Emmhh… entra schivando
il lancio di pomodori.
Vi chiedo scusa, scusa,
scusa, scusa per l’immenso ritardo. Ma ho avuto un po’ di problemi. Non so se
con me stessa(è più probabile) o con la stesura del capitolo, sta di fatto che
non riuscivo proprio a concluderlo. Poi sono troppo pignola sapete? Leggo e
rileggo quello che scrivo cosi tante volte che alla fine mi faccio venire un
gran mal di testa. Anyway … alla fine ce l’ho fatta e spero che apprezzerete i
miei sforzi. Il capitolo è un po’ lunghetto (non me ne vogliate), ma rallegratevi
perché sarebbe dovuto essere più lungo, infatti l’ho interrotto e alla fine ci
ho messo un bel “Continua…”
Baciii e buon lettura!
Non capirà mai nessuno quanto amore ci mettevo
anche
solo per guardarti in faccia.
-Erri De Luca.
Venerdì 21 ottobre 2011
-bene così. Respirate
profondamente, lasciate che la musica e la respirazione vi liberino la mente da
ogni preoccupazione…- sento la voce di Jacob arrivare calda e profonda alle mie
spalle mentre si sposta nella sala a controllare che ognuno faccia l’esercizio
in modo corretto. Come vorrei che fosse facile “liberare la mente da ogni
preoccupazione” e invece no, la mia testa torna sempre li, sempre alla
settimana scorsa. È da quel giorno che mi chiedo se non abbia fatto male ad
andarmene e scappare ancora una volta da Edward. Che mi ritrovo a pensare “stupida, potevi almeno aspettare e vedere
cosa voleva dirti”, e invece no, ho preferito darmela a gambe e fuggire.
D’altronde è questo quello che sto facendo da tre anni a questa parte: fuggire
da lui e da quello che provo.
-rilassatevi, sento i
vostri respiri affannati. Dovete lasciarvi andare altrimenti non raggiungerete
mai la pace interiore-
“pace interiore un corno!” urlo nella mia testa. Neanche le lezioni di yoga
possono aiutarmi. E pensare che mi era parsa un’ottima idea iscrivermi.
-Bella?- sussulto
spaventata presa alla sprovvista, le mani di Jacob si poggiano delicate sopra
le mie spalle – c’è qualche problema? Ti vedo troppo tesa e rigida, non fai che
muoverti-
Sussurro un debole –
no, sto bene- e lascio andare un respiro profondo sperando che basti a
rassicurarlo e invece ottengo l’effetto contrario.
-a me non sembra. Lo
sai che il metodo migliore per lasciarsi andare è essere prima di tutto sinceri
con se stessi?- auch! Colpita e affondata.
“se solo riuscissi ad esserlo una volta per tutte
sarebbe fantastico” mi verrebbe da
dirgli e invece opto per una parziale verità, mooolto parziale ad essere
sinceri- solo stress da lavoro, tutto qui- in realtà il lavoro va a gonfie
vele.
-bene. Cerca di
rilassarti. Fai dei bei respiri profondi e prova a sgomberare la mente. Ci
riesci?- le sue mani cominciano a massaggiarmi il collo e a me sembra di
raggiungere il paradiso. Jacob è un istruttore di yoga molto valido, è dedito
alla propria spiritualità e solerte in ogni momento con noi, ma soprattutto è
un bravissimo ragazzo, ed è anche molto, molto bello. È… come potrei dire?
Affascinante si, e anche abbagliante. Caspita ha un sorriso che ti abbaglia; la
prima volta che l’ho visto sono rimasta incantata, difficilmente passa inosservato.
La cosa che mi piace di lui è che sembra avere un aura tutt’intorno così
limpida e calda che mi vien voglia di abbracciarlo. Alcune ragazze che seguono
il corso di yoga insieme a me sono soprattutto attratte dal suo aspetto fisico.
Ha dei pettorali che… Dio mi perdoni ma ho fatto dei pensieri impuri quando ho
visto quei pettorali. Non che vada in giro senza maglietta durante le lezioni
sia chiaro, ma un giorno Betty, la ragazza più sfrontata che abbia mai
conosciuto, ha lasciato che la sua bibita si rovesciasse “accidentalmente”
sulla maglietta di Jacob, che a quel punto è stato costretto a sfilarsela.
Delle goccioline di succo dietetico hanno preso a scivolare su quelle forme
scolpite e mi sono ritrovata a pensare che effetto mi avrebbe fatto passarci la
lingua sopra. Probabilmente fui colpita da un fulmine perché mi ritrovai a
sputacchiare da tutte le parti l’acqua che avevo appena ingerito. Da quel
giorno ho stampato nella mente l’immagine del suo busto nudo, e ogni volta che
entra in sala per fare lezione è come se improvvisamente la sua maglietta
sparisse insieme ad un altro briciolo della mia integrità.
Deglutisco a vuoto
sorpresa che quel pensiero mi solletichi così tanto la mente e provo davvero a
rilassarmi. Jacob continua la sua opera di distensione, massaggiando le mie
spalle tese e ad ogni pressione mi sfugge un sospiro di piacere, così mi lascio
andare alle sue premure accompagnata dalla musica meditativa. Arrivo ad un
punto in cui perdo quasi il contatto con la realtà, mi addormento quasi, e
sento davvero di poter liberare la mente da ogni pensiero, ma chiudere Edward
in un cassetto non è mai stato facile per me, in tre anni ho provato così tante
volte che alla fine ho gettato la spugna.
Lui farà sempre parte della mia vita e non
potrò mai imprigionarlo in un dannato tiretto.
Come ha detto Jacob
devo imparare ad essere sincera con me stessa e mi rendo conto che in tre anni
sono sempre rimasta attaccata al passato. Avrei potuto voltare pagina, rifarmi
una vita e invece sono rimasta ancorata al ricordo dell’amore che provavo per
Edward, al ricordo della nostra felicità.
Come se fosse un
burattinaio che trattiene il suo giocattolo e gli fa fare quello che vuole, lui
ha sempre tessuto i fili della mia vita e ha continuato a farlo anche dopo che
ci siamo lasciati. Arriverà mai il momento in cui reciderò quei fili? In cui mi
lascerò alle spalle ogni gesto, frase, sensazione che mi ha regalato quando
stavamo insieme? Lui è andato avanti, ogni volta lo vedo sempre con una donna
diversa.
Perché non posso fare
lo stesso anche io?
Già, perché? La
risposta è tanto semplice quanto sbagliata. Perché lo amo ancora come fosse il
primo giorno, perché non riesco a dimenticare la sensazione di perdermi in lui,
perché se solo fossi stata più coraggiosa tutto quello che è successo avrei
potuto tranquillamente evitarlo. Quante volte mi do la colpa di tutto? Quante
volte chiusa nella mia stanza di notte rivedo la scena di me e lui litigare e
alla fine io che lo caccio di casa…
Quante volte, vinta dal
dolore della lontananza, avrei voluto tornare indietro e provare a ricostruire
quello che si era rotto tra di noi, a lottare per ricucire il nostro rapporto
nonostante lui avesse fatto sesso con un'altra donna...
A questo punto mi
ritrovo sempre in lacrime perché penso ai brividi che mi hanno colpita solo ad
immaginare le sue labbra posarsi sulla pelle di un’altra. La mia immaginazione
mi trasmette tutto come se fosse un film e lo rivedo… rivedo il suo volto
bellissimo trasformato dalla passione, mentre si spinge dentro ad una donna che
non sono io, lasciandosi andare ai propri istinti. Ecco, tutto questo basta a
farmi dire: hai fatto la scelta giusta Bella.
“cazzo però,
dopo tutto quello che ti ha fatto dovresti odiarlo invece che continuare ad
amarlo come se non vi foste mai lasciati” già... Perché anche io ho il
diritto di sentirmi amata, desiderata e Dio solo sa quanto di notte sento il
bisogno di avere le mani di un uomo sul mio corpo, che mi facciano sentire
quello che non provo da così tanto tempo, che mi facciano sentire viva e donna
soprattutto.
Un vociare fastidioso,
simile al ronzio delle api, mi arriva alle orecchie facendomi riprendere il
contatto con la realtà. Non so quanto tempo sia durato il mio stato
d’incoscienza ma è bastato a farmi ritrovare con il viso inondato di lacrime al
mio “risveglio”.
Mi guardo intorno a
disagio asciugandomi le guance e mi domando quanto possa essere sembrata
stupida agli occhi degli altri. Per fortuna nessuno si è avvicinato preferendo
alle domande una bella doccia rinfrescante.
Mi alzo in fretta da
terra e raccolgo il mio tappetino viola infilandolo nella custodia. Solo io
posso mettermi a piangere durante una lezione di yoga! Mi consola un po’ il
fatto che sia stato Jacob, con i suoi massaggi, a farmi dimenticare di tutto il
resto e lasciare che i ricordi e i miei bisogni riaffiorassero in superfice con
così tanta facilità, e non perché ad un tratto sia diventata tanto pazza da
scoppiare in lacrime in un luogo pubblico ripensando al tradimento di mio
marito e al fatto che mi sento terribilmente sola.
Il responsabile del
misfatto compare alle mie spalle facendomi sobbalzare per la seconda volta nel
giro di un ora.
-Jacob- lo saluto e mi
volto per guardarlo in faccia, quasi mi spavento a trovarlo così vicino al mio
viso. Deglutisco rumorosamente e cerco di svignarmela ma lui è più veloce e mi
afferra per un braccio.
– come stai? – la sua
voce è roca. Mi guarda intensamente negli occhi come se volesse leggermi
dentro, allunga una mano per cancellare un ultimo residuo umido sul mio viso, e
non so nemmeno perché io diventi rossa e non riesca a collegare il cervello
alla lingua. I suoi occhi mi scrutano così a fondo che non riesco a pensare ad
altro. Il mio respiro si fa più corto e sbatto un attimo le palpebre prima di
riuscire a parlare.
-sto bene, grazie. Anzi
scusa per quello che è successo-
-non vedi chiedermi
scusa Bella - mentre parla continua a tenere il mio braccio intrappolato nella
sua mano. Forse dovrei dirgli di lasciarmi andare.
-emmh okay, è che non
so proprio cosa mi è preso- scuoto la testa mentre provo a tirami indietro e
per fortuna il mio braccio torna subito libero. Tiro inconsciamente un sospiro
di sollievo e aggrotto la fronte chiedendomene il perché. Jacob non mi farebbe
mai del male penso sicura, eppure il fatto di trovarmi sola con lui mi mette
agitazione. Forse è perché sento che il suo interesse nei miei confronti è
cambiato. Vedo come mi guarda e percepisco che ci sta provando. E
spudoratamente anche. I suoi occhi adesso indugiano sulla mia bocca e involontariamente
le racchiudo tanto da formare una linea retta. Raccolgo la mia roba da terra e
sto per salutarlo quando all’improvviso, come se nulla fosse mi dice:
-usciresti con me se te
lo chiedessi?-
Le mie sopracciglia si
inarcano automaticamente verso l’alto per poi congiungersi facendomi aggrottare
la fronte; lo guardo stranita.
-cosa?- è la prima
parola che mi viene in mente di dire mentre sento il mio cuore battere
impazzito.
Tossisce brevemente,
come per stemperare la tensione, per poi rivolgermi nuovamente lo stesso
sguardo serio di prima.
-ti sto chiedendo se
vuoi uscire con me Bella. A cena, soli, io e te. Ti va?-
Mi va?
Certo mi sarei
aspettata di tutto dopo la mia performance, ma non un invito a cena questo è
sicuro.
“forse vuole solo capire fino a che punto sono
pazza” penso “o forse vuole solo capire perché sono
scoppiata in lacrime; è preoccupato per me” o “molto più probabilmente vuole solo portarmi a letto, da un paio di
lezioni non fa altro che guardarmi”
No, non posso uscire
con lui.
“Ma perché dovrei dirgli di no? Lui è bello, affascinante,
libero e anche io lo sono, libera intendo. Uscire per una cena non ha mai fatto
male a nessuno”
No, non posso mi
incaponisco, non sarebbe giusto.
“non sarebbe giusto per chi? Prima o poi li devo
recidere quei fili. Non posso stare ad aspettarlo in eterno ”
Giustamente, mancava
solo che tirassi in ballo Edward. Però è vero, non posso stare a piangermi
addosso quando la prima a non voler cambiare le cose sono io. Caspita, uscire
con qualcuno è un passo importante però.
“andiamo, non devo mica sposarmelo domani!” sbotto spazientita.
Durante i miei tormenti
mentali Jacob non ha fatto altro che guardarmi intensamente con i suoi occhi
scuri come le profondità più recondite del mare, chissà cosa starà pensando mi chiedo agitata per poi arrivare
alla conclusione che devo sembrargli una stupida, ma la verità è che non ricevo
un invito a cena da così tanto tempo che non so più come ci si comporta in
questi casi.
-Bella se per te è così
difficile rispondermi adesso non preoccuparti, posso aspettare…- la sua mano
sale di nuovo ad accarezzarmi una guancia e quasi faccio un salto di due metri.
Sento come se
ustionasse a contatto con la mia pelle.
Abbasso lo sguardo per
posarlo sulle sue dita e la cosa che noto subito è il contrasto che la sua
pelle dal colore olivastro produce contro la mia invece bianchissima. Sospiro
ripensando a delle dita bianche e affusolate accarezzarmi in tutta la loro
lunghezza il viso, e non solo quello.
Sto per rispondergli e
dirgli… beh in realtà non so nemmeno io cosa, che il mio telefonino si mette a
squillare e dentro di me ringrazio chi ha interrotto questo momento tanto
imbarazzante per poi ricredermi subito dopo aver visto chi è a chiamare.
“Edward”
Come si dice: parli del
diavolo e spuntano le corna.
Incapace di dire anche
solo una mezza parola di scuse nei riguardi di Jacob che aspetta paziente una
mia risposta, accetto la chiamata pensando che peggio di così con può andare:
stare al telefono con il mio ex marito mentre mi trovo di fronte all’uomo che
mi ha appena chiesto di uscire a cena. Fantastico!
“pronto, Edward?”
“Bella, ciao” strizzo
gli occhi solo a sentire la sua voce “cosa c’è, è successo qualcosa?”
“no, no… o meglio si”
“allora dimmi” guardo
Jacob e gli faccio un gesto di scuse con la mano mentre mi allontano per avere
un po’ di privacy.
“è che… ho bisogno del
tuo aiuto”
“che ti è successo?”
gli chiedo subito preoccupata, da che ne ho memoria non mi ha mai chiamata al telefono per chiedermi
aiuto.
“io sto bene
tranquilla” sono pronta a giurare che sul suo viso è appena comparso un
sorriso, anche il suo tono di voce è cambiato.
“signor Cullen? Signore la prego la stanno
aspettando da mezzora” sento in
lontananza la voce di qualcuno, forse la sua segretaria che lo esorta ad andare
e non so perché tiro un sospiro di sollievo nel ricordare il volto della
signora Cope, una donna sulla cinquantina che ha preso il posto di… di… di… mi
viene la pelle d’oca solo a ricordare il suo nome, vabbè avete capito comunque
a chi mi sto riferendo no?
Con la coda dell’occhio
vedo Jacob dirigersi verso la porta d’uscita, forse ha gettato la spugna. Beh
non posso fargliene una colpa, anche io l’avrei fatto al posto suo.
Con l’orecchio destro
ancora attaccato al telefono sento Edward rispondere in modo cordiale alla sua
segretaria dicendole che tra cinque minuti sarà libero per poi tornare a
parlare con me “scusa, mi attendono ad una riunione”
“allora sarà meglio che
ti sbrighi. Cosa ti serve Edward?”
“senti… ne riparliamo
stasera mmh? Ci vediamo a casa dei miei. E… Bella? Cerca di non fare tardi ho
davvero bisogno di parlarti prima di metterci a tavola. Per favore! ”
Sentendo il suo tono
quasi disperato non posso fare altro che accontentarlo “okay, okay, sarò lì
mezzora prima degli altri ”
“grazie, davvero. A
stasera”
“a stasera” rispondo ma
mi accorgo che ha già messo giù. Guardo il telefono con una smorfia pensando quanto
sia stato cafone. Sono davvero tentata di richiamarlo e inventare una scusa per
mandare in aria il suo piano, ma poi decido che i trenta minuti di tempo che
gli ho concesso diventeranno automaticamente quindici così saremo pari.
-Bella…- Jacob mi
raggiunge mentre sto per uscire dall’aula. Quando si avvicina mi porge un semplice foglietto bianco ripiegato. Lo
prendo sospettosa.
-guarda che non è una
bomba Bella- dice scoppiando a ridere e i suoi denti bianchissimi fanno
capolino tra le sue labbra, abbagliandomi.
Tossico imbarazzata –
no… no certo che no! Ma cosa vai a pensare? È solo che mi stavo domandando cosa
fosse, tutto qui-
-è il mio numero di
telefono- dice tempestivo – voglio che lo tieni e che lo usi quando ti sentirai
pronta per uscire con me. Forse prima ho esagerato, non avrei dovuto piombarti
addosso e chiederti se volevi uscire così… a bruciapelo. Perciò prenditi tutto
il tempo che ti serve e quando vorrai, se vorrai, basta che tu mi faccia una
telefonata. Okay?-
Penso di guardarlo con
la bocca spalancata e uno sguardo da pesce lesso perché ricomincia a ridere di
nuovo, sbatto le palpebre e mi do ancora una volta della stupida. Allora non
era andato via, vuole seriamente uscire con me. Così seriamente che è
addirittura disposto ad aspettare i miei tempi. Dovrei mandare al diavolo tutti
una buona volta e fare quello che mi sento davvero. Dovrei agire d’impulso
invece di soppesare, pensare e ragione su ogni minima cosa che mi si presenta
davanti. Dovrei dire a Jacob che non ha sbagliato affatto prima, che ha fatto
benissimo e che si, uscirò volentieri con lui, perché in fondo una cena non ha
davvero mai fatto male a nessuno e poi… e poi quel che sarà, sarà. E invece
quell’attimo di lucidità arriva sempre. Quell’attimo in cui mi rendo conto che
non posso dire semplicemente si e basta. Che non posso mettere da parte tutto e
dimenticare quello che provo. Anche se consapevolmente so che sto sbagliando,
ancora una volta.
Lo guardo grata per la
“comprensione” che ha dimostrato nei miei riguardi e mi dico che forse non sarebbe
per niente una brutta idea uscirci insieme.
-adesso devo scappare-
dico mentre mi infilo il foglietto nella tasca del giubbotto che
improvvisamente sembra pesare dieci chili.
-si, va bene. Ci vediamo presto-
Gli sorrido mentre
imbarazzata più che mai gli volto le spalle e me ne vado.
**********
Guardo nello
specchietto retrovisore Sophie incantata, ammirare il suo vestitino di velluto
blu. Ne liscia la superfice sorridendo di tanto in tanto, troppo felice per
quel regalo inaspettato da parte del papà. Lo abbiamo trovato davanti alla
porta di casa questo pomeriggio: un enorme scatola bianca incartata con un
bellissimo fiocco rosa. Appena l’ha
visto Sophie ha pensato che fosse stato Babbo Natale a lasciarcelo; ci ho messo
mezzora per spiegarle che per Natale mancano ancora due mesi. Nel biglietto che
abbiamo trovato attaccato all’enorme fiocco c’era scritto:
“Per la mia
Principessa.. Papà spera tanto di vedertelo addosso questa sera”
Mi si è stretto il
cuore a leggere quelle parole e poi sono scoppiata a ridere per quello che
c’era scritto più in basso:
“ps: questo è un
messaggio per tua madre! Non sono tanto stupido da aver dimenticato quanto tu
possa essere vendicativa. Perciò non farmi aspettare troppo questa sera ti
prego. È davvero importante quello che ho da dirti. Edward ”
Così eccoci qui, a
pochi isolati dal 740 di Park Avenue con trenta minuti d’anticipo, come gli
avevo promesso.
Da quando ci siamo
separati io e Edward siamo stati costretti a sottostare alle rigide regole
della famiglia Cullen, regole che includono la nostra presenza, mia e di mia
figlia, alle cene di famiglia, due venerdì al mese ogni mese.
È stata Esme a
insistere perché appoggiassi questa sua richiesta e credetemi, davvero, non ho
potuto dirle di no. Già il fatto di lavorare per loro mi ha influenzato
abbastanza, considerando poi che per i molti impegni lavorativi e sociali che
una famiglia della loro importanza tratta abitudinariamente non sono mai
reperibili, mia figlia non avrebbe mai conosciuto i suoi nonni. E non voglio
assolutamente che Sophie stia lontana dagli affetti famigliari come invece è
successo a me. Mio padre è nato e cresciuto a Forks, piccolo paesino della
penisola Olimpica, poco distante da Seattle. Conobbe mia madre durante un corso
di formazione a Port Angeles. Lei si trovava li in vacanza con le sue amiche e
quando si videro scattò il tipico colpo di fulmine. Da allora non si sono più
lasciati e lui è stato più che disponibile a trasferirsi a New York per
allontanarsi da quel buco di paese. Lì ha lasciato i suoi genitori, ed io ho
visto così di rado i miei nonni che quando sono morti entrambi non sapevo
esattamente cosa provare. So per certo però, che mi è dispiaciuto immensamente
non averli avuti al mio fianco.
Arriviamo a
destinazione in perfetto orario e dopo aver posteggiato l’auto nel parcheggio
dell’edificio, saliamo all’ultimo piano utilizzando l’ascensore interno.
L’appartamento, vanta
otto camere da letto, dieci bagni, due librerie, due sale da pranzo e
complessivamente sei terrazze con vista mozzafiato su Central Park! Roba da non
crederci. Per
quanto lussuosa però, questa casa non ha niente a che vedere con l’atmosfera
che si respira nell’immensa villa di Riverbank sull’Hudson river, sempre
di proprietà della famiglia Cullen, la villa dove ho conosciuto Edward.
Le porte si spalancano
direttamente nell’atrio dell’immensa casa e ad accoglierci c’è come sempre Mrs.
Truman che con il suo caldo sorriso rallegra sempre queste serate.
-oh, mia cara Bella,
benvenuta- dice mentre prende i nostri soprabiti e rimane incantata ad
osservare Sophie stupenda questa sera nel suo abito blu. Si guarda curiosa
attorno pronta a scorgere qualche altro viso famigliare e non aspetta nemmeno
un attimo prima di correre a gettarsi tra le braccia del padre, comparso
improvvisamente dal corridoio laterale.
Bellissimo nel suo
completo grigio scuro afferra Sophie facendola girare in aria per poi
appoggiarsela saldamente contro il petto. Cominciano una lotta a suon di baci,
il tutto accompagnato dai festosi gridolini e dalle risate sguaiate di lei.
-Amore di papà! Ti sono
mancato, eh? Ti sono mancato?- la maschera di compostezza di Edward crolla
sempre davanti alla figlia lasciandosi andare ad esternazioni plateali del suo
affetto. Le sue facce buffe poi sono magnifiche.
-si! Tantissimo papino-
esclama Sophie per poi avvolgergli di nuovo le braccia intorno al collo.
-sei bellissima con
questo vestitino. Ti piace?- lascia che scenda dalle sue braccia per poterla
ammirare meglio.
-mmh-mmh, mamma dice
che semblo una plincipessa-
-è vero. La mamma ha
ragione. Sei perfetta, la principessa più bella che c’è- si siede sui talloni
per trovarsi alla sua altezza.
-anche più bella di
Aliel papà?- alzo istintivamente gli occhi al cielo per l’ennesima allusione a
La Sirenetta. È fissata con quel cartone, fissata!
Edward mi vede e fa un
sorrisino conscio anche lui della sua passione smodata.
-stai scherzando?- la
prende in giro facendola ridere per la sua faccia schifata – tu sei molto più
bella di Ariel, e di tutte le altre principesse, te l’ho già detto-
-che ne dici di andare
dalla nonna adesso?- mi intrometto io per mettere fine alla conversazione.
-si, andiamo!-
Lascio cadere la borsa
di Sophie con i vestiti per il weekend accanto al tavolo dell’ingresso e faccio
segno a Edward di non dimenticarla quando andrà via con la bambina questa sera.
Mi fa un cenno affermativo con la testa e poi lascia che Sophie corra libera
nei corridoi senza fine della casa.
Edward si alza da terra
e mi fissa così profondamente che mi sento avvampare. Comincia dai piedi, che
questa sera ho fasciato in un paio di decolté beige per passare poi al tubino
color vinaccia, i capelli li ho lasciati sciolti e il trucco è pressoché
invisibile. Si ferma quando incrocia il mio sguardo.
-sei bellissima- dice,
portandosi le mani in tasca.
Non so mai cosa
rispondergli quando mi lusinga con questi complimenti. Perché seppur graditi
sono senza dubbio inopportuni per due persone nella nostra posizione.
-emmh… si- tossisco
brevemente.
Sto per dirigermi verso
il centro della casa per riacciuffare Sophie prima che commetta qualche
disastro che mi sento tirare per un braccio e trascinata con la forza dentro la
cabina armadio dell’ingresso. La porta si chiude alle mie spalle con me
completamente spalmata sopra. Edward mi tiene stretta ed io comincio ad andare
in iperventilazione.
Che diavolo sta succedendo? Mi ritrovo a pensare.
Me lo trovo a meno di
cinque centimetri dalla faccia e l’unica cosa che riesco a considerare è quanto
mi manchi sentire il sapore di quelle labbra perfette. Senza rendermene conto
comincio ad avanzare nella sua direzione come se una calamita mi attirasse con
tutte le sue forze dalla parte opposta.
-Bella, devo parlarti.
Ho bisogno del tuo aiuto-
Improvvisamente ricordo
il motivo per il quale mi ha fatto venire con tanto anticipo e l’aria
cospiratoria che aveva al telefono. Quindi il fatto che mi abbia rinchiuso
nell’armadio è solo per poter parlare liberamente, senza orecchie indiscrete ad
ascoltarci.
“che stupida! E io che pensavo…”
-Bella, mi ascolti?-
Scuoto la testa per
prestargli attenzione ignorando la fitta che sento allo stomaco.
-si, si…dicevi?-
-stavo dicendo che
Alice mi ha incastrato-
La cabina armadio a
casa Cullen non è grandissima ma non è nemmeno tanto piccolina, anche se adesso
ha tolto le sue mani dalle mie spalle è costretto lo stesso a stare a
pochissima distanza da me. Distanza che io cerco di accentuare mettendomi a
sedere su un pouf dietro la porta.
-e quindi?-
-stasera verrà a cena
con Jasper e mi ha chiesto di aiutarla perché… beh perché hanno deciso di
sposarsi-
-oh Santa pace!- dico
portandomi le mani a coprire la bocca.
Jasper e Carlisle non
si possono tollerare. Almeno non da quando Carlisle ha scoperto che il fidanzato
di sua figlia, che all’inizio si è presentato sotto falso nome per poter
sottrarre delle importanti informazioni riguardo a un progetto molto ambito che
Carlisle stava portando a termine, non è nient’altropopodimenoche il figlio del
suo acerrimo nemico in affari Marcus Whitlock.
Quando venne scoperto
il sotterfugio Alice cadde quasi in depressione. Si lasciarono davvero in malo
modo, nonostante Jasper cercasse in tutti i modi di farle capire che si era
innamorato seriamente di lei e che non voleva perderla. Si giustificò dicendole
che la situazione gli era sfuggita di mano, che avrebbe dovuto fare finta di
stare con lei per poter entrare nelle grazie di suo padre ma che alla fine era
rimasto coinvolto sentimentalmente. Le ha chiesto mille volte scusa per non
aver avuto il coraggio di dirle tutta la verità ma a questo ci ha pensato
Carlisle, che quanto a teatralità non ha nulla di che invidiare agli
sceneggiatori di Broadway!
Quella sera eravamo
stati invitati tutti a cena per festeggiare la riuscita di questo “famoso”
affare che la Cullen’s Enteprises aveva concluso con grande successo. Eravamo
tutti sereni sicché il capo famiglia pensò bene di spiattellare tutta la storia
come se niente fosse tra il primo e la seconda portata.
Si scatenò il putiferio.
Carlisle che urlava da
una parte contro Jasper e Alice disperata strillava dall’altra senza riuscire a
capacitarsene. Sta di fatto che la cena si concluse con qualche osso ammaccato,
le ossa naturalmente erano quelle di Jasper.
Si lasciarono e per Alice
fu veramente difficile superare la cosa, ma ci riuscì e andò avanti. Se non
che, un po’ di tempo dopo, se lo ritrovò “per caso” nelle stradine affollate di
turisti dell’isola Caraibica di Nassau. Non fu facile per Jasper riconquistare
la sua fiducia, ma l’amava davvero e allora glielo dimostrò. Alice non durò più
di due settimane al corteggiamento serrato di Jasper, e alla fine vinse lui. A
testimonianza che l’amore, quello vero, vince su tutto. Adesso stanno insieme
da due anni e Carlisle ha accettato “relativamente” da poco il fatto che la
figlia sia tornata a frequentare il “traditore” come lo chiama lui.
Ma a quanto ho capito
hanno intenzioni serie. Alice tiene molto alla sua famiglia e stando a quello
che mi ha detto Edward, vuole coinvolgere tutti nella sua decisione di
sposarsi.
-oh Santa pace si! Che
facciamo?- la voce di Edward mi giunge alle orecchie come un campanello
d’allarme.
“neo-neo allarme rosso! Allarme rosso! Pericolo di
strage in arrivo!”
-come “che facciamo?”-
-tu dovrai aiutarmi!-
-cosa?- sbotto alzando
la voce.
-si, ti prego Bella non
puoi dirmi di no. Oggi mi ha chiamato Alice in ufficio raccontandomi di quanto
fosse felice perché Jasper le aveva appena chiesto di sposarla e che aveva
intenzione di dire tutto alla famiglia questa sera a cena. Mi ha chiesto aiuto,
mi ha chiesto di sostenerla in questa faccenda, di far capire al grande capo
che non si deve immischiare eccetera eccetera eccetera… lo sai quanto parla mia
sorella quando ci si mette, no?-
-si lo so- o almeno “lo
sapevo”. Alice non mi odia ma mi ha fatto capire chiaramente quanto non abbia
approvato la mia decisione di divorziare dal fratello. Non che giustifichi
Edward sia chiaro, però ha capito quanto tutti e due abbiamo sbagliato e vedere
il fratello soffrire come un cane dopo la separazione, ha contribuito a
inimicarmela. Mi ha fatto capire in mille modi che avrei dovuto perdonarlo e
che anche io avevo le mie colpe, ma non è servito a niente. Il mio orgoglio era
più forte di tutto il resto, all’epoca.
-quindi… cosa facciamo?
Tra un po’ arriveranno e già trovarselo davanti non sarà facile per papà-
-oh andiamo. È successo
tanto tempo fa, non è ora che Carlisle volti pagina?-
-non dirlo a me, lo sai
quante volte ho provato a farlo ragionare, ma non ascolta. Gli affari vengono
subito dopo la sua famiglia per lui e un colpo così basso non se l’aspettava,
si era affezionato davvero molto a Todd… cioè a Jasper. E poi ci è andata di
mezzo anche mia sorella-
-ma Alice l’ha
perdonato così come abbiamo fatto noi. Dovrebbe fare lo stesso anche lui-
Lo spazio angustio nel
quale ci troviamo è saturo dei profumi reciproci, posso sentire l’odore di
Edward infilarsi nelle mie narici, solleticare i neuroni olfattivi e provocarne
un ode di giubilo. Dio quanto mi è mancato il suo profumo.
-perché?- sbotta
portandosi le mani sui fianchi.
-“perché” cosa? Perché
Carlisle deve perdonarlo?-
-no, non mi riferisco a
quello, è ovvio che mio padre debba perdonarlo. Mi chiedevo perché sei così
contenta che Alice abbia perdonato Jasper dopo quello che le ha fatto e invece
io sono finito in croce, perché?-
Deglutisco
rumorosamente mentre sento la gola bruciarmi per l’arsura.
-oh Edward, ti prego…
non ricominciare- sbuffo alzandomi dal pouf con l’intenzione di andarmene. Ma
lui è più veloce di me è richiude la porta facendomi cozzare di nuovo con la
schiena contro il legno freddo. Le sue mani mi trattengono forte per le
braccia.
-non ricominciare un
corno! Dimmi perché Bella? Perché Jasper dopo aver ingannato tutti e aver preso
in giro mia sorella che si fidava di lui è il martire della situazione. Mentre
io sono il demonio e per questo non ho meritato nemmeno che tu mi stessi ad
ascoltare! - mi dibatto così forte che riesco quasi a liberarmi dalla sua presa
ma lui usa ancora più forza e con un movimento mi riporta a sbattere di nuovo
contro la porta – dimmi perché!- mi urla in viso.
-perché ti amavo più di
ogni altra cosa al mondo! Perché mi hai fatto del male! Perché hai gettato il
nostro passato alle ortiche! Perché non te ne fregava più niente di me e di
noi! Ecco perché!- esplodo guardandolo dritto negli occhi e quello che vedo non
mi piace per niente. Ma è stato lui a provocarmi perciò che non venga a
lamentarsi. Il mio cuore batte impazzito e non riesco a farlo calmare, non con
lui che mi guarda come se volesse mangiarmi… di baci.
-Dio Bella… non capisci
quanto ti amavo?- le sua mano destra scende ad accarezzare il mio fianco
sinistro facendomi sentire mille brividi, mentre con l’altra mi trattiene forte
per il braccio- quanto avevo bisogno di te e tu invece mi hai voltato le
spalle? Non prendertela solo con me, non sono stato solo io a rovinare tutto-
le sue parole sono come il sale su una ferita aperta e mi fanno male, tanto
male. Possibile che dipenda ancora così tanto da quest’uomo? Da lui che è la
mia felicità e al tempo stesso la mia rovina? Sento gli occhi inumidirsi e un
piacere insostenibile sconvolgermi l’anima. Se mi prendesse in questo momento
giuro che non opporrei resistenza, davvero. Ma non lo fa… anzi mi libera il
braccio dalla morsa della sua mano e si raddrizza guardandomi più pallido di un
cencio.
-Edward..- provo a dire
ma le parole mi muoiono in bocca.
Sobbalziamo entrambi
quando sentiamo il “tlin” dell’ascensore e rumori all’ingresso. Forse Alice e
Jasper sono arrivati. Proviamo a nasconderci ma comprendiamo all’istante che
verremo scoperti, il posto è troppo piccolo per poter passare inosservati e
Mrs. Truman deve aprire per forza la porta per posare i soprabiti. Ci
stringiamo lo stesso contro una fessura dell’armadio e dentro di me prego Dio
che nessuno ci veda, come giustificheremo altrimenti la nostra presenza qui?
Edward mi spinge dentro in modo che rimanga lui fuori provando a camuffare la sua
presenza con il vestito scuro che indossa posizionandosi di schiena. Ma la
zazzera di capelli rossicci gli si vede eccome, perciò con uno strattone alla
cravatta lo costringo ad abbassare la testa verso l’interno e automaticamente
anche verso di me. Il mio cuore batte come un tamburo schiacciata come una
sardina contro il muro da una parte e contro Edward dall’altra.
Se prima ho sentito
vagamente il suo profumo impregnare l’aria adesso c’è l’ho proprio addosso ed è
impossibile per me non provare ad avvicinare il naso verso il suo collo e verso
quell’aroma indescrivibile. Per nascondere la mani bianchicce e costretto ad
appoggiarle contro il muro ai lati della mia testa; in pratica sono in gabbia.
I nostri respiri si fanno affannati ed io sento di nuovo quella strana
sensazione che ho sentito poco prima, alla base del ventre.
Mrs. Truman apre la
porta e per fortuna non accende l’interruttore, che noi avevamo
provvidenzialmente spento, e già di per se è una gran bella botta di culo.
Appende i soprabiti con lentezza tant’è che mi domando se staremo qui tutta la
notte e poi, così come se niente fosse, si richiude la porta del guardaroba
alle spalle e se ne va.
Rilasciamo all’istante
un sospiro di sollievo e lascio che Edward si raddrizzi e si aggiusti la cravatta.
Mi guarda esitante come per chiedermi
“sei sicura di voler andare via?” si, sono sicura. Anche perché non è ne il
momento ne il luogo per portare avanti la conversazione di prima, perciò come
una tacita risposta annuisco tra me e me e vado via.
**********
-mi passi l’insalata
Jasper?- chiedo al mio amico che se ne è stato immobile per tutto il tempo.
La cena prosegue senza
intoppi ormai, nonostante la rigidità che si è venuta a creare all’inizio con
l’arrivo dei futuri sposi.
Carlisle siede a capo tavola
impeccabile nel suo vestito blu, contrapposto a Esme seduta proprio di fronte a
lui, bellissima in verde e con i capelli color caramello tirati indietro. Io mi
trovo alla sua destra e difronte a me è seduto Edward, che non fa altro che
guardarmi in modo strano da quando ci siamo seduti. Non posso fingere che non
sia successo niente nel guardaroba, perché qualcosa è successo eccome. Già di
per se quello che ho provato non è stato affatto un bene. Dio, vorrei avvolgere
il nastro del tempo e tornare indietro.
Accanto a me è seduta
Sophie, che da brava bambina cerca di mangiare tutto quello che ha nel piatto.
Naturalmente la sua cena consiste in un semplice piatto di pasta al sugo, non
la costringerei mai a mangiare quello che mangiamo noi. Ogni tanto ha bisogno
d’aiuto e si rivolge sia a me che a sua zia Alice seduta proprio accanto a lei.
Jasper le sta di fronte.
La conversazione non è
mai andata oltre ai semplici complimenti verso l’ottima cucina di Mrs. Truman,
con Carlisle che ogni tanto tossisce facendoci sobbalzare tutti.
-okay, adesso basta!-
dichiara Alice spazientita alzandosi in piedi dopo l’ennesimo attacco di tosse
del padre.
-Alice tesoro non c’è
bisogno che tu faccia una scenata- ribatte lui portandosi per l’ennesima volta
il bicchiere del vino alle labbra. Penso che sia un po’ alticcio.
-non c’è bi… non c’è
bisog… c’è bisogno eccome, papà! La vuoi smettere di comportarti così?- urla
sbattendo una mano sul tavolo tanto che Sophie sobbalza spaventata. Mrs. Truman
impaurita dalle urla compare sulla soglia della camera da pranzo e prima che
torni indietro le faccio segno di portare la bambina con se in cucina. Sophie
la segue senza protestare.
-Alice per favore non
c’è bisogno di alzare la voce- ribatte Edward una volta che siamo soli.
-si amore calmati- gli
fa eco Jasper guardandola apprensivo.
-tsè “amore”!- è quello
che dice Carlisle che incassa subito un occhiataccia da parte di Esme.
-okay sentite- mi
spazientisco anche io- non c’è bisogno di urlare o di fare scenate. Siamo
persone adulte e possiamo parlare in modo civile- Edward mi guarda e annuisce –
perciò… fatela finita! Alice e Jasper sono venuti qui questa sera perché ci
devono mettere al corrente di una cosa importante, quindi Alice- dico
rivolgendomi alla diretta interessata – perché non arriviamo subito al punto?-
Carlisle si irrigidisce
sulla sedia così come fa la moglie, entrambi pronti a sentire quello che la
loro figlia ha da dire.
-oddio sei incinta!-
sbotta allarmata Esme portandosi una mano a coprire la bocca.
-tu! Sei un uomo
morto!- urla Carlisle alzandosi dalla sedia rivolgendosi a Jasper che lo guarda
scioccato.
-basta! Smettetela!- si
intromette a questo punto Alice – non sono incinta!-
All’istante vedo i
volti di Carlisle e Esme riprendere colore.
-e allora cosa ci devi
dire?- ribadisce quest’ultima agitata.
Dopo aver preso un
profondo respiro Alice guarda entrambi i genitori e finalmente dice:
-mamma, papà… io e
Jasper abbiamo deciso di sposarci- e alza la mano per far vedere l’anello di
fidanzamento che Jazz le ha messo al dito soltanto poche ore fa.
A questo punto
succedono due cose separate e per nostra sfortuna alquanto prevedibili.
Esme si alza felice per
andare ad abbracciare la figlia.
Carlisle invece si alza
e afferra Jasper dalla giacca guardandolo furioso.
-tu non la sposi mia
figlia, sono stato chiaro?- con i capelli biondi che gli ricadono sulla fronte
e gli occhi arrossati per il troppo vino sembra un felino pronto ad azzannare.
Alice e Esme spaventate
dalle scena emettono entrambe un singhiozzo allarmato mentre Edward si alza per staccare il padre
dal collo e dalla faccia di Jasper.
-Carlisle!- urla Esme
terrorizzata dal gesto del marito.
-papà non fare così.
Non c’è bisogno che si arrivi a questo- dice Edward trascinando il padre dall’altra
parte del tavolo – tua figlia ha fatto la sua scelta, ha deciso che vuole
passare il resto della sua vita accanto a quest’uomo. E tu non puoi fare niente
per impedirglielo. Vuoi che se ne vada e che non torni mai più? È questo quello
che vuoi? Vuoi distruggere la nostra famiglia? Perché lo sai che si sposeranno
ugualmente –
-è vero. Signore la
prego mi ascolti- Jasper tossisce imbarazzato provando ad aggiustarsi la
cravatta che in seguito all’agguato di Carlisle si è tutta sgualcita.
–io amo sua figlia. La
amo dal più profondo del cuore e so che non basteranno le mie parole per farle
dimenticare tutto quello che è successo in passato. Tutto quello che io ho
fatto in passato. Ma non ha importanza perché Alice mi ha perdonato e so che se
solo volesse potrebbe farlo anche lei. Quello che dice Edward è vero. Io e
Alice ci sposeremo ugualmente, con o senza il suo appoggio. Perché ci amiamo e
vogliamo vivere insieme per il resto della nostra vita. Non so se capisce
quanto sia difficile per me, stare qui, di fronte a lei a dirle queste cose. Ma
questi sono i fatti. Ora, lei può decidere se vuole remare contro la nostra
unione oppure se vuole essere accanto a sua figlia nel giorno più importante
della sua vita. Cosa vuole fare?-
Giuro che da quando lo
conosco non ho mai sentito Jasper parlare così tanto, e mi stupisce non poco il
suo discorso. Con la coda dell’occhio mi accorgo che Edward sta guardando nella
mia direzione “si Edward, anche noi ci
amavamo così tanto” mi ritrovo a pensare.
Alice lascia il braccio
della madre e va da Jasper che impaziente aspetta una mossa da parte di
Carlisle.
-papà ti prego, fallo
per la tua famiglia- sussurra Edward ancora attaccato al suo braccio.
Quest’ultimo lo guarda
intensamente negli occhi prima di decidersi a parlare.
-proprio tu dici
questo? Tu che non hai esitato un attimo a voltarmi le spalle, ad abbandonare
il posto di amministratore delegato nella nostra azienda!- gli urla contro
spintonandolo verso il muro- tutti questi anni ho lavorato duramente per
potervi dare il meglio e per arrivare dove sono ora, e adesso… adesso devo vedere qualcuno che non è
mio figlio ricoprire un posto che ti spetta di diritto! Ho sudato, ho faticato,
ho baciato il culo a centinaia di persone per ottenere tutto questo- alza una
mano per indicare la casa lussuosa che ci circonda- per farti studiare nelle
migliori scuole del paese, per darti un nome. Senza di me non saresti nessuno
Edward e questo lo sai benissimo. Ma non te ne è fregato niente, no. Dov’era il
tuo senso di famiglia quando hai deciso di abbandonarmi? Non hai pensato ai
mille sacrifici che abbiamo fatto io e tua madre per te, per voi. Per
insegnarvi tutto quello che dovevate sapere della vita. Stiamo insieme da
trenta anni ormai e ci amiamo ancora come se fosse il primo giorno, ma questo
non ti è stato d’esempio, non ti ha aiutato nemmeno a tenere in piedi il tuo
matrimonio- una fitta di dolore passa negli occhi di Edward che lo guarda
ammutolito - che cosa ti ho insegnato Edward mmh? Dimmelo perché non vedo
niente di quello che ti ho insegnato nell’uomo che sei diventato!-
-Carlisle adesso
basta!- la voce di Esme è forte e risoluta quando si avvicina al marito per
scrollarlo dal volto del figlio e farlo ragionare- è tuo figlio e nonostante ti
abbia deluso non permetterò che continui ad umiliarlo in questo modo, perché è
anche mio figlio e non voglio che tu gli parli così, non davanti a tutti
quanti… soprattutto non davanti a Bella-
Il mio viso è una
maschera di stupore e smarrimento; sento come se tutto il mio sangue fosse defluito
via dal mio corpo. Non ho mai sentito Carlisle dire queste cose nei confronti
del figlio, mai. Vorrei avere la forza di alzarmi e dire qualcosa in sua
difesa, ma è come se il mio sedere fosse attaccato alla sedia e le mie labbra
cucite ermeticamente . Edward mi rivolge uno sguardo addolorato che mi
atterrisce del tutto.
Guardo gli altri
presenti in sala e mi accorgo quanto anche loro siano rimasti spiazzati.
-Esme…- sussurra
Carlisle appoggiandosi malamente sulle spalle della moglie – accompagnami in
camera, non mi sento tanto bene- le sue mani corrono subito a slacciare il nodo
della cravatta e ad aprire i primi bottoni della camicia.
-Edward chiama un
dottore- dico destandolo dal suo stato di catatonia e risvegliandomi a mia
volta.
-papà cos’hai?- la voce
di Alice è allarmata eco della mia.
Jasper corre subito a
soccorrere Esme che non riesce a mantenersi dritta sotto il peso del marito.
Quest’ultima è più bianca di un lenzuolo -Oddio Carlisle, cosa ti succede?-
Alice le si avvicina e
la prende per le mani mentre con l’aiuto del maggiordomo, Jasper riesce a
portarlo di sopra, al piano rialzato dove si trovano le stanze da letto. Un
breve sussurro di Carlisle rivolto a Jasper in cui gli intima di non toccarlo
mi tranquillizza un po’; almeno non ha perso conoscenza e la voglia di
litigare.
-il Dottor Randall sta
arrivando- annuncia Edward entrando in sala ancora più scosso di prima dopo
aver parlato con il medico di famiglia.
-mamma… mamma sta
tranquilla. Vedrai che non è niente, forse si è solo agitato troppo- la
rassicura il figlio. Il tono della sua voce è disperato, in netto contrasto con
le parole che ha appena pronunciato.
-Edward… cosa faccio
semmai dovesse succedergli qualcosa…- sussurra più a se stessa che a qualcuno
in particolare.
Mi avvicino per farla
sedere e le metto in mano un bicchiere d’acqua sperando che l’aiuti a calmarsi.
Edward e Alice si avvicinano subito per consolarla. I suoi occhi sono vitrei,
troppo spaventati per riuscire a vedere bene quello che vedo io, e cioè due figli
in preda all’angoscia e alla paura di aver appena causato un principio
d’infarto al proprio padre, due figli che in questo momento stanno bruciando
sul rogo della vergogna, consapevoli di aver deluso una delle persone più
importanti della loro vita.
Continua…
Ed eccoci qui, cosa ne
pensate? Povero Edward… ce l’hanno tutti con lui L
Spero davvero con tutto
il cuore di riuscire a scrivere il nuovo capitolo entro la settimana prossima e
non farvi aspettare così a lungo, ve lo meritate! Soprattutto per le bellissime
recensioni che mi lasciate ogni volta. NON SO COME RINGRAZIARVI! Però adesso
voglio sapere cosa ne pensate di Jacob e dell’invito a cena, dell’incontro nel
guardaroba, della lite di Edward con Carlisle e del malore di quest’ultimo. Su
su che sono supercuriosa!
Ps: entro stasera
risponderò alle recensioni dello scorso capitolo! Baciiiiiii