Scusate, non sono stata chiara la volta scorsa. La storia è in otto capitoli, ed è già completa, perciò verrà aggiornata regolarmente. Ora, devo davvero ringraziare di cuore tutti per i commenti, fanno sempre molto piacere. E devo anche ringraziare due persone speciali, loro sanno chi sono...
Nuovo capitolo e nuovi guai...
2
Il
mattino dopo si prepararono per andare all’ospedale a trovare
Harry.
I
Ron e Hermione della foto scattata la notte precedente li guardavano
sorridenti
da sopra il comodino.
Si
vestirono e andarono in cucina per fare colazione. Quando giunsero
davanti al
tavolo, sollevarono i coperchi e vi trovarono sotto brioches calde e
pane
tostato. Mangiarono chiacchierando e in quel momento entrambi sentirono
che la
speranza della felicità era ancora possibile. Il peggio era
passato e loro
erano insieme.
Appena
ebbero finito, Hermione sparecchiò il tavolo con un
incantesimo, si vestirono,
lei prese il suo zaino ed uscirono.
Quando
giunsero in strada, Hermione si fermò di colpo.
“Che
succede?” chiese Ron allarmato.
“Ho
dimenticato una cosa” disse lei e corse di nuovo
all’interno su per le scale.
Ron la guardò perplesso chiedendosi cosa ci fosse di tanto
urgente.
Lei
tornò, gli mise un braccio intorno alla vita e gli sorrise
ignorando
completamente il suo sguardo interrogativo.
Ripresero
a camminare e arrivarono dopo poco all’ospedale.
Passarono
la mattinata a parlare con Harry. Era ancora molto provato ma i medici
avevano
stabilito che la compagnia dei suoi migliori amici, delle persone che
gli erano
state accanto sempre, che avevano condiviso tutto con lui, non poteva
fargli
che bene. Perciò li lasciarono in pace.
“Harry…”
disse ad un certo punto Ron un po’ titubante, dando un veloce
sguardo ad
Hermione.
“Ron,
non dirmelo” rispose l’amico. “Non ce
n’è bisogno credimi. Avete dovuto
aspettare talmente tanto per essere felici che ora ve lo si legge in
faccia. E,
ragazzi, non potete capire quanto io sia contento per voi. Nessuno se
lo merita
di più…” concluse e i suoi occhi si
inumidirono.
Ron
e Hermione si guardarono e poi lei abbracciò forte Harry
cercando di non fargli
troppo male. Rimasero in silenzio per qualche minuto, ascoltando solo
il suono
delle loro emozioni.
All’improvviso
nella stanza entrò un mago vestito con la divisa del
Ministero e interruppe
bruscamente quel momento di intimità.
“Buongiorno.
Mi chiamo Jenks. Sono l’inviato del Ministero. Ero certo che
vi avrei trovato
tutti qui. Bene, così non dovrò ripetere quello
che ho da dirvi”.
I
ragazzi si guardarono insospettiti e incuriositi da quello strano tizio.
“Come
potete immaginare, la vostra impresa vi ha conferito degli innegabili
diritti
nel mondo dei maghi. Pertanto tutti e tre siete stati arruolati
d’ufficio nel
corpo degli Auror. Questo significa che da oggi siete sotto la
protezione del
Ministero” e fece una pausa ad effetto per permettere ai
ragazzi di assimilare
quanto aveva appena detto.
“Questa
vostra nuova condizione, ha messo il Ministero nella posizione di dover
provvedere alla vostra sicurezza. E questo è il vero motivo
per cui sono qui.
Avete fatto un’impresa che ha dell’incredibile.
Avete sconfitto Voi-sapete-chi.
Ma purtroppo i suoi seguaci e discepoli sono ancora molti, e sono
ancora a
piede libero. Abbiamo ricevuto delle segnalazioni relative ad un gruppo
di loro
che si sta riorganizzando per ottenere vendetta. Vogliono annientare
quelli che
hanno determinato la fine del loro Signore. Ossia, voi tre”
altra pausa.
I
ragazzi cominciarono a sentirsi nervosi.
“Il
Ministero ritiene che ci sia un’unica soluzione per garantire
la vostra
sicurezza. Non dovrete mai essere tutti e tre nello stesso posto. Non
dovrete
mai stare insieme. È già stato tutto predisposto.
Tra due ore la signorina
Granger prenderà un aereo diretto a Parigi. Le
verrà fornita una nuova identità
e-”
“No”
lo interruppe Hermione.
“Come
dice, prego?”
“Ha
sentito benissimo, ho detto no” disse lei con una calma
irreale nella voce.
“Mi
dispiace che lei la pensi così, signorina. Ma non
è in suo potere prendere
questa decisione”.
“NON
È IN MIO POTERE???” questa volta Hermione
gridò.
I
medici accorsero immediatamente e li cacciarono gentilmente fuori
dall’ospedale.
Ron
ed Hermione seguirono il Signor Jenks all’aperto
finchè lui si fermò sul prato
che stava davanti all’entrata dell’edificio. Si
girò verso di loro, pronto a fronteggiarli.
“Proprio
così, non spetta a lei decidere”
“STIAMO
PARLANDO DELLA MIA VITA!! COME SI PERMETTE DI DIRMI CHE NON SPETTA A ME
SCEGLIERE IL MIO FUTURO?!?” lo aggredì
immediatamente Hermione.
Poi
fece qualche profondo sospiro e cercò di riportare la sua
voce a un volume
normale.
“Non
ho la minima intenzione di separarmi da loro” disse indicando
Ron. “E il
Ministero non potrà farci proprio niente. Non può
costringermi!!”
“È
qui che si sbaglia. Le cose sono già state tutte
predisposte. Avete esattamente
un’ora e quarantasette minuti prima della partenza del volo.
Le ricordo che
dovrà essere all’aeroporto con un po’ di
anticipo”.
“Non
ci penso neanche. Io non me ne andrò!! Non voglio!! Non
adesso, non potete
farmi questo!! Non potete farci una bassezza del genere”
disse lei ormai
disperata, guardando Ron con le lacrime agli occhi.
“È
per la vostra sicurezza”
“La
nostra sicurezza?” intervenne Ron mentre si avvicinava ad
Hermione per
abbracciarla. “Non mi era sembrato che ve ne fregasse molto
della nostra
sicurezza mentre eravamo su quel campo di battaglia a fare il culo a
Voldemort.
SOLI. Non venite a raccontarci che ora, improvvisamente, volete
proteggerci!!”
disse il ragazzo furioso.
“Mi
dispiace. Questo è quanto. La signorina Granger
partirà e niente potrà impedire
questo fatto. Vi consiglio di impiegare il tempo che vi è
rimasto per
salutarvi. Per i primi quattro mesi non vi sarà permesso di
vedervi. Potrete
scrivervi. Non cercate di scappare o nascondervi. Non
servirà. Arrivederci”. E
si smaterializzò.
Hermione
era crollata in ginocchio sul prato morbido, il viso tra le mani.
Piangeva
disperatamente, ancora incapace di credere a quello che le era appena
stato
detto. Sarebbe partita. Avrebbe dovuto lasciare Ron. Non vederlo per
quattro
mesi. Né lui, né Harry. Sarebbe stato meglio se
Voldemort l’avesse uccisa.
Ron
accorse da lei e la fece rialzare tenendola tra le braccia. Anche lui
piangeva
e non trovava nessuna parola di conforto per il suo amore. Non sapeva
cosa
dirle. Non riusciva a pensare ad un solo motivo per il quale lei
avrebbe dovuto
smettere di piangere. E non riusciva a pensare ad un solo motivo per il
quale
lui avrebbe dovuto continuare a vivere, senza di lei.
“Hermione”
disse tra i singhiozzi. “Hermione ti prego. Calmati. Lo so,
è devastante anche
per me. Non so come potrò stare senza di te. Ma ha parlato
di quattro mesi. Tra
quattro mesi ci rivedremo e staremo di nuovo
insieme…” tentò lui.
“Ron,
non mi interessa! Io non voglio più stare nemmeno quattro
minuti senza di te!!
Perché li giustifichi, perché tenti di
comprenderli?”
“Non
abbiamo altra scelta, amore mio. Siamo costretti a fare come dicono
loro. Per
questo sto cercando di trovare qualcosa di positivo in questo
disastro”
concluse lui stringendola.
Hermione
continuava a singhiozzare scuotendo la testa.
Arrivarono
all’aeroporto ormai rassegnati ad accettare quello che era
stato loro imposto.
Si tennero abbracciati fino all’ultimo minuto. Poi Hermione
fece una smorfia e,
seguendo il suo sguardo, Ron vide il signor Jenks che si avvicinava.
Prima che
li raggiungesse, Hermione frugò nello zaino ed estrasse la
foto che si erano
scattati la notte precedente. La prese tra le mani e la
strappò a metà, con gli
occhi pieni di lacrime.
“Meno
male che questa mattina sono ritornata su a prenderla. Ecco”
disse. “Io tengo
la parte dove ci sei tu e tu tieni quella dove ci sono io,
d’accordo? Quando ci
rivedremo rimetteremo insieme le due parti…”
Anche
Ron non riusciva più a trattenere le lacrime.
“Quattro mesi. Solo quattro mesi,
possiamo farcela. Penserò a te sempre” e la
strinse tra le braccia per l’ultima
volta mentre Jenks era arrivato accanto a loro e si schiariva la voce.
Ron
li vide allontanarsi mentre Hermione chiedeva a Jenks perché
non aveva potuto
semplicemente materializzarsi a Parigi e sentì che lui le
rispondeva “E’ per la
sua sicurezza”.
Ma
lui non era affatto d’accordo. Era convinto che per Hermione
non ci fosse posto
più sicuro che fra le sue braccia. Lui l’avrebbe
protetta con la sua stessa
vita se fosse stato necessario.
Si
allontanò dall’aeroporto continuando a pensare.
E
se non fosse stato sufficiente? Se lui, anche sacrificando
sé stesso, non fosse
stato in grado di proteggerla come meritava? Che il Ministero non
avesse tutti
i torti?...
Ritirò
fuori la foto strappata che aveva riposto nel portafoglio. Il suo cuore
si
sentiva esattamente come quel pezzo di carta: spezzato,
incompleto…
Hermione
prese posto sull’aereo e non appena questo fu decollato si
perse nei suoi
pensieri. Forse, aveva ragione Ron, stare senza di lui sarebbe stata
dura, ma
quattro mesi non erano quattro anni. E forse lui sarebbe stato
più al sicuro
senza averla tra i piedi, senza doversi preoccupare anche di lei.
Asciugò in
fretta con la manica una lacrima che era caduta sulla metà
della foto che
stringeva ancora in mano. Per quattro mesi sarebbe stato il solo modo
per
vedere il viso di Ron, non poteva permettersi di rovinarla con le sue
stupide
lacrime.