona amata.

Formarono un gruppo stretto stretto fuori alla porta, tremando come se potessero volare via da un momento all'altro. Harry percepì incertezza nella spinta della spalla di Ron contro la sua, e del gomito di Draco dall'altra parte. Ora che erano arrivati, tutti avrebbero voluto andarsene.

Ripensò alle parole di Draco sull'eventualità che fosse una trappola, e si ricordò che lì dentro c'era l'assassino della McGranitt e che avrebbe potuto perderli tutti.

Avevano perso già abbastanza persone.

"Che ne direste," disse, "se io entrassi per primo e... non so, dessi un'occhiata in giro?"

"Harry, non esiste," esclamò Hermione.

"No, lo farò io," disse in fretta Sirius.

"Avete obiezioni morali a organizzare un piano?" chiese Draco.

La sua voce aveva un che di teso che gli altri non avevano, e si irrigidì leggermente quando Harry lo guardò. Harry si ricordò che Draco aveva molta meno esperienza di loro con situazioni potenzialmente mortali, e solo per un secondo ripensò a un ragazzino del primo anno nella Foresta Proibita che mormorava lamentele con voce tremante. Spinse la spalla, solida e rassicurante, contro quella di Draco.

"Hai qualche idea geniale, Malfoy?" chiese Ron, e dalla piccola dose di sarcasmo si intuiva quanto fosse disperato.

"Stranamente no."

Le sopracciglia nere di Sirius si avvicinarono all'istante. "Harry ha ragione, qualcuno dovrebbe entrare. Lo farò io, voglio farlo..."

"Sirius..."

"Credo che il piano di Harry non sia male," disse lentamente Lupin.

Tutti, incluso Harry, lo fissarono.

Proseguì. "Sono certo che qualcuno fra voi abbia pensato a una trappola. Se lo è davvero, non ha senso entrare tutti. Entrerà una sola persona, e se non uscirà, Sirius potrà contattare l'Ordine della Fenice - o quello che ne resta." Si fermò e aggiunse: "Ovviamente, quella persona dovrei essere io."

"Ma è stata un'idea mia!" disse Harry.

"Non posso permettere che entri nessun altro!" ribatté Lupin, e fu il primo rimprovero severo che Harry udì dalla sua voce. "E' giusto che entri io, almeno ho vissuto. Non sono stato intrappolato ad Azkaban per dodici anni, e non sono un ragazzino che si è appena affacciato alla vita..."

"Io non sono un ragazzino..." obiettò Harry.

Il viso di Lupin parve più grigio e più stanco che mai alla luce del crepuscolo. "Sei ancora uno studente, e sei sotto la mia responsabilità. Non lascerò che entri nessun altro. Entrerò io."

"Mi lasci venire con lei."

Harry vide la stessa espressione sconvolta sui volti di Sirius, Ron e Hermione prima di guardare Draco. Draco si morse il labbro e incrociò orgoglioso i loro sguardi allarmati.

"Mi lasci venire con lei," ripeté, a voce più bassa. "Non farò nulla di..."

Lupin, proprio come Harry, non era affatto sorpreso. "Non essere ridicolo, Draco," disse. "Certo che lo faresti. E certo che non permetterò niente del genere. Entrerò da solo."

Si fermò, non per esitazione ma come aspettandosi di dover rispondere ad altre obiezioni. Harry lo guardò impotente.

Lupin annuì, come faceva di solito quando tutto era stato sistemato alle riunioni del Giovane Ordine della Fenice.

"Datemi una mezz'ora, dopodiché scappate più in fretta che potete," disse, sempre con l'aria di chi avesse finalmente stabilito tutto. Raggiunse l'enorme portone di Hogwarts che Harry aveva oltrepassato di corsa migliaia di volte, e lo spinse. Poi si voltò un'ultima volta. "E' stato un onore conoscervi," disse, e scomparve nell'oscurità.

Il portone gli si chiuse alle spalle.

*

Draco aveva imprecato dopo che si era chiusa la porta, dopodiché nessuno aveva fiatato per un po'. Sirius era impegnato in quella che sembrava una sfida di sguardi con la porta dietro cui era scomparso il suo ultimo amico, e Ron era impegnato in una battaglia per far sì che nessuno si accorgesse di ciò di cui si erano già accorti tutti, e cioè che i suoi occhi erano pieni di lacrime.

Harry si sedette accanto al portone di Hogwarts con le mani giunte attorno alle ginocchia, cercando di non prendere niente a pugni. Si arrese dopo quindici minuti e dette un pugno al muro di pietra.

Lo colpì forte e sentì la pelle lacerarsi contro la pietra, il morso bollente del sangue che si portava via un po' della sua rabbia. Draco si inginocchiò accanto a lui, tirandolo via dal muro.

"Non farlo," disse. La sua voce era distante, il suo viso freddo.

"Perché diavolo non dovrei?" chiese brusco Harry. "Questo stupido muro potrebbe mettermi in pericolo?"

L'attenzione di Draco fu apparentemente distolta dal tono di Harry, e quando guardò Harry negli occhi i suoi si addolcirono. "Lasciami riformulare," disse nel modo più condiscendente. "Non farlo, idiota, perché potrebbe servirti la mano con cui tieni la bacchetta."

Le sue dita erano conficcate nel polso di Harry, e lui era la persona meno comprensiva al mondo. Harry sapeva, in qualche anfratto nascosto della sua mente, che era ridicolmente grato a Draco per la sua presenza.

Ma in quel momento quasi non riusciva a percepire quella sensazione. Riusciva a pensare solo a Lupin che era entrato al posto suo. Avrebbe potuto sopportare tutto tranne quello, pensò, tutto tranne l'essere tenuto al sicuro.

"Sei tu l'idiota," disse, con voce aggressiva. "Non ti avrei mai lasciato entrare lì dentro senza di me."

Draco piegò la testa con un piccolo verso. "Vorrei proprio vederti mentre cerchi di fermarmi," disse, quasi teneramente.

Hermione aveva le braccia strette attorno a se stessa, come cercando di mantenersi in piedi. La sua bocca stava formulando incantesimi, ma cercò di sorridere quando Ron la guardò. Sirius non staccò un attimo gli occhi dal portone.

Draco tenne la testa abbassata per il suo solito terrore di mostrare le emozioni che tradiva. Harry si guardò intorno e desiderò di poter dire qualcosa di appropriato come aveva fatto Lupin... ma ciò che voleva davvero era fare qualcosa.

Essendo quello che era, nel mondo in cui vivevano, il suo modo di dire Vi voglio bene sarebbe stato uccidere qualsiasi cosa avesse tentato di toccarli.

Stava appunto pensandoci quando, da qualche parte nel castello, Lupin urlò.

Sembrava vicino e suonava grave, e se non fosse stato per quello forse Sirius si sarebbe fermato un attimo e avrebbe fatto ciò che aveva detto Lupin, portandoli tutti al cospetto dell'Ordine. Ma l'urlo era ancora nell'aria quando Sirius si lanciò sulla porta e sparì all'interno.

"Sirius, aspetta," gridò Hermione, troppo tardi.

"Non possiamo lasciarlo andare da solo," disse Ron.

Harry era già in piedi. "Non sappiamo dove sia l'Ordine della Fenice. L'unica scelta che abbiamo è seguirlo e cercare di salvare almeno lui."

Dopo si sarebbe sentito uno schifo per essere riuscito a prevedere la morte di Lupin, ma quello era il momento di agire.

"Odio i Grifondoro," disse Draco, in tono di assenso. Era bianco persino sulle labbra.

"Avanti," ordinò Harry, ed entrarono tutti. Alle sue spalle sentì tutti gli altri che si affrettavano in modo da non poterci pensare un secondo di più.

All'interno il castello era buio. Non c'era traccia di Sirius.

*

Harry vide gli altri esitare, avvolti dalle tenebre come insetti dall'ambra.

"Dobbiamo fare qualcosa adesso," disse. "Dobbiamo trovare Sirius, non può essere andato lontano."

"Ci dobbiamo dividere," annunciò Draco con voce esile.

No, pensò Harry all'istante. Era per quello che si erano ritrovati in quel casino. Si erano divisi e la spia li aveva rintracciati uno per uno. Ma Draco parlava velocemente.

"So cosa pensi, ma è l'unico modo. Come hai già detto, non può essere andato lontano, ma se prendiamo tutti la direzione sbagliata potrebbero essere uccisi o... messi insieme agli altri... Non è una grande scelta, ma è l'unica che ci resta! Se ci ritroviamo tutti qui tra venti minuti..."

Si fermò, perché sapeva che c'era una possibilità che nessuno tornasse al punto d'incontro. Hermione annuì piano ma con determinazione.

"Allora va bene. Andiamo, Ron."

Harry pensò in fretta. Se avesse dovuto scommettere, avrebbe scommesso che l'urlo fosse venuto dai piani inferiori del castello.

"Voi andate di sopra, e continuate a salire se non trovate niente. Io cercherò qui e poi nei sotterranei, così impiegheremo tutto il tempo che abbiamo. Poi torniamo tutti qui. Mi raccomando! Starò attento."

"Staremo attenti," lo corresse Draco, contrariato.

Ron e Hermione annuirono all'unisono, senza più tempo per le parole, e corsero su per le scale come avevano fatto decine di volte quando Ron si era dimenticato la sciarpa, o a Hermione serviva urgentemente un libro della biblioteca.
Hogwarts era buia adesso, tutti i ricordi erano contaminati, e Harry ripensò alla terza prova del torneo e provò un senso di gelo. Era stato in un altro mondo in cui ogni sua paura si avverava, e quel mondo ora aveva conquistato il suo.

Era così infuriato che non c'era quasi spazio per la paura. Lui e Draco attraversarono la Sala e le stanze adiacenti trovandovi soltanto ombre, e Harry quasi desiderava di inciampare sul nemico.

Quella era casa sua! L'unica casa che avesse mai avuto!

Nessuno aveva il diritto di portargliela via.

Le uniche cose a rivendicare Howarts erano le ombre, e Harry non poteva certo combattere contro quelle. Lui e Draco si scambiarono rapidi sguardi e iniziarono in silenzio a scendere le scale verso i sotterranei.

Avevano appena terminato i gradini quando udirono voci e passi nelle vicinanze.

Harry afferrò la bacchetta. Draco afferrò Harry, e lo attirò in una nicchia che Harry avrebbe giurato non fosse lì un minuto prima.

"Sta' fermo," ordinò Draco, la sua voce un sibilo appena percepibile, la bocca sull'orecchio di Harry. "Siamo qui per trovare delle persone, non per combattere!"

Harry si fermò e ogni muscolo del suo corpo protestò. L'adrenalina ingannata gli scorreva rovente nel corpo, spinse forte il palmo contro la bacchetta e girò il viso verso quello di Draco. Cercarono di respirare con calma, ma senza riuscirci.

Le persone dietro l'angolo erano un gruppo di Mangiamorte che camminavano avvolti dai mantelli e coi cappucci sollevati, che ad Harry ricordarono dei monaci da incubo. Sirius e Lupin non erano tra loro.

I muscoli tesi di Harry gli urlarono di muoversi, ma rimase immobile, col petto di Draco che sobbalzava contro la sua schiena. I Mangiamorte, dopo qualche attimo infinito, si allontanarono. Harry e Draco aspettarono finché non furono scomparsi persino i rumori dei loro passi.

Poi Draco lasciò andare il braccio di Harry ed espirò a fondo, rabbrividendo.

"Ok," disse. "Lasciami andare da solo."

"Sei matto? Lupin è entrato da solo..."

"E sarebbe stata la decisione giusta, se Black non l'avesse seguito! Questa è la decisione giusta. Mi hai visto adesso, Snape mi ha mostrato ogni angolo segreto dei sotterranei. Posso nascondermi meglio di qualsiasi altro Serpeverde. Se Black o Lupin sono qui posso trovarli, e posso farlo più velocemente da solo!"

"E io cosa dovrei fare mentre te ne vai in giro a rischiare la vita?"

Draco lo guardò in un modo che, più che suggerire, gridava che Harry si stava comportando da idiota. "Tutti noi abbiamo lasciato a scuola ogni oggetto magico tranne la bacchetta per non essere scoperti," disse, e all'assenso perplesso di Harry sibilò, "Non credi che il mantello e la mappa potrebbero tornare utili in questo momento?"

Harry non sprecò tempo a darsi dell'idiota. "Hai ragione. Resta qui, vado a prendere la mappa così possiamo cercare insieme."

"Siamo un po' a corto di tempo, nel caso non l'avessi notato," sbottò Draco. "Con la mappa saprai dove trovare me, gli altri, chiunque. Io cercherò qui, e tu andrai da un'altra parte. Voglio fare qualcosa, non ho paura..."

"Non lo pensavo," disse Harry.

Inaspettatamente, Draco gli sorrise. "Sono un bugiardo. Dovresti saperlo. Ma voglio andare lo stesso, credo sia la cosa migliore per noi."

Se ne accorse mentre guardava la linea tesa della mandibola di Draco. Draco aveva paura. Avere paura sembrava una cosa così remota a Harry, che nel sangue non sentiva che l'impulso ronzante di agire, ma... nonostante la paura, Draco si era ricordato del mantello e della mappa.

Strinse forte il braccio di Draco. Avrebbe quasi voluto lasciargli un livido.

"Ucciderò qualsiasi cosa cerchi di toccarti," disse contro l'orecchio di Draco. "Vai."

Draco fece un passo indietro e sbatté le palpebre anziché guardare dritto Harry. Poi si fermò e lo fece.

"Non fare niente di stupido," disse alla fine, la voce dura.

Prese tra le mani il viso di Harry e lo baciò, e anche il bacio fu duro. Il pericolo non lasciava più né tempo né spazio per la gentilezza, e la schiena di Harry colpì il muro quando i denti di Draco graffiarono l'interno della sua bocca. Non poté lasciarsi andare a un gemito, così afferrò bruscamente Draco per soffocare sia il gemito che il pensiero di morire. Reclinò la testa all'indietro contro il muro e attirò a sé Draco, in modo da sentire solo la pietra e la solidità del corpo di Draco su di sé. La sua schiena sotto le mani di Harry, sotto la camicia, era umida di sudore.

Harry voleva riempirlo di graffi. Anche la sua schiena era schiacciata dolorosamente contro la pietra e le sue cosce erano tese sotto il peso di Draco, ma non gli importava. Draco lo spinse più forte contro il muro, come se volesse fargli male, fargli implorare pietà. I fianchi di Harry si sollevarono verso Draco e il suo respiro si fece irregolare come in una preghiera.

Non voleva pietà. Soffocò un gemito affamato ma non il desiderio di mangiarsi vivo Draco.

Draco poteva anche avere paura, pensò vagamente Harry, ma nel suo sangue c'era lo stesso fremito di eccitazione che c'era nel suo, la stessa smania di fare qualcosa, qualsiasi cosa, Dio, e se Draco fosse rimasto lì e si fosse spinto su di lui un altro istante... ma Lupin e Sirius erano in pericolo. I denti di Draco si mossero lenti ma decisi sul labbro inferiore di Harry, e le sue dita si curvarono leggermente tra i suoi capelli. Poi si staccò da Harry.

"Non azzardarti a morire," ordinò, e corse via.

Harry raggiunse le scale dei sotterranei diretto alla Torre di Grifondoro.

*

Non c'era polvere sulla Signora Grassa, tuttavia lei lo guardò confusa mentre saliva le scale verso di lei e pronunciava la parola d'ordine.

"Tiri Vispi Weasley," sussurrò, ricordando la Terza Prova. Anche allora aveva detto quelle parole, quando avrebbe dovuto ricordarsi che la parola d'ordine serviva solo per entrare. Le cose erano andate al contrario sin da allora.

Sapeva che la sala comune sarebbe stata fredda e vuota, con tutte le cose che si erano lasciati dietro simili a reliquie nella luce grigia della notte che calava. Non si risparmiò un'occhiata al libro abbandonato da Hermione, né alle scale che portavano al dormitorio delle ragazze, che avrebbe potuto salire tranquillamente perché le ragazze erano andate via tutte. Aveva altre cose di cui preoccuparsi.

Corse su per le scale, e con gli occhi già abituati all'oscurità intravide le forme di tutti i letti vuoti. Il suo era desolato, un angolo del lenzuolo ripiegato con cura dagli elfi domestici, e la cassapanca ai piedi del letto... depredata.

Harry si inginocchiò. I suoi libri erano sparsi in giro, la scopa spezzata, e il Mantello dell'Invisibilità era scomparso. Col respiro affannato in quel silenzio profondo e solitario afferrò I magnifici sette e lo aprì alla pagina dove teneva nascosta la mappa.

Era lì.

Harry la aprì in fretta e la pergamena gli tremò tra le mani. Quando le familiari linee e i puntini neri iniziarono a comparire sulla pergamena giallognola seguì avidamente ogni linea con lo sguardo.

Ron e Hermione, al sicuro al primo piano. Draco, apparentemente al sicuro nei sotterranei con nessuno nei dintorni. Sirius e Lupin c'erano, vivi, ma quasi persi in due gruppi separati di Mangiamorte, e gruppi di Mangiamorte (o quelli che Harry presumeva fossero Mangiamorte) erano sparsi per tutto il castello. C'era Codaliscia, ma non si trovava vicino a nessuno di loro e... In uno di quei gruppi Harry vide oscillare le parole Tom Riddle.

Voldemort era a Hogwarts.

I pensieri di Harry sfuggirono al suo controllo e si persero nel panico. Stava succedendo, stava succedendo davvero, e non c'era niente che potesse fare né nessuno che potesse soccorrere nessuno di loro...

Le linee e i punti si rincorsero in un angolo, e Harry vide chi poteva aiutarlo.

Richiuse la mappa e corse, corse, corse come se tutti i Mangiamorte lo stessero già rincorrendo attraverso le stanze orribilmente deserte dei Grifondoro e attraverso i corridoi bui e riecheggianti che portavano ad un gargoyle di pietra.

Non c'era bisogno di una parola d'ordine. Il gargoyle si fece da parte mentre Harry si avvicinava, e appena Harry salì il primo gradino della scala a chiocciola ascendente gli tornarono di nuovo in mente la Terza Prova e la comparsa di Voldemort, e strinse forte le dita attorno alla bacchetta quando la scintillante porta di quercia di Silente entrò nel suo campo visivo, con il batacchio a forma di grifone che risplendeva nella penombra.

La porta si spalancò, e dentro non c'era Voldemort. C'era solo Silente.

"Oh, Harry," disse. "Mi chiedevo se avrei avuto una chance di parlare con te."

*

La stanza circolare era immersa nelle tenebre come il resto di Hogwarts. Gli strumenti d'argento erano silenziosi e privi di vita, e i ritratti dei vecchi Presidi erano stati strappati dalle pareti. Silente era seduto al buio dietro la sua enorme scrivania, e fissava una pila di cenere davanti a lui.

"Fanny," spiegò, fraintendendo lo sguardo di Harry. "E' molto triste, ma anche le fenici a un certo punto muoiono senza più risorgere."

Sembrava gobbo e minuto sulla sua sedia con lo schienale alto. Ormai la luna era uscita, una forma ricurva che sbirciava da dietro le finestre, e la sua luce proiettava un'aura fioca e stanca sui suoi capelli bianchi e disordinati. Il mento gli arrivava quasi al petto, ma gli occhi azzurrini che guardavano Harry erano acuti come sempre.

Harry respirò a fondo. "Professore... signore, la prego, Voldemort è nella scuola!"

"Certo," disse gentilmente Silente. "L'ho invitato io."

La sua voce era così calma che la prima cosa che Harry provò fu sollievo. Era tutto a posto, Silente aveva un piano, e mentre il suo respiro tornava regolare e la prima ondata di adrenalina si calmava, cominciò a sentire freddo.

"Vi ho invitati tutti a tornare per incontrarlo," continuò Silente, sempre sereno. "Cominci a capire adesso, Harry?"

Il battito del suo cuore aveva rallentato così tanto che un pensiero tremendo riuscì a farsi strada tra un battito e l'altro. Sembrava che dell'acqua fredda gli stesse gocciolando nel petto a intervalli regolari, come incidendo una pietra.

Ripensò alle immagini nel Sognatoio, e capì cosa aveva cercato di comunicargli il sogno.

Mentre Draco nuotava nel lago nel suo sogno, aveva sussurrato la prima parola d'ordine che Harry avesse mai udito per l'ufficio di Silente. Sorbetto al limone.

Le facce delle creature pericolose nel sogno... grifone, chimera, basilisco. Tutte cose che l'avevano minacciato... tutte tranne il grifone. Che era il batacchio di Silente.

Quella frase ricorrente nell'ultimo sogno, quella in cui la McGranitt aveva visto qualcosa prima di morire.

Non lo sai?

Harry lo sapeva. Finalmente lo sapeva.

"E' lei la spia," disse lentamente. Provò una strana sensazione nel pronunciare quelle parole, come se stesse parlando una lingua straniera, un Serpentese che non avrebbe mai avuto senso perché all'improvviso niente nel mondo aveva più senso.

"E' troppo tardi. A cosa ti serve saperlo adesso?" chiese Silente. "Non sei mai stato abbastanza svelto, Harry... ma sono certo che hai fatto del tuo meglio."

Fece un gesto consolatorio con le mani, la cui pelle avvolgeva i nodi blu delle vene come carta crespa. Sembravano fragili e vecchie le sue mani, investite solo dell'autorità di un bisnonno gentile.

Harry non riusciva a mettere insieme le parole senza sforzo. Persino la sua lingua gli aveva voltato le spalle.

"Ma... come?"

"E' stato molto facile, Harry."

Certo che lo era stato. Per quanto Harry avesse potuto studiare la Mappa del Malandrino in cerca della spia, non gli sarebbe mai venuto in mente di sospettare della presenza di Silente in qualsiasi luogo. Nessuno studente si sarebbe allarmato incontrando Silente, nessuno studente avrebbe urlato quando Silente avesse alzato la bacchetta.

Ripensò stordito alle fughe di informazioni. Lupin aveva detto che si era rivolto a dei membri dello staff. Chiunque avrebbe detto a Silente qualsiasi cosa avesse voluto sapere.

Nessuno si era lontanamente sognato di mettere il nome di Silente su una lista dei sospetti. Solo una persona l'aveva fatto, solo una, e perché non l'aveva capito? La McGranitt non era corsa dal Preside dopo aver avuto la rivelazione. Aveva chiesto a Harry di chiamare Lupin, e aveva detto qualcosa a proposito del libro che Hermione aveva scelto nel suo sogno...

Il vecchio libro, ricordò finalmente Harry, che avevano esaminato il primo anno. Quello su Nicolas Flames... e il suo partner, Albus Silente.

L'orrenda e sconvolta incredulità si trasformò in ira.

"Ha ucciso la professoressa McGranitt!" gridò Harry. "Come ha potuto... come ha potuto? Noi ci fidavamo di lei e lei... lei è malvagio... è sempre stato malvagio..."

La tranquillità di Silente non vacillò. Restò seduto lì, ingobbito, con la testa china, vecchio e intoccabile e senza pietà.

"Non sempre, Harry. Neanche adesso, in verità."

Harry si indignò nello scoprire in se stesso l'impulso furioso e confuso di scoppiare a piangere. Non era più un bambino, maledizione, ma si sentiva un bambino mentre fissava con assoluta incredulità un adulto di cui si fidava.

"Come può dirlo?" chiese. "Ha ucciso..." La voce gli si incrinò mentre parlava, e deglutì con forza. "L'ha uccisa! Ha preso tutte quelle persone!"

"Sei proprio un bambino, Harry," disse Silente, più triste che arrabbiato, come se riuscisse a leggere nella mente di Harry. "Sei così giovane, e credi che tutto sia o bianco o nero. Hai la minima idea di quanto abbia vissuto a lungo io? Hai idea di cosa abbia visto?"

Harry sentì di nuovo freddo, e fece appello a tutte le sue energie per soffocare le lacrime. La notte era grigia e inanimata, come le ceneri della fenice.

"Ho più di cent'anni, e so che non c'è alcun modo di sconfiggere il male. Ho sconfitto Grindelwald ed è comparso Voldemort. Prima di Grindelwald ce n'era stato un altro, e nel corso della storia ci sono stati leader crudeli e guerre in cui entrambi gli schieramenti hanno dovuto piegarsi al male perché l'unica alternativa era la morte. Ogni cosa buona che sia mai accaduta in tutta la storia del mondo non è stata che un sogno, un desiderio, una costruzione fragile innalzata nell'intervallo tra due mali e inevitabilmente distrutta. Lo so. L'ho imparato. Ero giovane, stupido e pieno di speranze, e ho riscosso molte vittorie, ma queste cose scompaiono. Il male è l'unica cosa che resiste, così io... ho deciso di arrendermi e sopravvivere."

"Ha deciso di schierarsi dalla parte di Voldemort!"

"Ho deciso di vivere. Ho smesso di lottare e ho negoziato. Al prezzo della mia vita ho iniziato a prosciugare Hogwarts. Ho consegnato degli studenti a Voldemort... ma non ho mai consegnato te, né alcun amico che potesse aiutarti. Anche ora hai una chance di affrontare Voldemort, proprio come diceva la profezia."

Si sporse in avanti, gli occhi pallidi e guardinghi. "Ma non vincerai, vero, Harry? Lo sappiamo entrambi. Ho organizzato la Terza Prova in modo da vedere come potessi cavartela davanti a Voldemort, e sappiamo tutti e due che non sei riuscito a far nulla. E' stato allora che ho perso ogni speranza, ma dopo tutto importa ben poco."

Harry ricordò di aver letto qualcosa sul trauma da combattimento in alcuni libri babbani, e cercò di pensare ad una cosa simile prolungata per un secolo di lotte. Non poteva immaginare quanto dovesse essere incredibilmente stanco Silente.

Non sopportava la vista di quel vecchietto avvizzito, che ormai era privo di ogni qualità gloriosa avesse mai avuto.

"I migliori, i più svegli soccombono sempre, e ogni generazione è più povera della precedente. Avresti dovuto conoscere Nicolas Flamel quando era giovane. Avresti dovuto conoscere tuo padre, Harry. Lo adoravo. Hai mai avuto la forza di creare qualcosa di simile alla Mappa con le tue mani, o di diventare segretamente un Animago? No, Harry, mai. Non ce n'era alcuna speranza."

"Ha detto che amava mio padre," disse Harry, e lasciò che la voce gli tremasse. La Mappa del Malandrino gli cadde dalle mani e svolazzò dolcemente fino al pavimento. "Lascerà che la sua morte non significhi niente?"

Silente non era mai stato l'uomo che Harry aveva creduto fosse, da quando l'aveva conosciuto. Quell'uomo era stato morto come i suoi genitori, per tutta la vita di Harry.

"La morte non significa mai niente, Harry. Riduce le vite della gente a nulla, e arriva sempre. I tuoi genitori, altri miei allievi, tutti i miei amici d'infanzia... Ora non sono niente, nient'altro che parole su una pagina e cenere nel vento. Mi è dispiaciuto uccidere Minerva, ma alla fine cosa importava se moriva allora o un po' più tardi? Sono io il possessore della Pietra Filosofale. Sono io che vivrò per sempre."

"Lei ha la Pietra Filosofale?" mormorò Harry. "Ma aveva detto..."

"Avevo detto di averla distrutta, ma non mi hai visto farlo. E non l'hai mai messo in dubbio, come non hai messo in dubbio nessuna delle mie assenze strategiche. Non sei mai stato abbastanza intelligente da non fidarti degli altri."

E' perchè mi fidavo di lei, pensò Harry. Sentì di aver oltrepassato l'ira e la sensazione di essere stato tradito, fino a uscire dall'altra parte. Non aveva freddo, e non era più rovente per l'oltraggio. Tutto era immobile, e non provava che tristezza.

Silente parlò in tono lievemente addolorato, come se stesse parlando dei brutti voti di Harry ai suoi MAGO.

"Io vivrò, vivere è meglio che morire, e qualsiasi cosa è meglio della lotta perpetua e lacerante contro una cosa che è dappertutto. Io vivrò, e forse tra un po' di tempo dimenticherò le persone migliori che ho conosciuto, tutte distrutte da questo mondo. E anche se ciò non dovesse succedere... la tua morte sarà solo un piccolo rimorso accanto a quella di James o a quella di Minerva. Ho fatto il possibile per te. Credevo che ti avrebbe fatto piacere sentire una spiegazione. E' stato tutto molto triste, ma non c'è niente che nessuno avrebbe potuto fare."

Sembrava che avesse finito. Incrociò le braccia e guardò Harry con un certa pazienza apatica ed esausta. Harry sapeva che non poteva essere smosso né dalla rabbia né dalle lacrime, da nessuna emozione.

Era tutto ciò che rimaneva del più grande mago che fosse mai esistito.

Harry si rese conto per la prima volta che gli aveva voluto bene. Gli aveva voluto bene, e in quel momento c'era qualcosa che farfugliava e piangeva dentro di lui, ma l'unica cosa che riuscì a raggiungere fu una triste certezza. Ricordava con perfetta chiarezza di aver ucciso i serpenti che aveva creduto spie perché erano troppo pericolosi per permettergli di vivere.

La bacchetta di Silente era sulla scrivania, mentre quella di Harry era stretta nella sua mano. Alzò la bacchetta e per la prima volta vide una vera emozione sul viso di Silente.

"Invece sì," disse Harry lentamente. "C'è una cosa che posso fare."

*

Trovarono Lupin nella Torre di Astronomia.

Hermione aveva pensato che sarebbe stato meglio controllare anche lì, dato che avevano ancora qualche minuto prima di doversi ritrovare con Harry e Malfoy, ed erano appena entrati quando sentirono dei passi venire verso la porta.

Ron le agguantò la mano e la tirò su per le scale che portavano alla terrazza dell'osservatorio, dove alcuni telescopi erano rimasti alle finestre. Li ignorarono e si misero in ginocchio, e Hermione sperò che la ringhiera li tenesse nascosti anche quando vi si affacciarono.

Fu allora che i Mangiamorte trascinarono nella torre Lupin in catene.

Hermione riconobbe anche il leader di quel gruppetto. Era Codaliscia.

"Chi altro è entrato con te?" domandò mentre gettavano Lupin per terra.

Lupin grugnì quando colpì il pavimento, coi capelli nella polvere. "Nessuno. Sono stato solo tutto il tempo."

"Sappiamo che sei stato mandato nel mondo babbano con Harry Potter!"

Come faceva a saperlo la spia? pensò nervosamente Hermione. Chi potrebbe essere?

"Loro sono rimasti lì. Sono venuto da solo, Peter," rispose calmo Lupin.

Codaliscia sussultò. "Non c'è bisogno... non c'è bisogno che mi parli così! Io non ti ho mai fatto niente... ti ho lasciato fuori!"

"Gentilissimo," disse asciutto Lupin, incatenato per terra.

"Io... io vorrei tanto lasciarti andare anche adesso, Remus," disse con voce tremula Codaliscia, "ma dobbiamo sapere dov'è Harry Potter."

Si voltò, incapace di guardare Lupin un secondo di più, e Hermione vide bene il suo viso per la prima volta. Era contorto in un'espressione fiacca e sgradevole.

"Altrimenti," continuò a voce bassa, "dovremo procedere con la tortura."

"E allora tortura sia. Fate pure. Io non sono mai stato un codardo."

Ron sobbalzò per l'orrore e Hermione lo tirò giù, lo attirò a sé e sentì la sua bocca contorcersi per l'orrore e la disperazione sul suo collo. Gli accarezzò i capelli con gentilezza ansiosa, si aggrappò forte a lui e pensò che se l'avessero visto avrebbero potuto strapparglielo via.

Chiuse gli occhi e nascose il viso tra i capelli di Ron, cercando di non pensare a ciò che stavano facendo a Lupin.

Realizzò che era una cosa da stupida, e guardò di nuovo oltre la ringhiera. Lupin stava guardando in su verso di lei, con gli occhi sbarrati, e le mani di Hermione strinsero più forte quelle di Ron. Ma nessun altro li aveva visti.

Magari lei e Ron avrebbero potuto coglierli di sorpresa...

Non aveva ancora sentito il suo cuore gonfiarsi per quel principio di progetto e di speranza, che la porta si aprì di nuovo.

Riconobbe la coppia che entrò con la stessa sicurezza con cui aveva riconosciuto Codaliscia.

Uno era Voldemort, e Hermione sentì il suo cuore accelerare come quello di un coniglio, come se avesse potuto scoppiarle fuori dal petto per fuggire verso un posto più sicuro.

L'altro, non in catene e non certo prigioniero, che camminava volontariamente e con noncuranza accanto al Signore Oscuro, era Draco Malfoy.

"Stai ancora racimolando il coraggio, Codaliscia?" strascicò Malfoy, la voce inconfondibile quanto i capelli. "Ti mostro io come si fa."

Prese la sua bacchetta e la puntò verso Lupin.

Poi disse disinvolto, "Crucio."

Il corpo di Lupin si contorse in uno spasmo di agonia.

 

 

 

 

 

 

 

*** 

Vi aspetto numerosi ^_^ Il prossimo capitolo potrebbe tardare causa esame di letteratura inglese in avvicinamento, ma farò di tutto per muovermi prima del 30 :)

 

 

 

 

  
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