Capitolo 3: Nuove vite, o forse no…
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La giornata
aveva luci nuove, calde, per Francesca. Si era appena svegliata senza nessun
altro sul letto, a parte la sua micia Marie, chiamata così perché le ricordava
la gattina bianca degli Aristogatti, anche se questa
sua Marie era tutta nera.
Dopo sette
giorni lontana dalla sua unica droga, si sentiva pulita, libera:
libera di
provare emozioni belle e non maledirle subito dopo, di amare e di venire
ricambiata.
Decise che
avrebbe tenuto il cellulare spento tutto il giorno così che non si sarebbe
dannata l'anima e rimproverata ogni volta che l'avesse sbirciato sperando che
si illuminasse;
prima però doveva controllare...
L'icona del
messaggino che lampeggiava sullo schermo però purtroppo non segnalava quello
che avrebbe voluto lei.
Era Marco,
il suo Marco:
"Ciao Fra,
Scusami se sono stato
brusco.
A volte, al riparo da tutte
le brutte voci che girano su di noi
ancora penso che stare con te sia stata una
cosa giusta…"
E' sempre
stato bravo lui con le parole, pensò.
Durante quei due anni in cui erano stati insieme era sempre riuscito a farla
sorridere narrandole storie o inviandole messaggi lunghissimi e testi delle sue
canzoni preferite. E' un romantico Marco.
Ogni donna
sogna almeno una volta nella vita di avere accanto un tipo come lui,
poi si sa,
essendo donna, cambierà idea.
Così aveva
fatto lei un anno fa, cominciando a pensare che fosse ossessivo,
ripetitivo,
noioso.
E più lui
cercava di starle vicino, di farle capire quanto fosse speciale, di farla
sentire importante più lei si allontanava, rispondeva nervosa, non lo
sopportava.
Non
sopportava più la sua vicinanza perché era diventata qualcosa di certo,
scontato.
Sapeva che
era suo e che lo era sempre stato,
che poteva averlo tutte le volte che voleva, lasciarlo e riprenderlo come un
giocattolo perché lui la amava davvero.
Ora
probabilmente non sarebbe stato più così, lo sapeva bene, ma sapeva anche che
continuava ad avere una certa influenza su di lui, continuava ad avere chanche…
…chissà,
magari un giorno di quelli sarebbe timidamente ritornata sui suoi passi, ad
elemosinare amore come una mendicante...
…amore,
carezze,certezze, Dio quanto le
mancavano.
Ironia della sorte: Tutto si era
capovolto. Le cose che non sopportava erano quelle che più le mancavano adesso.
Qualcuno lassù probabilmente avrà
pensato di giocarle un brutto scherzo, farla cadere in trappola, ed ora stava
pagando le conseguenze del suo comportamento infantile e meschino nei confronti
dell'unico uomo che l'avesse mai amata.
Un giocattolo era stato lui, un
giocattolo era lei,
buttato in una scatola da tempo,
scartato, dimenticato.
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Un'altra
giornata uguale a tutte le altre stava
cominciando, pensando a quanto fosse facile isolarsi durante le lezioni di
qualsiasi professore in qualsiasi ora, mettersi in un angolino e disegnare,
scrivere canzoni e pensare a lei, Marco salì sull'autobus che da li a 59 minuti
l'avrebbe portato all'università.
Sperava che
quella mattina potesse esserci a lezione qualcosa di interessante da ascoltare,
un argomento talmente potente da catturare la sua attenzione, in fondo lui era
sempre stato un appassionato di calcolo numerico; perché faceva così schifo?
Forse per i
61 secondi ogni minuto che passava distrattamente.
Musica nelle
orecchie: Green Day oggi.
Le lezioni
erano cominciate da un mese ormai, in quello che era il secondo semestre del
secondo anno di corso,
anche se
lui, essendo indietro con gli esami, era uno studente a tutti gli effetti del
primo.
Si sedette
in fondo al solito posto dove nessuno l'avrebbe guardato con occhi curiosi,
nessuno.
C'era il
solito gruppo dei fancazzisti davanti al lui: una
moltitudine di ragazzi che si credevano estremamente fighi,
illusi;
perché alla
fine nessuno se li filava. C'era una ragazza bionda che sapeva il fatto suo con
cui non aveva mai parlato;
non aveva
quasi mai parlato con nessuno li in mezzo perché si sentiva spesso in
difficoltà a stringere amicizie con persone così lontane dal suo mondo.
C'era il
primo della classe, quello che alzava sempre la mano quando il professore
sbagliava a scrivere qualcosa alla lavagna,
si era
sempre chiesto come facesse visto che lui a malapena seguiva, una caccia al
tesoro tra 109985420435 numeri;
lui si però
che era simpatico, ci aveva parlato qualche volta e chiesto informazioni ed era
sempre stato estremamente disponibile, cordiale e amichevole, gli aveva anche
presentato i suoi amici e le sue amiche, con cui non parlava ma che salutava
sempre.
Almeno era
educato, salutava sempre.
Giovanni,
Giacomo, Andrea, Alessandra…
La sua mente
era come un post-it, o forse a dirla tutta una telecamera: registrava immagini,
suoni, sensazioni, associazioni di nomi, di dettagli, di informazioni,
registrava tutto, dalle cose più importanti alle più insignificanti.
Rientrò da
una passeggiata tra i corridoi con probabilmente un caffè una ragazza che aveva
conosciuto ad un esame.
Quel
pomeriggio di febbraio era arrivata ansiosa ripetendo formule con un foulard
grigio al collo e un maglioncino lilla.
Aveva i
capelli castani, lisci e corti al di sopra delle spalle e l'espressione di
qualcuno che aveva smarrito qualcosa.
Qualche
rotella, pensò, e rise all'idea.
Oggi aveva i
capelli un po’ più lunghi, la stessa espressione confusa e curiosa, lo stesso
dolce sorriso,
e
accorgendosi di essere guardata gli lanciò un occhiata allegra e lo salutò con
la mano.
Rispose al
saluto e girò lo sguardo verso un'altra direzione, un po’ imbarazzato.
Ricordava ancora
ogni dettaglio del giorno che l'aveva incontrata, molto prima di averla
conosciuta, a spasso per i corridoi e ricordava benissimo quel pomeriggio,
quando con un sorriso gli aveva detto di tranquillizzarsi che lo avrebbe
superato quell'esame mentre ansiosa cento volte più di lui veniva chiamata per
essere interrogata.
La sua
memoria non perdeva un colpo: erano seduti uno di fronte all'altro e lei gli
aveva dato un calcetto, sorriso e trasmesso fiducia in se stesso, le era grato
già solo per così poco.
Entrò il
professore, e poi numeri, e procedimenti, e un grigiore fuori dalle
vetrate,l'autunno: la stagione che gli piaceva di più, Novembre…
No, doveva stare attento.
Si stava
discutendo sugli esercizi assegnati la settimana scorsa, e ti pareva! Non li aveva
nemmeno guardati.
Un alunno
espose la sua soluzione e il professore prima cercò di capirla, poi gli fece i
complimenti e la spiegò alla classe. Ovviamente nessun'altro l'aveva trovata.
Poi la mano
alzata di quella stessa ragazza che poco prima aveva salutato; disse che
secondo lei c'era qualcosa che non andava in quella soluzione e che non
comprendeva tutti i casi possibili in cui il problema poteva essere posto.
Perché? Non è vero…sembra
corretta.
Marco decise
di partecipare alla lezione ed esprimere quello che era stato il suo
ragionamento, e cioè dimostrare che le ipotesi da cui era partita lei erano
sbagliate e che quindi non poteva essere considerato valido il suo intervento.
Era
intervenuto in una discussione che non lo riguardava senza che nessuno
gliel'avesse chiesto.
Non l'avesse
mai fatto! Fece scattare in lei un senso di competizione mai visto prima:
"Se
esiste un caso isolato in cui non vale, vuol dire che non è una soluzione al
problema, e secondo me se i valori hanno una variazione alta, ora non ti so
dire bene se pari al 70 o l'80 per cento del valore stesso, ma alta, crolla
tutto il ragionamento di partenza."
"Io
penso invece che in quel caso facendo una media ponderata dei valori a seconda
della loro variazione si ricade in un caso standard e quindi si può
applicare"
"Avresti
una perdita di informazioni utili al livello computazionale"
"No non
è vero"
Il
professore intervenne bloccandoli per proseguire la sua lezione e invitò tutta
la classe a ragionare di nuovo su quel problema e portargli una soluzione, per
la prossima volta.
Finita la
lezione lei si guardò intorno, lo vide e accennò un saluto.
Prima di
uscire dall'aula Marco si avvicinò e si presentò:
"Ciao,
ci siamo già visti anche se non mi sono mai presentato,
comunque,
sono Marco"
"Eleonora"
Strinse
forte la sua mano e sorrise, senza nemmeno guardarlo negli occhi.
Sapeva già
il suo nome, l'aveva memorizzato la prima volta che l'aveva sentito: quel
giorno ad un esame, mentre lei sorrideva per tranquillizzarlo, il professore
chiamò: "Eleonora Preziosi".
Sull'autobus
lungo la strada del ritorno gli si sedette vicino una ragazza dai lunghi
capelli ricci neri, gli zigomi alti, un rossetto dal colore naturale e un
trucco leggero sugli occhi, neri anch'essi, sembrava che volesse chiedergli qualcosa:
"Ciao…"
Non rispose,
non aveva voglia di fare conversazione.
Lei abbassò
lo sguardo, intimorita, e continuò:
"Ti
vedo sempre sull'autobus quando torno a casa, visto che mi sono trasferita da poco
non ho stretto amicizia con nessuno, lo so che è un modo assurdo per attaccare
bottone ma non sono pratica di queste cose"
Marco si
stupì della schiettezza delle sue parole.
"Piacere,
mi chiamo Marco, e abito qui da sempre, anche se ce ne vuole ad usare
l'avverbio "qui" per un posto che in realtà si trova a più di 70 km
di distanza"
soffocò una
risata nervosa.
"Teresa"
Teresa rese
il viaggio di ritorno quasi divertente, anche se sapeva che si stava
comportando da giullare per impressionarla;
Era siciliana
e si era trasferita da uno zio a Latina per frequentare l'università. Tornava
giù ogni qual volta che se lo poteva permettere ma era dura e la sua famiglia
le mancava.
Era
spontanea e ironica e sapeva ridere alle sue battute tristi, e quando fu il
momento per Marco di scendere la guardò e le sorrise:
"Ci
vediamo domani sull'auto delle 4 e 30?"
"Domani
ho lezione fino alle 6…Mi spiace"
"Ok,
riformulo la domanda: ci vediamo domani sull'auto delle 6:30?"
Sorrise e
accettò la proposta, felice.
Talmente preso
dalla compagnia di quell'insolita e simpatica ragazza non si accorse della
nuova icona sullo schermo del telefono:
"Ciao
Vediamoci un giorno di questi…
parliamo…
Per favore
Francesca(hai ancora il
mio numero o l'hai bruciato insieme a tutto il resto?)"
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"Stasera ti va
bene?"
un po’ me
l'ero aspettato.
Ok sarebbe
andata bene quella sera stessa; decisi che dovevo fare colpo su di lui per non
perderlo definitivamente, solidificare quel legame che lo teneva stretto a me,
perché ne avevo bisogno.
Con tutta
calma scelsi dei vestiti quanto basta provocanti e misi un po’ di rossetto
sulle labbra che adorava baciare, crema idratante agli estratti di cocco,
matita e rimmel.
Ammetto che
"fare colpo" era un eufemismo, volevo farlo impazzire. Ora che non era più mio lo volevo indietro e
volevo che assecondasse i miei capricci invece di attaccarmi il telefono in
faccia.
In più
volevo dimostrare a me stessa che non dovevo necessariamente farmi male
rimanendo con sorriso smagliante alias Roberto, potevo essere felice e libera
senza di lui.
E si, volevo
che anche Roberto impazzisse.
Ma si, che impazziscano tutti!
Quanto sto impazzendo io…
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Due labbra
che si incontrano, gesti molto familiari, troppo.
Le mie mani
che ardiscono di più, che meritano di
più, il suo corpo che si avvicina, che aderisce al mio, che scandisce i ritmi
di quei movimenti lenti, la gonna troppo corta, la maglietta scollata, il
rossetto sulle labbra, quel profumo, l'alcool, il mio desiderio crescente, il
suo atteggiamento sempre più malizioso, a mano a mano che la serata
trascorreva, e quando poi si era conclusa.
Ieri, dopo
avermi sedotto, baciato, umiliato, usò la scusa del "non si può fare"
e scappò, come sapeva fare lei.
La mattina
era iniziata con un forte mal di testa, non prometteva bene. Erano le sei,
avrei dovuto sbrigarmi se volevo andare all'università, il mio cellulare aveva
fisse un paio di notifiche che proprio non volevo guardare.
Corsi e salì
sul pullman, poi sbirciai:
- Eleonora
Preziosi ti ha aggiunto ai suoi amici
- Message
from: Eleonora Preziosi
"Eccoti il controesempio,
non funziona…
sei scarso =P
con affetto.
Ci vediamo domani
a lezione…
Eleonora"
Un immagine
in allegato mi spiegava perché aveva ragione e dove avevo sbagliato io, doveva
essere una tipetta in gamba oltre che ad essere
tremendamente cocciuta quella ragazza.
- Message
to: Eleonora Preziosi
"Avevi ragione, contenta? :P
ci vediamo tra
poco. =) "
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Eccomi qua, sono sempre
io…e adoro scrivere quindi anche se non ci sono ancora
recensioni ( me D: )
continuo
comunque imperterrita perché mi piace.
La storia si delinea nella mia testa mentre la scrivo, quindi non saprei
anticiparvi nulla (e si probabilmente anche potendo non lo farei XD )
è
ancora povera di avvenimenti solo perché è appena cominciata…più
andrò avanti a scrivere più ne vedrete delle belle ^^
Vi suggerisco solo di non caratterizzare i personaggi fino a renderli
stereotipi perché io non ne ho mai avuto l'intenzione.
Francesca
per quanto appaia stronza e insensibile e perfida e crudele (di sicuro non è
nemmeno tra i miei di personaggi preferiti) ma è donna, e come ogni donna ha le
sue debolezze e fragilità. Sta affrontando un periodo difficile, si rende conto
di aver seguito il suo cuore verso una strada che non la rende felice, si odia
per aver dato retta al cuore invece che alla ragione…
A quanto pare non riesce a fare a meno, inconsciamente o no, di ferire i
sentimenti di Marco; che si è lasciato incantare per l'ennesima volta da lei e
l'ha baciata, desiderandola di nuovo come se non fosse passato tutto quel tempo
da quando si erano lassciati e come se non fosse
cambiato niente…
Dopo
queste piccole riflessioni scappo e vi saluto, spero che troviate 2 minuti per
leggere e recensire…
Linus
;)