Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: LessWrong    06/12/2012    2 recensioni
Petunia ha sposato un biochimico, ed Harry è cresciuto leggendo scienza e fantascienza. Poi è arrivata la lettera di Hogwarts, che ha rivelato un mondo di nuove possibilità interessanti da sfruttare. E nuovi amici, come Hermione, la professoressa McGonagall e il professor Quirrell.
NOTA DEL TRADUTTORE:
Lo schema di traduzione della Salani porta spesso a espressioni imprecise o cacofoniche. Per questo, la traduzione di questa fanfiction segue lo schema di traduzione del Bartezzaghi.
Genere: Commedia, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Potter
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Bla bla disclaimer bla bla Rowling bla bla proprietà.

NOTA DELL'AUTORE

La sezione "In seguito" di questo capitolo è parte della storia, non omake.
Pensa che la sua giornata sia stata surreale? Provi la mia.
Certi bambini avrebbero aspettato fino a dopo la loro prima visita a Diagon Alley.

"Borsa dell'elemento 79" disse Harry, e ritirò dal mokeschino la mano vuota.

La maggior parte dei bambini avrebbe almeno aspettato di avere una bacchetta magica.

"Borsa dell'okane" disse Harry. La pesante borsa dell'oro gli balzò in mano.

Harry estrasse la borsa, poi la rimise nel mokeschino. Tirò fuori la mano, la rimise dentro e disse: "Borsa dei gettoni di scambio economico." Questa volta la sua mano uscì vuota.

"Ridammi la borsa che ho appena messo dentro." Ancora una volta, venne fuori la borsa dell'oro.

Harry James Potter-Evans-Verres aveva messo le mani sul suo primo oggetto magico. Perché aspettare?

"Professoressa McGonagall" disse Harry alla strega confusa che passeggiava accanto a lui, "mi può dire due parole, una per oro, e una per qualcos'altro che non è il denaro, in una lingua che non conosco? Ma non mi dica le traduzioni."

"Ahava e Zahav" disse la professoressa McGonagall. "E' ebraico, e l'altra parola vuol dire amore."

"Grazie, professoressa. Borsa dell'ahava." Niente.

"Borsa dello zahav." E la borsa gli balzò in mano.

"Zahav vuol dire oro?" domandò Harry, e la professoressa McGonagall annuì.

Harry si concentrò sui dati sperimentali che aveva raccolto. Era solo un esperimento rozzo e preliminare, ma era sufficiente per raggiungere almeno una conclusione:

"Aaaaaaarrrgh questo non ha alcun senso!"

La strega accanto a lui sollevò un sopracciglio. "Problemi, signor Potter?"

"Ho appena falsificato ogni singola ipotesi che avevo! Come può sapere che 'borsa dei 115 Galeoni' va bene, ma 'borsa dei 90 più 25 Galeoni' no? Sa contare ma non sa fare le addizioni? Capisce i sostantivi, ma non alcune frasi sostantivate che significano la stessa cosa? La persona che l'ha fabbricato probabilmente non parlava giapponese, e io non parlo ebraico, quindi non sta usando le sue conoscenze, e non sta usando le mie conoscenze." Harry mosse disperatamente la mano. "Le regole sembrano più o meno coerenti, ma non hanno significato! Non chiederò nemmeno come fa, un sacchetto, a essere dotato di riconoscimento vocale e comprensione del linguaggio naturale, quando i migliori programmatori di Intelligenza Artificiale non riescono a farlo con i più veloci supercomputer dopo trentacinque anni di duro lavoro," Harry rimase a bocca aperta per respirare, "ma cosa succede, dentro a un mokeschino?"

"Magia", disse la professoressa McGonagall.

"Quella è solo una parola! Anche dopo che me l'ha detto, non posso fare nuove previsioni! E' esattamente come dire 'flogisto' o 'slancio vitale' o 'nascita' o 'complessità'!"

La strega vestita di nero scoppiò a ridere. "Ma è magia, signor Potter."

Harry calò le spalle. "Con tutto il rispetto, professoressa McGonagall, non sono sicuro che lei capisca cosa sto cercando di fare."

"Con tutto il rispetto, signor Potter, sono abbastanza sicura di non capirlo affatto. A meno che - questa è solo una supposizione, badi bene - non stia cercando di conquistare il mondo?"

"No! Voglio dire, sì - beh, no!"

Forse dovrei essere allarmata dal fatto che ha problemi a rispondere alla domanda."

Harry pensò tristemente alla Conferenza di Dartmouth del 1956 sull'intelligenza artificiale. Era stata la prima conferenza sul tema, quella che aveva originato il termine "intelligenza artificiale". Chi ci aveva preso parte aveva individuato problemi chiave come rendere i computer capaci di capire il linguaggio umano, imparare, e migliorarsi da soli. Era stato suggerito, in perfetta serietà, che per fare progressi significativi su tali argomenti sarebbero serviti dieci scienziati che lavorano insieme per due mesi.

No. Testa alta. Hai appena iniziato a lavorare sul problema di districare tutti i segreti della magia. In realtà non sai se sarà troppo difficile da fare in due mesi.

"E davvero non ha sentito parlare di altri maghi che fanno queste domande o questo tipo di sperimentazione scientifica?" Harry chiese di nuovo. A lui sembrava così ovvio.

Pensandoci bene, erano serviti più di duecento anni dopo l'invenzione del metodo scientifico, prima che gli scienziati babbani pensassero di indagare sistematicamente quali frasi, un essere umano di quattro anni, riusciva o non riusciva a capire. In linea di principio, la psicologia dello sviluppo del linguaggio sarebbe potuta iniziare nel diciottesimo secolo, ma nessuno aveva mai pensato di fare ricerche in quel campo fino al ventesimo. Quindi non si poteva incolpare il mondo dei maghi, molto più piccolo, per non aver indagato sull'Incantesimo di Recupero.

La professoressa McGonagall strinse le labbra, poi si strinse nelle spalle. "Non sono ancora sicura di cosa intenda per 'sperimentazione scientifica', signor Potter. Come ho detto, ho visto studenti nati da babbani che cercano di far funzionare oggetti babbani all'interno di Hogwarts, e ogni anno vengono inventati nuovi Incantesimi e Pozioni.

Harry scosse la testa. "La tecnologia non è affatto la stessa cosa della scienza. E cercare modi diversi di fare qualcosa non è lo stesso che sperimentare per capire le regole." Un sacco di persone avevano cercato di inventare macchine volanti provando altrettante cose-con-le-ali, ma solo i fratelli Wright avevano costruito una galleria del vento per misurare la portanza... "Uhm, quanti bambini nati da babbani arrivano a Hogwarts ogni anno?"

"Forse una decina?"

Harry fece un passo troppo lungo e quasi inciampò sui suoi stessi piedi. "Una decina?"

Il mondo babbano aveva una popolazione di oltre sei miliardi. Se tu fossi uno su un milione, ci sarebbero sette persone come te a Londra e altre mille in Cina. Era inevitabile che la popolazione dei babbani producesse undicenni capaci di praticare il calcolo infinitesimale - Harry sapeva che non era l'unico. Aveva incontrato altri bambini prodigio nelle gare di matematica. In effetti aveva subìto sonanti sconfitte da concorrenti che probabilmente passavano letteralmente tutto il giorno a esercitarsi su problemi di matematica, che non avevano mai letto un libro di fantascienza, che si sarebbero completamente bruciati prima della pubertà e non sarebbero mai ammontati a nulla nella loro vita futura, perché si limitavano a praticare tecniche note, invece di imparare a pensare in modo creativo.
(Harry non sapeva perdere.)

Ma... nel mondo dei maghi...

Dieci bambini nati da babbani all'anno, che terminavano tutti la loro istruzione babbana all'età di undici anni? E la professoressa McGonagall sarebbe potuta essere di parte, ma sosteneva che Hogwarts fosse la scuola per maghi più grande e più eminente del mondo... e dava istruzione solo fino all'età di diciassette anni.

La professoressa McGonagall  senza dubbio conosceva ogni dettaglio di come ci si trasforma in un gatto. Ma sembrava aver letteralmente mai sentito parlare del metodo scientifico. Per lei era solo magia dei babbani. E non sembrava nemmeno curiosa di sapere quali segreti potessero celarsi dietro la comprensione del linguaggio naturale implicata dall'Incantesimo di Recupero.

Ciò lasciava due possibilità, davvero.

Possibilità numero uno: la magia era così incredibilmente opaca, contorta e impenetrabile, che anche se maghi e streghe avessero fatto del loro meglio per capire, avrebbero fatto pochi o nessun progresso e alla fine si sarebbero arresi, e Harry non avrebbe fatto di meglio.

Oppure...

Harry si scrocchiò le dita con determinazione, ma fecero solo uno scatto a basso volume, anziché riecheggiare sinistramente dalle mura di Diagon Alley.

Possibilità numero due: avrebbe conquistato il mondo.

Alla fine. Forse non subito.

Questo genere di cose a volte richiedeva ben più di due mesi. I babbani non erano andati sulla Luna una settimana dopo le ricerche di Galileo.

Ma Harry non riusciva ancora a togliersi il sorriso enorme che gli tendeva le guance così tanto che stavano cominciando a fargli male.

Harry aveva sempre avuto paura di finire come uno di quei bambini prodigio che non ammontano a niente e trascorono il resto della loro vita a vantarsi di come erano avanti all'età di dieci anni. Però, nemmeno la maggior parte dei geni adulti ammonta a qualcosa. Ci sono state probabilmente un migliaio di persone intelligenti come Einstein per ogni vero Einstein nella storia, perché questi altri geni non avevano messo le mani sull'unica cosa assolutamente necessaria per raggiungere la grandezza. Non avevano mai trovato un problema importante.

Siete miei adesso, pensò Harry, rivolto alle mura di Diagon Alley, a tutti i negozi, agli oggetti, a tutti i negozianti, ai clienti, a tutte le terre e tutte le persone della Gran Bretagna magica, a tutto il resto del mondo dei maghi, e all'intero universo di cui gli scienziati babbani capivano molto meno di quello che credevano. Io, Harry James Potter-Evans-Verres, ora rivendico questo territorio nel nome della Scienza.

I lampi e i tuoni non scoccarono affatto, nel cielo privo di nuvole.

"Per cosa sta sorridendo?" chiese la professoressa McGonagall, con fare circospetto e stanco.

"Mi chiedo se ci sia un incantesimo per far scoccare un lampo in lontananza ogni volta che faccio una promessa minacciosa", spiegò Harry. Stava memorizzando accuratamente le esatte parole della sua promessa minacciosa, affinché i futuri libri di storia la riportassero per bene.

"Ho la netta sensazione che dovrei fare qualcosa per questo" sospirò la professoressa McGonagall.

"Ignoralo, ti passerà. Ooh, bello!" Harry mise temporaneamente da parte i suoi pensieri di conquista del mondo e si precipitò in un negozio con la porta aperta, e la professoressa McGonagall lo seguì.
Harry aveva ormai acquistato i suoi ingredienti per le pozioni e il calderone, e, oh, un paio di altre cose. Oggetti che sembrava ragionevole portare nella Borsa Conservante di Harry (alias Super Mokeschino QX31 con Incantesimo di Estensione Non Rilevabile, Incantesimo di Recupero e Bordo Allargante). Acquisti intelligenti, ragionevoli.

Harry non riusciva proprio a capire perché la professoressa McGonagall apparisse così sospettosa.

In quel momento, Harry era in un negozio di merce costosa abbastanza da essere esposta nella tortuosa via principale di Diagon Alley. Il negozio aveva una parte frontale aperta, con la mercanzia disposta su scaffali inclinati di legno, custodita solo da una leggera luce grigia e da una commessa dall'aspetto giovanile, in una versione molto accorciata di un abito da strega, che lasciava scoperte le sue ginocchia e i suoi gomiti.

Harry stava esaminando l'equivalente magico di un kit di pronto soccorso, il Pacchetto di Guarigione d'Emergenza Plus. C'erano due lacci emostatici che si serravano da soli. Una Pozione di Stabilizzazione, che rallentava la perdita di sangue per prevenire lo shock. Una siringa di quello che sembrava fuoco liquido, che rallentava drasticamente la circolazione nella una zona trattata pur mantenendo il sangue ossigenato per un massimo di tre minuti, se serviva evitare che un veleno si diffondesse nel corpo. Un panno bianco che si poteva avvolgere su una parte del corpo per renderla temporaneamente insensibile al dolore. Più altri elementi che Harry non riusciva a capire affatto, come il "Trattamento dell'Esposizione a un Dissennatore", che aveva l'aspetto e il profumo del normale cioccolato. Oppure l'"Anti-Briglia-Confusa", che sembrava un piccolo uovo tremolante e aveva un cartellino che illustrava come infilarlo in una narice a qualcuno.

"Per cinque Galeoni, era un acquisto obbligato, non crede?" Harry disse alla professoressa McGonagall, e la giovane commessa lì vicino annuì con entusiasmo.

Harry si aspettava che la professoressa facesse un commento che approvava la sua prudenza e preparazione. Quello che riceveva, invece, poteva essere solo descritto come uno sguardo diabolico.

"Esattamente per cosa" disse la professoressa McGonagall con pesante scetticismo, "si aspetta che le serva un kit da guaritore, giovanotto?" (Dopo lo sfortunato incidente al negozio di Pozioni, la professoressa McGonagall evitava di dire "Signor Potter" con qualcun altro nelle vicinanze.)

La bocca di Harry si aprì e si richiuse. "Non mi aspetto che mi serva! E' solo per essere preparato!"

"Preparato per cosa?"

Gli occhi di Harry si spalancarono. "Pensa che io stia progettando di fare qualcosa di pericoloso, e per questo voglio un kit medico?"

La risposta fu uno sguardo di cupo sospetto e incredulità ironica.

"Grande Giove!" disse Harry. (Questa era un'espressione che aveva imparato dallo scienziato pazzo Doc Brown in Ritorno al Futuro.) "Pensava la stessa cosa anche quando ho comprato la Pozione Rallenta-Caduta, L'Algabranchia, e la bottiglia di Pillole Cibo-e-Acqua?"

"Sì."

Harry scosse la testa per lo stupore. "Per l'esattezza, che piano pensa che io abbia in mente?"

"Non lo so", disse mestamente la professoressa McGonagall , "ma può finire solo con lei che porta una tonnellata d'argento a Gringott, o lei che finisce per dominare il mondo."

"'Dominare il mondo' è una frase così brutta. Preferisco dire 'ottimizzare il mondo'."

Questa battuta esilarante non riuscì a rassicurare la strega che gli lanciava lo Sguardo Diabolico.

"Wow" disse Harry, quando si rese conto che era seria. "Lo pensa davvero. Pensa davvero che io abbia in mente di fare qualcosa di pericoloso."

"Sì."

"Come se fosse l'unico motivo per cui qualcuno vorrebbe mai comprare un kit di pronto soccorso? Non la prenda male, professoressa McGonagall, ma con che razza di bambini pazzi ha a che fare?"

"Grifondoro!" esclamò la professoressa McGonagall. La parola portava un carico di amarezza e disperazione che cadeva come un'eterna maledizione su tutto l'entusiasmo e l'allegria giovanile.

"Vicepreside professoressa Minerva McGonagall" disse Harry, mettendosi le mani sui fianchi con severità. "Io non verrò assegnato a Grifondoro..."

A questo punto la vicepreside esclamò qualcosa su come, se ci fosse finito, lei avrebbe escogitato qualcosa per uccidere un cappello. Harry non commentò quella strana osservazione, anche se la commessa sembrò avere un improvviso attacco di tosse.

"...io verrò assegnato a Corvonero. E se è davvero convinta che io abbia in mente di fare qualcosa di pericoloso, allora, onestamente, non mi capisce affatto. Non mi piace il pericolo, è spaventoso. Io sono prudente. Io sono cauto. Io mi sto preparando per un'emergenza imprevista. Come i miei genitori mi cantavano: Sii preparato! Ecco la canzone della marcia dei Boy Scout! Sii preparato! Nella marcia della vita, non essere nervoso , non essere agitato, non esser spaventato - sii preparato!"

(In effetti, I genitori di Harry gli avevano sempre e solo cantato quei particolari versi di quella canzone di Tom Lehrer, e Harry era beatamente inconsapevole del resto.)

La postura della professoressa McGonagall si era leggermente ammorbidita - anche se per lo più quando Harry aveva detto che sarebbe finito in Corvonero. "Per che tipo di emergenza immagina di doversi preparare, giovanotto?"

"Una mia compagna di classe viene morsa da un orrendo mostro, e mentre frugo freneticamente nel mio mokeschino cercando qualcosa che possa aiutarla, lei mi guarda con tristezza, e col suo ultimo respiro dice: 'Perché non eri preparato?'  E poi muore, e mentre i suoi occhi si chiudono capisco che non mi perdonerà mai."

Harry sentì che la commessa era rimasta senza fiato, e alzò gli occhi al vederla che lo fissava con le labbra serrate. Poi la giovane si girò di scatto e fuggì nei recessi più profondi del negozio.

Ma che...?

La professoressa McGonagall si chinò, prese Harry per mano, delicatamente ma con fermezza, e lo tirò fuori dalla strada principale di Diagon Alley, portandolo in un vicolo tra due negozi che era lastricato con mattoni sporchi e finiva in un solido muro nero.

La strega puntò la bacchetta verso la strada principale e disse "Quietus." Intorno a loro scese uno schermo di silenzio, che bloccava tutti i rumori della strada.

Cos'ho fatto di male...

La professoressa McGonagall  si voltò verso Harry. Non aveva la faccia da Adulto Che Sgrida, ma la sua espressione era neutra, controllata. "Si deve ricordare, signor Potter" disse, "che in questo Paese c'è stata una guerra, meno di dieci anni fa. Tutti hanno perso qualcuno, e parlare di amici che muoiono tra le braccia di qualcuno... non è una cosa da fare con leggerezza."

"Io - Io non volevo -" La conclusione cadde come un meteorite nell'immaginazione particolarmente vivida di Harry. Aveva parlato di una persona che esalava il suo ultimo respiro, poi la commessa era scappata. La guerra era finita dieci anni prima, quindi la ragazza avrebbe avuto un massimo di otto o nove anni quando... quando...
"Mi dispiace, non volevo... " Harry disse strozzato. Si girò per allontanarsi dallo sguardo dell'anziana strega, ma era bloccato da un muro e non aveva ancora la bacchetta magica. "Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace!"

Ci fu un sospiro pesante dietro di lui. "Lo so, signor Potter."

Harry trivò il coraggio di sbirciare dietro di sé. La professoressa McGonagall sembrava solo triste, ora. "Mi dispiace" disse Harry di nuovo, sentendosi miserabile. "Le è mai capitato qualcosa del g..." poi tacque e si batté una mano sulla bocca.

Il volto dell'anziana strega si rattristò. "Deve imparare a pensare prima di parlare, signor Potter, oppure continuerà a vivere senza molti amici. E' stato il destino di molti Corvonero, e spero che non sarà il suo."

Harry voleva solo scappare. Voleva tirare fuori una bacchetta e cancellare tutto dalla memoria della professoressa McGonagall, essere di nuovo con lei fuori dal negozio, fare in modo che non fosse successo...

"Ma per rispondere alla sua domanda, signor Potter, no, niente di tutto questo mi è mai successo. Certo che ho visto un amico esalare l'ultimo respiro, una volta o sette. Ma nessuno mi ha mai maledetto in punto di morte, e non ho mai pensato che non mi avrebbero perdonato. Perché dice una cosa del genere, signor Potter? Perche lo pensa?"

"Io..." Harry deglutì. "E' solo che cerco sempre di immaginare la cosa peggiore che potrebbe accadere." Forse aveva anche scherzato un po', ma avrebbe preferito mordersi la lingua anziché ammetterlo.

"Cosa?" disse la professoressa McGonagall. "Ma perché?"

"Così posso impedire che accada!"

"Signor Potter..." la voce della strega si spense. Poi sospirò, e si inginocchiò accanto a lui. "Signor Potter," disse, ora gentilmente, "prendersi cura degli studenti di Hogwarts non è la sua responsabilità. E' la mia. Non lascerò che accada nulla di male a lei o chiunque altro. Hogwarts è il posto più sicuro per bambini maghi in tutto il mondo, e Madama Pomfrey ha un intero ufficio da guaritrice. Non le servirà affatto un kit da guaritore, sicuramente non uno da cinque Galeoni."

"E invece sì!" Harry esclamò. "Nessun luogo è perfettamente sicuro E se i miei genitori avessero un attacco di cuore o avessero in un incidente quando vado a casa per Natale? Madama Pomfrey non ci sarà, ho bisogno di un mio kit da guaritore personale!"

"In nome di Merlino..." disse la professoressa McGonagall. Si alzò, e guardò Harry con un'espressione divisa tra fastidio e preoccupazione. "Non c'è bisogno di pensare a cose così terribili, signor Potter!"

L'espressione di Harry si contorse fino all'amarezza, sentendo quella frase. "Sì che c'è! Se non si pensa, non ci si limita a farsi male da soli, si finisce per danneggiare altre persone!"

La professoressa McGonagall aprì la bocca, poi la richiuse. Si strofinò il ponte del naso, guardando pensierosa. "Signor Potter... se dovessi offrirmi di ascoltarla per un po'... c'è qualcosa di cui vorrebbe parlarmi?"

"Riguardo a cosa?"

"Riguardo al perché è convinto di dover sempre stare in guardia contro le cose terribili che le accadono."

Harry la fissò perplesso. Era un assioma evidente. "Beh..." disse Harry lentamente. Cercava di organizzare i suoi pensieri. Come poteva spiegarsi a una professoressa-strega, quando lei non conosceva nemmeno le basi?
"I ricercatori babbani hanno scoperto che la gente è sempre molto ottimista, rispetto alla realtà. Come quando dicono che per qualcosa serviranno due giorni ma ce ne vogliono dieci, o dicono che ci vorranno due mesi ma ci vorranno più di trentacinque anni. Per esempio, in un esperimento, hanno chiesto agli studenti i tempi di cui erano sicuri al 50%, al 75%, e al 99% di aver finito i compiti, e solo il 13%, il 19% e il 45% degli studenti ha finito entro quei tempi. E il motivo era, hanno scoperto, che quando chiedevano a un gruppo di fornire una stima ipotizzando che tutto andasse nel miglior modo possibile, e un a altro gruppo di fornire una stima ipotizzando che tutto andasse come al solito, le risposte fornite erano statisticamente indistinguibili.
Vede, se si chiede a qualcuno ciò che si aspetta nel caso normale, costui visualizzerà ciò che appare come la linea di massima probabilità per ogni passo del procedimento - in cui tutto va secondo i piani, senza sorprese.
Ma in realtà, siccome oltre metà degli studenti non ha terminato nel momento in cui erano sicuri al 99% di aver terminato, la realtà di solito fornisce risultati leggermente peggiori rispetto al 'peggior scenario possibile'. Si chiama errore di pianificazione, e il modo migliore per risolvere il problema è quello di chiedere quanto tempo ci hanno messo l'ultima volta che ci hanno provato.
Questo si chiama usare la visuale esterna invece della visuale interna, ma quando si sta facendo qualcosa di nuovo e non lo si può fare, bisogna solo essere molto, molto, davvero pessimisti. Talmente pessimisti da far risultare la realtà migliore di quanto si aspettava, tanto spesso e nella stessa misura in cui si rivela peggiore. In realtà è molto difficile essere così pessimisti da sottostimare la realtà.
Per esempio, mi sforzo per essere triste e immagino che una mia compagna di classe venga morsa da un mostro, ma quello che succede in realtà è che i Mangiamorte superstiti attaccano tutta la scuola per arrivare a me. Ma per fortuna..."

"Basta così" disse la professoressa McGonagall.

Harry tacque. Stava per sottolineare che almeno sapevano che il Signore Oscuro non avrebbe attaccato, siccome era morto.

"Penso di non essere stata chiara," disse la strega, con la sua voce precisa che pareva ancora più cauta. "E' successo qualcosa a lei personalmente che l'ha spaventata, signor Potter?"

"Quello che è successo a me personalmente è solo una testimonianza aneddotica," spiegò Harry. "E non ha lo stesso peso di un articolo di un giornale scientifico, esaminato da scienziati e replicabile, su uno studio controllato con assegnazione casuale, molti individui sottoposti allo studio, grandi dimensioni dell'effetto e forte rilevanza statistica."

La professoressa McGonagall si pizzicò il ponte del naso, inspirò, ed espirò. "Vorrei comunque sentirne parlare" disse.

"Uhm..." disse Harry. Fece un respiro profondo.
"C'erano state alcune rapine nel nostro quartiere, e mia madre mi aveva chiesto di farmi restituire una padella che lei aveva prestato a una vicina di casa a due strade di distanza. Io ho detto che non volevo, perché avrei potuto subire una rapina, e lei ha detto: 'Harry, non dire cose del genere!' Come se pensarci l'avrebbe fatto accadere, quindi, se non ne avessi parlato, sarei stato al sicuro. Ho cercato di spiegare perché non ero rassicurato, e lei mi ha fatto comunque riportare la padella. Ero troppo piccolo per sapere quanto sia statisticamente improbabile essere il bersaglio di un rapinatore, ma grande abbastanza per sapere che non basta non pensare a qualcosa per impedire che accada, quindi ero davvero spaventato."

"Nient'altro?" disse la professoressa McGonagall dopo una pausa, quando fu chiaro che Harry aveva finito. "Non c'è nient'altro che le è successo?"

"So che non sembra un grosso problema" si difese Harry. "Ma era uno di quei momenti di vita critici, vede? Voglio dire, sapevo che non pensando a qualcosa non impedisco che accada, lo sapevo, ma potevo vedere che la mamma ci credeva veramente."
Harry si fermò, alle prese con la rabbia che stava iniziando a sentire di nuovo, quando ci pensava. "Si rifiutava di ascoltare. Ho cercato di dirglielo, l'ho supplicata di non mandarmi fuori, e lei si è messa a ridere. Tutto quello che dicevo, lo considerava una specie di barzelletta..." Harry si costrinse di nuovo a frenare la rabbia.
"In quel momento mi resi conto che tutti quelli che dovevano proteggermi in realtà erano pazzi, e che non mi avrebbero ascoltato, non importa quanto li pregassi, e che non avrei mai potuto contare su di loro per ottenere niente di buono."
A volte le buone intenzioni non bastavano, a volte si doveva essere sano di mente...

Ci fu un lungo silenzio.

Harry prese il tempo di respirare profondamente e di calmarsi. Non c'era motivo di arrabbiarsi. Proprio nessun motivo. Tutti i genitori erano così, nessun adulto si sarebbe abbassato al livello di un bambino per ascoltarlo, i suoi genitori genetici non sarebbero stati diversi. La sanità mentale era una piccola scintilla nella notte, un'eccezione infinitamente rara alla regola della follia, quindi non c'era motivo di arrabbiarsi.

Harry non si piaceva quando era arrabbiato.

"Grazie per avermelo detto, signor Potter" disse la professoressa McGonagall, dopo un po'. Aveva uno sguardo distaccato sul suo volto (quasi esattamente lo stesso sguardo che era apparso sul volto di Harry, mentre sperimentava sul mokeschino, se solo si fosse visto in uno specchio per rendersene conto). "Dovrò pensarci su." Si voltò verso l'imboccatura del vicolo, e alzò la bacchetta -

"Uhm," disse Harry, "ora possiamo andare a prendere il kit da guaritore?"

La strega si fermò e fissò lo sguardo verso di lui. "E se dicessi di no - che è troppo costoso e non ne avrà bisogno? Poi cosa succederebbe?"

Il volto di Harry si contorse nell'amarezza. "Esattamente quello che sta pensando, professoressa McGonagall. Esattamente quello che sta pensando. Concluderò che lei è un altro adulto pazzo a cui non posso parlare, e inizierò a pensare a come appropriarmi in ogni caso di un kit da guaritore."

"Lei è sotto la mia responsabilità, in questo momento," disse la professoressa McGonagall. "Non mi farò mettere sotto i piedi da lei."

 "Capisco," disse Harry. Manteneva il risentimento lontano dalla sua voce, e non diceva alcuna delle altre cose che gli venivano in mente. La professoressa McGonagall gli aveva detto di pensare prima di parlare. Probabilmente l'indomani non se ne sarebbe ricordato, ma se ne poteva almeno ricordare per cinque minuti.

La bacchetta magica della strega tracciò un piccolo cerchio, e i rumori di Diagon Alley tornarono. "Va bene, giovanotto," disse. "Andiamo a prendere il kit da guaritore."

La mandibola di Harry cadde per la sorpresa. Poi Harry si affrettò dietro alla strega, quasi inciampando nella sua corsa improvvisa.
Il negozio era esattamente come l'avevano lasciato, gli oggetti riconoscibili e irriconoscibili ancora disposti sullo scaffale inclinato di legno, la luce grigia ancora a loro protezione e la commessa tornata nella sua vecchia posizione. La commessa alzò lo sguardo mentre si avvicinavano, mostrandosi sorpresa.

"Chiedo scusa" disse mentre si avvicinava, e Harry parlò quasi nello stesso momento "Mi scuso per..."

Si interruppero e si guardarono, poi la commessa fece una risata imbarazzata. "Non avevo intenzione di metterti nei guai con la professoressa McGonagall," disse. La sua voce si abbassò in tono cospiratorio. "Spero che non sia stata troppo terribile con te."

"Della!" disse la professoressa McGonagall , in tono scandalizzato.

"Borsa dell'oro," disse Harry al suo sacchetto, poi tornò a guardare la commessa mentre contava cinque Galeoni. "Non ti preoccupare, ho capito che è terribile solo perché mi vuole bene."

Contò cinque Galeoni per la commessa, mentre la professoressa McGonagall  farfugliava qualcosa di poco importante. "Un Pacchetto di Guarigione d'Emergenza Plus, per favore."

In effetti era alquanto inquietante vedere come il Bordo Allargante ingoiava il kit medico delle dimensioni di una valigetta. Harry non poté evitare di chiedersi cosa sarebbe successo se avesse provato lui stesso a infilarsi nel mokeschino, dal momento che solo la persona che ci metteva qualcosa doveva essere in grado di riprenderlo.

Quando il sacchetto ebbe finito di... mangiare... il suo acquisto conquistato a fatica, Harry giurò di aver sentito un rutto subito dopo. Doveva essere un effetto aggiunto di proposito. L'ipotesi alternativa era troppo orribile da contemplare... in effetti Harry non riusciva nemmeno a pensare a eventuali ipotesi alternative. Harry tornò a guardare la professoressa, quando ripresero a camminare lungo Diagon Alley. "Adesso dove andiamo?"

La professoressa McGonagall  indicò un negozio che sembrava fatto di carne anziché di mattoni, e coperto di pelliccia anziché di vernice. "A Hogwarts è permesso tenere piccoli animali - potrebbe prendere un gufo per inviare lettere, per esempio -"

"Posso pagare uno Zellino o qualcosa del genere e affittare un gufo quando ho bisogno di spedire la posta?"

"Sì," disse la professoressa McGonagall .

"Allora direi assolutamente no."

La professoressa McGonagall annuì, come se stesse barrando un punto di una lista. "Posso chiedere perché no?"

"Una volta ho avuto una pietra come animale da compagnia. E' morta."

"Non crede di potersi prendere cura di un animale domestico?"

"Potrei" disse Harry, "ma  finirei per ossessionarmi tutto il giorno, chiedendomi se mi sono ricordato di dargli da mangiare o se sta lentamente morendo di fame nella sua gabbia, chiedendosi dov'è il suo padrone e perché non c'è del cibo. "

"Quel povero gufo", disse sottovoce la strega. "Abbandonato così. Mi chiedo che cosa farebbe."

"Be', mi aspetto che diventerebbe molto affamato e inizierebbe a usare gli artigli per uscire dalla gabbia, la scatola o qualsiasi altra cosa, anche se probabilmente non avrebbe molta fortuna -" Harry si fermò di colpo.

La strega continuò, sempre sottovoce. "E che cosa gli succederebbe in seguito?"

"Mi scusi" disse Harry, e prese per mano la professoressa McGonagall, delicatamente ma con fermezza, e la portò in un altro vicolo, dopo aver evitato così tanti sostenitori di Harry Potter, il Distruttore-Di-Signori-Oscuri, che il processo era quasi diventato routine. "Per favore, lanci quella magia del silenzio."

"Quietus."

La voce di Harry tremava. "Quel gufo non rappresenta me, i miei genitori non mi hanno mai chiuso in un armadietto per lasciarmi senza cibo, non ho paura di essere abbandonato e non mi piace dove vuole andare a parare, professoressa McGonagall!"

La strega lo guardò col viso serio. "E dove vorrei andare a parare, signor Potter?"

"Lei pensa che qualcuno abbia..." Harry aveva problemi a dirlo. "Abbia abusato di me?"

"E' successo?"

"No!" gridò Harry. "No, mai! Pensa che sia stupido? Conosco il concetto di abuso di minori, so riconoscere un tocco inappropriato e così via, e se succedesse qualcosa di simile chiamerei la polizia! E lo riferirei al dirigente scolastico! E cercherei i servizi sociali nell'elenco telefonico! E lo direi al nonno e alla nonna e alla signora Figg! Ma i miei genitori non hanno mai fatto niente di simile, mai mai mai! Come osa suggerire una cosa del genere!"

La strega lo fissò. "E' mio dovere, come vicepreside, indagare sui possibili segni di abuso nei bambini di cui sono responsabile."

La rabbia di Harry spiraleggiava fuori controllo e diventava pura furia nera. "Non si azzardi mai a riferire parole del genere, queste insinuazioni, a nessun altro! Nessuno, mi sente, McGonagall? Un'accusa del genere può rovinare persone e distruggere le famiglie, anche quando i genitori sono completamente innocenti! L'ho letto sui giornali!" La voce di Harry diventava un grido acuto. "Il sistema non sa quando fermarsi, non crede ai genitori ai figli quando dicono che non è successo niente! Non si azzardi a minacciare così la mia famiglia, io non la lascerò distruggere la mia casa!"

"Harry" disse la strega a bassa voce, allungando una mano verso di lui -

Harry fece un passo indietro veloce. La sua mano scattò in alto e colpì quella della strega.

La McGonagall si bloccò, poi tirò indietro la mano e fece un passo indietro. "Harry, è tutto a posto", disse. "Ti credo."

"Davvero?" sibilò Harry. La furia ancora gli faceva ancora ribollire il sangue. "O sta solo aspettando di allontanarsi da me in modo da poter depositare i documenti?"

"Harry, ho visto la tua casa. Ti ho visto con i tuoi genitori. Ti vogliono bene. Tu vuoi bene a loro. Ti credo quando dici che i tuoi genitori non abusano di te. Ma ho dovuto chiedere, perché qui c'è qualcosa di strano all'opera."

Harry la fissò con freddezza. "Per esempio?"

"Harry, ho visto molti bambini maltrattati durante gli anni che ho passato a Hogwarts, ti si spezzerebbe il cuore a sapere quanti. Quando sei felice, non ti comporti come uno di quei bambini, per niente. Sorridi agli sconosciuti, abbracci la gente, ti ho messo la mano sulla spalla e non ti sei tirato indietro. Ma a volte, solo a volte, dici o fai cose che ricordano molto... qualcuno che ha trascorso i suoi primi undici anni chiuso a chiave in una cantina. Non con la famiglia amorevole che ho visto." La professoressa McGonagall inclinò la testa, con l'espressione che diventava di nuovo perplessa.

Harry elaborò quell'affermazione. La rabbia nera cominciava a scivolare via, nel momento in cui si rese conto di venire ascoltato con rispetto, e che la sua famiglia non era in pericolo.

"E come spiega le sue osservazioni, professoressa McGonagall?"

"Non lo so", disse. "Ma è possibile che le sia sia successo qualcosa che non ricorda."

Harry si infuriò di nuovo. L'ultima affermazione gli ricordava troppo ciò che aveva letto sui giornali, negli articoli sulle famiglie distrutte. "I ricordi soppressi sono un mucchio di pseudoscienza! Le persone non reprimono i ricordi traumatici, li ricordano fin troppo bene per il resto della loro vita!"

"No, signor Potter. C'è un incantesimo chiamato Incanto Oblivion."

Harry si bloccò sul posto. "Un incantesimo che cancella i ricordi?"

L'anziana strega annuì. "Ma non tutti gli effetti dell'esperienza, se capisce quello che sto dicendo, signor Potter."

Un brivido percorse la schiena di Harry. Quell'ipotesi... non poteva essere facilmente confutata. "Ma i miei genitori non avrebbero potuto farlo!"

"In effetti no" disse la professoressa McGonagall. "Ci sarebbe voluto qualcuno del mondo dei maghi. Non c'è... non c'è modo di essere certi, temo."

L'abilità razionalista di Harry iniziò di nuovo ad avviarsi. "Professoressa McGonagall, quanto è sicura delle sue osservazioni, e quali spiegazioni alternative potrebbero esserci?"

La strega aprì le mani, come per mostrare che erano vuote. "Sicura? Non sono affatto sicura, signor Potter. In tutta la mia vita non ho mai incontrato nessuno come lei. A volte non sembra affatto avere undici anni, o nemmeno essere completamente umano."

Harry inarcò le sopracciglia verso il cielo -

"Mi dispiace!" disse in fretta la professoressa McGonagall. "Mi dispiace molto, signor Potter. Stavo cercando di fare un'osservazione e ho paura di aver detto una cosa diversa da quello che avevo in mente."

"Al contrario, professoressa McGonagall" disse Harry, con un leggero sorriso. "Lo considero un complimento molto grande. Ma le dispiacerebbe se offrissi una spiegazione alternativa?"

"La prego."

"La maggior parte dei bambini non è più intelligente dei loro genitori" disse Harry. "Né più sana di mente, forse - mio padre probabilmente sarebbe risultato più intelligente di me, se si fosse veramente impegnato, intendo, invece di limitarsi a usare la sua intelligenza da adulto per inventarsi nuove scuse per non cambiare idea."
Harry si interruppe. "Sono troppo intelligente, professoressa. Non ho nulla da dire ai bambini normali. Gli adulti non mi rispettano abbastanza per parlare davvero con me. E francamente, anche se lo facessero, non sarebbero intelligenti come Richard Feynman, quindi faccio prima a leggere qualche libro di Richard Feynman, invece. Sono isolato, professoressa McGonagall. Sono isolato da tutta la vita. Forse questo ha avuto alcuni effetti dell'essere rinchiuso in una cantina. E sono troppo intelligente per ammirare i miei genitori come i bambini sono progettati per fare. I miei genitori mi vogliono bene, ma non si sentono obbligati a rispondere alla ragione, e qualche volta mi sento come se fossero loro, i bambini. Bambini che si rifiutano di ascoltare e hanno autorità assoluta su tutta la mia esistenza. Cerco di non essere troppo amareggiato, ma cerco anche di essere onesto con me stesso, così, sì, sono amareggiato. E ho anche un problema di gestione della rabbia, ma ci sto lavorando. Questo è tutto."

"Questo è tutto?"

Harry annuì con decisione. "Questo è tutto. Sicuramente, professoressa McGonagall, anche nella Gran Bretagna magica, è sempre opportuno prendere in considerazione la spiegazione normale?"
Si era fatto tardi, il sole si abbassava nel cielo estivo e le strade cominciavano a svuotarsi di gente. Alcuni negozi erano già chiusi; Harry e la professoressa McGonagall avevano comprato i libri di testo da Flourish & Blotts appena prima della chiusura. Con solo un lieve scatto di gioia quando Harry si era affrettato a esaminare la parola chiave "Aritmanzia" scoprendo che i libri di testo del settimo anno non includevano alcun concetto matematicamente più avanzato della trigonometria.

In quel momento, però, Harry non sognava frutti di ricerche facilmente raggiungibili.

In quel momento, i due stavano uscendo dal negozio di Ollivander, e Harry stava fissando la sua bacchetta. L'aveva agitata, e questa aveva prodotto scintille multicolori, che in realtà non sarebbe dovuto essere uno shock, dopo tutto il resto che aveva visto, ma in qualche modo -

Posso fare le magie.

Io, io personalmente. Io sono magico. Io sono un mago.

Aveva sentito la magia concentrarsi e uscirgli dal braccio, e in quel momento si era reso conto che aveva sempre avuto quel senso, che lo possedeva da tutta la vita, il senso che non era la vista, l'udito, l'olfatto, il gusto o il tatto, ma solo la magia. Come avere gli occhi, ma averli tenuti sempre chiusi, in modo da nemmeno rendersi conto di vedere l'oscurità, e poi un giorno, aprirli e vedere il mondo. Quello shock si era riversato in di lui, toccando parti di lui, risvegliandole, e poi spegnendosi in pochi secondi, lasciando solo la certezza che ora era un mago, e lo sempre era stato, e in qualche strano modo, l'aveva anche sempre saputo.

E poi...

"E' veramente curioso che tu fossi stato destinato a questa bacchetta, quando è stata sua sorella, sì, sua sorella, a darti quella cicatrice."

Non poteva essere una coincidenza. C'erano migliaia di bacchette in quel negozio. Beh, okay, in realtà poteva essere una coincidenza, c'erano sei miliardi di persone in tutto il mondo e ogni giorno accadevano coincidenze di minima probabilità. Ma secondo il teorema di Bayes, qualsiasi ragionevole ipotesi che rendeva più probabile finire con la sorella della bacchetta del Signore Oscuro si sarebbe rivelata un vantaggio.

La professoressa McGonagall aveva semplicemente detto molto curioso e nient'altro, e ciò aveva scioccato Harry, per la pura e semplice, travolgente mancanza di curiosità di maghi e streghe. In nessun mondo immaginabile, Harry avrebbe appena fatto "Hm", uscendo dal negozio senza nemmeno cercare un'ipotesi su ciò che stava succedendo.

La sua mano sinistra si alzò e toccò la cicatrice.

Esattamente... cosa...

"Ora è un mago completo" disse la professoressa McGonagall. "Congratulazioni."

Harry annuì.

"E cosa ne pensa del mondo dei maghi?" disse lei.

"È strano" disse Harry. "Dovrei pensare a tutto quello che ho visto della magia... tutto quello che ora so essere possibile, tutto quello che ora so essere una menzogna, e tutto il lavoro che c'è davanti a me per capirlo. Eppure mi trovo distratto da relative banalità come..." Harry abbassò la voce, "la faccenda del Bambino-Sopravvissuto a Chi-Ben-Sappiamo." Non sembrava esserci qualcuno nelle vicinanze, ma non era il caso di tentare il destino.

"Ahem! Davvero? Ma non mi dica." disse la professoressa McGonagall.

Harry annuì. "Sì. E' così... strano. Scoprire che sono stato parte di questa grande storia, la missione per sconfiggere il grande e terribile Signore Oscuro, ed è già stato fatto. Finito. Completamente finito. Come essere Frodo Baggins e scoprire che i tuoi genitori ti hanno portato al Monte Fato e ti hanno fatto gettare l'Anello quando avevi un anno di età e non te lo ricordi nemmeno."

Il sorriso della professoressa McGonagall si era irrigidito.

"Lo sa, se io fossi qualcun altro, qualsiasi altra persona, probabilmente sarei preoccupato di mantenere quella reputazione. Perbacco, Harry, che cosa hai fatto dopo aver sconfitto il Signore Oscuro? La tua biblioteca personale? Grandioso! Ehi, lo sai che ho dato il tuo nome a mio figlio? Ma spero che questo non sarà un problema." Harry sospirò. "Eppure... è quasi abbastanza per farmi desiderare che ci fossero parti incomplete della missione, solo per poter dire che ci ho davvero partecipato in qualche modo."

"Oh?" disse la professoressa McGonagall con un tono strano. "Che cosa aveva in mente?"

"Beh, per esempio, lei ha detto che i miei genitori sono stati traditi. Chi li ha traditi?"

"Sirius Black", disse la strega, quasi sibilando il nome. "E' ad Azkaban. Prigione dei maghi."

"Quanto è probabile è che Sirius Black evada dalla prigione e che io debba rintracciarlo e sconfiggerlo in una sorta di duello spettacolare? O meglio ancora, mettergli una taglia sulla testa e nascondermi in Australia mentre aspetto i risultati?"

La professoressa McGonagall sbatté le palpebre. Due volte. "Improbabile. Nessuno è mai fuggito da Azkaban, e dubito che lui sarà il primo."

Harry era alquanto scettico di quella frase, "nessuno è mai fuggito da Azkaban". Eppure, magari con la magia si potrebbe effettivamente ottenere una prigione quasi perfetta al 100%, soprattutto se i guardiani hanno una bacchetta e i prigionieri no. Il modo migliore per uscirne sarebbe quello di non andarci.

"Va bene, allora" disse Harry. "Sembra che sia finito tutto." Sospirò, si fregò la testa col palmo della mano. "O forse il Signore Oscuro non è veramente morto quella notte. Non del tutto. Il suo spirito aleggia, sussurrando alle persone in incubi che si riversano nel mondo reale, alla ricerca di un modo per tornare nel mondo dei vivi che ha giurato di distruggere, e ora, in conformità con l'antica profezia, io e lui siamo bloccati in un duello mortale in cui il vincitore perderà e il perdente vincerà -"

La professoressa McGonagall girò la testa e fece guizzare gli occhi, come per trovare ascoltatori appostati per la strada.

"Sto scherzando, professoressa" disse Harry con un po' di fastidio. Accidenti, perché prende sempre tutto così seriamente?

Alla bocca dello stomaco di Harry cominciò a crescere la sensazione di affondare.

La professoressa lo guardò con un'espressione calma. Un'espressione molto, molto calma. Poi fece un sorriso. "Certo che sta scherzando, signor Potter."

Oh merda.

Se Harry avesse formalizzato la deduzione senza parole appena comparsa nella sua mente, sarebbe uscito qualcosa come, 'Se stimassi la probabilità che la professoressa McGonagall abbia fatto ciò che ho appena visto come tentativo di controllarsi, contro la distribuzione di probabilità di tutte le cose che farebbe naturalmente se facessi una battuta, allora questo comportamento è un'evidenza significativa che ha qualcosa da nascondere.'

Ma ciò che Harry aveva pensato realmente era: Oh merda.

Harry girò la testa per ispezionare la strada. No, nessuno nelle vicinanze. Sospirò: "Non è morto, giusto?"

"Signor Potter -"

"Il Signore Oscuro è vivo. Certo che è vivo. E' stato un atto di ottimismo assoluto essermi anche sognato che non lo fosse. Devo aver abbandonato la ragione, non riesco a immaginare a cosa stessi pensando. Solo perché qualcuno ha detto che il suo corpo è stato ritrovato incenerito, non c'è motivo di pensare che sia morto. Ovviamente ho ancora molto da imparare sulla corretta arte del pessimismo."

"Signor Potter!"

"Almeno mi dica che non c'è veramente una profezia..."
La professoressa McGonagall stava ancora facendo quel sorriso fisso. "Oh, dev'essere per forza uno scherzo."

"Signor Potter, non dovrebbe inventarsi motivi di preoccupazione."

"Ha davvero intenzione di dirmi così? Immagini la mia reazione più tardi, quando scoprirò che c'era veramente qualcosa di cui preoccuparsi."

Il suo sorriso fisso vacillò.

Harry curvò le spalle. "Ho un intero mondo di magia da analizzare. Non ho tempo per questo."

Poi entrambi tacquero, quando un uomo dalle fluenti vesti arancioni apparve sulla strada e passò lentamente; gli occhi della professoressa McGonagall lo seguirono, discretamente. La bocca di Harry si muoveva mentre si mordeva con forza il labbro inferiore, e qualcuno che guardasse da vicino avrebbe notato apparire una piccola goccia di sangue.

Quando l'uomo vestito di arancione si era ormai allontanato, Harry parlò di nuovo, in un mormorio. "Ora ha intenzione di dirmi la verità, professoressa McGonagall? E non perda tempo a dire che non è importante, non sono stupido."

"Ha undici anni, signor Potter!" disse lei in un aspro sussurro.

"E quindi sono subumano. Mi scusi... per un attimo, me l'ero dimenticato."

"Si tratta di questioni importanti e terribili! Sono segreti, signor Potter! E' una catastrofe che lei, ancora un bambino, sappia anche solo questo! Non lo deve dire dire a nessuno, capito? Assolutamente nessuno!"

Come a volte succedeva quando Harry si arrabbiava a sufficienza, il suo sangue diventava gelido anziché ribollirgli, e sulla sua mente scese una terribile chiarezza oscura, che progettava le possibili tattiche e valutava le conseguenze con ferreo realismo.

Fai notare che hai il diritto di sapere. Errore. I bambini di undici anni non hanno diritto di sapere nulla, agli occhi della McGonagall.

Di' che non sarete più amici. Errore. Lei non apprezza sufficientemente la tua amicizia.

Fai notare che sarai in pericolo se non lo sai. Errore. Sono già stati fatti dei piani che presumono che tu ne resti all'oscuro. L'inconveniente sicuro del ripensarli da zero sarà molto più sgradevole della semplice prospettiva incerta di qualcosa di brutto che potrebbe accaderti.

La giustizia e la ragione falliranno entrambe. E' necessario trovare qualcosa che tu hai e lei vuole, o trovare qualcosa che tu puoi fare e lei teme.

Ah.

"Allora, professoressa" disse Harry in un tono basso e gelido, "sembra che io abbia qualcosa che lei desidera. Può, se vuole, dirmi la verità, tutta la verità, e in cambio io manterrò i suoi segreti. Oppure può provare a tenermi ignorante in modo da usarmi come una pedina, nel qual caso non le devo niente."

La McGonagall si fermò di botto. I suoi occhi ardevano e la sua voce scese fino a un vero e proprio sibilo. "Come si permette!"

"No, come si permette lei!" sussurrò lui.

"Mi sta ricattando?"

La bocca di Harry si contorse. "Le sto offrendo un favore. Le sto dando la possibilità di proteggere il suo prezioso segreto. Se rifiuta avrò tutti i possibili motivi di indagare altrove, non per farle dispetto, ma perché devo sapere! Superi la sua inutile rabbia verso un bambino che pensa che dovrebbe obbedirle, e si renderà conto che ogni adulto sano di mente avrebbe fatto lo stesso! Guardi dal mio punto di vista! Come si sentirebbe se fosse LEI?"

Harry guardava la McGonagall, osservava il suo respiro aspro. Gli venne in mente che era il momento di allentare la pressione, lasciarla cuocere a fuoco lento per un po'. "Non c'è bisogno di decidere subito" disse Harry con un tono più normale. "La capisco, se vuole prendere tempo per pensare alla mia offerta... ma la avverto di una cosa" disse Harry, la sua voce ora più fredda. "Non provi su di me quell'Incanto Oblivion. Tempo fa ho inventato un segnale, e me lo sono già inviato. Se scopro quel segnale e non mi ricordo di averlo inviato..." Harry lasciò che la sua voce si affievolisse in modo significativo.

La McGonagall stava pensando, e la sua espressione cambiava. "Io... non pensavo di Obliviarla, signor Potter... ma perché si è inventato un tale segnale, se non conosceva -"

"Ci ho pensato mentre leggevo un libro di fantascienza babbano, e mi sono detto, beh, nel caso in cui... E no, non le dirò il segnale, non sono stupido."

"Non avevo intenzione di chiedere" disse la McGonagall . Sembrava ripiegarsi su se stessa, e d'un tratto sembrava molto vecchia e molto stanca. "E 'stata una giornata faticosa, signor Potter. Possiamo andare a prendere il suo baule e mandarla casa? Confido che non parlerà di questo argomento finché non avrò avuto il tempo di pensare. Tenga a mente che ci sono solo due altre persone in tutto il mondo che sanno di questo argomento, e sono il preside Albus Silente e il professor Severus Snape. "

Allora. Nuove informazioni; quella era una offerta di pace. Harry annuì e girò la testa per guardare in avanti, e iniziò a camminare, mentre il suo sangue ricominciava lentamente a scaldarsi.

"Così ora devo trovare un modo per uccidere un Mago Oscuro immortale" disse Harry, e sospirò per la frustrazione. "Vorrei davvero che me l'avesse detto prima di iniziare lo shopping."
Il negozio dei bauli era arredato più riccamente di ogni altro negozio che Harry avesse visitato: le tende erano piene di delicati ricami, il pavimento e le pareti di legno tinto e lucidato, e i bauli occupato posti d'onore su piattaforme di avorio lucidato. Il venditore era vestito con abiti raffinati, solo un pelo inferiori di quelli di Lucius Malfoy, e parlava con squisita cortesia sia con Harry sia con la professoressa McGonagall.

Harry aveva fatto le sue domande e si era soffermato vicino a un baule di legno dall'aspetto pesante, non lucidato ma solido, scolpito con il modello di un drago da guardia i cui occhi si spostavano a guardare chiunque si avvicinasse. Un baule che, grazie a un incantesimo, era leggero, si rimpiccioliva a comando, faceva uscire piccoli tentacoli artigliati dal fondo e seguiva il suo proprietario. Un baule con due cassetti su ognuno dei quattro lati, ognuno dei quali scivolava fuori per rivelare compartimenti profondi come tutto il baule. Un coperchio con quattro lucchetti, ognuno dei quali rivelava uno spazio diverso all'interno. E - questa era la parte più importante - una maniglia sul fondo che scivolava fuori da una botola contenente una scala che conduceva in una piccola stanza illuminata che avrebbe contenuto, Harry stimava, circa dodici scaffali di libri.

Se esistevano bagagli come quello, Harry non sapeva perché a qualcuno passasse per la mente l'idea di avere una casa.

Centootto Galeoni d'oro. Questo era il prezzo di un buon baule, leggermente usato. A un tasso di cinquanta sterline per Galeone, era abbastanza per comprare un auto di seconda mano. Più della somma di tutti gli acquisti che Harry aveva mai fatto in tutta la sua vita.

Novantasette Galeoni. Questo era ciò che restava nella borsa dell'oro che Harry era stato autorizzato a portare fuori da Gringott.

La professoressa McGonagall aveva un'espressione di disappunto sul viso. Dopo una lunga giornata di shopping non aveva avuto bisogno di chiedere a Harry quanto oro restasse nella borsa, dopo che il venditore aveva mostrato il prezzo. Ciò significava che riusciva a fare calcoli aritmetici a mente senza carta e penna. Ancora una volta, Harry si ricordò che scientificamente analfabeta non era affatto la stessa cosa che stupido.

"Mi dispiace, giovanotto" disse la professoressa McGonagall. "E' tutta colpa mia. Vorrei offrirmi di riportarla alla Gringott, ma ora la banca resterà chiusa per tutti, tranne per i servizi di emergenza."

Harry la guardò, chiedendosi...

"Beh" sospirò la professoressa McGonagall, girandosi su un tacco", potremmo anche andare, suppongo."

...non era andata del tutto in bestia quando un bambino aveva osato sfidarla. Ciò non l'aveva resa felice, ma era riuscita a pensare, invece di esplodere di rabbia. Magari era solo solo l'esistenza di un Signore Oscuro immortale da combattere, o che aveva bisogno della buona volontà di Harry. Ma la maggior parte degli adulti non sarebbe stato in grado di pensare affatto, nemmeno a quel livello, non avrebbe considerato affatto le conseguenze future, se qualcuno di stato inferiore si fosse rifiutato di obbedire...

"Professoressa?" disse Harry.

La strega si voltò e lo guardò.

Harry fece un respiro profondo. Doveva essere leggermente arrabbiato per quello che voleva provare ora, in nessun modo avrebbe avuto il coraggio di fare altrimenti. Lei non mi ha ascoltato, pensò, io avrei preso più oro, ma lei non mi ha voluto ascoltare... Focalizzando tutto il suo mondo sulla McGonagall e la necessità di piegare alla sua volontà questa conversazione, parlò.

"Professoressa, lei pensava che cento Galeoni sarebbero stati più che sufficienti per un baule. Per questo non si è preoccupata di avvertirmi prima che ne restassero solo novantasette. E' esattamente ciò che mostrano gli studi di ricerca. Ecco cosa succede quando le persone credono di lasciarsi un piccolo margine di errore. Non sono abbastanza pessimisti. Fosse stato per me, avrei preso duecento Galeoni solo per essere sicuri. C'era un sacco di soldi in quella camera blindata, e avrei potuto riportare in seguito ciò che restava, ma ho pensato che non me l'avrebbe permesso. Ho pensato che si sarebbe arrabbiata se anche solo gliel'avessi chiesto. Ho sbagliato?"

"Suppongo di dover confessare che lei abbia ragione" disse la professoressa McGonagall. "Ma, giovanotto -"

"E' per questo che ho problemi a fidarmi degli adulti."
In qualche modo Harry mantenne la voce ferma.
"Perché si arrabbiano se anche si prova a ragionare con loro. Per loro è provocazione, insolenza e una sfida per il loro stato tribale superiore. Se si tenta di parlare con loro si arrabbiano. Quindi, se avessi qualcosa di veramente importante da fare, non potrei fidarmi di lei. Anche se ascoltasse ciò che ho detto con sincera preoccupazione. Perché quello fa parte del ruolo di qualcuno che interpreta un adulto preoccupato - non modificherebbe mai le sue azioni, non si comporterebbe mai in modo diverso, solo per quello che ho detto."

Il venditore li guardava entrambi con fascino imperturbabile.

"Posso capire il suo punto di vista", disse infine la professoressa McGonagall. "Se a volte sembro troppo severa, si ricordi che sono stata il Capo della Casa di Grifondoro per quello sembrano diverse migliaia di anni."

Harry annuì e continuò. "Quindi - immaginiamo che abbia un modo per prendere altri Galeoni dalla mia camera blindata senza tornare a Gringott, ma per cui sono costretto a violare il ruolo di bambino ubbidiente. Potrei fidarmi di lei per questo, anche se per trarne vantaggio dovesse interrompere il suo ruolo di professoressa McGonagall?"

"Cosa?" disse la professoressa McGonagall.

"Per dirla in un altro modo: se riuscissi a cambiare gli eventi di oggi, in modo da prendere abbastanza soldi, lei approverebbe, anche se ciò comportasse l'insolenza di un bambino verso un adulto?"

"Immagino..." disse la strega, ma era molto perplessa.

Harry tirò fuori il mokeschino e disse: "Undici Galeoni che erano nella mia camera blindata."

E nella mano di Harry arrivarono undici monete d'oro.

Per un attimo la professoressa McGonagall spalancò la bocca, quindi la richiuse, e con gli occhi fissi disse:  "Dove li ha presi?"

"Dalla mia camera blindata, come ho detto."

"Come?"

"Magia."

"Non è una risposta!" sbottò la professoressa McGonagall, e poi si fermò sbattendo le palpebre.

"No, non lo è, vero? Sarei in dovere di affermare che ho scoperto sperimentalmente i veri segreti di funzionamento del sacchetto, e che in realtà permette di recuperare gli oggetti da qualsiasi luogo, e non solo dal proprio interno, se la richiesta è espressa correttamente. Ma in realtà è perché, quando sono caduto in quel mucchio d'oro, mi sono intascato alcuni Galeoni. Chiunque comprenda il pessimismo sa che il denaro è qualcosa di cui si potrebbe aver bisogno rapidamente e senza preavviso. Così ora è arrabbiata con me per aver sfidato la sua autorità? O contenta che siamo riusciti nella nostra importante missione? "

Gli occhi del negoziante si fecero larghi come piatti. E la strega rimase lì, in silenzio.

"A Hogwarts va applicata la disciplina", disse dopo quasi un minuto. "Per il bene di tutti gli studenti. E questo deve includere cortesia e obbedienza a tutti i professori."

"Ho capito, professoressa McGonagall."

"Bene. Ora compriamo quel baule e torniamo a casa."

Harry sentiva che doveva vomitare, o esultare, o svenire, o qualcosa del genere. Quella fu la prima volta che il suo ragionamento avesse mai funzionato con qualcuno. Forse perché era anche la prima volta che aveva qualcosa di veramente serio di cui un adulto aveva bisogno, ma comunque -

Minerva McGonagall, +1 punto.

Harry si inchinò, dando la borsa dell'oro e gli undici Galeoni extra nelle mani della McGonagall. "Grazie mille, professoressa. Può finire l'acquisto per me? Devo andare in bagno."

Il venditore indicò una porta a muro con una maniglia dorata. Mentre Harry iniziò ad allontanarsi, sentì il venditore chiedere: "Posso chiederle chi fosse, signora McGonagall? Immagino che fosse un Serpeverde - terzo anno, forse - e di una famiglia importante, ma non l' ho ricon...."

Sbattendo, la porta della toilette interruppe le sue parole. Dopo aver individuato la serratura e averla premuta in posizione, Harry afferrò il telo magico autopulente, e, con le mani tremanti, si asciugò l'umidità dalla fronte. L'intero corpo di Harry era madido di sudore che gli aveva inzuppato gli abiti babbani, ma almeno non si vedeva attraverso la toga.

Quando si trovarono di nuovo nel cortile del Calderone Che Perde, l'interfaccia tra Diagon Alley e il mondo dei babbani, il sole stava già tramontando.

Era un'economia terribilmente scollegata...

Harry doveva andare in una cabina telefonica e chiamare suo padre, una volta che fosse dall'altra parte. Non doveva preoccuparsi del furto dei suoi bagagli, a quanto pare. Il suo baule era un importante oggetto magico, qualcosa che la maggior parte dei babbani non avrebbe notato. Era una parte di ciò che si poteva avere nel mondo dei maghi, se si era disposti a pagare il prezzo di una vettura di seconda mano.

"Quindi ci separeremo, per un certo periodo," disse la professoressa McGonagall. Scosse la testa con stupore. "Questo è stato il giorno più strano della mia vita... da molti anni. Da quando venni a sapere che un bambino aveva sconfitto Chi-Ben-Sappiamo. Mi chiedo ora, guardando indietro, se quello fosse l'ultimo giorno ragionevole del mondo."

Oh, come se lei avesse qualcosa di cui lamentarsi. Pensa che la sua giornata sia stata surreale? Provi la mia.

"Oggi sono rimasto molto colpito da lei," le disse Harry. "Mi sarei dovuto ricordare di complimentarmi ad alta voce, le stavo assegnando dei punti nella mia testa e tutto il resto."

"Grazie, signor Potter," disse la professoressa McGonagall. "Se fosse già stato assegnato a una casa, le avrei detratto così tanti punti che i suoi nipoti si troverebbero ancora a perdere la Coppa delle Case."

"Grazie a lei, professoressa." Probabilmente era troppo presto per chiamarla Minni.

Questa donna sarebbe potuta essere l'adulto più sano di mente che Harry avesse mai incontrato, nonostante la sua mancanza di preparazione scientifica. Harry stava anche pensando di offrirle la posizione numero due nel gruppo che avrebbe fondato per combattere il Signore Oscuro, anche se non era così sciocco da dirlo ad alta voce. Quale sarebbe un buon nome per quel gruppo? I Mangia-Mangiamorte?

"Ci vedremo presto, quando inizierà la scuola", disse la professoressa McGonagall. "E, signor Potter, per la sua bacchetta magica..."

"So cosa sta per chiedere" disse Harry. Tirò fuori la preziosa bacchetta, e, con una profonda fitta di sofferenza interiore, la capovolse in mano, presentandole il manico. "La prenda. Non avevo in mente di fare nulla, assolutamente nulla, ma non voglio che le vengano incubi in cui faccio saltare in aria casa mia.

La professoressa McGonagall lo guardò fisso. "Dice sul serio."

"Sì," disse Harry. "Ho capito. La magia è pericolosa e le regole esistono per buone ragioni. Anche altri aspetti sono anche pericolosi. Capisco anche quello. Ricordi che non sono stupido."

"E' improbabile che lo dimenticherò. Grazie, Harry, ora mi sento meglio ad affidarle certe cose. A presto, allora."

Harry si voltò per andarsene, verso il Calderone Che Perde e fuori verso il mondo dei babbani.

Mentre la sua mano toccava la maniglia della porta posteriore, udì un sussurro dietro di sé.

"Hermione Granger."

"Cosa?" disse Harry, con la mano ancora sulla porta.

"Sul treno per Hogwarts, cerchi una studentessa del primo anno di nome Hermione Granger."

"Chi è?"

Non ci fu risposta, e quando Harry si voltò, la professoressa McGonagall era sparita.
In seguito:

Il Preside Albus Silente si sporse in avanti sulla sua scrivania. I suoi occhi scintillanti guardavano Minerva. "Allora, mia cara, come hai trovato Harry?"

Minerva aprì la bocca. Poi la chiuse. Poi la aprì di nuovo. Non ne uscì una sola parola.

"Capisco," Albus disse serio. "Grazie per il tuo rapporto, Minerva. Puoi andare."
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: LessWrong