Non lo so perché. Non so cosa mi sia
saltato in mente in questi giorni, ma non riuscivo a smettere di pensarci. Questi
due personaggi non si saranno mai, mai e poi mai incontrati. Però
chissà… dopotutto non si sa mai, no? Chi ci vuole vedere qualcosa di romantico,
ce lo veda pure XD (io si!)
Chi non vorrebbe tornare all’innocenza di quando si è bambini?
La bambina che quel giorno correva per le strade bagnate non lo sapeva, ma
avrebbe rimpianto molto quel suo essere spensierata, quella sua paura di non
ritrovare più i propri genitori, da cui la folla l’aveva separata.
Continuava a correre, ignorando gli schizzi d’acqua che le sporcavano il
bel vestitino rosa, sollevando con stizza e angoscia crescente il cappellino
che le cadeva sul naso ad ogni salto.
Ora cominciava ad avere davvero paura, un forte terrore che si impadroniva delle sue membra gelide, impedendole di
correre come avrebbe voluto.
Non conosceva quel paese, quella Konoha o come si chiamava, lei non sarebbe
voluta venire.
Ma avrebbe seguito ovunque la sua mamma ed il suo
papà.
E ora non li trovava più.
Lentamente la corsa si trasformò in una camminata veloce e infine in qualche
passo incerto. Si sedette per terra, all’angolo della
strada, le mani premute sugli occhi, le lacrime che scivolavano delicate sulle
sue guance.
Una folata di vento più forte le strappò il cappellino troppo grande per
lei dalla testa, rivelando dei lunghi capelli rossi come il fuoco.
Già, il fuoco.
Era la cosa di cui avrebbe avuto più bisogno in quel momento, un bel fuoco
caldo che la facesse sentire protetta.
-È tuo?-
La bambina continuò a piangere ignorando la voce che, ne era certa, non
poteva essere rivolta a lei.
-ehi… è tuo il capellino?-
Sollevò appena la testa, ritrovandosi a guardare due occhi nerissimi e curiosi.
Guardò tra le sue mani e vide il proprio cappellino; Allora glielo stracciò
semplicemente via per poi calcarselo in testa.
-Si. Ora va via!-
Il bambino deluso e anche piuttosto spaventato, le diede le spalle.
Lei riprese a singhiozzare e si fermò nuovamente.
-Bambina?-
-Cosa vuoi?- gli chiese sgarbatamente.
-perché piangi?- domandò l’altro, avvicinandosi a lei.
-Non trovo più… mamma e papà!- la risposta si trasformò in un grido e lei
cominciò a piangere ancora più forte.
-Se vuoi… dico a mio fratello di cercarli. O al mio papà. Il mio papà è
della polizia.- disse infine il piccolo con voce sicura e orgogliosa.
-Davvero?- chiese, calmandosi appena.
-Si. Però tu non piangere… se vuoi diventare una
ninja non devi piangere.-
-Chi ti dice che voglio diventare una ninja?-
-Beh… sei rozza. E non hai paura di sporcarti i vestiti seduta nel fango.- rispose con semplicità.
La bambina non se ne ebbe a male. Queste cose
gliele dicevano sempre tutti.
Si alzò in piedi, rifiutando la mano che il bambino gli aveva cortesemente teso.
-Non piango più allora.-
-Brava.- si complimentò sorridendo.
Un ragazzino svoltò l’angolo e lei lo guardò. Somigliava davvero molto a
quel bambino.
-Ti cercavo! Ma dove eri fi…-
-Nii-san, questa bambina non trova
più la sua mamma ed il suo papà!- strepitò il bambino
più piccolo, tirando il fratello per un braccio.
La bambina si guardò attorno e improvvisamente, poco più in là, vide
comparire le figure familiari dei suoi genitori che la cercavano disperatamente.
-Eccoli!-strillò indicandoli con un dito.
Il bambino le fece un largo sorriso.
-Basta dirlo al mio nii-san e succede tutto subito.-
esclamò ostentando ancora più orgoglio.
Il ragazzino più grande lo guardò meravigliato, per poi sorridere
rassegnato. Il fratellino non avrebbe mai smesso di lodarlo, anche se non ve n’era
motivo.
La bambina si avvicinò e gli schioccò un bacio sulla guancia, che
istantaneamente divenne rossa quanto i suoi capelli.
-Grazie della compagnia. Ci vediamo!- lo salutò, prima di correre dai
propri genitori lasciandolo tramortito a pensare che forse non era poi così rozza.
I due la guardarono raggiungerli e abbracciarli.
-Che bella bambina… fai già conquiste Sasuke?-
-No! Non dire queste cose nii-chan!- gridò l’altro,
pulendosi la guancia con una mano e arrossendo di più.
Diversi anni dopo, la bambina ormai ragazza con i suoi compagni di squadra
si ritrovava nuovamente in quella città che tanto aveva odiato quel giorno.
Davanti a lei il bambino ormai ragazzo che li guardava con sfida.
Non poteva credere che fosse proprio quel bambino di un tempo, eppure le
informazioni che le avevano dato su di lui combaciavano: un fratello maggiore,
suo padre nella polizia…
Ma soprattutto quei profondi occhi
neri. Quelli non poteva scordarli.
Non appena li aveva incontrati aveva sentito un’ondata di nostalgia
assalirla dal profondo.
Voglia di tornare agli anni della sua innocenza, finiti troppo, troppo
presto.
Del resto non aveva mai smesso di pensare a lui, al suo gesto gentile, l’ultimo prima che la sua famiglia venisse trucidata e lei fosse
finita sotto il giogo di Orochimaru-sama.
Sasuke Uchiha.
Con la borsa in spalla pronto a partire per
seguirli. Per diventare un nuovo corpo di Orochimaru.
Ma forse prima… prima che fosse troppo
tardi… lei avrebbe potuto scambiare qualche parola con lui.
Dirgli quanto il suo “se vuoi
diventare una ninja non devi piangere” l’avesse
aiutata a non arrendersi mai alla disperazione.
Era come se non fosse mai andata via, come se non fosse mai scomparsa dal
suo sguardo.
-Tayuya, andiamo?- la chiamò il
suo compagno Jirobo.
-Sto arrivando, cazzo!-
Ecco, il fatto che fosse rozza, come lui le aveva
detto, non era cambiato. E se ne rendeva conto sempre. Anche questo la faceva
ripensare a lui.
Una volta arrivati al nascondiglio gli avrebbe parlato, ma non prima.
C’era tempo… no?
(no, ma se ne accorse troppo tardi)