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Autore: Maracuja    07/12/2012    5 recensioni
"Il motivo per cui avrebbero dovuto essere affari di Zayn gli sfuggiva, ma Harry sapeva che c'era una connessione diretta tra la sua omosessualità e il ragazzo che gli stava affianco. Forse era il semplice fatto che, nonostante avesse ripetuto a se stesso con quanta più enfasi possibile che Zayn gli era totalmente indifferente, ogni suo gesto destasse il suo interesse. Riusciva a trovare attraente perfino il modo in cui masticava – la stessa carota che gli aveva proibito di mangiare – e non poteva ignorarlo. Se solo non fosse stato così fastidioso..."
HarryxZayn
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
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E' venerdì e la mia festa di compleanno è appena saltata causa neve, fenomeno atmosferico che aborro, ma non avevo voglia di festeggiare la mia vecchiaia, quindi tutto procede secondo i piani.
Ecco il nuovo capitolo, spero in un sacco di recensioni (sì, ne sono drogata) e di lettori!








Si trovava a Monaco, erano le sette del mattino e dal finestrino del bus vedeva file di macchine e qualche passante dalla faccia scura; avevano lasciato la voglia di vivere nel loro appartamento, sepolta tra le coperte tiepide. Lui, al contrario, non aveva sonno: non aveva dormito, la stanchezza era palpabile, ma il suo cervello era talmente offuscato da non riuscire a mandargli i segnali corretti, così si ritrovava a premere convulsamente il pulsante “avanti” sul suo I-pod senza ascoltare veramente le canzoni.

Niall e Louis stavano dormendo sui sedili accanto al suo, Liam scriveva al computer e Zayn non era alla portata della sua vista, ma era certo che non stesse dormendo; non era mai riuscito a prendere sonno alle luci dell'alba, era più un tipo da routine.

Da diverse ore tentava di scacciare l'accidia che lo aveva colto prima della partenza, quella sensazione di apatia e frustrazione in cui, quando vi si cade, è difficile capire cosa si desidera e cosa si vuole evitare. Lui era avvantaggiato: conosceva il motivo di tale condizione, ma non poteva porvi rimedio.

Avevano passato il turno a X-Factor e ora si trovavano a condividere un Tour bus affollato di concorrenti: Certo, le tappe non erano eccelse, ma dopo un week end a Winchester e una fugace esibizione ad Anversa avevano raggiunto la Germania; eppure il sapore della vittoria era rovinato dal rimorso di aver messo una pietra sopra una storia non ancora iniziata.
Ogni suo pensiero veniva ricondotto a Zayn; era così da quando l'aveva conosciuto, ma ora che si trovava costretto a ignorarlo per coerenza – subendo lo stesso trattamento – il processo era ancora più intenso e fastidioso. Passava una canzone in radio? A Zayn faceva schifo quel genere. Un passante indossava una maglietta? Zayn ne aveva una simile. Vedeva una collana esposta in vetrina? Non aveva modo di collegare la cosa a Zayn, quindi pensava a lui; insomma, era diventato impossibile toglierselo dalla testa.

Per evitare di cadere in stato di dipendenza catatonica aveva iniziato a passare più tempo insieme a Louis che, bene o male, riusciva a distrarlo efficacemente e si era perfino rivelato un ottimo compagno di bevute. Non c'era serata che i due non uscissero da qualche bar sbronzi o sulla buona strada per esserlo, di tanto in tanto accompagnati da Niall e accolti, infine, da un Liam esasperato e per nulla divertito.

«Siete dei bambini!» li rimbrottava portandosi pollice e indice alle tempie e chiudendo gli occhi con fare esasperato. «Abbiamo un concerto importante ogni sera e voi che fate? Perdete tempo nei pub! Proprio non vi capisco».
E aveva ragione, di questo Harry era cosciente, ma non gli piaceva dare retta al lato razionale di sé. Era molto più divertente mettere a rischio il proprio fegato e la salute mentale di Liam per poi abbandonarsi esausto sul letto di un albergo o, quando andava male, sul sedile del bus senza riuscire a prendere sonno, crogiolandosi nel dopo sbronza fino a che qualcuno – solitamente Niall – non lo chiamasse per la colazione; e, ancora, accorgersi di come, giorno dopo giorno, le occhiaie violacee si espandessero a macchia d'olio sul suo viso e gli occhi gonfi di sonno faticassero a restare aperti, in una masochistica sfida contro se stesso.
Si era sempre sentito tagliato per la vita da rock star: feste, droga e concerti ogni sera, grupies e alcool a fiumi, il connubio perfetto per uno come lui, che faticava a inquadrare il mondo circostante e la realtà stessa. Anche in quel momento, con la mente offuscata e il corpo dolente per la mancanza di riposo, sforzandosi di superare i postumi dell'ennesima notte brava, non poteva fare altro che sperare che la giornata passasse in fretta per tornare a rifugiarsi in un universo in cui tutto era semplice, chiaro come la vodka e, allo stesso tempo, sfuggente come il fumo.

Avrebbe voluto che, almeno una volta, anche Zayn entrasse nel suo mondo, che vedesse quanto le cose potessero diventare facili e perfette senza stupide inibizioni come orgoglio e insicurezza a ostacolarli; ma sapeva che non sarebbe stato possibile. Non era “Harry, il re della festa” con lui, ma “Harry, lo stupido ragazzino permaloso e frustrante”, tanto che non si spiegava come lui riuscisse a sopportarlo. Non si era mai comportato in quel modo, era totalmente destabilizzato.

Illuminato da queste riflessioni, si alzò traballante dalla sua postazione e superò Niall e Louis, percorse lo stretto corridoio e prese a guardarsi attorno in cerca di una chioma di capelli scuri e, quando la trovò, barcollò fino a raggiungerla.

Come aveva immaginato, Zayn non stava dormendo: ascoltava la musica a occhi chiusi e con la testa poggiata contro il finestrino, ma era in una posizione troppo improbabile perché si potesse dubitare della sua veglia.

Gli accarezzò con gli occhi la linea che partiva dalla tempia e sfociava nella mascella, poi, accortosi del sudore freddo che gli aveva reso le mani scivolose, si sedette nel posto vuoto accanto al suo e respirò profondamente prima di sferrargli un piccolo calcio sul polpaccio per farlo accorgere della sua presenza. L'altro aprì gli occhi e sollevò le sopracciglia, si sfilò le cuffie e tornò a guardarlo con espressione sorpresa.

«Harry» mormorò con voce roca.

«Ehi».

«Cosa c'è?».

«Niente, volevo solo... ehm... niente».

Fece vagare lo sguardo dal suo viso alle proprie ginocchia, improvvisamente conscio della carenza di motivazioni da addurre alla sua comparsa. Zayn rimase a guardarlo stranito per una manciata di secondi, poi annuì e tornò a poggiare la testa al finestrino, serio.

Harry si sentì un idiota e fece per alzarsi e sparire per fermare una volta per tutte il perpetrarsi di quella ridicola messa in scena, ma un secondo prima che si decidesse fu bloccato da una mano che andò a sfiorare gentilmente la sua. Non era una stretta salda, ma riuscì a trasmettergli una carrellata di sensazioni diverse nell'arco di un secondo, e tutte passarono per lo stomaco; però non gli sembrarono spiacevoli, né indesiderate.
Zayn non lo guardava, i suoi occhi erano puntati sul finestrino leggermente appannato dal suo respiro; l'unico elemento a suggerirgli che quel contatto fosse stato intenzionale erano i movimenti del pollice sulle sue nocche, tanto lievi da essere appena percettibili.

C'era la possibilità che si fosse reso conto di quanto poco Harry pensasse ciò che gli aveva detto riguardo al loro rapporto. Forse quello era il suo modo per dirgli che aveva capito, che voleva provarci per l'ennesima volta; e proprio quando Harry si era convinto di voler fare qualcosa di più esplicito lo spegnersi del motore e il successivo rumore di passi e sbadigli lo frenò e il contatto venne sciolto con naturalezza, lasciando dietro di sé uno strascico di delusione.

«It's Monaco, baby» sentì Louis biascicare qualche metro addietro, la voce ancora arrochita dal sonno. «Malik, Styles...» fletté leggermente la schiena e si levò un cappello immaginario.

«Buongiorno a te» rispose Zayn in tono diplomatico.

«Buongiorno a voi, io non ho dormito per niente» biascicò Liam.

«Mal d'auto, Liam?» infierì Niall con un ghigno.

Il ragazzo scese dal pullman borbottando, subito seguito da Louis e da Harry, che lanciò un ultimo sguardo eloquente a Zayn; il messaggio doveva essere “Non abbiamo ancora finito”, ma temeva che sembrasse più un “Ti prego, non lasciarmi al mio triste destino”.

La lista di cose da fare prima del concerto era così lunga che finirono solo nel tardo pomeriggio, quando i manager, impietositi dalle voci gracchianti e dall'aspetto da zombie di tutti i partecipanti, chiamarono i musicisti per le prove acustiche e li congedarono per un paio d'ore.

Harry, che si reggeva a malapena sulle proprie gambe, aveva tristemente declinato l'invito di partecipazione alla sbronza collettiva che il leader di un'altra band aveva organizzato e si era rassegnato all'idea di dover dormire almeno qualche minuto prima dello spettacolo. Raggiunse la propria camera d'albergo e si gettò sul letto senza nemmeno togliere le scarpe, esausto. Durante il dormiveglia gli sembrò di udire la voce di Zayn ma, incapace di concentrarsi, non riuscì a capire se fosse stato realmente lì; si addormentò cullato da quel ritmo melodico, immaginario o meno, e sognò di averlo di fronte, a parlargli, a dirgli frasi di cui non capiva il significato ma che diffondevano in lui un senso di tranquillità surreale, esattamente l'effetto contrario rispetto a quello che avevano quando era sveglio.

Fu quella stessa voce a strapparlo a Morfeo; veloce e concitata, si opponeva al tocco delicato delle mani su schiena e capelli, una carezza tanto leggera da essere quasi fastidiosa. Aprì gli occhi per trovarsi di fronte ai suoi, profondi e determinati come sempre prima di un concerto. Sbatté un paio di volte le palpebre e il contatto svanì, così come Zayn, corso chissà dove. Si costrinse ad alzarsi, le membra pesanti come piombo e la mente ancora del tutto lucida, e vide i suoi compagni in preda al panico: correvano da una parte all'altra della stanza in cerca di chissà quale inutili aggeggi, cambiavano idea all'ultimo minuto sull'abbinamento di scarpe e maglietta, recitavano a occhi serrati strofe di canzoni che erano improvvisamente svanite dalla loro memoria; il tutto in un tripudio di imprecazioni e caos.

Dovette subire le invettive di Liam prima di potersi sciacquare il viso e indossare gli abiti prescelti in una calma che stonava con il clima di tensione circostante. Non capiva se si fosse abituato all'ansia da prestazione o se fosse solo troppo stanco per avvertirla.

Si spostarono in auto fino all'OlympiaStadion e furono relegati in uno spogliatoio per il resto della serata, in sottofondo le voci degli altri concorrenti e gli applausi degli spettatori.

«Cinque minuti, ragazzi» la voce di Zayn era ferma, ma le sue mani si stringevano convulsamente a pugno mettendo in evidenza i tendini sul dorso.

«Ok, andiamo».

Louis guidò i quattro fino allo stanzino improvvisato backstage, più per abitudine che per reale attitudine al comando, e vennero accolti da uno stuolo di manager, cameraman e tecnici del suono. Nonostante la maggior parte delle sedie fosse libera nessuno ne approfittò, l'adrenalina e l'angoscia lo impedivano.

«Tocca a voi!».

Furono spinti sul campo dopo una stretta di mano e pacche sulle spalle ricevute da chissà chi e si ritrovarono nell'occhio del ciclone: lo stadio era immenso, le file di sedie innumerevoli e le persone, una moltitudine di urla e boati, decisamente troppe. Scivolarono fino al centro della struttura a una velocità impressionante, quasi volessero strappare il cerotto senza tante cerimonie, e salutarono brevemente i fan prima di iniziare l'esibizione.

Le note di “Torn” degli Ednaswap riempirono lo stadio e alla fine della prima strofa gli immancabili applausi li raggiunsero, incentivandoli a rilassarsi lo stretto necessario per affrontare il ritornello e, dopo di esso, la strofa successiva. Le parole uscivano spontaneamente dalla gola, la performance stava riuscendo meglio che nelle decine di prove di quel pomeriggio e Harry era euforico, ebbro delle luci della ribalta come la notte precedente lo era stato dell'alcool, la testa leggera e ogni muscolo teso dall'epinefrina: la canzone si era appena conclusa e sentiva di essere in grado di cantarne altre cento. La folla gridava i loro nomi, le luci impazzavano e, un secondo prima che si spegnessero, incrociò lo sguardo di Zayn e poté leggervi la stessa ferocia, lo stesso desiderio di morire sul palco, attorniato da urla e musica.

Improvvisamente si sentì strattonare e avvertì una mano stringersi sul suo polso e risalire febbrilmente lungo il braccio per trovare il viso e ghermirlo; una mano affondò nei suoi capelli e il profumo di Zayn aleggiò nell'aria, dandogli il tempo di un battito per inquadrare la situazione prima di farsi più intenso e invadergli le narici. Le sue labbra premettero contro le proprie in un contatto passionale, violento e liberatorio: afferrò le sue spalle e si lasciò spingere contro una superficie non meglio identificata, troppo esaltato per dare importanza a qualunque cosa esulasse dal suo sapore, dal calore divampato nello stomaco e dalla meravigliosa sensazione che stava provando.

Il bacio si concluse quasi come se qualcuno avesse strappato Zayn da lui; potevano essere passate ore, ma era certo che fosse durato solo pochi secondi, il tempo necessario a mandarlo fuori di testa.

Si perse nella più totale oscurità e necessitò di qualche istante prima di accorgersi delle flebili luci al neon con il compito di indicargli la strada per il backstage. Incespicò nei propri passi fino ad aprire la porta ai bordi del campo e raggiungere i suoi compagni, ancora smarrito. Avrebbe avuto bisogno di parecchio tempo per metabolizzare l'accaduto e trarne una conclusione, ma nel frattempo avrebbe dovuto ricomporsi e fare finta di nulla, esattamente come stava facendo Zayn, in bilico su una sedia con le mani sul viso e un sorriso sulle labbra, le stesse che lo avevano appena assalito.

«Siamo stati grandi!» ruggì Louis, e andò a cingere le teste di tutti in un abbraccio vittorioso.

Lo erano stati; nulla avrebbe smosso Louis dal trascinarli in qualche bar fino all'ora della partenza e Zayn lo aveva baciato, e avrebbe voluto potergli impedire di separarsi da lui.

  
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