Passi.

Passi sulla ghiaia del vialetto.

Una sagoma alta, avvolta in un manto nero e in un'aura di terrore avanza verso quella villetta di Godric's Hollow.

Clic.

Lo scatto di una serratura si disperde nel vento.

È la Notte delle Streghe, e Lui è arrivato.

James Potter è pallido. Guarda la finestra, la mano destra stretta convulsamente attorno alla bacchetta.

“Lily...”

La Paura si sofferma sulla soglia, filtra sotto la porta come un gas nocivo ed invade ogni pensiero.

“Lily, è qui. Prendi Harry e portalo di là”.

La voce dell'uomo è bassa; prova a nascondere il tremito che la pervade, ma no, non ci riesce... e come potrebbe?

“James, non posso lasciarti qui”, geme la giovane donna dai capelli rossi, stringendo al petto il figlioletto profondamente addormentato.

“Ti ho detto di andare via!” grida James.

Ma è tardi.

La porta si spalanca con un tonfo.

La Morte ha l'odore delle foglie marce di Ottobre.

Lily Evans non respira. Tutto ciò che il suo corpo può fare è correre, stringere Harry a sè... e piangere.

La sente, la maledizione. Avada Kedavra, e lei si ritrova vedova.

A ventidue anni.

Harry è tutto ciò che le rimane.

La testa si svuota di ogni pensiero, gli occhi di ogni luce. Lily si accuccia a terra, scuotendo il capo.

Ma negare non serve, piccola Lily.

La porta si apre.

Non guarda, Lily. Non vuole vedere Lui, gli occhi da serpe, le dita bianche come ossa.

Non vuole vedere la sagoma di James riversa al suolo, gli occhiali di traverso, gli occhi sgranati e vitrei.

“Spostati, Lily. Non sei tu quella che voglio”. Una voce fredda, inespressiva. Puro veleno.

La giovane donna stringe forte gli occhi. Ora può di nuovo provare qualcosa.

Rabbia.

“Stai lontano da mio figlio...”

“Fatti da parte.”

Lily Evans si alza, ergendosi in tutta la sua altezza; scuote la chioma rossa; sembra una leonessa.

“Prendi me.”

“Non mi servi...”, risponde Lui con quella che è inequivocabilmente dolcezza.

“Prendi me e lascia stare Harry! Ti dono la mia vita, tutto quello che vuoi, ma non mio figlio!”

“Te lo chiederò solo un'altra volta: fatti da parte. Ho detto che non ti avrei uccisa, ma mi stai sfidando troppo.”

“No!”

Un lampo di luce verde.

Severus Piton si piega in due, stringendosi l'avambraccio sinistro.

Il Marchio Nero brucia come se fosse un ferro arroventato che gli azzanna la carne.

Non è quello, però, il dolore più intollerabile. Una fitta al cuore...

Alza gli occhi al cielo, il Mangiamorte. Lontano, lontano c'è una luce verde danzante, quasi un'aurora boreale.

Striscia la luce, si trasforma in un aspide.

Severus scuote il capo. Negli occhi neri si fa strada la comprensione; tiene per mano la disperazione più nera.

Un grido da animale ferito fende la notte.

L'aveva amata, e lei non l'aveva mai saputo.

Ora non era riuscito a salvarla.