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Autore: PixieHoran_    09/12/2012    7 recensioni
I suoi erano due avvocati che giravano il mondo, a cui -ne era certa- la presenza di quella figlia nella loro vita era solo un peso.
Da piccola trascorreva le giornate con i nonni mentre i suoi erano chissà in quale parte del mondo; nell’arco di 17 anni quei due cari vecchietti avevano fatto da padre, madre, fratello, sorella e tutte le altre figure di cui si ha bisogno nella vita.
Ma com’è che si dice? Niente è per sempre? Be’ è dannatamente vero.
In breve tempo aveva perso le uniche persone che le erano state realmente vicine anche nei momenti difficili come l’adolescenza, il primo amore, le malattie…
Dana ha davvero sofferto dopo la loro scomparsa, era quasi caduta in depressione, loro erano le persone più importanti della sua vita! Se solo quella cazzo di macchina avesse colpito qualcun altro!
Ci è voluto tempo, l’aiuto dello psicologo e l’attenzione dei genitori per realizzare che purtroppo la vita va avanti e che bisogna viverla senza rimpianti.
Così la ragazza si è fatta forza e si è rialzata dal letto e da quel cuscino che veniva sporcato ogni giorno da litri di mascara.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Triangolo
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Importante

Ragazze!!!!!!! Non so da quanto non aggiorno, ma sono in un ritardo tremendo! Mi scuso immensamente.

Vi informo che:

1) Questo capitolo è il più lungo che io abbia mai scritto quindi l’ho diviso in due parti. Questa è la prima parte. La seconda la scriverò il prima possibile.

2) Il capitolo non parla dell’incontro fra Niall e Dana…ma….boh…leggete.

E’ troppo lungo, lo so…quindi mi scuso se vi annoierò ma le mie mani non riuscivano a fermarsi.

Spero vi piaccia

perciò…recensite (O NON CONTINUO u.u) e fatemi sapere che ne pensate!

Non vi annoierò ulteriormente, quindi mi dileguo.

Vi avverto che la fine è divertente e anche un po’ strana ahahaha

Forse è soprattutto…inaspettata.

A me piace tanto *w*

Un bacio a tutte <3

Ps. Non ci sarò sotto :**

A presto; buona lettura <3

 

 

 

 

 

Mi trascinai a fatica lungo il corridoio della scuola stringendo il libro di trigonometria al petto. Sfortunatamente avevo trascorso una nottata insonne, troppo ansiosa e preoccupata per il mio piano di riconquista, per dormire sogni tranquilli. Chiudevo gli occhi e cercavo di sgomberare la mente, ma non ci riuscivo affatto; la sensazione di avere un macigno sullo stomaco persisteva. La mia mente non faceva altro che elaborare una possibile reazione da parte di Niall ed erano tutte visioni molto, forse eccessivamente, pessimistiche.

Guardai Charlotte, accanto a me, con il suo quaderno di appunti fra le mani. Aveva un’aria così riposata, serena; probabilmente aveva fatto una buona dormita e dubitavo che se ne fosse accorta di come stavo io quella notte o quella stessa mattina.

Non sembrava più triste, o arrabbiata con Louis per la faccenda di Zayn…o forse lo era, ma riusciva a nasconderlo bene.

Di buono c’era che il mio raffreddore era quasi svanito, almeno non parlavo più con il naso..

Una volta giunta davanti la mia classe, sospirai. Sapevo già che quella non si prospettava una delle migliori giornate della mia vita, e quella materia a prima ora….era la cosa peggiore. Solo il pensiero di tutti quei numeri e quelle operazioni matematiche che mi si affollavano nella mente, mi veniva il voltastomaco.

Ci vediamo a mensa’ mi ricordò la riccia, dandomi una pacca sulla spalla. Sapeva che in quella materia facevo fiasco, visto che il più delle volte avevo bisogno di un suo aiuto per poter svolgere gli esercizi. Io la chiamavo Einstein II…come faceva ad essere così brava nella matematica in generale?

Annuii, con aria affranta. ‘A dopo

Una volta messo piede in quella classe, notai con piacere che il professore era in ritardo.

Strano…lui era più puntuale di un orologio!

Volsi uno sguardo ai banchi: erano quasi tutti vuoti…potevano esserci solo 2 spiegazioni: o era scoppiata un’epidemia che non mi aveva ancora infettato, o i miei compagni volevano scansarsi un‘ipotetica interrogazione. Direi che la seconda opzione era la più adeguata.

Quando raggiunsi -sempre molto lentamente- il mio solito posto al penultimo banco, un ciuffo moro particolarmente familiare colpì la mia attenzione. Il mio sguardo si spostò meccanicamente sul volto del ragazzo e mi paralizzai non appena scoprii quell’orribile verità.

Che cazzo ci faceva Malik nella mia classe?? E perché, proprio accanto a me, eh?? Grazie Dio per la fortuna che mi mandi.

Cominciai mentalmente a imprecare in aramaico ma poi non potei fare altro che sedermi lì, dato che avrei preferito 300 volte essere torturata da un vampiro sadico piuttosto che un banco ai primi posti. Certo, non mi allettava l’idea di non averlo ad almeno 7 metri di distanza..

Mi sedetti, senza proferire parola, sperando che lui mi ignorasse come stavo facendo io. Purtroppo così non fu.

Qual buon vento!

Mi voltai verso di lui sbuffando rumorosamente.

Ricambiai il saluto con uno ‘Cià

Dire che ero soddisfatta era dire poco; soprattutto per come gli avevo fatto togliere quel ghigno dalla sua faccia da schiaffi.

Pensavo, anzi ero sicura che non mi avrebbe più disturbato e invece…

Che ci fai qui?

Ma sei idiota? Sono venuta a farmi una canna, guarda.

Inarcai un sopracciglio, volgendogli uno sguardo di chi la sa lunga.

Io ho dovuto frequentare di nuovo il corso base di due anni fa, dato che i miei voti facevano pena.

Rispose alla mia tacita domanda. Non avrei avuto il coraggio di fargliela io.

Il signorino, qui, era stato bocciato 2 volte: in quarta e in quinta. Sinceramente, io, al suo posto, mi sarei vergognata terribilmente. Anzi, non sarei più uscita di casa per almeno otto mesi!

Non riuscii a trattenermi e scoppiai a ridergli letteralmente in faccia. Più cercavo di fermarmi, o perlomeno contenermi, e più ridevo; e tutte le volte che mi succedeva era la fine.

Sapeste quante note ho preso per questo…

Tutti mi stavano guardando, compreso Zayn che si limitava a incenerirmi con lo sguardo. Era in imbarazzo, si capiva, dato che si grattava la nuca e faceva finta di armeggiare con il cellulare.

Concentrai lo sguardo sul pavimento fino a quando riuscii a calmarmi. Il moro mi guardò.

Hai finito?’ chiese serio.

Annuii, mordendomi l’interno della guancia, altrimenti avrei subito ricominciato a ridere come una cretina.

Aprì la bocca per dire qualcosa ma la serrò subito dopo. Un signore con una cartella marrone entrò in classe frettolosamente, impedendogli di continuare. Di chiunque si trattasse, era in ritardo di almeno mezz’ora. Ci alzammo dalle sedie incorando un ‘Buongiorno’ e qualche ‘Salve’ mentre lui ci faceva segno di accomodarci.

Non era male, anzi, era proprio un bell’uomo: capelli brizzolati, occhi azzurri chiarissimi -quasi trasparenti- e occhiali con una montatura piccola e alla moda, ben vestito. Mmmh…

Si schiarì la voce.

Salve, ragazzi. Sarò il vostro insegnante di trigonometria per qualche settimana. So bene che non siete molto felici all’idea, ma dovremmo imparare a convivere per questi pochi giorni insieme

Ha pure una bella voce..

Il moro, alla mia sinistra, sbuffò.

Il mio nome è George Stewart e…insegno in questa scuola da…be’..molto tempo’ si presentò, sorridendo.

Denti bianchissimi, lucidi e drittissimi: aveva la dentiera. Sicura al 101%

Direi che vi basta sapere questo’ continuò, e unendo le mani con vigore per strofinarle poi fra di loro, provocò un suono secco che fece sussultare qualcuno che ancora dormiva.

Poggiai la testa sulla mano destra, chiusa a pugno.

Lo guardai distrattamente mentre andava verso la lavagna a scrivere scarabocchi che solo lui -e la secchiona della classe- riusciva a capire.

Dopo aver perso il filo della sua spiegazione, chiusi gli occhi. Il cervello mi stava andando in tilt, riuscivo quasi a vedere un po’ di fumo che fuoriusciva dalla mia testa. Gli occhi erano sempre più pesanti e le palpebre si chiudevano da sole. Avevo tanto sonno.

Senza accorgermene caddi in dormiveglia: le mie orecchie riuscivano a captare vagamente le onde sonore prodotte dalla voce del professore mentre mi sentivo sempre di più…osservata. Uno sguardo pungente e tanto, ma tanto fastidioso…

Aggrottai le sopracciglia mentre pian piano aprivo gli occhi. Mi ritrovai Zayn intento a fissarmi. Non abbassai lo sguardo imbarazzata, anzi, ricambiai leggermente infastidita da questo suo comportamento.

Ripensai immediatamente al bacio che ci siamo dati all’inizio dell’anno, alla festa che poi ho scoperto fosse stata organizzata da Harry a casa sua. Lui non mi faceva più nessun effetto. E pensare che al primo anno di liceo mi aveva stregato…

Quei suoi meravigliosi occhi marroni, tendenti a diventare spesso più scuri -quasi neri- e quelle piccole macchioline dorate che contornavano la pupilla e che si illuminavano insieme alla schiera di denti bianchissimi quando le sue bellissime labbra carnose si curvavano in un sorriso…queste erano state la cause, diciamoci la verità.

Io non amavo solo gli occhi di Zayn perché ero attratta da lui o cose del genere, non fraintendetemi, amavo gli occhi di una persona in genere, di qualunque colore essi fossero: verdi, marroni, azzurri, grigi, blu…semplicemente adoravo osservarli, perdermici, tuffarmici. Perché io avevo la capacità di leggere, di comprendere l’umore della persona che avevo di fronte tramite essi.

Si sa che sono lo specchio dell’anima.

Fu lui a distogliere lo sguardo per primo, riuscendo a non tradire alcuna emozione.

Lo imitai, stranita da tutto ciò e alzai gli occhi al soffitto, come se fosse più interessante della lezione..in realtà era proprio così ma Charlotte -poverina- mi aveva chiesto di stare attenta alla spiegazione in modo da non fargliela ripetere.

Impossibile.

Presi il cellulare dalla tasca del cardigan lilla e controllai l’orario: mancavano 42 minuti esatti alla fine dell’ora. Sbuffai.

Che palle ’sto tizio’ borbottò il moro, stravaccandosi sulla sedia.

A quel punto mi tornò in mente Lottie e la ‘cotta’ che aveva per lui. Dovevo avvertirla della compagnia del moro? O non dirle nulla per aiutarla a dimenticarlo?

Quasi mi venne un infarto quando mi resi conto che saremmo stati insieme tutte le volte che ci sarebbe stata trigonometria. No. Non potevo non dirglielo.

Cliccai su menu ed entrai nella rubrica. Scorsi i contatti fino a quando non trovai il suo.

 

C’è il tuo amichetto accanto a me..a quanto pare saremo compagni di corso!

D.

 

La risposta non tardò ad arrivare.

Zayn? Ma come?! Non va in quinta lui? O.o

E comunque sto provando a lasciarlo perdere, sai…

-C.

 

 

Fai bene.

E comunque si, ma poi ti racconto… è una storia divertente ahah

 

Va bene, a dopo ahah :*

 

Posai l’iPhone sul banco, con il sorriso sulle labbra.

Perché sorridi?’ chiese a bassa voce il moro, con sguardo divertito, sporgendosi verso di me.

Ma i cazzi tuoi?’ sbottai acida, incrociando le braccia sotto il seno e lanciare occhiate a Mr. Stewart.

Ciclo?

Alzò un sopracciglio, mostrandomi il suo più sexy sorriso sghembo.

Anche se fosse non ti riguarda!

Ridacchiò, riprendendo ad armeggiare col suo cellulare; la mano sinistra ficcata nella tasca dei suoi jeans scuri strettissimi. Mi chiesi come faceva a farla entrare lì dentro.

Poco dopo mi sentii toccare una spalla. Indovinate chi poteva essere?

Che c’è?’ sbuffai.

Volevo chiederti una cosa..

Abbassò lo sguardo per un nanosecondo ma facendolo subito dopo scontrare con il mio, stranito e sorpreso. Annuii, confusa e aspettai che cominciasse a parlare.

Che voleva Lottie…

Inarcai immediatamente un sopracciglio, compiaciuta.

L’aveva chiamata con il suo soprannome!

Charlotte’ si corresse immediatamente, scuotendo la testa lievemente.

Gli feci segno di continuare.

ieri…dietro la porta di casa mia? Mi sembrava un po’ strana’ disse tutto d’un fiato.

Sapessi, mio caro Malik. Sapessi….

Niente. Sta’ tranquillo..voleva solo venirti a trovare’ risposi svelta.

Non sapendo cosa dire, restai sul vago.

Capisco..’ fece, annuendo con veemenza.

Ma perché se n’è andata, allora?

Ma a voi maschi bisogna spiegare proprio tutto, eh?’ ribattei, innervosita dal fatto che, quando voleva, riusciva benissimo a fare l’idiota.

Ha visto che eri in buona compagnia’ spiegai con tono ovvio.

Lui capì dove volevo arrivare.

Ma quella era mia sorella Waliyha’ puntualizzò.

Mi sorpresi quando lo vidi chiudere la mano destra a pugno; ero sicura che si stesse conficcando le unghie nella pelle.

Mi strinsi nelle spalle mentre mi voltai, cercando di seguire almeno una parola del professore.

Poi mi venne in mente una cosa.

Devo farti anch’io una domanda. Riguarda Charlotte. Posso?’ chiesi, cauta.

Mi guardò, corrugando la fronte. Aspettai un suo segno d’assenso.

Sei interessato a lei?

Ok, mi stavo giocando la mia stessa vita. Se la riccia l’avesse scoperto, mi avrebbe fatto fuori con un fucile a canne mozze. Dovevo fargliela però quella domanda, era importante conoscere i suoi sentimenti. E anche se all’inizio Lottie mi avesse ucciso, poi, quando sarei diventata polvere, avrebbe capito che avevo fatto bene e che, in fin dei conti, era stata una buona idea.

Mi guardò perplesso.

Perché questa domanda?’ chiese, con un sorriso amaro, scribacchiando dei piccoli ghirigori sul banco già abbastanza scarabocchiato di suo.

Non si risponde ad una domanda con un’altra domanda’ lo rimbeccai, avvolgendomi un capello al dito.

Fece un mezzo sorriso per poi cominciare a parlare.

E’ una ragazza interessante…a volte è dolce…a volte non riesco proprio a capirla…questo mi attira come…come una calamita. Mi fa venire voglia di scoprirla fino in fondo! I suoi occhi color nocciola, quei ricci morbidissimi…il suo corpo perfetto…sembra come se fosse stato scolpito apposta dagli angeli! Quel suo modo di camminare ancheggiando, ignara del testosterone che automaticamente sale intorno a lei…e…le sue labbra…Dio!

Indugiò un attimo.

Se tu sapessi cosa le farei!’ esclamò, terminando il discorso alzando leggermente la voce. Quel tanto che bastava però, per farsi sentire da quelli vicini a noi, che si girarono a guardarci, ridacchiando. Il professore li ammonì all’istante.

Poco me ne importava di quello che successe in quel momento. Un sorriso mi si dipinse automaticamente sulle labbra, ripensando alle parole appena pronunciate da Zayn, a come le aveva pronunciate, buttando subito fuori tutto quello che aveva dentro, al fatto che non mi guardava nemmeno in faccia mentre parlava.

Finalmente fece incontrare i nostri occhi. Aveva uno sguardo dolcissimo. Sembrava un bambino che era stato scoperto a fare qualcosa che non doveva fare. Mi faceva tenerezza!

Perché non fai qualcosa, allora?

Era una domanda che mi era uscita spontanea, non mi ero neanche accorta di averla detta ad alta voce.

Il suo sguardo divenne quasi supplichevole.

Che dovrei fare?’ ribatté.

Parlale’ esalai.

Ma..

Nessun ma. Io non dovrei dirtelo però…’ mi interruppi un attimo, ancora interdetta ‘voglio fidarmi di te, come hai appena fatto tu nei miei confronti…ecco, be’..sappi che lei è lì che ti aspetta

Tese le orecchie.

Cioè…aspetta che tu faccia il primo passo perché lei è stanca di prendere l’iniziativa. Ma dato che tu non ti sei mosso di un millimetro, lei ha deciso…sta provando’ mi corressi ‘sta provando a lasciarti perdere. La ciliegina sulla torta è stata tua sorella Waliyha

Scosse lievemente la testa, mantenendo lo sguardo fisso in basso.

Non posso farci nulla’ si decise a dire, sconfitto. Strano come una ragazza potesse fare questo effetto a uno come lui.

Perché?’ gli domandai. Una nota di nervosismo nella voce.

La farei soffrire

Poggiai una mano sulla sua spalla. ‘Non la faresti mai soffrire’ lo rassicurai, sorridendo leggermente.

Mi guardò, finalmente. Aveva gli occhi lucidi. ‘Vieni qui..’ sussurrai, avvicinandomi a lui e tendendo le braccia con l’intento di abbracciarlo, sancendo tutto il nostro discorso.

Magari

il contesto non era adatto, quelle sedie erano tanto, troppo scomode e la mia schiena protestava perché la stavo costringendo a stare in una posizione più che scomoda. Zayn però, ricambiò l’abbraccio stringendomi fortissimo. Sorrisi, commossa contro il suo petto.

Ehmm…scusate se vi interrompo, piccioncini!’ esclamò il professore, fingendo di tossicchiare. Io e il moro ci staccammo all’istante, scoperti sul fatto. Partì un coro di risate mentre io mi sentivo le guance avvampare.

Avete capito qualcosa della mia lezione?’ chiese, retorico. ‘Uno dei due venga qui a risolvere queste operazioni’ aggiunse con aria annoiata. Pensava che uno valeva l’altro, che entrambi facevamo schifo e che non riuscivamo nemmeno a svolgere la più facile delle operazioni.

Tese il gessetto bianco nella nostra direzione. Il pakistano mi lanciò uno sguardo eloquente e con un sorriso beffardo si alzò, sfilando verso il professore. Afferrò il gesso dalla mano dell’uomo e fece per scrivere qualcosa, quando il trillo della campana ci traforò le orecchie. Automaticamente le sedie degli alunni strisciarono all’indietro, -producendo un suono acuto che mi fece venire la pelle d’oca- alcuni raccolsero le proprie cose, altri, che avevano già stipato tutto nel proprio zaino, si dirigevano fuori dall’aula mentre il signor Stewart si sbracciava per richiamare la loro attenzione per assegnare i compiti. Io, invece, rimasi seduta, immobile, a fissare le spalle di Zayn e a immaginarmelo insieme alla mia Lottie, felice.

Scossi la testa per scacciare quei pensieri e sorridendo, cominciai a raccogliere le mie cose. Una volta preso tutto e infilata la borsa sottobraccio, mi diressi lentamente verso la porta passando dietro a Zayn, che era rimasto a scrivere alla lavagna. Vidi il professore sparire dall’aula bofonchiando, nello stesso momento in cui due mani calde mi afferrarono il polso della mano sinistra. Fui sbattuta contro il suo petto. All’inizio mi preoccupai un attimo, ma soprattutto sentii il nervosismo e l’agitazione salirmi su per le vene.

Le sue braccia muscolose mi strinsero a sé ed io tirai un sospiro di sollievo, ricambiando l’abbraccio con meno forza rispetto a lui.

Grazie, D.’ sussurrò.

Ridacchiai.

Non ringraziarmi. Piuttosto va’ da lei’ gli ordinai dolcemente.

In mensa le parlerò’ dichiarò. Sembrava più un auto convincimento.

Mi staccai, mostrandogli il più sincero dei miei sorrisi.

 

 
 

11.04

Charlotte

Sbuffai, guardando l’orario dal cellulare. Perché diamine dovevano essere così puntuali? Non cambiava un accidente se facevano suonare la campanella qualche minuto prima. Non moriva nessuno, anzi.

Quando quell’agognato suono arrivò all’interno della classe attraverso la porta chiusa, sorrisi spontaneamente. Avevo bisogno di far ritornare rotondo il mio sedere e di sgranchirmi le gambe; io non ero adatta a stare seduta più di un’ora, al massimo un’ora e mezza.

Mi alzai, stiracchiandomi in modo poco femminile e mi avviai verso la porta con passo deciso. Lanciai uno sguardo alla stanza. In pochi minuti si era svuotata, tranne per qualcuno che rimase al suo posto a ripassare qualche materia o a leggere per diletto.

Non raccolsi le mie cose: avrei avuto un’altra ora di francese. E poco me ne importava, dato che ero stata interrogata la scorsa volta e mi ero beccata un bel 7-

Passai davanti ad un ragazzo appoggiato -in stile dio greco- al muro adiacente alla porta, a quello che non molto tempo fa sarebbe dovuto essere bianco.

Non vi badai molto e mi diressi verso le scale, pronta a scendere in mensa. Con un gesto automatico mi strinsi la sciarpa blu al collo.

A un certo punto sentii la strana sensazione di essere osservata, seguita. Udivo dei passi, ma non ci feci molto caso. Sarà stato qualcuno che passava di lì-pensai. Rabbrividii leggermente, ma non mi girai a controllare.

Sussultai quando una mano si posò sulla mia spalla. Evitando di urlare, mi voltai, ritrovandomi a trattenere il respiro.

Non urlai però.

Di fronte a me c’era Zayn Malik.

Piegai la testa di lato, confusa.

Reprimetti l’impulso di dargli un pizzicotto sulla guancia, per vedere se fosse davvero lui.

Ci guardammo per un bel po’, senza fiatare.

Ehi’ salutò, spezzando quel silenzio che era riempito solo dai nostri occhi intrecciati l’un l’altro.

Raddrizzai il capo, ammirando il suo meraviglioso sorriso.

Ciao..

Ero sempre più confusa.

Sii dura-

continuavo a dirmi.


 

Zayn

Nel momento esatto in cui la mia mano si poggiò sulla sua spalla, il mio corpo sembrò essere attraversato da una specie di scarica elettrica. Avevo una voglia irrefrenabile di..di..toccarla..di baciarla…di stringerla a me..

E adesso eccomi qui, immobile di fronte a lei, al centro delle scale. I miei occhi nei suoi, i suoi nei miei. Ero un completo idiota, si. Presentarmi lì e fare scena muta, aprire bocca e sparare solo cazzate.

Stare con lei mi metteva un’ansia assurda. Mi sentivo un emerito coglione.

Sollevò le sopracciglia fini e socchiuse leggermente le labbra in un’espressione di stupore. Un’antipatica sensazione alla bocca dello stomaco concluse il tutto in bellezza. Ma che diamine mi stava succedendo? Non sembravo più neanche io.

La guardai da capo a piedi. Era perfetta nella sua semplicità: i capelli riccissimi come sempre che le cadevano dolcemente sulle spalle, gli occhi color nocciola contornati da ciglia foltissime…le palpebre ricoperte da una sottile linea di matita nera su un ombretto dal color grigio chiaro…una felpa blu scuro -dello stesso colore della sciarpa- e un paio di leggins grigi. Magnifica ma fatale.

La sua voce mi riscosse dai miei pensieri.

Vuoi un autografo?’ sbuffò.

Cosa?

No, dico. La fotografia l’hai già fatta

Figura di merda atomica.

Emh..no no

Mi stava mettendo ancora di più in difficoltà. Cattiva.

Devo dirti una cosa’ esalai.

La vidi irrigidirsi. Era un bene?

Magari non qui, sulle scale. Stiamo intralciando’ mi rimbeccò, facendo una smorfia che non riuscii a decifrare. Stronza.

La seguii giù, infilandomi le mani nelle tasche dei pantaloni. Quando ero particolarmente nervoso, dovevo per forza metterle da qualche parte o cominciavo a muoverle continuamente.

Una volta arrivati ci fermammo entrambi a rimirare il caos e la confusione che vi regnavano; al bancone c’era una fila lunghissima di alunni che si affrettavano a ricevere la loro porzione su un piccolo vassoio arancione mentre rimbombava il chiacchiericcio proveniente dai tavoli occupati.

Vieni’ proferii superandola e lasciando che lei mi seguisse fino alla porta di servizio per uscire fuori.

Quando la aprii, un’ondata di freddo mi travolse. Non ci feci molto caso e richiudendola delicatamente, mi appoggiai al muro, tirando fuori dal gilet il mio accendino rosso portafortuna e un pacchetto di sigarette; lo aprii e con mani tremolanti ne estrassi una portandomela alle labbra. Misi una mano a coppa per coprire la fiamma. Dopo averla accesa, l’aspirai, quasi possessivamente, lasciando che la nicotina, il catrame e tutte le altre robacce contenute lì dentro, raggiungessero i polmoni, facendo il loro viscido lavoro. Mi sentii subito meglio.

Aspettai che Charlotte mi raggiungesse; la guardai mentre si chiudeva la porta alle spalle, con un’aria pensierosa. Probabilmente non riusciva a capire il motivo di tutto ciò. Una folata di vento le scompigliò i capelli. Mi voltai velocemente dall’altro lato; non volevo che si accorgesse che la stavo fissando.

Si posizionò accanto a me, facendo aderire le mani al muro freddo, poi vi si appoggiò. ‘Allora?

Mi decisi a parlare. Insomma…fino a quanto potevo portarla alle lunghe?

Concentrai lo sguardo su un paio di ragazzi che fumavano qualche sigaretta più in là, per evitare di incontrare il suo.

Non so come dirtelo..

Sputa il rospo!sbottò, incrociando le braccia.

Ok, basta. Te lo dico senza giri di parole

Ero stanco di comportarmi come un idiota. Gettai la sigaretta per terra, calpestandola con la punta della scarpa bianca nike.

Con un gesto fulmineo mi posizionai di fronte a lei. Appoggiai prima un braccio al muro, all’altezza del suo viso, poi feci la stessa cosa con l’altro. In pratica..la bloccai, sia a destra che a sinistra. Non poteva più muoversi. Mi avvicinai molto lentamente alle sue labbra. Concentrò il suo sguardo nel mio. Fisso, penetrante, infuocato. Non si mosse di una virgola.

Feci si che mancassero pochi centimetri a separarci. ‘Anzi…te lo dimostro’ le soffiai all’orecchio. Si irrigidì nuovamente, cercando di aderire ancora di più al muro.

Chiuse gli occhi, mentre aprì appena la bocca: Bingo- pensai.

Mi inumidii le labbra con la lingua; la vidi corrugare leggermente la fronte, mantenendo sempre gli occhi serrati.

Bam!

Un sonoro schiaffo in pieno viso mi fece voltare dall’altro lato.

Mi scostai immediatamente da lei, facendo un passo indietro. Toccai la guancia dolorante e la guardai, senza sapere che dire o fare. Ero scioccato. Come faceva quella ragazza a far cadere in questo modo tutte le mie difese? A farmi fare sempre la figura del coglione…Come mai con lei non sapevo mai come comportarmi?

Sorrise soddisfatta.

Perché l’hai fatto?’ fu l’unica cosa che riuscii a dire, le uniche parole che riuscii ad articolare.

Perché mi stavi per baciare’ ribatté, impunita.

Un sorriso sfottente e soddisfatto a contornarle le labbra.

Vorresti dirmi che non volevi essere baciata?

’ replicai, cominciando seriamente ad arrabbiarmi.

Quella ragazza mi stava facendo impazzire, letteralmente.

Esattamente’ disse gelida, distaccata.

Crick

Forse era stato il mio cuore che si spezzava.

Era la seconda volta che una ragazza mi faceva questo effetto. La mia prima vera storia non era finita come speravo. Magari da lì nacque il mio carattere da menefreghista, da sciupa femmine. La delusione che seguì quella rottura tanto sofferta da parte mia, mi aveva cambiato. Perché io non ero per niente così. Mia madre mi aveva sempre insegnato a trattare le ragazze rigorosamente con i guanti bianchi. Da allora però, la mia educazione andò a puttane. Quel periodo è stato il più buio della mia vita.

Ormai però credevo di aver imparato a saper distinguere i miei sentimenti…e quelli che ho provato per Jasmine si avvicinavano a quelli che provavo per la riccia…

Magari

queste sensazioni ed emozioni indicavano il principio di un innamoramento.

Non dovevo dargliela vinta a quella stronza, no.

La sbattei nuovamente a muro, facendo combaciare perfettamente i nostri corpi. Le bloccai il polso, quando cercò di stamparmi altre 5 dita sulla stessa guancia, ancora dolente.

Sorrisi soddisfatto quando le sue labbra assunsero la forma di una piccola ‘o’.

Portai l’altro mio braccio a circondarle la vita.

Il suono ovattato della campanella che segnava la fine della ricreazione giunse fino a noi.

Perché non capisci che mi piaci?’ sbottai, quasi con rabbia.

Quella scoperta la sorprese ancora di più.

Non è vero. Dici solo cazzate!

Ti sembra una cazzata questa?’ alzai la voce.

Si! E anche grossa quanto una casa!’ ribatté allo stesso modo.

E adesso scusami, ma devo andare

Voleva che mi staccassi per farla passare e andar via. Contrariamente a quanto sperava, non mi mossi.

No. Non te ne andrai’ sentenziai.

Inarcò un sopracciglio.

Ah, ma davvero?

Annuii, sorridendo sicuro di me.

Ma c’era poco da essere felici.

Crick.

Questa volta non fu il cuore, ma i miei gioielli di famiglia.

Quella biiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiip mi aveva dato un calcio nelle palle.

Mi allontanai immediatamente, piegandomi in due dal dolore.

La vidi affrettarsi a entrare dentro, ridendo divertita mentre a me mancava poco per urlare. Mi aveva fatto un male cane.

Evitai di offenderla, chiamandola con dei soprannomi poco carini tipo ‘puttana’.

Non dovevo cadere al suo stesso livello.

Non gliela davo vinta però. Sarei riuscita ad averla, in un modo o nell’altro.

E se era necessario coinvolgere anche Dana, sarei andato da Harry a chiedere il numero della bionda e farmi aiutare da lei. Semplice, no?

Nessuno poteva trattare così Zayn Malik. Nessuno. Nemmeno un’insulsa provincialotta.

 

 

 

 

 

  
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