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Autore: Kristah    03/12/2012    3 recensioni
Una vita normale. Ecco cosa conduce la protagonista di questa storia. Certo, vi starete chiedendo come mai questa storia sia finita qui, nella sezione fantasy.
No, non è un errore.
Una vita normale non basta. Lupi mannari, creature mitologiche e fantastiche, profezie antiche e fate che vogliono aiutare il Re del Male a conquistare il mondo degli umani.
Quinn Evelyn Farrell, questo il nome della protagonista della mia storia, è una ragazza normale: frequenta il liceo di Albertville (Ohio), è la reginetta della scuola e la capo cheerleader, è fidanzata con il Quarterback della squadra della scuola.
Vi sto annoiando?
Se avrete un po' di pazienza vi mostrerò cosa sono in grado di creare e tirare fuori dall'idea per una storia nata per caso.
Le domande che vi pongo sono due:
-Avrete la pazienza di aspettare qualche capitolo prima della fantasia?
Ma quella più importante è....
Vi fidate di me?
Spero di avere tanti lettori, ragazzi!
Vi regalo un biscottino (?)
Tanto amore!
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Because I'm not a word,

I'm not a line,
I am not a girl who can every be defined.
(Fly, Nicki Minaj ft Rihanna)




29 dicembre,
ore 9.00
Camera di Ted Farrell.


Qualcuno bussa alla porta; Teddy è ancora nel mondo dei sogni e se cercassi di alzarmi lo sveglierei: mi sta placcando come se fossi un giocatore della squadra avversaria di football. Gli accarezzo i capelli, e la porta, con un cigolio assai poco invitante si apre.
Entra Jack, con la sua solita tenuta da allenamento. Capisco immediatamente cosa vuole: le Muse mi hanno raccomandato di allenarmi nella lotta a mani nude, chiamata comunemente boxe.
-Linny...- sussurra Jack. Annuisco e mi vedo costretta a destare Teddy dal suo sonno calmo. Con le mie labbra posate sui suoi capelli sussurro: -Teddy, è ora di svegliarsi-
Si stropiccia lentamente gli occhi, un mh di poco conto e senza senso gli nasce sulle labbra. Lo guardo sorridendo mentre mi alzo dal suo letto; mi stiracchio per bene, prima di dare un bacio sulla guancia al mio coetaneo.
Certo, d'ora in poi sarà dura, le Muse me lo hanno confidato senza troppi giri di parole, ma questo non può e soprattutto non deve condizionare la mia quotidianità.
-Dai, forza. Papà e Robin sono andati al lavoro- mi dice Jack, trascinandomi praticamente fuori dalla camera di Teddy. Sono sveglia da un paio d'ore, anzi, non so ben dire se abbia dormito per un tempo superiore alla mezz'ora di fila. Prima avevo troppo caldo, poi troppo freddo, ma in realtà queste sono tutte scuse. 
La verità è che sono spaventata. Tanto spaventata.
Insomma, devo allenarmi perché le nove Muse mi aiuteranno a salvare l'umanità. Questo non è un episodio di Buffy l'Ammazzavampiri; è la mia vita, e l'idea di morire a diciotto anni di certo non era nei miei piani per il futuro.
Riluttante, perché la mia idea sulla camera di mio fratello non è cambiata di certo da un giorno all'altro, faccio un passo nella stanza da letto di Jack e la prima cosa che vedo sono un paio di boxer abbandonati ai piedi del letto; trattenendo un conato di vomito, perché è pur sempre mattina, indosso il mio sorriso stronzo.
-Noto con poco piacere che il livello di igiene non è tra i tuoi biosgni primari, Jack-
Lui mi fissa, sconcertato e quando vede cosa il mio indice sta indicando arrossisce in un colpo: -Scusa. E' solo che...-
-Non voglio spiegazioni. Sei mio fratello, mi stai aiutando, ti voglio bene per questo, e troveremo un compromesso a tempo debito- dico, tutto d'un fiato.
Jack alza le spalle, con un ghigno divertito; poi si siede sul letto, o almeno è quello che penso sia il letto.
-Non lo trovi strano?- mi domanda, abbassando lo sguardo come se mi avesse appena fatto una domanda sul sesso (argomento decisamente poco tabù tra noi due).
-Cosa dovrei trovare strano?-
-Che le Muse non ti abbiano detto contro cosa dovrai combattere. Non sei curiosa?- adesso alza lo sguardo e punta quegli squarci di cielo nei miei. Quattro angoli di cielo che sono stati sottratti per poterci donare la vita.
Faccio spallucce: -Non mi pongo molte domande. Cerco di imparare tanto per non rimetterci la pelle-
Le guance di Jack si tingono di una tenue sfumatura rossa: l'ho messo in imbarazzo. Cosa ho detto?
Oh, giusto. A lui non è ancora andata troppo giù l'idea che questa sia più una missione suicida; mi viene da sorridere della sua innocenza e della sua voglia di salvarmi dal mondo.
-Iniziamo- dice risoluto, scuotendo la testa, forse per cacciare i pensieri che l'hanno presa sotto assedio. Anzi, sicuramente per questo motivo; vivo con Jack da abbastanza tempo per sapere tutto di lui.

-Tecnincamente dovresti colpire un essere umano nei suoi punti più deboli- mi spiega mio fratello, infilandomi i guantoni da boxe. Sono blu, pesanti e non hanno un buon odore. Jack non è stata l'unica persona ad averli indossati, penso, con mio grande disappunto.
Non soffro di uno di quei comportamenti ossessivi-compulsivi che mi rendono un pericolo per la società o per i batteri, ma sono abbastanza maniacale quando si parla di igiene.
-Quali sono i punti deboli di un essere umano?- domando, prima di sfregarmi il naso con il guantone; lascio da parte il mio livello di pulizia e mi concentro su quello che devo imparare. 
Purtroppo per me ho visto Jack prendere parte ad una rissa, e non una sola volta. Sa picchiare, e soprattutto non mena le mani in giro come fanno i nostri compagni; non mi stupirei se venissi a scoprire che in una vita passata è stato tipo, che ne so, un marines nella guerra del Vietnam.
-Il torace: una volta che hai una costola incrinata, o peggio, fratturata, fatichi a respirare. La testa, cioè, la calotta cranica in generale; soprattutto se la colpisci ripetutamente nello stesso punto. Certo, serve a tenere il cervello al sicuro, ma se la prendi nel modo giusto puoi anche far svenire quello che ti sta davanti. E... lo stomaco e il basso ventre in generale. Ti sconsiglio di colpire alla schiena, perché la colonna vertebrale è dura da daneggiare-
Annuisco, come un cagnolino obbediente.
Testa, torace, stomaco. Non sembra poi così difficile.
Jack mi indica il sacco da boxe: -Colpiscilo con tutta la forza che hai in corpo, Quinn-
Carico al meglio il pugno e colpisco il sacco, che si sposta solo di qualche centimetro; mi volto verso Jack e sono certa che se da questo allenamento non dipendesse la mia difesa si metterebbe a sghignazzare.
Non lo fa, e gliene sono grata.
-Quinn, devi metterci più forza. So che ce l'hai, solo che è nascosta. Anzi, repressa. E' tutta la rabbia che hai accumulato mandando giù i bocconi amari-
-Facile a dirsi- sbuffo, sistemandomi un po' meglio i capelli ribelli che scappano dalla presa austera dell'elastico.
-E' facile anche da fare. Guarda-
Jack si posiziona davanti al sacco appeso al soffitto, lo guarda con aria di sfida. Si sta concentrando: la sua mascella è contratta, i muscoli delle braccia sono allo stremo della contrazione; potrebbero spezzarsi dalla tensione a cui sono sottoposti. Carica il destro e lo scaglia con forza contro il sacco: oscilla pericolosamente e il gancio a cui è attaccato cigola in modo spaventoso. Quando il sacco sta per colpirlo lo ferma con il palmo della mano.
Tutto questo a mani nude. Prima che io possa anche solo provarci con i guanti, ci vorranno anni.
Ma sono certa di non avere anni a mia disposizione; forse mesi, o forse settimane.
Prego perché non si tratti di giorni.
-Visto?- mi domanda alzando le sopracciglia. Mi lascio cadere a peso morto sul suo letto e dal suono sinistro delle molle nel materasso sono certa che sia il suo letto.
-Jack, io sono una ragazza. Non dovrei menare le mani. Ci sono i ragazzi per questo- dico, forse lo sussurro o forse lo urlo, non lo so. Guardo il soffitto bianco e la testa di mio fratello entra nel mio campo visivo.
-Quinn, dobbiamo solo trovare qualcosa che ti faccia provare rabbia. Quando è stata l'ultima volta che avresti voluto pestare qualcuno?-
Ci penso e ci ripenso; se guardo dentro di me non è difficile immaginarlo: quando Will mi ha chiesto scusa dopo avermi mandata all'ospedale.
-Poco tempo fa- rispondo, sibilando. Non me ne rendo conto, ma sono di nuovo in piedi di fronte al sacco da boxe. Se quello fosse William Hummell sono certa che lo avrei riempito di sberle e pugni fino a fargli sanguinare le orecchie.
-Bene, ora... concentrati. Davanti a te c'è quella persona. Tirale un pugno. Devi farle cadere un dente-
La voce di Jack però mi giunge lontana; sono sempre stata abituata da mia madre a non alzare la voce e a reprimere la rabbia in un angolino della mente, perché la rabbia non è buona, è cattiva e ti porta a fare cose cattive.
Il sacco da boxe prende la forma del mio ex ragazzo, di fronte a me, con quella finta espressione bastonata, mentre mi chiede scusa per avermi spedita all'ospedale con uno schiaffo del tutto inatteso e ingiusto.
Carico il destro, alzo il braccio lentamente. Sento i denti digrignare tra loro, la rabbia ribollire dentro di me e sferro il colpo.
La vista si annebbia nel momento in cui il blu del guanto sfiora il nero del sacco; il mondo cade nel buio per un lungo e interminabile attimo, prima di tornare a splendere dei suoi naturali colori; forse è anche più radioso.
-Wow- sento dire da Jack, mentre ferma il sacco prima che mi finisca tra le braccia.
-Sei stata... grandiosa!- mi dice, mentre mi fissa sbalordito.
-Spero che la persona che ti sei immaginata non fosse il sottoscritto, perché in quel caso mi metterei a scappare a gambe levate-
La tensione si smorza non appena lo abbraccio e gli regalo un bacio sulla guancia.  


Ore 10.30
Cucina di casa Farrell.


-Mi passi il latte?- domando a Jack con un sonoro sbadiglio. Ho passasto un'ora ad allenarmi e ho i muscoli che gridano vendetta; non avrei mai immaginato che scaricare la rabbia potesse essere doloroso. L'ho sempre visto come qualcosa che fa bene, ma a quanto pare mi sono sbagliata. Complice il fatto che la rabbia repressa era tanta? Può darsi.
Afferro il cartone di latte che mi passa mio fratello e lo scolo tutto nella tazza: il mio caffè, prima nero come la pece, si è trasformato in un caffé latte con un mucchio di latte e poco caffè.
Mi viene voglia di buttare il contenuto nel lavandino, e farlo sparire dentro lo scarico, ma so che devo berlo. Fa parte della dieta che seguo da quattro anni. Quattro anni da quando mi sono avvicinata a Jack. Una vita fa, in pratica.
-Albus ti ha scritto quando dobbiamo andare in "biblioteca"?- chiede Jack, rompendo il silenzio che si è creato tra noi due; scuoto la testa e mi rendo conto che il mio telefono è al piano di sopra, acceso ma con la vibrazione, probabilmente sepolto sotto la miriade di libri che contengono i miei tanto agognati compiti, che non ho ancora iniziato.
-Non ho ancora guardato il telefono- affermo alzandomi, con la tazza rigorosamente tra le mani. 
-Quinn, bevi- mi esorta mio fratello, indovinando i miei pensieri; per me è sempre stata dura fare colazione, ma se mi azzardo a saltarla, e mia madre se ne accorge chiama immediatamente Jack che mi trascina fuori dalla classe e mi fa ingurgitare qualcosa al bar della scuola. 
Oppure Jack avvertiva Will.
Will.
Quel nome mi fa ancora male. Certo, se fosse stato davanti a me mentre mi allenavo a quest'ora sarebbe come minimo in coma farmacologico disteso su un lettino simile a quello sul quale c'ero io poco tempo fa.
Per non pensare a Will bevo in un sorso solo il latte macchiato con il caffè, ormai totalmente freddo. Metto, o forse sarebbe pù azzeccato butto, la tazza nel lavandino, con il rischio di spaccarla e rendere la mia permanenza in cucina ancora più lunga.
-Vado a controllare il telefono- sbuffo, dando le spalle a Jack e affrettandomi per le scale.

Il piano superiore è silenzioso: non si sentono nemmeno i nostri fratelli respirare. Nemmeno James, che di solito russa come fa Robert. 
Evitando di fare troppo rumore vado in camera mia e scovo il telefono, come avevo predetto, sotto ad un mucchio di libri buttati a caso sul letto: due messaggi.
Albus e... Will.
Davvero?
Questo ragazzo è peggio delle piattole!
Non voglio parlargli, ma la curiosità ha la vittoria sull'odio e finisco per leggere prima il suo messaggio che quello di Albus, decisamente più importante.
-Quinn, voglio solo parlare e mettere in chiaro la situazione. Prima, beh... prima che il tribunale mi imponga di restare lontano da te. Lo so che non hai voluto denunciarmi. Grazie. Non me lo merito, ma grazie. Voglio solo parlare. Cosa ne dici se ci vediamo oggi alle due, nel nostro posto segreto? Io sarò lì-
Penso che non averlo denunciato alla polizia mi abbia messo in una posizione di svantaggio: adesso pensa che io provi ancora qualcosa per lui.
Stupida, stupida, stupida!
Questa parola si ripete nella mia mente, ininterrottamente.
Andare o non andare?
Bel problema.
Per non pensarci, leggo il messaggio di Albus, che mi fa sorridere.
-Ehi, Quinny, le... insomma, Loro mi hanno detto che saranno qui verso le quattro. Pensi di poter venire?-
Gli rispondo, con il sorriso stampato sulle labbra: -Alle quattro ci saremo-



Pochi minuti dopo,
cucina di casa Farrell.


-Quinn...- inizia Jack, passandosi una mano sulla nuca; quando fa così assomiglia proprio a suo padre, ma mi trattengo dal dirlo, è molto suscettibile a riguardo.
-Jack, ti prego!- mi lamento io.
-Non... non penso che sia una buona idea. Cosa direbbe Robin a riguardo?- abbassa lo sguardo e poi lo rialza immediatamente, mentre mi vede mordermi il labbro inferiore. Direbbe di no; lo sappamo entrambi.
-Ecco- dice lui, pensando che la conversazione si possa concludere così.
-Voglio sapere che cosa vuole dirmi, Jack! Voglio dargli una chance!- alzo di poco il tono della voce, per fargli capire che sono veramente convinta di quello che sto dicendo.
-Non ci andrai da sola, però. Ci andremo insieme-
-E chi baderà ai ragazzi?- domando io, con l'ansia nella voce; se c'è una cosa che non posso sopportare è sapere che i miei fratelli sono a casa da soli, pronti a scatenare una guerra mondiale.
-Ci penserà Teddy- afferma lui, risoluto.
-E' poco più che un bambino, Jack!- dico esasperata. Nostro fratello ha solo undici anni, ma viene trattato come se ne avesse diciotto. Non è giusto che resti a casa a sorvegliare i suoi fratelli minori.
-Allora non ci vai. Ti terrò d'occhio fino a quando non dovremo uscire per andare in biblioteca. Non ti mollerò un attimo. Da sola, no. Considerando quello che ti ha fatto la scorsa volta...-
-Non tirare fuori questa storia adesso, Jack. Non usarla come scusa. Sai anche tu che è stato solo un momento d'ira-
Vorrei non difendere William davanti a Jack, ma non ci riesco. Nonostante tutto credo che sia ancora il ragazzo che mi veniva a prendere per portarmi al cinema il sabato sera.
Non può essere cambiato. O forse sì.
-Un momento d'ira scatenato da cosa, Quinn? Non hai fatto niente, tu!-
Sono esasperata; mi passo nervosamente una mano tra i capelli per dargli un po' di volume dopo la doccia post-allenamento.
-Jack, te lo chiedo per favore. Non possiamo chiedere a Teddy...-
Non termino la mia frase: Teddy scende dalle scale in pantofole e mi guarda.
-Chiedermi cosa, Linny?-
Sto per ribattere con un: niente, tesoro, ma Jack mi precede.
-Teddy, ti dispiacerebbe badare ai tuoi fratelli mentre io e Quinn andiamo da una parte?-
Il sopracciglio destro del mio fratellino si alza in modo sospettoso: è maledettamente intelligente per essere uno di undici anni.
-Dovete andare in biblioteca?-
Scuoto la testa: -Dovremmo essere lì per le quattro. La mamma a quell'ora sarà a casa e porteremo anche te-
So che Teddy ci tiene ad avere tutte le informazioni dalla fonte diretta (le Muse), perché dice che di me e di Jack non si fida: potremmo anche mentirgli per rendere la situazione meno pericolosa.
Teddy annuisce e guarda su per le scale: -Promettimelo- dice, fissando sia me che Jack.
Questa volta siamo noi ad annuire e glielo promettiamo.


Ore 13.50
Parco alla periferia di Albertville,
cancello d'entrata principale.


E' da tanto tempo che non entro in questo parco. Quando ero piccola, prima che mia madre sposasse Robert, venivamo qui tutti i pomeriggi. Mentre scendo dalla macchina di Jack scorgo il tetto della mia vecchia casa, che è stata ormai venduta da più di un decennio; non era grande come quella in cui abitiamo adesso, ma era casa.
Aveva un giardino bellissimo e un'altalena che io e il mio vicino di casa Craig dividevamo sempre, e sulla quale stavamo seduti a parlare per pomeriggi interi.
Sentimentale come sono, mi perdo nei ricordi dell'ultimo, assolato pomeriggio che ho passato su quel gioco, assieme al mio amico.

-E' vero che ti trasferisci?- mi chiede Craig, abbassando gli occhi e piantandoli sul terreno arido intorno a noi. Non piove da tanto, penso. E ho sentito alla televisione che non si può usare l'acqua per fare giardinaggio: le rose che io e Craig abbiamo piantato un mese fa sono appassite e senza colore.
Annuisco, con le lacrime agli occhi: -Sì- pigolo soltanto. Non ho la forza per dire altro, perché la mamma mi ha detto che vivremo con Robert, il suo "fidanzato" e suo figlio. Non mi sta simpatico, già lo so.
-Ma non tanto lontano. E' solo ad un paio di isolati da qui...- cerco di spiegare a Craig che resterà il mio migliore amico anche se non vivremo più a cinque metri di distanza.
-Non vorrai più giocare con me, dopo-
-Dopo cosa?- gli domando confusa.
-Dopo che avrai conosciuto tuo fratello. Ciao, Quinn- mi dice, prima di alzarsi e tornare nel suo giardino, passando per il cancelletto di legno che i nostri genitori hanno aperto per farci andare da un cortile all'altro velocemente.
Non ho più rivisto Craig fino a quando non sono andata a scuola. Aveva dei nuovi amici e io delle nuove amiche. Non ci siamo più parlati.

Scuoto la testa e torno al presente. Il presente che mi riserva un incontro con Will, che vedo seduto sulla nostra panchina preferita, nell'angolo più ombroso del parco.
E' stupido come ogni oggetto mi faccia pensare a quando eravamo insieme. O forse no.
Vedo le sue spalle tese; tiene la testa bassa e si passa una mano tra i capelli.
Lo chiamo: -Will!-
Mi sente, si volta, mi sorride.
Prima di vedere Jack. 
Si avvicina a noi a grandi falcate, stringe i pugni come se volesse nuovamente colpirlo. 
-Perché cazzo lo hai portato qui? Era ovvio che intendessi vederti da sola-
Abbasso lo sguardo e sento Jack prendere la parola: -L'ultima volta che vi siete incontrati da soli l'hai spedita in ospedale. Mi sembra un motivo abbastanza rilevante-
Vorrei dire a Jack di stare zitto, di non aggravare la situazione, perché, quando alzo lo sguardo vedo in Will la stessa furente ira che aveva quando mi ha colpita.
-Sta' zitto, Jack- gli intima infatti Will, coprendo la distanza con due passi.
Mi è di fronte; mi guarda negli occhi e il mio cuore perde un battito. Ho paura che mi colpisca di nuovo. E se lo facesse? Ne avrebbe il coraggio con Jack lì? Sarebbe disposto a fronteggiare il suo amico?
-Mi dispiace- sussurra invece, posando la sua fronte alla mia. Il cuore riprende a battere accellerato: la paura non si è sopita, al contrario, sta scaplitando.
Ha gli occhi chiusi, mi respira sulla bocca, il suo alito sa di menta piperita: almeno non ha bevuto niente.
Alza la mano e mi carezza i capelli.
Davvero si comporta come se nulla fosse successo?
Jack si schiarisce la voce: -Allontanati, Will. Forza- non è un consiglio da amico; è un ordine da fratello iperprotettivo nei miei confronti.
Gliene sono silenziosamente grata.
Will, a forza, si stacca da me e mi fissa, implorante, come se potessi cambiare quello che ha fatto.
Cerco di sparire nel cappotto incassando la testa nelle spalle, con scarso successo.
Non sono una che scappa di fronte ai problemi, ma Will mi fa davvero una fottuta paura.
Anche più di Albus.
E lui è un lupo mannaro.
-Quinn... non potremmo... non so. Riprovarci?-
Lo guardo stupita. Stupita, ma non stupida.
-Will, di che diavolo parli?- gli domando e noto, con poco piacere, di avere la voce stridula e impaurita. Per questo motivo o forse perché sto tremando e non me ne sono accorta, Jack mi mette un braccio sulle spalle e mi stringe un po'.
-Ci amiamo. Dovevamo stare insieme fino alla fine del liceo...- comincia lui, guardando per terra e spostando un po' di neve con la punta della sua scarpa.
Sta dissotterrando il terreno: la neve smossa diventa un poltiglia marrone. Dello stesso marrone delle divise degli agenti.
Mi rendo conto che, per quando Will mi faccia tenerezza, non posso tornare insieme a lui. Il viso dell'agente Pollock mi appare chiaro come se lo avessi visto ieri.
-Will, non stiamo parlando solo del tradimento. Mi hai colpita. Non posso stare con te-
Sospiro: -Non più- dico, come se quella frase aggiustasse le cose.
Will annuisce, impercettibilmente.
-Okay-
Alza lo sguardo: ira. Di nuovo. Quando aveva poggiato la fronte alla mia era tornato il vecchio Will. Quello nuovo non mi piace; mi spaventa a morte.
-Ma non mi metterò da parte. Tornerai da me, dimenticando quel coglione- afferma, prima di passare accanto a Jack, mollandogli una spallata, e correre alla macchina, prima di ripartire facendo stridere le gomme sull'asfalto.

Jack mi prende per le spalle e mi guarda in viso: -Quinn, non ti preoccupare. Ci penseranno gli agenti a tenerlo lontano da te-
Realizzo che non è per me che ho paura.
-Non sono preoccupata per me, ma per te e Albus-
Lo dico, senza nemmeno rendermene conto; Jack mi sorride: -Sempre a salvare il mondo, Linny?-
Poi, guardando la mia espressione mi abbraccia dolcemente, e quando io gli allaccio le braccia dietro al collo lui sussurra al mio orecchio: -Abbiamo entrambi la pellaccia dura, Linny. Non preoccuparti-
Mi posa un bacio leggero sulla fronte.
Gli voglio bene.
E' mio fratello e gli voglio un bene dell'anima. Scalerei l'Everest per lui.


Ore 16.10
Bilbioteca di Albertville,
in mezzo agli scatoloni dell'archivio cartaceo.



-Perché siamo stipati qui?- domanda Jack, guardandosi in giro, e sistemandosi meglio Teddy in braccio. Non c'è abbastanza spazio per contenerci tutti e tre, ma è il miglior posto che Albie ha potuto trovare mentre il sindaco è qui per leggere un libro ai bambini.
-Perché Albie ha dovuto nasconderci, ecco perché!- gli sibilo io in risposta.
Se stiamo in silenzio, in religioso silenzio, si sente la voce roca del sindaco di Albertville, gran fumatore di sigari cubani che sovrasta il nostro respiro.
-Non potevamo stare fuori?- mi chiede Teddy, tirandomi la manica della maglia.
Mi volto verso il mio fratellino e gli accarezzo la guancia con un dito: -Tesoro, non possiamo farci vedere qui. Albie si era dimenticato di questo appuntamento...-
Mi ritrovo a pensare alla faccia di Albus quando la signorina Sax, la segretaria del sindaco è entrata nel negozio.

-Emily! Che cosa ci fa qui?- domanda Albus, accorrendo all'entrata della biblioteca.
-Al, non ti ricordi? Oggi viene il Sindaco a leggere una favola ai bambini!- esclama la donna, sulla quarantina, con troppo fondotinta e troppo rossetto: ha provato a farsi bella per Al, con uno scarsissimo risultato.
Albie si batte una mano sulla fronte, e dà una forte sheckerata al suo povero cervello sovraccaricato.
-Ha ragione, Emily! Sistemo le sedie. Lei... non so faccia un giro. Magari non nella sezione fantasy, perché dobbiamo ancora metterla a posto. Cioè, devo ancora...- e così dicendo, parlando a macchinetta si infila nella stanza dove ci eravamo stanziati in attesa delle Muse, che, come al solito erano in ritardo.
-Dovete andarvene- sussurra solamente, guardandosi intorno con fare sospetto.
-No!- esclamo io, e lui mi poggia una mano sulla bocca.
Arrossisce. Arrossisco. Dobbiamo smetterla di far entrare in collutazione i nostri corpi. Ardono quando si sfiorano, anche per sbaglio.
Si avvicina di più, per evitare di farsi sentire; rovista nella tasca dei suoi pantaloni ed estrae una chiave d'ottone.
-L'ex archivio della biblioteca- dice soltanto, staccando, forse riluttante la sua mano dalle mie labbra.
-Ci sarà un po' di casino, ma se non volete andarvene dovete stare qui. I bambini hanno pagato i biglietti per entrare qui dentro-
Jack prende in braccio Teddy e afferra la chiave che Al ha in mano. Mi avvio silenziosamente dietro di loro, e Albie mi afferra la mano.
Eccoci di nuovo.
I miei fratelli svoltano a sinistra, per andare nella stanza.
Ed ecco quelle due pietre di ossidiana che si perdono nel mio cielo. Sento il cuore impazzire, l'eccitazione è nell'aria. Abbasso lo sguardo per posarlo sulle labbra di Albus, tagliate da quella cicatrice che attira i miei occhi. Ci avviciniamo. Il suo alito sa di vaniglia, la sua pelle di dopobarba. Deglutisco, mentre sento il suo naso sfiorare il mio.
-Aaaaal, dove sei finito?-
Albie abbassa la testa e sospira. Non dice niente. Si gira e se ne va.
Guardo la sua schiena voltare a destra dello scaffale.
Vorrei piangere, urlare e forse anche picchiare Emily Sax.
Scuoto la testa e mi infilo in fretta nell'archivio.
Non mi importa quanto sia stretto. Meno spazio per pensare ho, meglio è.

Mi riscuoto quando sento qualcuno bussare. Io e Jack ci guardiamo seri. E se fosse un bambino curioso, cosa penserebbe? Urlerebbe? Albie finirebbe nei guai.
-Sono qui!- dice una voce femminile.
Sono certa di averla già sentita, da qualche parte, forse in un sogno.
-Euterpe non puoi semplicemente aprire la porta!-
Le Muse.
Sorrido e apro loro la porta. Euterpe cade sopra a Clio, che aveva l'orecchio attaccato alla serratura.
-Ehm... Ciao?- dice innocentemente la dea della Storia, alzandosi in piedi e spazzolandosi i jeans alla bell'è meglio.
Con loro c'è una ragazza dai lineamenti fini, bionda, che potrebbe provenire dall'est Europa.
-Dobbiamo parlare. Subito- dice seria Melpomene, tirando indietro Euterpe e piazzandosi davanti a noi.
Alzo le spalle: -Okay, dove?- domando, guardandomi a destra e a sinistra per farle capire che dentro all'archivio non c'è abbastanza spazio per entrarci tutte, e so che le Muse si muovono sempre come se fossero un sol corpo.
-Che domanda è?- esclama Talia, mettendosi al centro dell'attenzione come sempre.
Tersicone alza una mano e le tira uno scappellotto: -Non vedi che lì dentro non c'è spazio?- le domanda indicando con una mano l'interno dell'archivio, dove io, Jack e Teddy siamo ancora stipati.
-Ah... Non ve lo ha detto Albus? Se ne sono andati. Finito, non so cosa, ma è finito!- dice Clio, invitandoci con un cenno della testa ad uscire dall'archivio.
Lascio andare Jack e Teddy, che non appena sono fuori respirano l'aria pulita; io esco con calma, puntando lo sguardo sulla ragazza che non ho mai visto.
Anche lei mi fissa: ha lo sguardo rosso fuoco come quello delle Muse.
Mi fa paura, stranamente. Dà l'impressione di avere il coltello dalla parte del manico, per dire.


-Leì è...?- chiede Albie, sedendosi accanto a me. Non so se sia un bene o un male. Quando sono vicina a lui non riesco a pensare lucidamente: so solo questo.
-Molto piacere. Anastaysia- dice la ragazza, con un accento che fa trasparire la sua provenienza.
Mi strozzo con la mia stessa saliva. Anastaysia: la strega che ha fatto la profezia su di me. Tutti gli sguardi sono su di me, mentre cerco di darmi un contegno e smettere di tossire a vuoto. La mano di Jack mi dà dei colpetti sulla schiena per farmi calmare.
-Tu sei la strega?- domando, non appena mi riprendo. La ragazza annuisce.
-Ovviamente adesso ho perso i miei poteri. Sono morta- termina alzando le spalle.
Come mai la gente sembra contenta di stare nell'aldilà? Io proprio non lo capisco.
-Scusate se interrompo il vostro magico momento dove vi incontrate faccia a faccia e vi sussurrate i vostri segreti più intimi- interviene Talia, beccandosi un'occhiata ammonitrice da Clio.
-Ade ci ha permesso di portarla fuori solo a patto che torni prima che il sole tramonti- termina per lei Urania, guardando il cielo.
Abbiamo poco tempo.
-Quindi, Staysi, vuoi essere tu ad avere l'onore di raccontarle tutto quello che deve fare?- domanda Calliope, sorridendo alla ormai ex strega.
-Certo, non vedo perché no- dice lei, alzando leggermente le spalle.



















Angolino della scrittrice:
Oh, mon Dieu.
Lasciate che mi scusi per il ritardo della pubblicazione.
Scusate scusate scusate.

Detto questo...
Quindi.
Non so cosa scrivere. e.e
Mhh... Sì.
La Boxe.
E' dicembre e non potevo mettere uno Shirtless Jack Andrew, che altrimeti mi moriva assiderato, povero cucciolo.
E... sì, insomma.
A voi i commenti.

MAAA... LE RECENSIONI?
No, cioè, vi voglio bene e tutto il resto, però un piccolo: "Aww, che teneri" o un: 
"Dio mio, DIABETE POWER" me lo potete anche mettere.

Avanzate anche nella classifica dei recensori!
Dai dai dai!
Aspetto voi, eh!

Baci!
  
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