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Autore: LaurenSmith    22/06/2007    7 recensioni
La guerra è finita e quello che resta non è un bello spettacolo. Ma due persone vogliono ricostruire sulle macerie partendo da un presupposto: il loro amore. Però, la vita si sa, non sempre va come ci si aspetta e a volte, la sola cosa che resta di un grande amore è una foto sbiadita. Ma la forza di un sentimento può rimettere le cose a posto.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Scusate, non sono stata chiara la volta scorsa. La storia è in otto capitoli, ed è già completa, perciò verrà aggiornata regolarmente. Ora, devo davvero ringraziare di cuore tutti per i commenti, fanno sempre molto piacere. E devo anche ringraziare due persone speciali, loro sanno chi sono...

Nuovo capitolo e nuovi guai...

2

Il mattino dopo si prepararono per andare all’ospedale a trovare Harry.

I Ron e Hermione della foto scattata la notte precedente li guardavano sorridenti da sopra il comodino.

Si vestirono e andarono in cucina per fare colazione. Quando giunsero davanti al tavolo, sollevarono i coperchi e vi trovarono sotto brioches calde e pane tostato. Mangiarono chiacchierando e in quel momento entrambi sentirono che la speranza della felicità era ancora possibile. Il peggio era passato e loro erano insieme.

Appena ebbero finito, Hermione sparecchiò il tavolo con un incantesimo, si vestirono, lei prese il suo zaino ed uscirono.

Quando giunsero in strada, Hermione si fermò di colpo.

“Che succede?” chiese Ron allarmato.

“Ho dimenticato una cosa” disse lei e corse di nuovo all’interno su per le scale. Ron la guardò perplesso chiedendosi cosa ci fosse di tanto urgente.

Lei tornò, gli mise un braccio intorno alla vita e gli sorrise ignorando completamente il suo sguardo interrogativo.

Ripresero a camminare e arrivarono dopo poco all’ospedale.

Passarono la mattinata a parlare con Harry. Era ancora molto provato ma i medici avevano stabilito che la compagnia dei suoi migliori amici, delle persone che gli erano state accanto sempre, che avevano condiviso tutto con lui, non poteva fargli che bene. Perciò li lasciarono in pace.

“Harry…” disse ad un certo punto Ron un po’ titubante, dando un veloce sguardo ad Hermione.

“Ron, non dirmelo” rispose l’amico. “Non ce n’è bisogno credimi. Avete dovuto aspettare talmente tanto per essere felici che ora ve lo si legge in faccia. E, ragazzi, non potete capire quanto io sia contento per voi. Nessuno se lo merita di più…” concluse e i suoi occhi si inumidirono.

Ron e Hermione si guardarono e poi lei abbracciò forte Harry cercando di non fargli troppo male. Rimasero in silenzio per qualche minuto, ascoltando solo il suono delle loro emozioni.

All’improvviso nella stanza entrò un mago vestito con la divisa del Ministero e interruppe bruscamente quel momento di intimità.

“Buongiorno. Mi chiamo Jenks. Sono l’inviato del Ministero. Ero certo che vi avrei trovato tutti qui. Bene, così non dovrò ripetere quello che ho da dirvi”.

I ragazzi si guardarono insospettiti e incuriositi da quello strano tizio.

“Come potete immaginare, la vostra impresa vi ha conferito degli innegabili diritti nel mondo dei maghi. Pertanto tutti e tre siete stati arruolati d’ufficio nel corpo degli Auror. Questo significa che da oggi siete sotto la protezione del Ministero” e fece una pausa ad effetto per permettere ai ragazzi di assimilare quanto aveva appena detto.

“Questa vostra nuova condizione, ha messo il Ministero nella posizione di dover provvedere alla vostra sicurezza. E questo è il vero motivo per cui sono qui. Avete fatto un’impresa che ha dell’incredibile. Avete sconfitto Voi-sapete-chi. Ma purtroppo i suoi seguaci e discepoli sono ancora molti, e sono ancora a piede libero. Abbiamo ricevuto delle segnalazioni relative ad un gruppo di loro che si sta riorganizzando per ottenere vendetta. Vogliono annientare quelli che hanno determinato la fine del loro Signore. Ossia, voi tre” altra pausa.

I ragazzi cominciarono a sentirsi nervosi.

“Il Ministero ritiene che ci sia un’unica soluzione per garantire la vostra sicurezza. Non dovrete mai essere tutti e tre nello stesso posto. Non dovrete mai stare insieme. È già stato tutto predisposto. Tra due ore la signorina Granger prenderà un aereo diretto a Parigi. Le verrà fornita una nuova identità e-”

“No” lo interruppe Hermione.

“Come dice, prego?”

“Ha sentito benissimo, ho detto no” disse lei con una calma irreale nella voce.

“Mi dispiace che lei la pensi così, signorina. Ma non è in suo potere prendere questa decisione”.

“NON È IN MIO POTERE???” questa volta Hermione gridò.

I medici accorsero immediatamente e li cacciarono gentilmente fuori dall’ospedale.

Ron ed Hermione seguirono il Signor Jenks all’aperto finchè lui si fermò sul prato che stava davanti all’entrata dell’edificio. Si girò verso di loro, pronto a fronteggiarli.

“Proprio così, non spetta a lei decidere”

“STIAMO PARLANDO DELLA MIA VITA!! COME SI PERMETTE DI DIRMI CHE NON SPETTA A ME SCEGLIERE IL MIO FUTURO?!?” lo aggredì immediatamente Hermione.

Poi fece qualche profondo sospiro e cercò di riportare la sua voce a un volume normale.

“Non ho la minima intenzione di separarmi da loro” disse indicando Ron. “E il Ministero non potrà farci proprio niente. Non può costringermi!!”

“È qui che si sbaglia. Le cose sono già state tutte predisposte. Avete esattamente un’ora e quarantasette minuti prima della partenza del volo. Le ricordo che dovrà essere all’aeroporto con un po’ di anticipo”.

“Non ci penso neanche. Io non me ne andrò!! Non voglio!! Non adesso, non potete farmi questo!! Non potete farci una bassezza del genere” disse lei ormai disperata, guardando Ron con le lacrime agli occhi.

“È per la vostra sicurezza”

“La nostra sicurezza?” intervenne Ron mentre si avvicinava ad Hermione per abbracciarla. “Non mi era sembrato che ve ne fregasse molto della nostra sicurezza mentre eravamo su quel campo di battaglia a fare il culo a Voldemort. SOLI. Non venite a raccontarci che ora, improvvisamente, volete proteggerci!!” disse il ragazzo furioso.

“Mi dispiace. Questo è quanto. La signorina Granger partirà e niente potrà impedire questo fatto. Vi consiglio di impiegare il tempo che vi è rimasto per salutarvi. Per i primi quattro mesi non vi sarà permesso di vedervi. Potrete scrivervi. Non cercate di scappare o nascondervi. Non servirà. Arrivederci”. E si smaterializzò.

Hermione era crollata in ginocchio sul prato morbido, il viso tra le mani. Piangeva disperatamente, ancora incapace di credere a quello che le era appena stato detto. Sarebbe partita. Avrebbe dovuto lasciare Ron. Non vederlo per quattro mesi. Né lui, né Harry. Sarebbe stato meglio se Voldemort l’avesse uccisa.

Ron accorse da lei e la fece rialzare tenendola tra le braccia. Anche lui piangeva e non trovava nessuna parola di conforto per il suo amore. Non sapeva cosa dirle. Non riusciva a pensare ad un solo motivo per il quale lei avrebbe dovuto smettere di piangere. E non riusciva a pensare ad un solo motivo per il quale lui avrebbe dovuto continuare a vivere, senza di lei.

“Hermione” disse tra i singhiozzi. “Hermione ti prego. Calmati. Lo so, è devastante anche per me. Non so come potrò stare senza di te. Ma ha parlato di quattro mesi. Tra quattro mesi ci rivedremo e staremo di nuovo insieme…” tentò lui.

“Ron, non mi interessa! Io non voglio più stare nemmeno quattro minuti senza di te!! Perché li giustifichi, perché tenti di comprenderli?”

“Non abbiamo altra scelta, amore mio. Siamo costretti a fare come dicono loro. Per questo sto cercando di trovare qualcosa di positivo in questo disastro” concluse lui stringendola.

Hermione continuava a singhiozzare scuotendo la testa.

Arrivarono all’aeroporto ormai rassegnati ad accettare quello che era stato loro imposto. Si tennero abbracciati fino all’ultimo minuto. Poi Hermione fece una smorfia e, seguendo il suo sguardo, Ron vide il signor Jenks che si avvicinava. Prima che li raggiungesse, Hermione frugò nello zaino ed estrasse la foto che si erano scattati la notte precedente. La prese tra le mani e la strappò a metà, con gli occhi pieni di lacrime.

“Meno male che questa mattina sono ritornata su a prenderla. Ecco” disse. “Io tengo la parte dove ci sei tu e tu tieni quella dove ci sono io, d’accordo? Quando ci rivedremo rimetteremo insieme le due parti…”

Anche Ron non riusciva più a trattenere le lacrime. “Quattro mesi. Solo quattro mesi, possiamo farcela. Penserò a te sempre” e la strinse tra le braccia per l’ultima volta mentre Jenks era arrivato accanto a loro e si schiariva la voce.

Ron li vide allontanarsi mentre Hermione chiedeva a Jenks perché non aveva potuto semplicemente materializzarsi a Parigi e sentì che lui le rispondeva “E’ per la sua sicurezza”.

Ma lui non era affatto d’accordo. Era convinto che per Hermione non ci fosse posto più sicuro che fra le sue braccia. Lui l’avrebbe protetta con la sua stessa vita se fosse stato necessario.

Si allontanò dall’aeroporto continuando a pensare.

E se non fosse stato sufficiente? Se lui, anche sacrificando sé stesso, non fosse stato in grado di proteggerla come meritava? Che il Ministero non avesse tutti i torti?...

Ritirò fuori la foto strappata che aveva riposto nel portafoglio. Il suo cuore si sentiva esattamente come quel pezzo di carta: spezzato, incompleto…

Hermione prese posto sull’aereo e non appena questo fu decollato si perse nei suoi pensieri. Forse, aveva ragione Ron, stare senza di lui sarebbe stata dura, ma quattro mesi non erano quattro anni. E forse lui sarebbe stato più al sicuro senza averla tra i piedi, senza doversi preoccupare anche di lei. Asciugò in fretta con la manica una lacrima che era caduta sulla metà della foto che stringeva ancora in mano. Per quattro mesi sarebbe stato il solo modo per vedere il viso di Ron, non poteva permettersi di rovinarla con le sue stupide lacrime.

  
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