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Autore: Melabanana_    10/12/2012    3 recensioni
Hera Tadashi è un ragazzo apparentemente indifferente a tutto, che si lascia passare accanto gli eventi senza preoccuparsene molto.
Afuro Terumi è un idol emergente, ma già molto famoso, che nasconde il suo vero carattere.
Questa fic parla di come il loro incontro abbia modificato le loro vite, e di come la loro storia sia venuta ad intrecciarsi con quella dei loro amici.
Coppie: HerAfu, DemeKiri, ArteApo, vari ed eventuali.
{dedicata a ninjagirl, che mi ha fatto scoprire e amare queste pairings.}
~Roby
---
Perché in ogni momento, il rosso e il viola sanno sempre trovarsi.
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Afuro Terumi/Byron Love, Altri, Hera Tadashi, Jonas Demetrius/Demete Yutaka
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Buongiornooo! ~
Stamattina ho deciso di aggiornare questa fic :)
Questo è un capitolo molto divertente e succoso, oltre ad essere uno dei miei preferiti in assoluto xD
Mentre il precedente era molto HerAfu, qui ci sarà spazio per tutte le coppie~
La DemeKiri e l'ArteApo mi piacciono un sacco... è un peccato che siano così poco considerate!
Ringrazierò sempre la santa ninja per avermi inculcato il culto di queste coppie (??)
Spero che vi piaccia ;)

Baci,       
Roby




Capitolo 15.

La mattina dopo, Hera guardò fuori e vide che stava piovendo.
-Dannazione.-
Non che sperasse in una gita in montagna, ma chiusi dentro casa avrebbe dovuto vedere tutto il giorno le stesse facce. Che poi, non erano molto allegre.
Afuro sembrava essere leggermente meteoropatico: la pioggia lo rendeva malinconico, continuava a fissare la finestra e a sospirare.
Ma non era l’unico ad essere teso.
Artemis era probabilmente di cattivo umore, ma poiché indossava la maschera ciò era deducibile solo dal fatto che avesse rinunciato al quotidiano rompere le scatole ad Aporo: anzi, mostrava nei confronti del piccoletto un’insolita freddezza.
Aporo era silenzioso.
Kirigakure, seduto sul divano accanto a Demete, sfogliava febbrilmente una rivista.
Il ninja aveva un’espressione contrita, e ogni volta che la pioggia cominciava a cadere più forte le sue spalle sussultavano; allora, solo il braccio di Demete intorno alla sua vita lo calmava.   
-Se continuate ad avere tutti quell’aria lugubre, mi farete sembrare quasi allegro.-
Tutti si voltarono sorpresi verso Hera, che aveva detto quelle parole gonfie di sarcasmo.
-Awn, il piccolo Tadashi si è spazientito?- lo prese in giro Kirigakure, accennando un sorriso.
Hera incrociò le braccia. –Il piccolo Tadashi ora ti prende a schiaffi- replicò.
Kirigakure ridacchiò e smise definitivamente di fingere di concentrarsi sulla rivista.
-Con questo brutto tempo cosa pretendi?- chiese ironico.
-Okay, il tempo fa schifo, ve lo concedo- ammise Hera alzando gli occhi al cielo.
-Ma il brutto tempo che tira qui dentro non lo batte niente- affermò e lanciò un’occhiata eloquente ad Artemis, che fece finta di non averlo sentito.
-La pioggia è diminuita- osservò Afuro –Credo che per mezzogiorno potremo uscire un po’…-
-Sarebbe bello- aggiunse Aporo, aprendo finalmente bocca.
-Cosa volete mangiare per pranzo?- domandò Artemis.
Hera cercò di inquadrare il tono di voce che proveniva dalle labbra marmoree della maschera.
-Cucini tu? Wow, io non so farmi nemmeno le uova- osservò Afuro.
-Viziato- commentò Hera e Afuro gli fece la linguaccia.
-Ehi, non vorrai mica avvelenarmi, Artemaniaco?- disse Aporo preoccupato.
-Forse dovrei- replicò canzonatorio Artemis, ma Hera fu certo che fosse serio almeno la metà mentre lo diceva per scherzo.
-Io voglio il sukiyaki!- gridò Demete.
-Ma sei scemo? Il sukiyaki d’estate?-
-Ma fa freddo no?! Stai sempre a criticare, scemoninja!-
-Chiamami ancora così e ti farò ingoiare l’elmo!-
-Ecco, ora direi che ci siamo- intervenne Hera soddisfatto, finalmente erano tornati alla normalità. Afuro sorrise:- Allora, sukiyaki sia?- 
-Sukiyaki- confermò Artemis –Appena finisce di piovere, andiamo a fare la spesa.
Ed infatti, quando finì di piovere Artemis li portò nel vicino paesino a fare compere in una piccola salumeria gestita simpatici anziani. E poi in una latteria gestita da simpatici anziani. E poi in un panificio gestito da simpatici anziani. E poi…
-Ma c’è qualcuno di VIVO in questo paesino?!!- sclerò Kirigakure.
-Beh il 70% di questo paese è costituito da persone anziane…- ammise Artemis.
-Sei molto scortese, comunque. Ti ricordo che gli anziani non sono così indifesi- commentò Hera, ripensando con un certo divertimento alla vecchina che li aveva rincorsi durante il viaggio di andata. Afuro sospirò.
-Non ci vuole un genio per capire a cosa pensi. Sei irrecuperabile- commentò, rassegnato.
-Comunque, ora dovremmo avere tutti gli ingredienti necessari- disse Aporo.
–Perché non torniamo indietro…?- Un urletto degno di una fan girl impazzita interruppe la frase di Aporo e sturò le orecchie di tutto il gruppetto. I ragazzi si voltarono, scioccati. Davanti a loro c’erano due ragazze, una bionda e una rossa molto prosperose.
-Non ci credooo! Da quanto tempo che non ci vedevamo, Saneki!- gridò la rossa.
In men che non si dica, entrambe corsero sui tacchi a spillo fino ad Artemis e lo ghermirono, attaccandosi ognuna ad un braccio. -Ehi ragazze- disse lui sfoderando un sorriso seducente.
- Saneki, sei il solito figo! Era da tanto che non venivi qui!- ridacchiò la rossa.
-Hai portato degli amici, che carini, anche se nessuno è paragonabile a te- commentò la bionda.
Kirigakure e Demete sbuffarono, indignati. Aporo distolse lo sguardo, disgustato.
-Anche se… a pensarci bene, il biondino non è male- disse la bionda.
La rossa squadrò Afuro. –Sì, ma sembra un bambino… Guarda invece chi abbiamo qui- aggiunse maliziosamente mentre spogliava Hera con occhi da gatta.   
Afuro si frappose fra loro e ringhiò, determinato a difendere il suo territorio.
Artemis ruppe la tensione con una risata. -Siete sempre più belle- commentò, facendole arrossire. Le due persero ogni interesse per gli altri e gli saltarono nuovamente addosso.
-Saneki, stasera ci sarà una festa a casa mia! Un bel party giovanile!-
-Vieni anche tu, ti prego!-
Artemis ci pensò un po’, poi sorrise:- Certo che verremo.-
Hera sgranò gli occhi, incredulo. Le due ragazze esultarono e corsero via.
-Saneki…- Hera usò apposta il suo nome di battesimo per marcare la frase. -Che significa “certo che verremo”?!! Dove cavolo vorresti portarmi, ebete?!!-
-Ma dai, Hecchan, ci sarà da divertirsi!- esclamò Artemis allegramente.
-Ma non sarà pericoloso andare in un posto così affollato? Potrebbero riconoscermi!- obiettò Afuro. Artemis scosse il capo.
-In questo paesino non c’è nemmeno un giornalaio, e tv al massimo una ogni tre case. Non c’è un gran passaggio d’informazioni, quindi non sanno nemmeno chi sei. Hai visto che quelle due non ti hanno minimamente calcolato?- disse.
Hera pensò che in effetti aveva un senso, anche se l’ego smisurato di Afuro subì un brutto colpo. I ragazzi tornarono a casa, con la prospettiva di una serata senza dubbio movimentata.

xxx 

Movimentata, sì.
Caotica, più che mai.
Ma soprattutto affollata!
Chi avrebbe mai immaginato che in quel paesino minuscolo ci fossero tanti giovani?!
Questi erano più o meno i pensieri di Hera, mentre appoggiato al muro cercava di camaleontizzarsi (??) con l’ambiente circostante. Lui odiava le folle.
Kirigakure, che faceva casino di natura, era a suo agio, e trascinava con sé il povero Demete. Aporo era fermo al bar da un’oretta, Afuro ballava immerso nella musica.  
Beh, ma lui era abituato a stare sotto le luci.
E Artemis… Artemis era nel suo mondo, anche se Hera poteva avvertire quanto in fondo fosse distaccato da quelle persone con cui scherzava amabilmente. Si somigliavano, lui e Artemis, nel fingersi inseriti in un mondo di cui, in fondo, non gliene fregava niente a nessuno dei due.
Forse era per questo che era diventato il suo primo amico, dopotutto.
-Ehi, Tadashi! Scatenati un po’!- esclamò Kirigakure saltandogli addosso.
-Sei totalmente andato, mammina- replicò Hera –Tu lo sapevi, vero, che il succo di frutta non era succo di frutta, ma sakè aromatizzato alla frutta?-
-Un cosa non era cosa, ma cosa aromatizzato a cosa?!- rispose il ninja, gaio.
“No, non lo sapeva…” sospirò Hera, e lo spinse addosso a Demete, che al momento aveva la capacità di ragionamento di un’abat-jour, ma era comunque più lucido di Kirigakure.
Quando Demete trascinò via Kirigakure e finirono inghiottiti dalla folla, Hera se ne disinteressò.
I due ragazzi arrivarono fino ai divanetti, nella stanza subito prima dell’ingresso.
-Che facciamo, papà?- lo prese in giro il ninja, maliziosamente.
-Non lo so- Demete scrollò le spalle –Sento la testa nel pallone…-
-Al massimo nell’elmo- rise Kirigakure, fin troppo allegro.
D’improvviso si zittì di colpo, cupo, e fissò Demete negli occhi. L’amico ricambiò, sorpreso.
-Yutaka… cos’è che Tadashi ti ha detto di ripetere ieri sera?- chiese imbronciato.
-Non posso dirtelo- disse Demete e Kirigakure si morse il labbro per la curiosità.
Poi fu tutto molto rapido.
Demete lo abbracciò, spingendolo indietro finché la schiena del ninja non combaciò con il muro della stanza, e gli posò le labbra nell’incavo del collo, cominciando a baciarlo.
Kirigakure sussultò, poggiandogli le mani sulle spalle nel tentativo di allontanarlo.
-Yutaka…- sussurrò, senza parole. Demete alzò lo sguardo e le loro labbra si trovarono, piene di fuoco e passione repressa. Il ninja gli tolse l’elmo e affondò le dita nei suoi capelli neri, senza fiato, mentre le mani dell’altro gli percorrevano la schiena.
Erano senza controllo, e talmente immersi nel loro mondo che non si accorsero neanche di Hera e Afuro, che pochi minuti dopo gli passarono affianco cercando l’uscita della villa. 

 xxx

Artemis non aveva quasi più fiato.
La villa era affollata e caotica, più di quanto uno potesse immaginare per quel paesino così smorto. Dopotutto, era bello distrarsi un po’ così, ogni tanto.
Aveva perso di vista Hera e gli altri, ma poco importava.
Si passò una mano sulla fronte sudata e cominciò a rovistare nel ripiano bar, in cerca di una birra, o almeno di un Martini. Ma invece di questo, trovò l’unica altra cosa in grado di inebriarlo.
Aporo Hikaru era seduto, o per meglio dire steso, sul bancone del mini bar, apparentemente addormentato. Artemis rimase a fissarlo alquanto perplesso.
Per prima cosa, decise di ignorarlo, ma a lungo andare la visione di Hikaru così fragile e indifeso cominciò ad affondare sempre di più nella sua mente, finché non riuscì più a concentrarsi sul Martini.
-Ma cosa devo fare con te?- sospirò, girandosi e scuotendolo lievemente.
Aporo reagì all’istante, aprendo gli occhi e schiaffeggiandogli la mano.
Artemis si ritrasse sorpreso: il ragazzino aveva il viso rosso e gli occhi languidi.
-Ma cosa cavolo hai bevuto?- esclamò.
-Sta zitto, Artemaniaco. Va a maniacare da qualche altra parte. Sono certo che le ragazze qui farebbero la fila per essere maniacate da te- biascicò Aporo, sbattendo nuovamente la testa sul bancone.
Aveva usato almeno tre parole del campo semantico di “maniaco” e, anche se era abbastanza sicuro che non esistessero davvero, Artemis si sentì talmente irritato che pensò di lasciarlo lì, ma poi il solo pensiero che qualcuno potesse approfittare di lui vedendolo così indifeso lo fece rabbrividire. Sospirò di nuovo.
-Usciamo un po’ fuori- disse, e lo afferrò per un braccio, trascinandolo all’aria aperta.
-Noooooo- si lamentò Aporo, ma non oppose resistenza. Artemis immaginò che non fosse in grado di farlo, perché in una condizione normale gli avrebbe già tirato un pugno.
Quando, usciti dal retro, l’aria fredda entrò nei polmoni di Aporo, il ragazzino cominciò a tossire, e le gambe gli cedettero, tanto che Artemis dovette sorreggerlo.
Lo afferrò da dietro, avvolgendo le braccia all’altezza del suo petto e abbracciandolo.
-Stai bene, Hikaru? Devi vomitare?- chiese preoccupato.
-No- borbottò lui, adorabilmente.
Artemis si ricordò allora che avrebbe dovuto essere arrabbiato con lui, ma non ci riusciva proprio: tutta la gelosia e la frustrazione di non poterlo avere tutto per sé erano stati rimpiazzati dal suo amore. Scosse il capo, dandosi dello stupido.
Improvvisamente Aporo ebbe un momento di lucidità e, rendendosi conto di dove si trovava, cominciò a scalciare per liberarsi dell’abbraccio.
-Hikaru, sta’ tranquillo. Non posso certo lasciarti solo in questo momento- disse Artemis.
-Qualunque scusa è buona, vero, Artemaniaco?- protestò Hikaru, ma si tranquillizzò. –Beh, per stavolta passi- aggiunse con un tono arrogante di accondiscendenza.
Artemis si lasciò sfuggire una risata nervosa.
-Davvero mi odi così tanto, Hikaru?- chiese sforzandosi di sorridere. Non ci fu risposta, e Artemis smise di sorridere.
–Mi hai sempre odiato, vero?
Si aspettava il silenzio, ma stavolta Aporo, dopo un’esitazione, parlò.
-No- mormorò. Reclinò la testa all’indietro poggiandola sulla spalla dell’altro e lo guardò con i suoi occhi vacui, da cui scese una lacrima. –Prima... prima, io… ero innamorato di te.
Artemis rimase a fissarlo, perso nella sua spontanea bellezza, continuò a fissarlo finché la realtà non penetrò nei suoi pensieri, di forza.
-Eh?!- esclamò basito.
Ma Aporo non aveva più voglia di parlare, infatti borbottò la parola “sonno” e si addormentò di botto fra le sue braccia. Artemis restò lì come un idiota.
-Ehi… no aspetta!- gridò –Che significava quello?! Hikaru, non puoi dormire proprio ora!- Quando si rese conto che non avrebbe ottenuto nulla, si fermò a riprendere fiato. Non sapeva perché, ma gli mancava il respiro.
“Ma allora la prima cotta di Hikaru ero io? Ero geloso di me stesso?” si chiese confuso.  “Hikaru… se prima eri innamorato di me… perché all’improvviso hai cominciato ad odiarmi?”
A pensarci, loro due andavano abbastanza d’accordo in seconda media, poi all’inizio della terza Aporo aveva cominciato a detestarlo ed evitarlo il più possibile. Non aveva mai saputo il perché.
Gli veniva anche da ridere, per via di quel groviglio di tensione che gli si era sciolto nel petto.
Una risata debole, sollevata ma anche piena di una nuova angoscia.
-Che carino, Hikaru- sussurrò. Avvicinò le labbra alle sue e sfiorò delicatamente quelle labbra.
E che ingenuo, ad addormentarsi nelle braccia del lupo. Era così indifeso, ora.
-Di questo passo… finirò per divorarti.-

 xxx

“Perfetto, ora dopo Demete e Kirigakure sono spariti anche Aporo e Artemis” si disse Hera, seccato di essere stato abbandonato a se stesso nel bel mezzo della sala, dove peraltro era stato trascinato dai suoi cosiddetti amici: decise che, se la serata non fosse migliorata, avrebbe revocato loro quel titolo e li avrebbe sostituti con dei pastorelli di vetro di Murano.
Non ne poteva più di quel posto, e delle ragazze che venivano di continuo a chiedergli di ballare. Hera Tadashi non ballava e non si metteva in mostra.
Così, quando sentì qualcuno prendergli la mano la prima reazione fu quella di voltarsi, con una faccia molto incazzata, pronto ad urlare un “no” in faccia a qualcuno.
Ma poiché la faccia era quella di un certo idol biondino e angelico, il “no” gli morì in gola.
-Ti stavo cercando…- mormorò lui, abbassando lo sguardo.
Hera si concentrò sulle loro mani unite. Le dita di Afuro riempivano lo spazio vuoto fra le sue, combaciando perfettamente. Inoltre la pelle dell’idol era leggermente più bianca della sua.  
-Tadashi? Mi ascolti?- disse Afuro. Hera alzò il capo e fece segno di no. Afuro sospirò.
-Lo immaginavo. Fa troppa confusione qui dentro. Usciamo.- decise.
Hera strinse la sua mano e si lasciò portare verso l’ingresso, dove fece solo blandamente caso a Demete e Kirigakure che pomiciavano su un divanetto. Lo annotò però mentalmente, visto che i due erano talmente ubriachi che probabilmente avrebbero dimenticato tutto la mattina seguente. Afuro invece era concentrato solo su di lui e non li riconobbe.
Uscirono fuori, e faceva freddo. Hera si tolse la giacca e la mise sulle spalle di Afuro, che era sudato e rischiava di ammalarsi. Il biondino sussurrò:- Grazie- e arrossì.
Continuavano a tenersi per mano mentre camminavano sulle colline erbose.
Si sedettero e alzarono la testa verso il cielo stellato, tranquilli.
-Sai… da piccolo le guardavo spesso perché pensavo che anche mio padre le stesse guardando, e quindi sicuramente saremmo rimasti uniti- sussurrò Afuro.– Tu non guardavi le stelle, Tadashi?-
Hera scosse il capo e rotolò su un fianco per poter appoggiare la testa sulla spalla di Afuro.
Al biondino mancò un attimo il respiro, poi però si rilassò.
-E’ bello anche guardarle con te, comunque- aggiunse sorridendogli.
Hera continuò a fissare il cielo nero e luminoso e pensò che era proprio come loro due.
Vicini, eppure così diversi. Anche molto simili, certo: erano entrambi bambini abbandonati, dopotutto. Ma cosa li rendeva tanto diversi? Hera era sicuro di conoscere la risposta.
Afuro era sfolgorante, una luce calda e luminosa, laddove Hera poteva soltanto essere un’ombra.
-Certo che siamo proprio una bella coppia noi due- esclamò, ridendo fra sé.
Afuro arrossì e chiese:- Cosa intendi dire?-, ma Hera non rispose. Chiuse gli occhi e si accucciò contro il corpo del biondino, stringendolo a sé. Afuro smise di respirare, e parlò dopo un po’.
-Ehi, Tadashi, non avrai intenzione di dormire qui?-
-…forse.- 





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