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Autore: SeverusPitonFanForum    24/06/2007    4 recensioni
Una nuova, particolare alunna ad Hogwarts ed un professore dagli incredibili occhi neri-Severus
autrice Damarwen
storia già finita che pubblicheremo a poco a poco per questioni di tempo
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non sentivo niente, erano ore che non riuscivo a captare il ben che minimo rumore dietro a quella porta.
L’odore del mordente mi era entrato nelle narici a tal punto da arrivare a pensare che non ne esistessero più altri; era buio fuori e la pioggia batteva forte contro le grandi vetrate gotiche, non riuscivo a sentire il suono del mio respiro.
Solo legno, caldo e dorato che mi permetteva di continuare a desiderare di essere li, in quegli attimi interminabili ad aspettare una risposta.
Pensavo e ripensavo a quella strana lettera apparsa sulla mia porta quelli che ora sembravano secoli prima, figuravo nella mente la pergamena ingiallita che odorava di vecchio e le scritte che sembravano risplendere sotto la luce calda del sole di settembre, e poi quelle parole che avevo letto e riletto per giorni sforzandomi di capire, una calligrafia elegante e leggermente allungata, sicura e bellissima, in effetti sembrava proprio che avesse qualcosa di magico………


CAPITOLO 1

Ero immersa in quei profondi pensieri quando ad un tratto il pesante portone si aprì. Cigolava e raschiava a tal punto che fui sorpresa di non vedere decine di uomini con argani ed ingranaggi a cercare di smuoverlo.
Una distesa infinita di persone sedute a lunghi tavoli di legno rozzamente intagliato si voltarono come se un’enorme calamita le avesse improvvisamente attirate, mi fissarono, in quel modo in cui si fissa un animale mai visto, affascinante, pericoloso, sconosciuto.
Su un palco, sul fondo, sedevano una manciata di persone vestite in modo perlomeno singolare, anch’esse intente a rimirarmi intensamente, tutte, tranne una.
Attraversai la grande navata col peso di quelli che potevano essere un migliaio di occhi puntati su di me, camminavo lenta, come se avessi paura di arrivare al fondo e di sentire quel verdetto. In ogni caso la mia vita sarebbe cambiata per sempre, sia che fossi rimasta in quel folle mondo che sembrava essersi dimenticato di vivere gli ultimi mille anni, sia che fossi tornata a casa passando il resto della mia esistenza a chiedermi come sarebbe stato.
Provavo disperatamente ad accelerare il passo, ma sembrava che le mie gambe stessero seguendo ordini superiori, che non rispondessero più alla mia volontà; gli occhi incollati ai miei bei sandali di pelle ed all’orlo del mio abito bianco.
È strano come la mente vaghi libera quando la situazione è particolarmente tesa, in quel momento mi resi conto che in tutta la mia vita non avevo mai indossato nulla che non fosse bianco, mai, neanche per fare ginnastica a scuola o per scendere di casa a comprare il latte, e di colpo mi sembrò assurdo non averci mai pensato prima.
Quasi inaspettati, come se per tutto quel tempo l’idea di arrivare alla fine non mi avesse neppure sfiorato, arrivarono i tre gradini che precedevano il palco. Alzai lo sguardo con una fatica che mi parve sproporzionata allo sforzo e capii per la prima volta che non c’era modo di tornare indietro.
Due grandi e acquosi occhi azzurri mi guardarono con una benevolenza che poche volte mi era stata rivolta nella mia vita, e con un impercettibile gesto del capo, quasi come se non volessero farsi vedere da altri che da me, dissero “SI”, semplicemente “SI”.
Avevo affrontato un viaggio interminabile, pieno di domande senza senso, riuscendo solo a trovare risposte che ne avevano ancora meno, avevo aspettato per ore alla stazione qualcuno che mi indicasse la strada, avevo passato una serata intera davanti ad uno smisurato portone di noce per sentirmi dire : “SI”.
Due lettere, miscelate in modo neanche troppo interessante, mi sorpresi a pensare, dovevano dare un senso a tutto quello che avevo passato da quell’assurdo sette settembre.
I due occhi azzurri mi guardarono nuovamente, quasi avessero intuito la mia perplessità e il mio malcontento, e questa volta mi resi conto che appartenevano ad un uomo alto e molto, molto anziano, sembrava che il tempo su di lui avesse avuto un effetto diverso da quello che aveva sugli altri, sembrava che gli avesse invecchiato il corpo, ma non fosse riuscito minimamente ad intaccare la sua spensieratezza e la sua allegria di fanciullo, eppure, una saggezza enorme emanava dal suo corpo, mi sembrava quasi di sentirne il calore.
- “ Dopo lunghe riflessioni” disse ad un tratto “il corpo insegnante ha deciso di ammetterla a questa scuola. Abbiamo esaminato il suo caso a fondo e siamo giunti alla conclusione, malgrado alcune titubanze, che è idonea a prendere parte alle lezioni e ad imparare la nobile arte che da millenni viene tramandata all’interno di queste mura. Benvenuta ad Hogwarts, signorina Huoot!”
Hogwarts, era questo che avevo letto sull’intestazione della lettera: “signorina Keira Helena Huoot, 6 Oxford street, Londra” sotto un blasone dorato inciso sulla carta sul quale troneggiava la scritta “Hogwarts”.
“E ora sono qui” pensai, in un mondo fantastico fino a ieri sconosciuto e mi è stato detto “SI”, come se fossi stata io a chiedere di venire, mi contattano e mi fanno seriamente pensare di essere completamente impazzita, e poi arrivata qui dietro loro “cortese” richiesta mi dicono “SI” come se avessi insistito e battuto i piedi tipo una bambina pianiucolante per farmi catapultare fino qui!”
- “Questi saranno i corsi che seguirà, signorina Huoot” L’anziano mago, con le sue parole, mi riscosse dai miei protestanti pensieri, nel resto della sala regnava il silenzio più assoluto.
- “Storia della magia, con il professor Ruf”
Quello che aveva tutta l’aria di essere un fantasma mi rivolse un sorriso e un accennato movimento del capo, feci lo stesso tradendo forse la mia curiosità per l’interlocutore.
- “Trasfigurazione, con la professoressa Mc Granit, anche se, naturalmente, non ci aspettiamo che lei faccia progressi da subito”
Una signora di una certa età con piccoli occhiali a mezza luna calati sul viso severo e uno scignon di capelli grigi sulla nuca mi sorrise, un sorriso aperto e rassicurante che strideva con l’impatto iniziale, ma che sicuramente mi fece sentire più a mio agio. Sorrisi di rimando.
- “Erbologia, con la professoressa Sprite”
Una strega dal viso paffuto e gioioso sorrise e io mi affrettai a fare altrettanto; ma quante altre materie dovevo seguire?
- “Ed infine pozioni, con il professor Piton” Mi voltai verso l’uomo vestito di nero che l’anziano mago mi indicava, aveva la pelle diafana e i capelli lunghi fino poco sopra le spalle neri come l’ametista e lisci, così lisci da sembrare fatti di seta. Stava chino su quella che poteva essere una pergamena, sembrava non gli importasse della mia presenza, anzi sembrava addirittura che lo infastidisse.
Improvvisamente due occhi neri profondi come la notte mi guardarono, sembravano privi di calore come se non vedessero la luce da tanto, troppo tempo, ma in fondo, quasi impercettibile, una fiamma nera divampava senza sosta, un fuoco che per un attimo mi parve fuori controllo, bellissimo nella sua pericolosità, ripreso immediatamente dal proprietario di quello sguardo di ghiaccio incandescente che ora mi fissava negli occhi, i miei grandi, enormi occhi verdi, che nessuno, mai, aveva guardato così.
Era lì, immobile davanti a me con i suoi occhi fissi nei miei, volevo distogliere lo sguardo, dovevo farlo, ma qualcosa di più forte della mia volontà stava parlando ai miei sensi, qualcosa, sono sicura, celato dietro i profondi abissi di quello sguardo nero.
Un brivido inaspettato mi percorse veloce la schiena, sentii il vento delle vaste praterie del Colorado spettinarmi i capelli, il sole del Giappone appena sorto riscaldarmi il viso e le onde prorompenti del freddo mare del nord carezzare il mio corpo, vidi la mia vita, il mio amore per i posti perduti, il mio ricordo di terre lontane, fondersi e intrecciarsi con le immense profondità di quegli splendidi occhi neri.


*****


- “Ed infine pozioni, con il professor Piton”
La voce calda di Silente annuncia con la sua solita, fastidiosa ilarità, quello che probabilmente sarà il mio supplizio per i prossimi anni: una babbana, un’ odiosa ragazzina babbana, dotata di chissà quali “mirabolanti poteri” a frequentare il mio corso, come se la mia situazione attuale non fosse già sufficientemente complessa.
Alzo lo sguardo controvoglia, pronto a gelare il sangue di quest’insopportabile sorridente novità, pronto a vedere il viso paffuto ed eccitato di una ragazzina saccente, resa ancor più insopportabile dall’ormai innegabile consapevolezza dei suoi “poteri”, pronto a………………..Due grandi, enormi occhi verdi mi guardano, senza paura, senza curiosità, senza insolenza, mi guardano e basta, profondi e infiniti in quel verde smeraldo che cela in se sconfinate praterie, raggi di sole e acqua cristallina. Un brivido mi percorre la schiena, veloce, inaspettato, voglio distogliere lo sguardo, devo farlo, ma qualcosa di più forte della mia volontà sta parlando ai miei sensi, inebriandoli, facendomi sentire vivo dopo tanto, troppo tempo da quando i miei occhi hanno visto la luce.
Continuo a guardarla, perso nel suo sguardo di cristallo così diverso dal mio, intravedo il suo corpo perfetto velato di bianco, i suoi lunghi capelli biondi e sciolti ricadere morbidamente sulle spalle e poi giù, fino alle gambe, bellissime, che l’abito lascia scorgere, le sue labbra di rugiada leggermente dischiuse, il suo viso, il suo bellissimo viso, che sembra quello di un angelo.
Lei mi guarda, io la guardo e sembra, per un attimo infinito, che non ci sia più nulla al mondo che valga la pena di dire.


*****


Poco distante gli occhi dell’anziano mago si incrociarono con quelli della professoressa Mc Granit. Lo seppi solo molto tempo dopo, ma quello sguardo e probabilmente una minima parte del suo contenuto, non erano passati inosservati.


- “Si accomodi pure al tavolo alla sua sinistra, signorina Huoot, il tavolo di Grifondoro”
La voce del mago bianco tornò a riscuotermi. - “Per lei, signorina, non verrà seguita la normale procedura di smistamento, in quanto, il cappello parlante che decreta l’assegnazione alle case, non è in grado di giudicare i non maghi, o “babbani”, come siamo soliti chiamarvi, abbiamo di conseguenza valutato la sua situazione con il corpo insegnante e Grifondoro ci è sembrata la scelta più appropriata, la professoressa Mc Granit sarà la sua capocasa.”
Mi sembrava di non capire assolutamente nulla, cappelli parlanti? Case? Grifondoro?
“Qualcuno vuole degnarsi di spiegarmi qualcosa?! Maledizione, ma date tutto per scontato?”. La sete di risposte si fece di colpo insostenibile, così, presa da un impulso improvviso feci quello che per rispetto cercavo sempre di evitare: lessi nella mente della professoressa Mc Granit, era la mia capocasa no? Chi meglio di lei poteva fornirmi spiegazioni?
Ma qualcosa di strano accadde: non appena mi intrufolai nella sua mente l’anziana strega si girò di scatto verso di me, non mi era mai successo, le volte in cui, per necessità o involontariamente, mi era capitato di leggere nei pensieri altrui, ero sempre passata del tutto inosservata, ma questa volta, no.
La professoressa mi sorrise benevola intuendo il mio stupore, si alzò da quello che avevo capito essere il tavolo delle “celebrità” e si diresse velocemente verso di me mentre l’anziano mago impartiva quelle che sembravano regole e disposizioni per il nuovo anno.
Si avvicinò fino quasi a raggiungermi, poi con un cenno del capo, mi chiese di seguirla.
Attraversammo a ritroso la sala, di nuovo addosso gli sguardi di tutti, ma questa volta ne sentivo sulla schiena uno in più, mi voltai indietro e colsi gli occhi incandescenti del tenebroso professore di pozioni osservarmi mentre mi allontanavo tra la folla, lo guardai un istante ancora, era bellissimo, prima di sparire dietro il pesante portone.
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