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Autore: Niniane_88    09/12/2012    3 recensioni
Parigi, 1896.
La giovane e ingenua Jacqueline sta per annunciare il suo fidanzamento con l'affascinante Claude. La povera Jeannette invece è sofferente per l'assenza del suo promesso sposo che l'ha inspiegabilmente abbandonata davanti all'altare e sembra scomparso nel nulla. Il giovane Henri è preoccupato per la salute del padre. La bellissima modella Fleur cammina senza timore per i vicoli bui della città. In una lontana abbazia qualcuno sta espiando le sue colpe.
Tante storie di vita, apparentemente senza alcun legame tra loro. Intrighi, equivoci, amori e tradimenti le renderanno un'unica storia: quella che state per leggere!
Genere: Commedia, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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Capitolo VIII


Jacqueline Ophelie de Chalange passeggiava inquieta nel sempre silenzioso giardino d’inverno. Camminando su e giù, lentamente, mentre i suoi occhi vagavano qua e là per fermarsi ogni tanto su un fiore o una foglia, rifletteva sul suo strano incontro con Henri Dupois e si chiedeva ansiosamente se il suo precettore l’avesse trovata infantile o sciocca, quando gli aveva chiesto tutte quelle cose sul suo passato. 
Erano trascorse ormai due settimane dal ballo in maschera a casa di Jeannette e l’aver incontrato Claude non faceva più così male. Anzi, a dire il vero, ripensare al suo vistoso travestimento da pavone (mai ci fu un travestimento più azzeccato!) le strappava perfino un sorriso, timidissimo, ma divertito: il ricordo doloroso che quel giovane senza cuore portava con sé, ultimamente sembrava essere leggermente sbiadito: Jacqueline aveva iniziato a piangere meno la sera e a sorridere molto di più, durante il giorno. Quando pensava a lui, lo faceva ormai più con rabbia che con tristezza, chiedendosi incredula con che coraggio avesse osato offenderla e tradirla in quel modo. Finalmente, la sua dignità di duchessina e il suo orgoglio, smussato rispetto a quello della sorellina Elenoire, ma comunque innato e vivo in lei stavano tornando a riaffiorare e iniziavano a soffocare lo smarrimento, l’angoscia, il dolore lancinante che l’aveva spaccata in due per ben tre mesi.
Forse, pian piano, le ferite si stavano infine cicatrizzando e un giorno Claude Laurent Renard sarebbe stato solo un brutto ricordo.
O forse, il rivedere Henri, il risentire la sua voce e ascoltare le sue meravigliose parole di incoraggiamento, aveva fatto riaffiorare prepotentemente tanti dolci ricordi, rimasti a lungo chiusi nell’angolo più segreto del suo cuore.
Jacqueline sospirò: chissà se Henri aveva capito che l’anno precedente, quando ancora trascorrevano mattinate intere insieme, ella si era innamorata di lui. Chissà cos’aveva pensato di lei, se anche solo il sospetto di ciò l’aveva sfiorato.
Probabilmente, se Henri avesse saputo la verità, l’avrebbe respinta con la massima gentilezza, adducendo come scusa le convenienze e il suo titolo nobiliare che, teoricamente, la poneva ben più di un gradino al di sopra di lui. Le avrebbe parlato come avrebbe fatto con una bambina che ha appena fatto un piccolo capriccio: in tono di amorevole rimprovero. Poi, forse, avrebbe riferito ogni cosa alla marchesa e avrebbe fatto in modo di allontanarsi dal palazzo per un breve periodo, in modo che lei, la piccola, sciocca Jacqueline potesse dimenticare il suo capriccio. 
Se solo pensava a questa eventualità, Jacqueline rabbrividiva e arrossiva: certo, sarebbe stato facile per tutti, in quel caso, trattarla da bambina, ma lei non era affatto immatura! Era certa, allora, che i suoi sentimenti per Henri fossero autentici e anche adesso ricordava perfettamente le emozioni forti e inebrianti che la vicinanza di lui le suscitava, perché quando l’aveva rivisto, in chiesa, quelle stesse sensazioni erano tornate a travolgerla, identiche ad allora, se non ancora più violente, forse perché per tanto tempo Jacqueline non le aveva più avvertite.
Possibile, si chiese la fanciulla, emozionata, che io dopotutto sia ancora innamorata di Henri? O questo coinvolgimento è soltanto una reazione al dolore per ciò che Claude mi ha fatto?
Del suo bellissimo ed enigmatico fidanzato, le erano giunte notizie piuttosto allarmanti: si vociferava che si fosse buttato in una nuova impresa, ossia corteggiare la contessina Jeannette de Meunier. Questa non sarebbe stata una notizia tanto brutta se non fosse stato per gli annessi e connessi: si diceva anche, infatti, che i conti de Meunier appoggiassero decisamente questo corteggiamento e spingessero affinché Jeannette accettasse di sposare l’intraprendente spasimante.
Se ciò era vero, la povera Jeannette si trovava in un grosso guaio. Jacqueline capiva perfettamente il ragionamento dei conti, i suoi genitori: la contessina era per loro un grattacapo, in quanto, a causa dello scandalo e dei suoi problemi di salute (che tanti, a torto, avevano ingrandito oltre misura al mero scopo di gettare discredito su di lei) non era facile darla in sposa a qualcuno, in particolar modo a qualcuno di alto rango. Chi aveva un po’ di cuore comprendeva che la giovane si sentiva ancora legata al marchese de Blanchard e che non avrebbe mai amato un altro uomo. Chi di cuore non ne aveva, semplicemente la definiva pazza e depressa, portatrice di sventure e via delirando. Pertanto, il corteggiamento di Claude era, dal punto di vista dei conti de Meunier, una manna dal cielo: erano disposti a dimenticare che il giovanotto era già stato fidanzato e che il fidanzamento era stato infranto proprio per colpa sua… Jacqueline si disse, con tristezza, che madame de Meunier, sempre tanto gentile e affettuosa nei suoi confronti, non doveva volerle molto bene, in realtà, se era pronta a ignorare con leggerezza ciò che le era accaduto.
Doveva andare a trovare Jeannette e cercare di metterla in guardia: certo, la sua amica era diversa da lei, molto più testarda e indomabile, ma ciò non significava che non potesse essere anche fragile, in alcuni momenti. Avrebbe anche potuto cedere al fascino di Claude, dopotutto… quell’uomo, che sembrava discendere direttamente dalla stirpe di Febo, sapeva incantare qualsiasi donna, solo con uno sguardo.
Oppure avrebbe potuto essere ricattata in qualche modo e su chi avrebbe potuto contare in quel caso? Tutti l’avevano abbandonata…
O forse no?
Una persona che avrebbe potuto aiutarla, a dire il vero c’era: il dottor Gaillard.
Jacqueline si ritrovò a pensare, stupita, che era un vero peccato che quell’uomo bello e gentile non fosse un nobile: avrebbe meritato un titolo solo per tutto il bene che era in grado di fare. Ed era per certo l’unica persona che non aveva mai abbandonato a sé stessa Jeannette dopo lo scandalo, non solo perché non aveva trascurato di curarla, ma anche perché aveva fatto il possibile per strapparle ancora un sorriso.
Nel ripensare a Jeannette e al dottore che ballavano insieme, Jacqueline si rese conto che tra i due doveva essere nata una profonda amicizia. Chissà se a lui, Jeannette avrebbe confidato quello che stava accandendo. Forse il saggio e arguto medico avrebbe saputo darle qualche consiglio.
E se invece Jeannette avesse ceduto? No, bisognava impedirlo ad ogni costo!
Non può accaderle quello che è successo a me! pensò Jacqueline arrabbiata. Claude non può vincere di nuovo!
Se avesse potuto chiedere un consiglio a Henri… ecco, stava di nuovo pensando a lui. Come sarebbe stato bello rivederlo e parlargli ancorai. Purtroppo era impossibile.
Una vocina fastidiosa s’insinuò a quel punto nei pensieri di Jacqueline: era davvero impossibile rivedere Henri?


 
Mentre la maggiore delle sorelle de Chalange era assorta nelle sue riflessioni, in un allegro salottino tutto arredato in verde, la minore Elenoire giocava a scacchi con il cugino Jean Michael.
Su un carrello accanto al tavolino da gioco facevano bella mostra cioccolata calda e pasticcini e questo particolare rendeva l’atmosfera calda e accogliente. Fuori, il cielo sembrava promettere la prima nevicata, cosa che sembrava mettere allegria ai due giovani giocatori.
Elenoire era appollaiata sul pouf, con l’abito piuttosto in disordine, e fissava concentrata la scacchiera, arrotolando intorno all’indice un ricciolo biondo.
- Scacco al re! – annunciò, muovendo la torre.
- Scacco matto! – replicò Jean Michael con un sorriso di trionfo, muovendo l’alfiere.
Elenoire spalancò gli occhi:
- Ma non è possibile! – protestò – Hai vinto di nuovo! Non è giusto, adesso voglio provare anch’io con i pezzi neri! -
- Tesoro, il colore dei pezzi non aumenta o diminuisce le tue possibilità di vittoria! – commentò divertito Jean Michael.
Elenoire arrossì, stupita dall’appellativo affettuoso che le era stato riservato: a volte succedeva che Jean la chiamasse tesoro, ma ultimamente, in effetti, accadeva spesso. Possibile che…? Ma no… Jean Michael era invaghito di quella sciocchina…come si chiamava… Francine di Qualcosa…
- Fammi provare lo stesso con i pezzi neri! – insistette – Voglio proprio vedere se riesco a vincere. -
- E va bene, testarda che non sei altro, eccoli qua! Prima però beviamo un po’ di cioccolata! -
Elenoire si alzò prontamente e riempì due tazze, porgendone poi una al cugino.
- Che meraviglia! – sospirò lui – Qui si mangia sempre la miglior cioccolata del mondo. -
Elenoire arrossì: - L’ho preparata io stavolta. – confessò.
Jean Michael le sorrise: - Davvero? Complimenti, cara, è perfetta! -
Per qualche minuto regnò un silenzio quasi totale, mentre i due cugini si godevano la loro merenda.
- Guarda! – esclamò Elenoire all’improvviso – Sta nevicando! -
Subito posò la tazza, si alzò e si precipitò alla finestra: Jean Michael la seguì con più calma.
- E’ vero, - disse – la prima neve della stagione. Vieni, - aggiunse, prendendo per mano la cugina – Continuiamo a giocare e vediamo se alla fine della prossima partita gli alberi avranno cominciato a imbiancarsi! -
Ripresero quindi a giocare, Elenoire con i pezzi neri e Jean Michael con quelli bianchi. La partita non andò meglio della precedente e la duchessina si ritrovò di nuovo senza difese, mentre il piccolo duca poteva di nuovo fare scacco matto.
- Non è giusto! – sbuffò Elenoire – Tu sei troppo bravo! -
La fanciulla si avvicinò nuovamente alla finestra e diede un piccolo grido di gioia: gli alberi del giardino, infatti, erano spolverati di bianco e la neve adesso cadeva molto più fitta.
Per un lungo istante, Elenoire rimase immobile dietro il vetro, a guardare incantata i fiocchi candidi che lentamente scendevano dal cielo.
Non si accorse che Jean Michael era dietro di lei, fin quando, inaspettatamente, le braccia del giovane la circondarono delicatamente. Stupita, incredula, Elenoire voltò il capo verso il cugino per guardarlo negli occhi, quei dolci occhi grigi a cui rivolse una muta domanda: perché la stava abbracciando in quel modo?
Jean Michael si limitò a sorriderle in risposta, poi la fece voltare verso di sé e la rinchiuse di nuovo in un altro abbraccio protettivo.
Più confusa che mai, con il cuore che batteva a mille, Elenoire non poté far altro che chiudere gli occhi e posare il capo sulla sua spalla, abbandonandosi a un nuovo e incredibile stordimento.
Jean Michael era forte, costatò. Era forte fuori, ma soprattutto dentro. E lei lo amava così tanto… sarebbe stato bello appoggiarsi a lui così, per sempre.
Peccato che lui non lo sapesse. Peccato che lui non ricambiasse.
La stava abbracciando perché le voleva bene, perché era suo cugino e lei gli faceva tenerezza. Anche se non sembrava che volesse lasciarla andare tanto in fretta, anche se le stava accarezzando tanto dolcemente i capelli, questo non significava nulla, almeno per lui.
Elenoire trattenne le lacrime e lo strinse con più forza per un attimo, prima di sciogliersi con decisione dal suo abbraccio.
Jean Michael la guardò interrogativamente, ma lei non si lasciò distrarre. Tanto valeva mettere le cose in chiaro.
- No, Jean! – annunciò drammaticamente – Tu non devi giocare così con me! -
L’altro parve ancora più confuso.
- Giocare? – chiese, aggrottando la fronte – Elenoire, tesoro, io non sto affatto giocando. -
- E smettila di chiamarmi tesoro! – proruppe la fanciulla, adirata, con le lacrime che ormai traboccavano dagli occhi – Tu… tu non capisci niente! -
Abituato al carattere umorale della cugina, Jean Michael non si scompose:
- Cos’è che non capisco? – chiese pazientemente.
- Non capisci che mi fai soffrire! – spiegò lei con enfasi – Mi fai del male quando mi chiami così e poi devi smetterla di essere così dolce! Io ti amo, stupido! Ti amo tanto e tu non lo capisci… non l’hai mai capito! Così adesso te lo sto dicendo in questo modo orribile e se proprio vuoi saperlo adesso io voglio che tu te ne vada immediatamente e non voglio vederti mai più e… e… - ma Elenoire non riuscì a dire cos’altro voleva. Si girò di scatto e fuggì dalla stanza, lasciando Jean Michael più che mai interdetto.


 
Jacqueline era rintanata nella sua stanza, ancora immersa nei suoi pensieri, quando udì uno strepito. Sorpresa, si affacciò alla porta per vedere cosa stesse succedendo e si vede passare davanti a tutta velocità Elenoire, la quale corse a rinchiudersi in camera sua, sbattendo la porta con gran baccano. Jacqueline la udì piangere disperatamente.
Preoccupata, stava già affrettandosi a raggiungerla per cercare di capire la causa di tanta sofferenza, ma rischiò di essere travolta da Jean Michael, che correva anche lui a pedifiato e sembrava piuttosto sconvolto.
- Elenoire! – tuonò infatti, bussando vigorosamente alla porta della camera della cuginetta – Esci di lì, per favore! Devo parlarti! -
- No! – strillò Elenoire da dentro.
- Ma ti prego, ascoltami! Non sai quello che voglio dirti! -
- Ti ho detto di andartene! -
Perplessa, Jacqueline si avvicinò al cugino e gli chiese sommessamente cosa fosse successo. E Jean Michael, che non l’aveva mai lasciata senza risposte, non parve nemmeno sentirla.
- Elenoire, io resterò qui finché non ti deciderai a uscire! Prima o poi dovrai farlo e allora forse mi ascolterai! – sbraitò ancora, rivolto alla porta chiusa.
Spazientita dall’atteggiamento incomprensibile dei due litiganti, Jacqueline decise che era giunto il momento di intervenire:
- Jean, per l’amor del Cielo! Torna in salotto e lascia che parli io con lei! Quando si sarà calmata verrà da te. Fidati, per favore! -
Il piccolo duca parve sul punto di protestare, ma poi annuì e si diresse a grandi passi al piano di sotto.
Jacqueline aprì lentamente la porta ed entrò in quello che si sarebbe potuto definire il regno di sua sorella, la stanza allegra e variopinta, piena di libri, abiti gettati sulle sedie in disordine, quaderni, penne e cuscini.
Elenoire era seduta davanti allo specchio e stava strappando furiosamente dei fogli di carta che avevano tutta l’aria di essere pagine di diario.
- Elenoire, vorresti dirmi cos’è successo? – chiese con calma Jacqueline, sedendosi sul letto – Cos’ha combinato Jean per farti piangere così? E smettila di strappare il tuo diario! – la rimproverò aspramente – Non essere infantile! -
Elenoire interruppe la sua opera di distruzione, ma quando rispose alla sorella il suo tono era decisamente indisponente:
- Io mi comporto come mi pare e piace! Jean Michael è uno sciocco che gioca con i miei sentimenti! Per lui è facile coccolarmi e vezzeggiarmi come se fossi una bambina piccola, ma si è mai chiesto che cosa significhi questo per me? Perché anche se vi ostinate tutti quanti a considerarmi la piccola di casa, io non sono poi così piccola! Io amo Jean Michael, con tutto il cuore, da sempre! Lo so che lui non ricambia i miei sentimenti, ma questo non gli dà il diritto di prendersi gioco di me! -
Quella valanga di parole mise in seria difficoltà Jacqueline, che non seppe subito cosa rispondere. Dunque sua sorella era innamorata del cugino e nessuno di loro l’aveva capito, né sua madre, né tantomeno lei, troppo assorbita dal suo stesso amore e poi dal suo stesso dolore per accorgersi del turbamento di Elenoire. E pensare, si disse mestamente, che Claude aveva intuito tutto al ballo per il loro fidanzamento!
Era vero che Jean Michael si prendeva gioco di Elenoire? Jacqueline si sentì in grado di escludere subito quella possibilità: suo cugino non avrebbe mai fatto del male a nessuna delle due. Aveva addirittura sfidato a duello Claude per difendere il suo onore, mai e poi mai avrebbe ferito Elenoire. Non intenzionalmente, almeno.
- Perché pensi che lui giochi con i tuoi sentimenti? – chiese alla sorella – Cos’ha fatto di preciso? -
- Oh, dovresti vederlo! Mi chiama sempre tesoro e mi abbraccia in un modo… - proruppe Elenoire, scossa.
- E tu non hai pensato nemmeno per un momento che faccia così per dimostrarti, invece, che i tuoi sentimenti sono ricambiati? - chiese subito jacqueline, sollevata - Elenoire, perché vai sempre a pensare le cose più complicate? E’ vero, io non avevo capito che tu fossi innamorata di lui, e ti chiedo perdono per questo, avrei dovuto accorgermene e invece ero troppo occupata a pensare a me stessa. E’ altrettanto vero che io non sono in grado di dirti quasi siano i sentimenti di Jean Michael per te, ma puoi credermi se ti dico che sono sicura che non ti sta prendendo in giro. Non lo farebbe mai, e tu questo lo sai benissimo. -
- Credi che dovrei andare da lui, allora? – Elenoire sembrava più calma.
- Certo che dovresti. Hai detto che lo ami, giusto? -
- Sì! -
- Allora devi andare. -
- Ma cosa gli dirò? -
- Lascia che sia lui a parlare. – disse Jacqueline, serena – Prima mi è sembrato piuttosto turbato e sono certa che se non lo ascoltassi prima o poi lo rimpiangeresti. Su, ricomponiti e scendi, io vi raggiungerò più tardi, per vedere come sta andando. -
Elenoire non sembrava del tutto convinta, ma fece come Jacqueline le consigliava e prima di uscire l’abbracciò forte. Jacqueline ricambiò, augurandosi con tutto il cuore che Jean Michael avesse davvero qualcosa di importante da dire…


 
Elenoire entrò nel salottino in punta di piedi, guardando con la coda dell’occhio la schiena del cugino che era rivolto verso la finestra e contemplava la nevicata, ormai diventata una bufera.
Jean Michael la udì comunque arrivare e si voltò verso di lei. In tono molto serio disse: - Possiamo parlare adesso? -
Elenoire sentì che le tremavano le ginocchia.
- Va bene… - sussurrò. – Ma ti prego, - aggiunse – non infierire… -
Il duca inarcò le sopraciglia: - Infierire? Ma allora proprio non capisci, Elenoire! E poi dici di me! – commentò, fra il seccato e il divertito.
Elenoire rimase in silenzio, non sapendo più cosa dire. Poi sentì le mani del cugino posarsi sulle sue spalle e la sua voce carezzevole.
- Mia piccola, testarda Elenoire, io non ti perdonerò mai per quello che hai fatto! -
Subito la fanciulla lo interruppe:
- Oh, ti prego, smettila! Ho capito, ho sbagliato, non avrei dovuto… ma ti avevo chiesto di non infierire! -
La sua protesta fu tacitata da un piccolo gesto del duca che continuò, sempre con dolcezza:
- Non ti perdonerò mai di avermi impedito di farti una splendida dichiarazione d’amore davanti alla finestra, con la neve che cadeva lenta nel giardino. Mi ero preparato un bellissimo discorso, sai? Mi hanno detto che si fa così, che bisogna prepararsi delle belle parole da dire e io, a dire il vero, con le parole penso di saperci fare. Ma tu non mi hai dato nemmeno il tempo di cominciare! Come hai potuto rovinare tutto? -
Per un momento Elenoire pensò di aver capito male e non trovò le parole per rispondere a quella rivelazione.
- Adesso non dici niente, eh? – osservò Jean Michael, compiaciuto – Non potevi stare zitta prima, mentre ti abbracciavo con tutto il mio amore? Perché, mia dolce Elenoire, il mio amore per te è davvero tanto grande e io vorrei che tu lo sapessi e che potessi credere che ti sto dicendo la verità. -
Smarrita, Elenoire balbettò: - Ma… ma… io credevo che tu… che fossi già innamorato… -
- Di chi, tesoro mio? E’ di te che sono innamorato, da tanto tempo ormai. Credo di averti sempre amata, fin da quando eravamo piccoli. -
Elenoire lo guardò negli occhi:
- Davvero, Jean Michael, davvero? -
- Davvero, amore mio. -
Ed egli, nel dire questo, le dedicò un sorriso tanto luminoso e felice che Elenoire non resistette più e fu praticamwnte costretta a credergli e ad abbandonare ogni atteggiamento difensivo. Gli gettò le braccia al collo, ridendo e piangendo insieme e lo strinse forte.
Le sue labbra, anche se inesperte trovarono subito quelle di lui e si unirono ad esse nel primo vero bacio d’amore; e la risposta appassionata dell’amato le tolse il fiato, provocandole un’ondata di sensazioni nuove e meravigliose.
Solo dopo un paio di minuti, Jean Michael si scostò lievemente da lei per dire in tono divertito:
- Jacqueline, la smetteresti di spiarci da dietro la tenda? Vieni a darci la tua benedizione, ne abbiamo bisogno prima di andare da tua madre! -


 
Due giorni dopo, sistemati felicemente Elenoire e Jean MIchael (al cui fidanzamento la marchesa aveva ovviamente consentito, anche se per l'annuncio era stato deciso di aspettare almeno sei mesi, vista la giovane età della duchessina) Jacqueline mantenne la sua promessa e si recò a palazzo de Meunier.
Aveva avvisato Jeannette del suo arrivo e fu alquanto stupita quando si vide condurre dalla governante della casa non in un salotto, ma direttamente nella camera da letto della sua amica. Il suo stupore aumentò ancora quando scoprì che Jeannette era in compagnia del dottor Gaillard.
Non fece però in tempo di far notare alla contessina che la cosa era parecchio sconveniente, perché Jeannette chiuse la porta a chiave e disse subito in tono lugubre:
- Grazie di essere venuta, Jacqueline. Se non mi avessi cercata tu, l’avrei fatto senz’altro io. Ho bisogno del tuo aiuto. -
- Cos’è successo? – chiese la duchessina allarmata.
- Hai saputo che il nostro caro Claude ha proprio intenzione di sposarmi? -
- Sì… -
- Beh, io non intendo permetterglielo! E sai perché? Perché sospetto che abbia combinato qualcosa di molto losco e che abbia coinvolto Maximillen! -
Jacqueline sobbalzò: - Vuoi dire che Claude non sarebbe estraneo alla sua scomparsa? -
- Esatto. Che ne dici della morte del conte de Rolland? Un evento strano, non ti pare? Un vecchio, saggio e lucido come lui muore senza lasciare neanche una riga di testamento e soprattutto senza riconoscere il suo unico figlio che aveva giurato di proteggere. -
- Henri… - mormorò Jacqueline.
- E così tutte le sue sostanze vanno al suo lontanissimo nipote, Claude appunto. Strano, vero? -
- Certo è strano. – convenne Jacqueline – Ma cosa c’entra Maximillen? -
- Era molto vicino al vecchio conte, gli voleva un gran bene. Io sospetto che Rolland gli abbia confidato qualche cosa di importante e che Maximillen ne abbia ingenuamente parlato a Claude. Ha sempre parlato troppo, il mio Maximillen, è il suo unico difetto direi. -
- E Claude avrebbe usato le informazioni ricevute per… che cosa? -
- Non lo so! – sbuffò Jeannette – Per trafugare un testamento, per uccidere il conte, non lo so! Ma sono sicura che qualcosa di grosso è successo prima che il vecchio se ne andasse e io intendo scoprire che cosa. Quando l’avrò scoperto, per Claude sarà la fine e finalmente gli daremo la lezione che si merita per tutto il male che ha fatto. -
- Ma io come posso aiutarti? – chiese Jacqueline confusa.
- Dovreste parlare con monsieur Dupois, il figlio illegittimo del conte. – intervenne il dottore – Cercare di scoprire quanto più possibile su di lui, su suo padre e su monsieur Renard. -
Parlare con Henri?
Non era quello che desiderava, infondo? Certo, avrebbe preferito potergli parlare d’altro, ma anche così…
Trovare un pretesto per incontrarlo non sarebbe stato molto difficile.
- Va bene. – acconsentì – Parlerò con Henri. -



Eccomi qua, carissimi, scusate il ritardo, ma sono molto impegnata in questo periodo. A dire il vero non so se riuscirò ad aggiornar eprima di Natale, ma comunque farò il possibile. Ringrazio come al solito le gentili persone che mi stanno seguendo e vi lascio un piccolo regalo, le immagini delle nostre protagoniste!!

Eccovi Elenoire...


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....Jacqueline...


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....e Jeannette!!!


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Alla prossima e buona domenica!!!!!!
Un bacione
Nini
   
 
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