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Autore: xdistance    10/12/2012    7 recensioni
Eravamo immobili, l'uno accanto all'altra, fermi come statue di pietra. Era buio, buio pesto una volta chiusi gli occhi. La nostre mani erano intersecate l'una nell'altra e percepivo il suo battito cardiaco. “Comunque vada, ce la faremo insieme” e in un batter d'occhio *boom*, le nostre orecchie erano isolate da qualunque rumore. Ciao a tutti, è una fanfiction scritta da due persone e contiene quindi le emozioni di entrambe. Ps. Lasciamo un rigo e magari cambiamo il colore della scrittura per farvi capire che cambia la persona. Buona lettura.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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“Non mollate mai” continuava quella voce. Una voce che non partiva dalle orecchie, ma direttamente dal cervello. “Non è la fine” affermava, mentre percepivo un lieve gocciare. Suppongo sia pioggia, ma cadeva dal cielo dei suoi occhi e forse anche dai miei. Ma cominciavo a non sentirne più la consistenza. E i piedi non toccavano più la terra. E le palpebre spingevano verso l'alto. “Forse sto sognando” continuava quella voce. 
Nemmeno il rumore assordante della porta che sbatté contro il muro riuscì a capacitarmi che ero solo tra veglia e sonno. 
“Ery.. Ery non potrai crederci, ma...” spalancai gli occhi e c'era Gabriele.
“Era solo un sogno...” dissi tranquillizzandomi.
“Ery, il modulo! Leggi!” poggiandomi un modulo di iscrizione sulle gambe.
“Cos'è?” accennai sbadigliando.
“E' il modulo di iscrizione a xfactor uk, dagli un'occhiata dai!” prendendomi le mani e poggiandomele sul foglio. 
“Wow, allora.. Hai pensato di iscriverti?” attorcigliandomi una molla nei capelli.
“Iscrivermi? No, non credo... Da solo non posso” disse gettandosi a terra con la voce rauca e le mani che gli fungevano da cuscino per la testa.
“Perché non puoi? Dai, è il tuo sogno, non puoi mollare proprio ora” gli dissi provando ad incoraggiarlo.
“Ecco si! Non ho intenzione di mollare! E... Se venissi con me?” disse alzandosi di scatto da terra “Si esatto, ci iscriviamo insieme! Dai, ricordi, ne parlammo una volta!” prendendomi le mani.
“Gabry ci verrei col tutto il cuore, ma sai che non me lo permetteranno mai” gli risposi mordendomi il labbro.
“Se il problema sono i nostri genitori, abbiamo tempo per convincerli.. Il punto è, tu ci vuoi venire?” fissando il vuoto che avevo negli occhi.
“Certo che si, ma...” risposi morendo dalla voglia di voler compilare quel dannato foglio.
“Nessun ma!” disse suscitando un sorriso colossale.

Le sue braccia calde mi stavano 
avvolgendo.
Il nostro abbraccio. In quell'abbraccio, sentivo il suo calore avvolgermi
e riscaldarmi, come per rassicurarmi che sarebbe stata sempre lì, pronta a
sostenermi nelle mie, talvolta anche sue, scelte.
Sentivo che il suo corpo rabbrividì al contatto con le mie braccia fredde,
ma la strinsi più forse, quasi per chiederle scusa, ma allo stesso tempo
volevo dirle grazie, grazie per quello che aveva e stava facendo per me.

Non appena lasciai le sue braccia “Come riusciremo a convincerli?” pensai a voce alta, “Riflettevo... Perché non usiamo lo stesso metodo che abbiamo usato per il biglietto?” mi disse accennando una risata “Si parte con i messaggi subliminali?” affermai soddisfatta “Yeah babe” rispose lui, mentre sulle labbra si andava delineando un sorrisetto divertito.
Nemmeno il tempo di distaccarci che sentimmo un consueto rumore familiare avvicinarsi, erano le scarpe di mia madre. “E' il momento di iniziare” mi disse Gabriele sottovoce. “Come?” risposi agitata. “So get out, get out, get out of my head” cominciò a canticchiare “Dai su continua” mi sussurrò. “And fall into my arms instead” continuai. 
E cantammo insieme “I don't, I don't, don't know what it is, but I need that one thing” e nel frattempo sorridevamo, nella speranza che questa nostra strategia portasse a qualcosa com'è successo per il concerto. Ricordo di quanti giorni abbiamo passato chiusi nelle nostre camere a piangere restando digiuni l'intera giornata. Provando a rendere la nostra tristezza e la nostra voglia di avverare il nostro sogno, un qualcosa che i nostri genitori possano capire, anche se capirlo è impossibile. Non capiranno mai quanto siano importanti quei cinque ragazzi nella nostra vita. E' un qualcosa che noi chiamiamo "amore platonico", che molti traducono con "irrealizzabile" però. 
Improvvisamente sentimmo lo scricchiolio della porta e continuammo a cantare. 
“Ma siete proprio bravi allora!” fece lei entrando. “Vi lascio qualcosa da mangiare e tolgo il disturbo” continuò poggiando il vassoio sulla scrivania. 
“Che dici, ha funzionato?” dissi storcendo le labbra non appena chiuse la porta.
“E' solo l'inizio” accennandomi un occhiolino.
E così abbiamo continuato per un'intera settimana. L'altro giorno addirittura infilammo una specie di volantino di xfactor nello sportello dell'aspirapolvere della madre di Gabriele, è stato divertente incolpare il povero nialler (il suo cagnolino di due anni) e scapparcene in camera alla velocità della luce. Ne abbiamo inseriti altri nella cassetta della posta e addirittura nelle tasche dei jeans nel cesto dei vestiti da lavare. Ne abbiamo provate tante, ma ora basta messaggini lasciati nei posti più scontati ed abituali, basta giri di parole, è il momento di farci avanti e chiedere.

La camera era in disordine, pur essendo un ragazzo ordinato, in quel momento
non avevo la minima voglia di sistemarla, e come se non bastasse dovevo 
scendere per preparare la tavola. Non avevo molta fame ma non volevo sentirmi 
mia madre fino l'indomani con le lamentele.
Ero andato in camera mia dopo la cena, come solitamente facevo ma ad interrompere

quella tranquillità fu mia mamma, aprendo la porta della stanza attraendo su di 
se la mia attenzione. Senza esitazione, eliminò la distanza che c'era tra 
noi e si sedette ai piedi del letto.
-Cosa sono questi?- Face lei portando all'altezza della bocca diversi fogli tutti 
uguali -Ne ho trovati diversi da stamattina, ma non capisco, tu ne sai qualcosa?-
fece per continuare. Io, confuso sul cosa risponderle non aprii bocca.
Mia madre, immobile nella sua posizione, non si mosse aspettando una risposta da me,
ma il suono del telefono fece sobbalzare entrambi.
-Mamma ne parliamo domani con Erica, visto che riguarda entrambi- feci
come per congedare mia madre. -Okay, ho capito me ne devo andare perché devi 
rispondere al telefono, lo so me ne vado subito- disse con modo ironico 
chiudendosi la porta dietro le spalle.
Non aspettai un secondo in più a rispondere al telefono,avevo visto chi era
che mi stava telefonando e non appena accettai la chiamata, risposi -Sei la mia salvezza.
 

-continued..
  
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