CAPITOLO
TRENTUNESIMO
Una volta fuori, un passo indietro,
poi un altro e un
altro ancora. Harry rientrò in giardino e sul suo volto si
dipinse una profonda
commozione. Senza badare all'insistente invito della sorella ad uscire
nuovamente,
con passo deciso, rientrò in casa e Meredith lo
seguì preoccupata.
- Non vorrai cercare il suo corpo? - chiese impaurita.
- No, i suoi disegni. Devono essere qui, no?
- E se i suoi genitori li hanno buttati, dopo averla
uccisa?
- Io voglio cercarli comunque. Deve aver dipinto
molto ... stando sempre chiusa qui dentro, probabilmente
sarà stato il suo unico
sfogo.
Detto ciò, rientrò nella stanza di Janet e
iniziò a
cercare dentro i cassetti dell'armadio e in quelli della scrivania.
- Ma cosa vorresti farne? - domandò Meredith
guardandolo ma senza dargli una mano.
- Ho intenzione di farli conoscere ... - rispose Harry
aprendo l'ennesimo cassetto.
- A chi?
Ma il fratello non rispose e rimase intento nella
ricerca. Meredith lo fissava senza comprendere.
- Non vorrai mica fingere che siano tuoi? - esclamò
sperando di sbagliarsi.
Harry si fermò e si mostrò deluso. “Come
puoi
pensarlo?”, sembrò dirle solo con lo
sguardo. La donna allora restò muta e
si sedette sul letto.
- Magari ... - disse tra sé e sé Harry alzando il
copriletto - Ecco, una carpetta!- esclamò emozionato
tirandola da sotto il
letto.
Meredith si alzò di scatto e la guardò insieme al
fratello alla luce. Harry, con mano tremante, la aprì e vi
trovò diversi fogli
di media grandezza. La maggior parte dei disegni erano bozzetti,
schizzi del
giardino, l'unico paesaggio che vedeva la donna.
Altri erano semplicemente coperti di
linee che però lasciavano comprendere con che stato d'animo
le avesse
tracciate: solcavano il foglio, lo bucavano quasi, ed erano tutte nere.
- Le avrà fatte per il nervosismo.- commentò
Harry
sfiorando uno dei fogli - Povera Janet...
- Guarda questi!- disse Meredith scorgendone altri in
fondo alla carpetta - Sono dei suoi autoritratti!
- Era bravissima!- esclamò Harry con le lacrime agli
occhi - Un vero peccato che il suo sia rimasto solo un talento
nascosto, non
trovi? Per questo ho deciso di esporli ...
- Esporli? Dove?- domandò stupita Meredith.
- Insieme ai miei. Voglio andare a New York.- rispose
semplicemente.
- Come? In America...? - continuò la sorella sempre
più
incredula.
- Ti spiegherò tutto a casa.- disse Harry richiudendo
la carpetta.
Così uscirono nuovamente dalla villa. Harry richiuse
la porta e conservò la chiave nella tasca del cappotto.
- Ma come li porteremo? Siamo in bici ... - commentò
Meredith ricordando al fratello la grande dimensione della carpetta.
- Io vado a casa in bici, tu prendi un taxi e li porti
con te. Fai molta attenzione però che non si rovinino.-
rispose Harry montando
sulla bicicletta.
E così fecero. Meredith, una volta in taxi e in mezzo
al traffico londinese, ebbe come l'impressione d'essere ritornata alla
realtà.
Le sembrò d'essersi svegliata da un incubo, ma comprese che
quell'incredibile
vicenda era stata vera vedendo accanto a sé la carpetta. Era
ancora
terrorizzata e il conducente se ne accorse quando tremante gli
riferì
l'indirizzo.
Il suo volto era pallido, le unghia delle sue mani sottili
violacee.
- Ha visto un fantasma? - scherzò l'autista notando il
suo umore dallo specchietto retrovisore.
Meredith, sentendo quella parola, rabbrividì e si
limitò a mostrare un mezzo sorriso.
Harry, nel frattempo, pedalava rapidamente
lungo i marciapiedi con la mente piena di tutto ciò che
aveva vissuto: era
stata senz'altro l'esperienza più inverosimile della sua
vita. Come era
accaduto in precedenza, al suo passare, raccolse su di sé
gli sguardi
indiscreti della folla, stupita nel vederlo in pigiama con sopra un
lungo
cappotto aperto. Ma lui non se ne curò.
La velocità e il vento gelido del
rigido inverno gli paralizzavano la faccia e il cappotto volava dietro
di sé.
Si chiedeva cosa lo aspettasse, adesso che avrebbe voluto cambiare
vita.
Pensò che era forse l'ultima volta che percorreva quelle
strade e salutò
la gente di Londra.