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Autore: dreamyD    08/12/2012    7 recensioni
Ennesima storia sui Malandrini come ne ho lette tante ma, dato che non posso conoscerle tutte, mi scuso se dovessero esserci delle somiglianze con altre storie. giuro che questa è tutta farina del mio sacco ma che ne so se magari qualcuno non ha un sacco simile al mio? Vorrei riuscire a raccontare la storia dei miei Malandrini dal primo al settimo anno e magari anche dopo chissà... Recensite grazie *dD*
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Più contesti
Capitoli:
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Vacanza

 

 

 

 

 

Sirius stava evidentemente sognando. Nella realtà non poteva certo volare ad un'enorme altezza sopra alla città senza una scopa no?

Si sentiva come se il suo corpo fosse ancorato a terra ma i suoi occhi potessero sollevarsi e osservare l'Inghilterra intera.

Londra era coperta da una cappa di calore, che rendeva l'aria umida e tremolante e sfocava i contorni delle cose. Solo qualche torre e campanile spuntava dalla cupola di afa e la sua casa, anche se non era certo alta, ma perchè risaltava per la sua aria oscura.

Più a nord invece c'era un affollamento di nuvole grige, che si infiltravano tra le colline e le montagne,quasi isolandole in un mare di nebbia. In queste nuvole volavano striature nere, che si muovevano a scatti e mandavano lampi quando colpivano le cose.

A sud invece splendeva il sole e le onde si infrangevano azzurre sulla costa.

Sirius sarebbe rimasto lì volentieri a guardare quel paesaggio così strano, quando sentì un movimento accanto a sé. Fu come se il suo corpo, aggrappato solidamente alla terra, lo avesse ripreso e lo stesse tirando violentemente al suolo.

Sirius cercò di aprire gli occhi, ma aveva la mente piena di quella nebbia bianca e grigia, la stessa che avvolgeva le montagne, e non riusciva a ricordarsi come si facesse.

All'improvviso però sentì qualcosa sfiorare la sua mano e, istintivamente, spalancò gli occhi, trovandosi di fronte quelli di Regulus.

Con la mente ancora confusa, Sirius si ritrovò a fissare quegli occhi, riflettendo sul loro colore, così simile eppure così diverso. Gli occhi del fratello infatti erano più azzurri che grigi, con una nota argentata che contribuiva a ghiacciarli. I suoi invece erano più color grigio pioggia, tirante all'azzurro. Eppure avevano la stessa forma, la stessa capacità di gelarsi per non dimostrare emozioni, lo stesso dolore sul fondo.

Evidentemente anche Regulus non doveva essere molto in lui, perchè i due fratelli continuarono a fissarsi per qualche minuto, finchè il minore non si riscosse, distogliendo lo sguardo.

«Che è successo? Che ore sono?» gracchiò Sirius, sorprendendosi per quanto suonasse debole e roca la sua voce.

«Le tre di notte, circa. Quando Kreacher ti ha portato via la cena è continuata ma papà aveva fretta d finirla e quindi gli zii sono andati via presto. Papà ha discusso ancora con Bellatrix, ma niente di che. Poi mi ha mandato a letto e si è chiuso nel suo studio-laboratorio a fare una pozione per farti dormire e una che non so a cosa servisse e te l'ha date. Poi se n'è andato e io mi sono svegliato e sono venuto a vedere se ero per caso diventato figlio unico, ma a quanto pare non è ancora successo! In teoria tu dovresti stare dormendo ma evidentemente sei così testardo e rompiscatole da non farti sottomettere nemmeno da una pozione soporifera!» Regulus ridacchiò alla fine, coinvolgendo anche Sirius.

«Simpatico...» borbottò Sirius, cercando inutilmente di alzarsi a sedere, ma sentendosi troppo debole.

«Certo!» i due rimasero ancora in silenzio, Sirius lottando contro la nebbia che voleva riappropriarsi della sua mente e Regulus contro il sonno che gli faceva abbassare le palpebre. Alla fine entrambi persero la battaglia e caddero in un sonno profondo. Dopo quello che parve un minuto, ma in realtà dovevano essere passate almeno un paio d'ore, vista la luce che cominciava ad intravedersi dalle imposte chiuse, Sirius si svegliò, sentendo il braccio intorpidito.

Mosse la testa e vide Regulus che si era addormentato appoggiato su di lui.

Ancora confuso ci mise un po' a ricordare come si muovevano le braccia, e scosse leggermente Reg, che si svegliò di scatto.

«..che succede?» borbottò insonnolito, ancora prima di aprire gli occhi. Per un attimo si guardò attorno sorpreso, probabilmente chiedendosi cosa ci facesse lui lì, ma alla fine sembrò ricordarsi tutto e si alzò, come per andare via.

«Dove vai?» domandò rauco Sirius.

«A letto, Sir.» rispose Regulus, la voce ancora impastata.

«Reggy...mi dici una cosa?» fece ancora Sirius, trattenendo il fratello per una manica, resi entrambi meno gelidi dal sonno.

«Dimmi Siry...»

«Perchè negli ultimi giorni a scuola venivi sempre da me?»

Regulus sembrò pensarci su, ma alla fine alzò le spalle e rispose.

«Volevo dirti di comportarti bene e avvertirti della cena, ma eri sempre con i tuoi amici e Jared non si scollava. Neanche mi stesse controllando...» spiegò.

«Grazie Reggy...» biascicò Sirius, già mezzo addormentato di nuovo.

«Niente Sir. Buonanotte...» Regulus si avvicinò alla porta, ma prima che potesse aprirla, la voce insonnolita di Sirius lo fermò di nuovo.

«Ti voglio bene Reggy. Tu mi vuoi bene?»

Regulus arrossì, più lucido del fratello, ma poi decise che Sirius era troppo fuori gioco per ricordarsi ciò che gli avrebbe detto e al massimo avrebbe pensato che fosse stato solo un sogno.

«Certo Sir, ti voglio bene anche io.» poi aprì la porta e sparì nella luce grigia appena accennata dell'alba.

Già prima che la porta si fosse completamente chiusa Sirius dormiva, un sorriso appena accennato sulle labbra.

 

**

 

«Svegliati Sirius!» Sirius cercava di estromettere quella voce e soprattutto l'esasperante mano che gli scuoteva la spalla dal suo sonno, ma dopo un po' capì che era impossibile quindi aprì gli occhi. Chino su di lui c'era Orion con un'aria parecchio preoccupata che però si trasformò subito in scocciata appena si accorse che si era finalmente svegliato.

«Che succede padre?» chiese Sirius, la voce ancora roca ma più forte.

«Niente. Controllavo che la pozione non avesse fatto troppo effetto. Stai fermo.» Orion estrasse la bacchetta e la puntò contro Sirius che si irrigidì, ma non si mosse. L'uomo mormorò un paio d'incantesimi, muovendo la bacchetta sopra al figlio, e alla fine la ripose in una tasca. Prima ancora però che il ragazzo potesse fare qualche domanda si avvicinò alla porta e fece per uscire. Sull'uscio si bloccò e si girò a guardare Sirius, ancora immobile nel letto.

«Non hai subito danni interni e sei a posto. Alzati, vestiti e vai a fare colazione. » e senza aggiungere altro Orion se ne andò.

Sirius rimase un altro po' fermo, cercando di capire che cosa fosse appena successo: perchè suo padre, dopo tutto quello che gli aveva fatto e detto Walburga, e anche lui, si comportava così, come se gli importasse davvero qualcosa di lui?

Alla fine però rinunciò a trovare una risposta, visto il mal di testa martellante e la fame che gli imponeva di alzarsi, e si alzò, vestendosi per andare a fare colazione, pensando alla lettera che voleva scrivere a James.

 

**

 

Nello stesso momento James dormiva profondamente nella sua camera. Aveva la bocca leggermente aperta e un braccio che scendeva dal letto, le dita che sfioravano il morbido tappeto.

Sognava.

Due ragazzi correvano verso di lui, ridendo. Li riconobbe, anche se erano molto diversi da quelli che conosceva lui, come Remus e Sirius. Erano grandi, avevano almeno sedici anni, se non di più e lo chiamavano a gran voce. Quando lo raggiunsero Remus si fermò a prendere fiato, ansimando tra le risate, mentre Sirius gli saltò addosso, scompigliandogli i capelli e sussurrandogli un “E bravo Jam!” all'orecchio. Solo quando l'amico gli fu saltato addosso, costringendolo a fare un passo indietro, James si accorse di tenere per mano qualcuno.

Si girò e incontro dei favolosi occhi verdi, ridenti e pieni di vita, e fluenti capelli rossi, sciolti sulle spalle. Lily Evans.

Poi anche la ragazza rise, semplicemente splendida, e diede una pacca sulla spalla a Sirius, che la abbracciò.

Aspetta...Sirius abbraccia la Evans? Ma i due ridevano, con una strana aria complice e affettuosa negli occhi, felici.

«Jaaaaaaames!!» la voce insistente di sua madre penetrò nei sogni di James, svegliandolo. «James alzaaaati!!»

Il ragazzo sospirò, cercando di afferrare le immagini di quel bel sogno, ma invano. Alla fine si alzò a sedere con uno sbuffo.

«Arrivo mamma!!» gridò, dandosi fastidio da solo. Poi, infilandosi solo una maglietta sopra ai boxer nei quali dormiva, visto il calore estivo, scese di sotto.

Arrivò in cucina con gli occhi ancora praticamente chiusi e fece per sedersi al suo solito posto quando si accorse che, oltre a sua madre e a suo padre c'era anche qualcun'altro, che ridacchiava bevendo un caffè. Jo.

«'Giorno Jamie...» lo salutò la ragazza. James arrossì, ricordandosi solo in quel momento che adesso la sua amica abitava da lui, cercando una scusa per scappare via dalla cucina e infilarsi almeno un paio di pantaloni.

«Buongiorno Jamie...bei pantaloni!» lo prese in giro anche Charlus, ridendo di lui sotto i baffi, mentre Dorea guardava entrambi, ma più James, con disapprovazione.

«Eddai Jamie, sai quante volte abbiamo fatto il bagno insieme nel fiume!» rise Jo, afferrando un biscotto. James sospirò di nuovo, sedendosi a sua volta e seppellendosi nel suo latte e cacao, ripetendosi che quello, Sirius, non sarebbe dovuto MAI venirlo a sapere!

«Che facciamo oggi Jamie?» chiese Jo, dopo che l'imbarazzo di James fu un po' passato, lasciando che le guance tornassero del loro colore.

«Quello che volete...» rispose insonnolito quello.

«Che ne dite se vi accompagno al mare?» propose Dorea.

«Ok!» acconsentirono i due ragazzi, rimettendosi a mangiare tranquillamente. Solo quando Jo si alzò da tavola per andare a vestirsi, James si accorse che la ragazza indossava solo una maglietta molto lunga sopra alla biancheria intima, lasciando in bella vista le lunghe gambe, e, inevitabilmente, ritornò di un bel colore rosso vivo, facendo ridere questa volta sia Jo, che Charlus, che Dorea.

Ecco. Neppure questo, lo avrebbe raccontato a Sirius.

 

**

 

Pete stava facendo colazione con sua madre, in silenzio, come sempre, quando si accorse che c'era qualcuno fuori dalla finestra, che sbirciava dentro.

«M-mamma...c'è qualcuno alla finestra!» sussurrò, già un po' spaventato.

«Adesso vado a vedere, Pet.» disse stancamente lei, alzandosi e girandosi verso la finestra, che però adesso mostrava solo il piccolo giardino e la strada poco più in là.

Sua madre lo guardò perplessa e stava per dire qualcosa quando suonò il campanello.

«V-vado io, mamma.» disse Peter, allontanandosi a malincuore dalla sua colazione. Sua madre gli sorrise dolce e si risedette.

«Ciao!» Peter aveva appena aperto la porta quando si trovò di fronte una ragazzina più alta di lui, con lunghi capelli neri e gli occhi nocciola.

«C-ciao...» salutò dubbioso Peter, senza staccarsi dalla porta.

«Hai voglia di venire a giocare con noi, oggi?» gli chiese la ragazza, indicando con il pollice altri ragazzi che stavano fuori dal cancello e che lo salutarono da lontano.

Peter rimase stupito: quando mai qualcuno chiedeva a lui di giocare?

«I-io...sì certo! Ne sarei felice!» rispose sorridendo da un orecchio all'altro. La ragazza però non ricambiò il sorriso, ma ghignò con cattiveria.

«Bè, allora mi dispiace, ma noi non vogliamo sfigati ciccioni nel nostro gruppo!» e con una risatina crudele la ragazza si girò, facendo mulinare i lunghi capelli, e se ne andò con gli altri, che la accolsero con applausi e le batterono il cinque, mentre uno le passava qualcosa, forse la vincita della scommessa, andandosene poi ridendo.

Peter se ne rimase sulla porta, impietrito.

«Peter, chi è?» chiese dalla cucina sua madre.

«N-nessuno, mamma, nessuno.» sussurrò Peter, le lacrime agli occhi.

I suoi amici, i suoi veri amici, James, Sirius e Remus, gli mancavano già terribilmente.

 

**

 

Remus nuotava. Adorava nuotare. Lo faceva sentire libero, leggero, tranquillo.

Prendeva grandi boccata d'aria e poi stava in apnea per tempi impossibili, gustandosi i suoni ovattati dall'acqua, le forme confuse, la sensazione di essere fuori dal mondo.

Poi riemergeva, scuotendo i capelli ormai troppo lunghi, respirando l'aria che sapeva di cloro per ristorare i polmoni che chiedevano pietà.

Amava andare in piscina e confondersi tra le altre persone, fare finta di essere come gli altri, farsi avvolgere dalle risate dei bambini, dagli schizzi, dalle parole preoccupate delle madri, inserirsi senza che gli altri se ne accorgessero nei giochi, fare a gara con uno sconosciuto a chi stava più in apnea, sfidare in silenzio un altro ragazzo a chi era più veloce.

Si sentiva meno solo. E quando gli sembrava di essere oppresso dalle troppe persone allora usciva, si avvolgeva in un asciugamano e si sedeva in un angolo e osservava.

Osservava quella donna che insisteva perchè il suo bambino si infilasse la ciambella, mentre lui rifiutava, convinto di saper già nuotare.

Osservava quell'uomo, che metteva in mostra gli addominali abbronzati davanti a quelle due ragazze, che ridevano civettuole.

Osservava quei bambini, che si schizzavano ridendo e si tiravano un pallone.

Osservava quei due innamorati, che si scambiavano carezze e baci sul bordo della piscina, i piedi a mollo.

Osservava i denti scoprirsi in un sorriso, gli occhi stringersi per sfuggire al fastidio dell'acqua, le gote gonfiarsi per prendere più aria, le schiene imperlarsi di goccioline, i capelli lanciare minuscole perle luminose in giro quando venivano scossi.

E tutto ciò lo faceva sentire più forte, padrone, almeno per un po', della sua vita. Normale. Protetto. Sicuro.

E poi rientrava in piscina, quando gli altri si allontanavano per andare a mangiare e raccoglieva i raggi di sole liquidi nelle mani, si lasciava accarezzare dalle morbide mani dell'acqua, si addormentava quasi, il viso scaldato dal sole e il corpo sostenuto dall'acqua.

Tornava a casa solo verso sera, per mangiare con i suoi genitori.

E tutto questo gli piaceva. Perchè nella piscina della città vicina nessuno lo conosceva, nessuno lo additava, nessuno provava pietà per lui, nessuno lo considerava strano o anormale.

E, stando in mezzo alla gente, poteva alleviare, almeno un po', la mancanza che sentiva nel cuore da quando aveva salutato i suoi Malandrini e Sun alla stazione.

 

**

 

Sunshine guardava il cielo. Era azzurro, senza nuvole, luminoso e perfetto. Sentiva il profumo dei fiori attorno a lei, l'odore morbido della terra, il solletico dell'erba sulle braccia e sulle gambe. Era distesa nel giardino di casa sua, con indosso solo un paio di pantaloncini corti e la parte sopra di un bikini. Faceva caldo. Un caldo afoso che stringeva alla gola, assopiva la mente e coccolava dolcemente.

All'improvviso una risata e il suono di una voce la raggiunsero, in quel mare d'erba che la circondava, e con un sorriso Sunshine chiuse gli occhi, godendosi ancora per un attimo i caldi raggi solari. Poi con una smorfia si alzò in piedi, si spazzolò la treccia con le mani per eliminare i residui di erba rimasti attaccati e poi si diresse verso casa, sempre camminando scalza.

«Angie, che succede?» chiese, aprendo la porta a vetri che portava in cucina. La stanza però era deserta. Sunshine si guardò attorno perplessa, poi però sentì di nuovo la voce della sorella e uscì fuori, nel piccolo cortile davanti a casa.

«Angie?» chiamò ancora. Poi la vide. La sorella era seduta a terra e un cagnolino mai visto prima le scodinzolava attorno, leccandole le mani e abbaiando.

«Guarda Sunny! Hai visto che bello?» le gridò la bambina appena la vide.

«Angie, dove hai trovato questo cane?» domandò invece Sunshine, avvicinandosi al cagnolino che le corse incontro.

«Non l'ho trovato! È venuto lui da me!» la bambina si aggrappò al cane, abbracciandolo.

«Amore, fammi vedere se ha la medaglietta. Magari è di qualche bambino che lo sta cercando!»

«Non ce l'ha, Sunny, non ce l'ha! Posso tenerlo? Posso? Daiii posso?» cominciò a supplicarla la bimba, facendo gli occhi dolci e scostandosi i capelli dal visino.

«Non so...c'è Nelson da qualche parte qui attorno...» provò a resistere la maggiore.

«Faranno amicizia! Daiii Sunny! Ti prego ti prego ti preeeego!» Sunshine sorrise. Era impossibile, almeno per lei, resistere ad Angela.

«Ooook, va bene! Ma appena combina qualcosa ritorna per strada, capito?» disse, sapendo però che le sarebbe stato impossibile rispedire il cucciolo in giro, senza sapere se avrebbe trovato un'altra casa o del cibo. Non ce l'avrebbe fatta. E anche Angela lo sapeva.

La bambina infatti esultò, abbracciando ancora il cane che abbaiò più volte, scodinzolando felice.

«Grazie Sunny! Sei la sorella-mamma più bella del mondo!» la bambina abbracciò anche Sunshine, che sorrideva di riflesso.

«Adesso però laviamo questo terremoto ok?» disse, vedendo la polvere e il fango che copriva il cane, e che ora si era appoggiato anche su Angela.

«Sììììììì! Che bello!» le due sorelle si spostarono nel cortile sul retro e Sunshine recuperò una grossa tinozza, riempiendola d'acqua.

Inutile dire che alla fine si trovarono tutti e tre, Angela, Sunshine e il cane, ricoperti di schiuma, completamente fradici, e che le due ragazze non avevano più fiato per il troppo ridere e per le corse che avevano fatto rincorrendo il cane, che a quanto pare non gradiva essere lavato.

Quando finalmente il cane fu pulito, Angela e Sun si buttarono sedute su un paio di sedie di plastica nella piccola veranda.

«Che fatica!» sbuffò Sunshine, chiudendo gli occhi e cercando di riprendere fiato.

«Ma è stato divertente! Vero Sunny?»chiese Angie, scuotendo i capelli e lanciando goccioline in giro.

«Ehi smettila! Hai imparato dal tuo amico peloso?» scherzò Sunshine, sciogliendo la treccia e schizzando la sorella a sua volta. Le due ricominciarono a ridere, rincorrendosi per il cortile, cercando di schizzare l'altra e di buttarla nella tinozza.

Alla fine però Sunshine si fermò, le mani sulle ginocchia, cercando di respirare e di fermare le risate.

Anche Angela la imitò, abbracciando il cagnolino che si era unito a loro nel gioco.

Sunshine li guardò, sorridendo intenerita e poi alzò lo sguardo verso una finestra al secondo piano, le imposte semichiuse.

Poteva essere stato un gioco di luci, o solo la sua immaginazione, ma le sembrò che una volto fosse appena sparito e una mano si fosse allungata a tirare le tende.

Il sorriso scomparve, sostituito da un'aria preoccupata, ma di nuovo la voce di Angela la riscosse dai suoi pensieri.

«Come lo chiamiamo Sunny? Come lo chiamiamo?» stava domandando la bambina.

«Come vuoi, amore, come vuoi...» rispose l'altra, senza ascoltarla più di tanto.

«Allora lo chiamerò Biscotto! Va bene Biscotto?»

«Biscotto? E perchè?»

«Perchè mi piacciono i biscotti!» rispose l'altra, come se fosse una cosa ovvia.

«E perchè non cioccolatino allora?» chiese ridacchiando Sunshine.

«Perchè non è color cioccolatino!» fece l'altra, perplessa che la sorella non avesse ancora capito.

«Ma non è color biscotto!» protesto Sunshine.

«Sì invece!»

«Ma no! È color...color caramello!»

«No! È color biscotto!» si impuntò Angela.

«Color caramello!» disse testarda Sunshine.

«Biscotto!»

«Caramello!»

«Biscotto!»

«Caramello!»

«Squid?» una voce nuova si aggiunse a quelle delle due sorelle e le fece voltare entrambe.

Davanti a loro stava un uomo alto, il viso pallido e sciupato, i capelli che una volta dovevano essere stati folti e castani adesso cadevano flosci e ingrigiti sulle spalle, le bracci magre, la pelle chiara. Solo gli occhi blu erano ancora luminosi e vivi, anche se arrossati ed enormi nel viso scavato.

«Papà!» esultò Angela, correndogli incontro e saltandogli in braccio.

L'uomo la prese al volo, senza guardarla negli occhi, lo sguardo ancora fisso a terra. Indietreggiò di un paio di passi quando prese la bambina, barcollando leggermente, poi però recuperò l'equilibrio e si sistemò meglio la bambina su un fianco.

«Sei diventata pesante, angelo mio.» sussurrò, affondando il naso nei capelli ancora umidi della figlia, chiudendo gli occhi e lasciandosi sfuggire un sospiro.

«Seppia?» domandò Sunshine con voce dubbiosa, riportando i due al problema.

«Sì, seppia.» rispose l'uomo, facendo finta di non notare lo sguardo accusatorio della figlia maggiore, che gli guardava le mani che sostenevano Angela come se volesse strappargli la sorella dalle braccia,

«Mi piace Squid, mi piace! Lo chiamiamo Squid, Sunny? Daiii!» disse Angela, saltando di nuovo a terra, ma senza lasciare la mano del padre, ignara di tutto.

«Ma è un cane, Angie! Non è un mollusco!» protestò Sunshine, già sapendo però che si sarebbe dovuta arrendere.

«Ma è bellooooo! Ti preeego!» Angela tirò fuori di nuovo lo sguardo da cucciolo, aiutata dal cagnolino che si accucciò ai piedi di Sunshine, scodinzolando.

«Ok, va bene! Ma io continuo a sostenere che è color caramello!» capitolò infine Sunshine. Angela la abbracciò felice e corse via con il cagnolino, canticchiando una canzoncina che ripeteva “Squid, Squiddy, Squid” più o meno all'infinito.

Sunshine e suo padre rimasero a guardarla per un attimo, poi l'uomo si girò e, senza dire nulla, se ne tornò in casa, lasciando Sunshine da sola sul prato a chiedersi perchè fosse sceso per una cosa così inutile, quando non scendeva quasi mai, nemmeno per le cose importanti.

 

-Fine Capitolo-

 

 

Spazio dell'Autrice

Eccomi qua!!! Lo so, sono in ritardissimo, ma voi non avete idea della settimana da incubo che ho passato! Verifiche ogni giorno, pomeriggi pieni di cose da fare, mi è morto il gatto...davvero, un casino! In più non riuscivo a concentrarmi sulla storia e non avevo tempo per scrivere quindi mi scuso perchè ho aggiornato dopo secoli, ma davvero non sono riuscita a fare di meglio. Poooi

  1. il capitolo è un po' inutile alla fine fine, tranne forse la parte di Sirius e quella di Sun, però a me sembra carino o no?

  2. -Sirius: come vedete ho fatto un Regulus più coccoloso, anche perchè a quell'ora di notte non è che connettessero tanto, e anche Orion è preoccupato per il suo primogenito, ma niente di che. Sirius è guarito e starà benone...o circa.

    -James: ricordatevi del sogno, ritornerà prima o poi (credo XD) e anche Jo “déshabillée” sarà ancora presente. La odierete solo dal prossimo capitolo, in questo è ancora innocente :)

    -Peter: ok, ho voluto dare (poco) spazio anche a lui, perchè alla fin fine è un Malandrino pure lui (purtroppo) e non potevo lasciarlo fuori. A casa lui è una specie di emarginato (e per questo si butta sul cibo per consolarsi) e viene preso in giro da tutti. O almeno così la vedo io...

    -Remus: Remmy diventerà un gran figo prima o poi u.u e intanto continua con i suoi pensieri profondi e filosofici ;)

    -Sun: vi presento Squid! È importante? No. Però è carino, coccoloso e serve a tirare fuori il papi da casa. Ecco...lui tornerà ancora! u.u

  3. Grazie mille a chi ha recensito ovvero a Hoshi Kudo, Annie98, Alula_Black e Jeis!!! Vi voglio strabenissimo!!

  4. Grazie mille anche ad Alessia98HP_1D che ha recensito un sacco di capitoli, tutti insieme e che si è unita a noi!!! Benvenuta tra le persone che adoro!

  5. E naturalmente un grazie gigantesco e un bacio alla mia AleJackson!!!

Adesso me ne vado!! Bacioni!!

*dD*


PS: Squid me lo immagino più o meno così...solo un pò più grande e un pelo più scuro....
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