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Autore: GredandForge    08/12/2012    1 recensioni
Doncaster.
Un lavoretto estivo: fare la baby sitter.
Il bimbo al quale avrebbe dovuto badare per un mese, si rivelò essere il cugino di uno dei cantanti della sua band preferita: Louis Tomlinson.
E se quel lavoro si sarebbe tramutato nella più bella esperienza della sua vita?
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 17: CAN YOU ADOPT ME?

6 Agosto.
Louis era rimasto per la notte lì a Manchester. Ormai era completamente autonomo. Come doveva essere per un ragazzo di vent’un anni.
Dovette dividere la camera con Rachele, il che non gli dispiacque molto.

La finestra era rimasta aperta. Oltre la solita calda luce del sole, entrava un piacevole venticello, che a Rachele non piaceva molto. Le aveva ghiacciato i piedi, nonostante fosse sotto le lenzuola. Era come avere una lastra di ghiaccio al proprio fianco.
Non voleva svegliarsi, era ancora presto… almeno così credeva.
Mentre apriva gli occhi, riluttante, mugolò qualcosa. Era qualche ordine per il ragazzo che dormiva nel letto accanto.
Silenzio.
Rimuginò ancora quell’ordine.
Nessuna risposta.
Sbuffò. Dava le spalle al letto del compagno.
“Lou…” mormorò, alzando il tono di voce.
Questa volta si sentì un lieve mugolio. Finalmente.
“Chiudi la finestra” continuò con la voce impastata dal sonno.
“Dopo…” ribattè l’altro, girandosi dall’altra parte.
Riky sentì la parte opposta del letto affossarsi, e il freddo ai piedi allontanarsi.
D’istinto allungò un piede verso la “lastra di ghiaccio”. Incontrò qualcosa di molto simile ad un paio di gambe e piedi.
“Lou!” esclamò, mettendosi a sedere sul letto. “Che diavolo ci fai qui?!” quasi urlò, la voce ancora bassa e roca per il sonno. Sbadigliò. Non riusciva a tenere gli occhi aperti. S’impose di guardare la sveglia e le lancette per vedere che ora segnassero.
Le 5.42: così presto?
Rachele levò gli occhi al soffitto, e si lasciò cadere all’indietro dormiente.
Louis la stritolò in un abbraccio. La sua pelle era fredda, glaciale. Ecco chi era la causa dei piedi freddi di Rachele. Altro che finestra.
“Lou, sei più freddo di un pinguino!” sbuffò la baby-sitter rabbrividendo.
“E tu gracchi come una ranocchia. ‘Sta zitta e dormi!” ribatté l’altro borbottando sulla sua spalla.
L’italiana non credeva alle sua orecchie: “Ripetilo se hai il coraggio, Tomlinson” ormai era sveglia. E lo stava fulminando con un’aria di sfida.
“Dormi ranocchia” ripeté, coprendole gli occhi con una mano.
Il sorrisetto che era comparso, calmò la baby-sitter, che si addormentò accoccolata al cantante.
La sveglia e i due cellulari erano stati spenti.

Era mattino inoltrato, ed Austin aveva i suoi primi allenamenti con la squadra dei pulcini.
Aprì la porta della camera ancora per metà in pigiama.
Indossava i calzoncini della divisa, e la maglia del pigiama. In mano aveva la maglia e i calzini, e nell’altra le scarpe.
Si arrampicò sul letto, e iniziò a saltarvi; incurante del fatto che avrebbe potuto far del male a qualcuno.
“Riky, sveglia! Ho l’allenamento!” gridava ad ogni balzo.
Rachele sbarrò gli occhi: aveva completamente dimenticato l’impegno del bambino. Si divincolò velocemente, e bruscamente; per poco Louis non cadde dal letto.
“Ma che-?!” protestò lui, ancora con un piede nel mondo dei sogni.
“Scusa pinguino del Polo Sud, ma devo prepararmi!” si scusò, dandogli un bacio sulla guancia. “Bene campione” riprese guardando il bimbo “Andiamo a prepararci” lo prese per mano, prendendo le sue cose.
Aiutò Austin a vestirsi. In casa regnava un silenzio tombale, interrotto solo da qualche parola che la baby-sitter e il bambino si scambiavano quando non si capivano con i gesti, e per non sentirsi troppo soli.
Rachele avrebbe accompagnato Austin al primo allenamento, perché Josh ed April non potevano.
“Ogni volta che veniamo qui, è sempre la stessa storia” borbottò il piccolo Collins, mentre si dirigeva verso la fermata dell’autobus, insieme alla baby-sitter. Il bus della squadra sarebbe arrivato a momenti.
Rachele lo guardò stranita: “In che senso ‘sempre la stessa storia’?”
Lui sospirò: “Ogni volta che veniamo qui in vacanza, loro è come se non ci fossero. Sono sempre fuori, una volta con i Middleton, un’altra con i Johnson, la volta successiva con gli Sworth. È come se io non esistessi! È bello stare con i nonni, ma dopo poco ci si annia. Ecco perché quest’anno sei arrivata tu, così non mi annoio”
Il quel momento arrivò il pulmino.
“Forza campione, ora non ci pensare: oggi dobbiamo dare il meglio di noi sul campo!” lo incoraggiò la rossa.
Sul pullman, insieme ai bambini, vi erano anche alcuni dei loro genitori – chi con la mamma, chi col papà.
Solo due bambini –probabilmente gemelli, visto la loro somiglianza- erano soli, seduti sui sedili in fondo.
Austin si sedette accanto a loro, e fece segno a Rachele di raggiungerlo. La ragazza si sedette vicino ad uno dei due bambini.
Il pullman partì.
“Riky, ti presento Alex e Sean” fece Austin “Sono gemelli, e il più forte attaccante e difensore di tutto il Mondo. E naturalmente li abbiamo noi” gongolò, pieno d’orgoglio.
La ragazza sorrise loro, e i due bambini ricambiarono quel gesto.
“Ragazzi, lei è la mia baby-sitter, ma lo sapevate già” continuò Collins. I due gemelli annuirono.
“Come mai soli?” chiese loro Austin, interrompendo una chiacchierata tra loro e Rachele.
“Papà è andato a fare un giro in barca, ed Anthony è con lui” spiegò, quello che doveva essere Sean.
“La mamma invece aveva invitato della amiche. E Jane non poteva perché aveva mal di pancia” aggiunse Alex.
Quei due bambini erano adorabili. Due angioletti, non solo per il loro aspetto fisico.
In campo, poi, erano eccezionali: Austin aveva ragione, il migliore attaccante e il miglior difensore del Mondo. Due veri campioni. Se avessero continuato per quella strada, di sicuro sarebbero arrivati ad altissimi livelli, disputando le competizioni calcistiche più importanti e prestigiose. E con Club altrettanto autorevoli.
Alex era un attaccante, sulla sua maglia portava il numero 10; Sean preferiva stare in difesa, ed era il numero 4 della squadra.
Austin era il punto d’incontro tra attacco e difesa: un centrocampista con il numero 10 sulla schiena.
Non era difficile intuire che quei tre bambini erano le colonne portanti della squadra.

I genitori e gli accompagnatori si sistemarono fuori dal campo; chi seduto sugli spalti, e chi davanti alla recensione, pronto ad incitare il proprio figlio a fare del proprio meglio, come se stessero in un’autentica partita.
Per un attimo la baby-sitter scorse dei bronci sui volti dei tre bimbi. Si avvicinò alla recensione.
“Ehi, voi tre!” li chiamò in un momento di pausa “Quando avrete finito, vi va di prendere un gelato?” propose con un gran sorriso.
I tre accattarono senza pensarci su. Non si rifiutava mai un gelato.
“E tu vorresti gestire tre mocciosi armati di gelato?” le chiese qualcuno, sedendosi accanto a lei.
“Certamente, Tomlinson” rispose la rossa, accoccolandosi sulla spalla del ragazzo. “E poi ci sarai anche tu con me” aggiunse.
“Non sei sorpresa di vedermi?” ribatté Louis.
“Mi ero accorta della tua presenza: sai, non è difficile non vedere un gruppo di fan urlanti” ridacchiò. Sorrise anche lui.

Presero il gelato, accompagnarono Alex e Sean a casa con l’auto del cantante, e si avviarono a casa Collins.
“Posso farvi una domanda?” intervenne Austin, appena Louis spense il motore. Erano in auto, parcheggiati davanti la casa dei nonni.
Rachele e il cantante si voltarono verso il bambino, e annuirono. “Promettetemi di non ridere però: è una cosa seria!”
I due annuirono ancora.
Austin prese un bel respiro, come se stesse per fare un discorso da Capo di Stato: “Visto che siete prossimi al matrimonio, mi adottate quando pronuncerete quel fatidico ‘sì’ che vi cambierà per sempre l’esistenza?” chiese tutto d’un fiato.
Ridere? Oh, no: i due piccioncini diventarono più rossi di due peperoni. Che razza di pensieri faceva quel bambino?!, perché aveva dovuto pensarci: quelle parole non venivano così, spontaneamente.
“Magari facci arrivare prima all’altare. Anzi, fammi fare la proposta di matrimonio, okay Campione?” gli rispose Louis, slacciando la cintura di sicurezza.
Rachele era visibilmente sconvolta: sia per richiesta di Austin, sia per la risposta di Louis. Certe cose non bisognava dirle così, senza pensarci. Erano parole importanti, quelle.






Angolo dell'autrice:
Scusate questo ritardo di due... no, tre settimane: ma ho avuto le interrogazioni per il pagellino. Ma credo che ormai ci abbiate fatto l'abitudine, e forse vi siate anche scocciati delle mie scuse, e soprattutto dei miei ritardi.
Non posso certo promettervi che sarò più puntuale, perché sono una ritardataria cronica e non manterrei la mia parola.
Tra le altr cose dovevo pubblicarlo due ore fa questo capitolo, ma Nando mi ha fatto quella spendida doppietta e... *si perde nei suoi pensieri, con occhi sognanti*
OKAY, TERRA CHIAMA ANDREA.
Niente da dire a proposito del capitolo. A partye che mi sono scompiscita da sola, solamente (scusate il gioco di parole) pensando alla scenetta di Austin che chiede di essere adottato.
*momento da pazza da manicomio, mode: on* AMMORE MIO, TI ADOTTO IO. Insieme ai gemelli... E al loro fratello maggiore. (Capirete perché nel prossimo capitolo) *momento da pazza da manicomio, mode: off*
Bene, io ho finito.
Ci si vede al prossimo capitolo che-non-so-quando-arriverà,
Andy.
P.s.: -3 e vi libererete di me. Wiiii~ (?) 

   
 
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