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Autore: ccconny    05/12/2012    8 recensioni
C'era la nebbia per quanto era presto, nonostante fosse Luglio. Si scorgeva la vetta di un solo treno sporgere da quella nube. Un gentile signore mi aiutò a caricare i bagagli sul treno e io trovai un posto vicino al finestrino. Nel giro di qualche minuto il treno partì. Questo, però, non andava veloce come Dave in macchina, quindi vidi sotto i miei occhi la scritta Bradford diventare lentamente sempre più piccola e la mia mente fu tormentata da domande. Mi chiedevo se stavo facendo la cosa giusta, se ero felice di quello che stavo per affrontare, ma proprio mentre il mio cervello stava per formulare una risposta la scritta Bradford sparì dietro una curva e realizzai che forse era meglio dormire per poter essere ben sveglia all'arrivo.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ero finalmente riuscita a diplomarmi. La scuola era finita, ed io potevo risvegliarmi da quell'incubo che mi teneva imprigionata da molti anni anni in quell'edificio dalle mura cineree. Quella scuola aveva un'aria così triste che la mattina era come avere dei mattoni incollati sotto le scarpe, perché, nonostante mi svegliassi di buon umore, varcarne la soglia non era mai un piacere ed in più c'era quel colore malinconico che mi faceva soltanto passare maggiormente la voglia di farlo. Per fortuna tutto questo ormai era giunto al termine. Come mio solito, avevo preso il massimo dei voti. Il diploma, nonostante fosse nuovo di zecca, era di una vecchia pergamena ed era ingiallito dagli anni. Questo favoriva il pensare di lasciarmi tutto alle spalle, il mio dover prendere il treno e cambiare vita, che per tutto questo tempo era stata monotona. Alla cerimonia di consegna non avevo fatto venire nessuno, perchè non volevo fosse un giorno da ricordare con foto e video da mettere negli album e conservare negli scaffali di casa, ma volevo che fosse un giorno da dimenticare, un giorno di passaggio. Quando andai a ritirare il mio diploma, con tanto di lode, dovetti sorridere per la foto che il fotografo mi obbligò con tutte le forze a fare, ma il mio sorriso era piuttosto finto, poichè la mia felicità non era di certo alle stelle. E fu lì che, sfortunatamente, scorsi mio fratello nascosto in ultima fila dietro le ragazze che si erano diplomate l'anno precedente ed erano venute a trovare le amiche, che di cervello sicuramente ne avevano poco. Non ero sicura che mio fratello fosse lì per me, o per provare a chiedere il numero ad una di quelle galline, poiché in città era conosciuto per il suo essere un tipo donnaiolo, ma lo scoprii presto. Appena ebbi ritirato il mio diploma, camminai furtivamente verso di lui, schivando i ragazzi della squadra di calcio che si scambiavano battute. Avevo un'aria piuttosto furiosa e irritata e mio fratello se ne accorse presto, perchè aggrottò le sopracciglia quando mi vide arrivare. Sperava in un sorriso a 32 denti e ad un "grazie fratellone" ma non fu esattamente quello che ricevette. Non ero contenta che fosse lì, io avevo esplicitamente detto di non volere nessuno, ma lui era venuto, sperando di farmi una bella sorpresa. In fondo un po' lo era, ma il mio orgoglio mi impediva di dimostrarglielo, anche durante il giorno precedente alla mia partenza.

"Perchè sei qui?" chiesi in tono aspro.

"Speravo di farti una bella sorpresa, e volevo passare l'ultima giornata in città della mia sorellina proprio con lei, ma forse sarei dovuto arrivare un po' più tardi per portarla a pranzo fuori."
Andare a pranzo fuori era l'ultimo dei pensieri, ancora dovevo finire di radunare tutto quello che avevo a casa.
"Non vedo l'ora di andare a mangiare un boccone, la pancia mi brontola da ore. Ma a scuola non dovevi venire. Lo sapevi, Dave."
"Credo che sia la prima volta nella mia vita che debba dire ad una ragazza: scusa per l'anticipo."
"Non fa niente, andiamo." replicai seccamente.

Varcai per l'ultima volta la soglia di quella scuola che mi aveva fatto passare degli anni infernali e salii in macchina con Dave. Guardai dal finestrino e vidi le finestre alte sfrecciare sotto i miei occhi. Lui guidava sempre troppo velocemente. E così nel giro di 3 secondi, quella che era stata la mia casa per anni, diventò una parte lontana della mia vita.

Mio fratello mi portò nel mio ristorante preferito e io non mangiai molto, mentre lui si ingozzò come faceva sempre. Non capivo come faceva a mangiare così tanto senza ingrassare, ma da quanto dicevano era una cosa di famiglia. Non ci scambiammo molte parole, quello che parlò di più fu lui che continuava a tartassarmi di domande su dove sarei andata a vivere a Londra o come mi sarei guadagnata da vivere. Sembrava quasi uno di quegli interrogatori che di solito mi faceva mia madre. Io mi limitati a rispondere un sì e un no qua e là, e qualche volta espandendomi a qualche frase di più in cui dicevo che era solo quello che sognavo fin da quando ero bambina e che era un modo per lasciarmi alle spalle la vita che mi ero stancata di trascorrere tutti i giorni. Ma in realtà di motivi ce ne erano molti altri. E questi li conosceva solo la mia migliore amica Kathleen, che era l'unica amica che avevo lì. Finito di pranzare rimontammo in macchina, la sua Mercedes grigio metallizzato che aveva voluto l'anno prima per il suo compleanno, e che fu probabilmente uno degli ultimi regali che gli fece nostro padre. Dopo circa una decina di minuti arrivammo sotto casa, mio fratello parcheggiò e ci incamminammo verso la porta, dove mi aspettavo di trovare mia madre, che per un attimo si sarebbe staccata dal guardare i film gialli in televisione come era abituata a fare ogni pomeriggio da un anno a quella parte.

Entrai per prima, e proprio come immaginavo lei era lì. Probabilmente aveva sentito il rumore possente della macchina ed era corsa alla finestra scostando le tende arancio che avevamo in cucina che davano sul giardino esterno e ci aveva visto arrivare. Mi abbracciò velocemente e poi mi chiese: "Beh, com'è andata?"
"Bene, mamma." Sentire quella frase per mia madre era come sentire un "Mamma, torno tardi stasera." di mio fratello, perchè a me le cose dovevano andare sempre bene. Soprattutto a scuola, perchè lei si aspettava sempre il meglio da me. Le consegnai il diploma, e lei lo prese con le sue mani ormai un po' invecchiate e lo guardò felice, anche se sapeva già che avevo preso il massimo. Non finiva mai di stupirsi. Forse era questo il semplice motivo per cui andavo bene a scuola. Per lei. Lei era sempre stata così contenta della 'figlia-modello' che aveva ed io non volevo deluderla, perchè sapevo che un giorno l'avrei ringraziata. Per questo mi ero sempre impegnata a scuola, fin da quando ero bambina. Per il diploma mi ero impegnata davvero molto, ma non più di quanto non avessi fatto in tutti quegli anni.
Mia madre era rimasta a fissare il diploma mentre io rimanevo in piedi in ingresso a fissare le foto che erano attaccate ai muri. C'erano le foto di tutta la nostra famiglia e mia madre ancora non aveva avuto il coraggio di togliere quella con mio padre, da quando se ne era andato. Alla fine, vedendola con gli occhi che le brillavano le dissi "Puoi tenerlo tu e appenderlo in casa, non lo porterò con me." Fu proprio in quel momento che vidi il sorriso abbandonare lentamente le sue labbra. "Certo." mi rispose con tono piuttosto assente. Potevo immaginare perfettamente a ciò che stava pensando, perciò salii in fretta le scale e mi fiondai in camera mia, abbandonandomi sul letto.

Rimasi per una buona manciata di minuti a fissare il soffitto immersa nei miei pensieri, quando fui interrotta dallo squittio del mio cellulare che segnava l'arrivo di un nuovo messaggio. "Solita ora, solito posto. A dopo." Era Kathleen, a cui non risposi nemmeno, perchè sapeva già che ci saremo viste. Decisi che era il momento di finire di radunare le mie cose e di lasciare tutto ciò che non mi serviva nell'armadio all'angolo della mia camera. Aveva le pareti blu e mi ricordava ogni volta il mare, che era una delle cose che amavo di più, ma a cui non avevo mai avuto la bellezza di assistervi spesso. Lo scaffale dei libri di scuola non lo guardai nemmeno, li raccolsi tutti in una sola volta e li buttai dritti in uno scatolone che finì sotto il letto. Ormai erano rimasti solo i cd e "l'angolo delle paure", così lo chiamava mia madre. Era dove buttavo le cose che usavo soltanto una volta e di cui poi dimenticavo l'esistenza. Trovai parecchi regali inutli che mi avevano fatto i miei zii, che finirono negli scatoloni ed infine, sotto la pila di cianfrusaglie, trovai una felpa di Jack Wills. Nel preciso istante in cui la toccai ricordai il volto del ragazzo che me la regalò. Era forse l'unico ragazzo serio, se così posso definirlo, che avevo avuto. Non avevo avuto molti ragazzi e gli unici che avevo avuto erano quelli da cotta estiva, infatti anche lui, nonostante fosse durato più degli altri, l'avevo conosciuto d'estate in vacanza. Durante l'anno non riuscivo mai a combinare nulla, meno che mai a scuola. In realtà io a scuola non conoscevo proprio nessuno, a parte Kathleen, che invece era una delle ragazze più popolari, quelle circondate da ragazzi e piene di amiche.

Kathleen!Per fortuna quella felpa mi servì per riportarmi al mondo reale e a ricordarmi che ero in ritardo, come sempre. La misi in fretta in valigia, poichè in fin dei conti decisi di conservarla, mi infilai la giacca di pelle ed uscii. Il parco dove ci incontravamo di pomeriggio non distava più di 5 minuti da casa mia, e quando arrivai lei era seduta sulla nostra solita panchina, quella sotto il pino più alto. Non feci in tempo ad aprire bocca che lei mi precedette "Sigaretta?" mi disse con in mano l'abituale marlboro light. La presi, la cacciai in bocca e la accesi. Provai subito un senso di sollievo che pervase tutto il mio corpo.

"Sei riuscita a procurarti il numero, Kath?"le domandai.
"Purtroppo ancora no, ma appena ci riuscirò ti manderò un messaggio. Fidati di me."
Era per questo che mi fidavo di lei, era una ragazza determinata e sapevo che avrebbe portato a termine ciò che le avevo chiesto.
"Sei emozionata?" mi chiese lei con un largo sorriso che le riempiva il viso candido.
"Molto, ma mi mancherai."
E lì scattò senza preavviso un abbraccio che ci coinvolse per qualche minuto. Uno di quegli abbracci che non ha bisogno di essere accompagnato da parole, perchè dice tutto da sè. Eravamo così diverse io e lei, esteriormente, ma così simili dentro. Lei aveva i capelli biondi, che raccoglieva sempre in una cipolla, la pelle candida e gli occhi azzurri. Io invece avevo i capelli neri e lunghi che portavo sempre sciolti, gli occhi nocciola e la pelle olivastra. Eravamo tutte e due, però, due tipe solari, scherzose e piene di vita. Per questo ci piaceva stare insieme. Alla fine della nostra conversazione, in cui mi diede dei buoni consigli su come cavarmela nella nuova grande città concluse con un "Buona fortuna, Connie. Sappi che tra non più di due settimane mi riavrai tra i piedi." le sorrisi, perchè sapevo che sarebbe stato così. Lei sarebbe stata l'unica persona che mi sarebbe davvero venuta a trovare spesso, per questo il nostro non era un vero e proprio addio. Ci salutammo e mi diressi verso casa per cena.

Mio fratello e mia madre erano già in tavola e lei mi aveva preparato il mio piatto preferito, perchè sapeva che per molto tempo non lo avrei più mangiato. Fu una cena silenziosa e mia madre era piuttosto stanca, quindi si alzò presto dirigendosi in camera sua. Mio fratello come al solito doveva uscire, si andò a preparare e io avevo la casa tutta per me. Girovagai un po' cercando di fotografare con gli occhi le stanze che erano state il luogo della mia infanzia e adolescenza, per non permettermi di dimenticarlo. Alla fine mi buttai sul letto, che era l'unica cosa non spoglia rimasta nella mia camera. E come ogni notte mi misi a pensare alle cose che tormentavano la mia mente.

Kath non era riuscita a trovare il numero di quella ragazza. Avrei anche potuto chiedere a Dave, ma sicuramente avrebbe rifiutato di aiutarmi. Forse il destino mi diceva che dovevo fare tutto da sola, ma non avevo per niente paura. Il mio obbiettivo era di riuscire a ricontattare quel ragazzo e ci sarei riuscita. Dovevo ammettere a me stessa che avrei dovuto agire un po' prima, perchè adesso quel ragazzo aveva una fama mondiale e di certo non avrebbe badato ad una stupida ragazza che era stata sua compagna di corso per anni e di cui probabilmente neanche ricordava il nome. Io e lui eravamo piuttosto simili. Andavamo entrambi bene a scuola, ma l'unica differenza era che in classe lui se ne stava sempre seduto lì all'ultimo banco, mentre io ero in prima fila a prendere appunti. Avevamo frequantato un solo corso insieme, e non ci avevo mai parlato, neanche ebbi mai incrociato il suo sguardo. Il più delle volte camminava a testa bassa con le cuffie alle orecchie quando veniva a scuola. E a mensa spariva improvvisamente. L'unica volta che mi ero ritrovata a pochi metri da lui, che non fosse in quella cupa classe, era stato a casa sua, nel periodo in cui mio fratello era stato fidanzato con sua sorella Doniya. Un giorno ci avevano invitato a cena, e fu lì che Doniya chiamò "Zayn, vieni a salutare!" lui uscì con metà busto dalla porte della sua camera, fece un "ciao" scocciato e rientrò in camera sbattendosi dietro la porta. Non seppi neppure se cenò quella sera. Fatto sta che avevo sempre bramato di conoscere quel ragazzo solitario, perchè come me, non aveva molti amici e a scuola era sempre solo, quindi ci vedevo bene a formare un gruppetto io e lui. Ma l'occasione non si presentò mai e quando se ne andò per diventare quello che ora è, mi pentii di non avergli mai rivolto la parola. Era per questo che volevo rimediare a tutto quello che non avevo fatto durante gli anni, a rimediare soprattutto al fatto di non aver mai incrociato i suoi occhi. Cosa che purtroppo avrei dovuto fare, perché ora i suoi occhi erano diventati un problema fin troppo grande per me. Avevo affidato alla mia migliore amica il compito di procucarsi il numero del migliore amico di Zayn, poichè lei, come del resto tutti gli altri ragazzi, lo conosceva. E confidavo in lei.

Tutta questa serie di pensieri non mi fecero dormire, così dopo quella che per me sembò una mezz'oretta, la sveglia del cellulare trillò e io dovetti iniziare a trascinare le valigie per le scale. Mia madre era in ingresso che mi aspettava con una tazza di tè caldo. Sapeva che lo adoravo. Lo bevetti con lei mentre la rassicurai sul fatto che sarebbe andato tutto bene e che l'avrei chiamata appena sarei arrivata. Era arrivato il momento di partire. Avevo deciso di andare via di mattina presto così nessuno si sarebbe accorto che me ne sarei andata. Essendo una città piccola, tutti conoscevano i fatti di tutti, e non volevo che la gente iniziasse a provare altra pena per mia madre, perché oltre al marito l'aveva abbandonata anche la figlia. Così dando un ultimo forte abbraccio e un bacio sulla guancia scarna di mia madre mi diressi verso la stazione.

C'era la nebbia per quanto era presto, nonostante fosse Luglio. Si scorgeva la vetta di un solo treno sporgere da quella nube. Un gentile signore mi aiutò a caricare i bagagli sul treno e io trovai un posto vicino al finestrino. Nel giro di qualche minuto il treno partì. Questo, però, non andava veloce come Dave in macchina, quindi vidi sotto i miei occhi la scritta Bradford diventare lentamente sempre più piccola e la mia mente fu tormentata da domande. Mi chiedevo se stavo facendo la cosa giusta, se ero felice di quello che stavo per affrontare, ma proprio mentre il mio cervello stava per formulare una risposta la scritta Bradford sparì dietro una curva e realizzai che forse era meglio dormire per poter essere ben sveglia all'arrivo.

  
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