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Autore: Jewels5    11/12/2012    4 recensioni
Lei era drammatica.
Lui era dinamico.
Lei era precisa.
Lui era impulsivo.
Lui era James e lei era Lily, e un giorno condivisero un bacio, ma prima condivisero numerose discussioni, poiché lui era presuntuoso e lei dolce, e le questioni di cuore richiedono tempo.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, James Potter, Lily Evans, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: James/Lily
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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*Angolino della vergogna di una delle traduttrici*
Sono consapevole di quanto sia tardi e di quanto i miei occhi si stiano chiudendo, spero solo che tutto abbia un senso. Questo è uno dei capitoli migliori, preparatevi. Lasciateci qualche recensione, se vi va, perché ci fa sempre piacere sapere cosa pensate della storia (e magari spoilerare in allegria).

Passate da Snaps (traduzione di una OS sul soprannome dato a Lily da James).
Notte,
WaitForIt


Recap: Lily viene a sapere che il Professor Black sta morendo, e anche se promette di non dirlo a Sirius, consiglia al Professore di farlo. Donna promette a suo fratello, Kingsley, di andare ad una festa per socializzare. Lily va a casa per Natale e incontra il “dramma Petunia”. James va a casa per natale e incontra “l’angoscia genitori”. Frank e Carlotta sono in una strana fase, poiché lei vuole andare oltre il loro discutibile inizio, ma lui rimane indeciso. Alice supera la faccenda di Frank.

Capitolo 13- "Realizzazioni"
O
“One Night Stand”

Nel 1976, Marlene Price ruppe con lo stesso ragazzo per due volte.

Nel 1976, Adam McKinnon disse “ti amo”. Due volte.

Nel 1976, Alice Griffiths si fidanzò, Carlotta Meloni ebbe un ragazzo, Sirius fece un grosso errore e Severus Piton ne commise almeno due. Nel 1976, Donna Shacklebolt si innamorò. Quasi.

Nel 1976, Petunia Evans si sposò, Remus Lupin per poco uccise qualcuno, Alphard Black lasciò Hogwarts, Frank Paciock ebbe una rivelazione, Mary Macdonald no, Peter Minus diede un consiglio davvero, davvero buono.

Nel 1976, James Potter smise di fumare.

Nel 1976, Lily Evans si innamorò.

Ma di questo ne riparleremo più avanti.
 

(Una Donna Lasciata Sola)

Cazzo.

Cazzo, cazzo, cazzo.

Questo era ciò che aveva ripetuto Donna Shacklebolt–ad alta voce e nella sua testa–per i primi minuti del 12 gennaio. Scendendo dal letto, era inciampata sulle scarpe che era riuscita in qualche modo a togliersi la notte prima (“Accidenti cazzo! Il mio dito!”), aveva controllato la sveglia dell’orologio ("Cazzo–Sono in ritardo! Devo tornare a scuola oggi! Ho fatto le valigie? Cazzo!”), aveva preso dei vestiti dal pavimento (“Dove cazzo è la mia fottuta camicia?”) e si era precipitata nel bagno adiacente (“Che cazzo, c’è luce qui!”).

Ogni parte del suo corpo le faceva male mentre barcollava fino al lavandino e girava il rubinetto. Mise le mani sotto l’acqua fredda, curvandosi sopra la mensola nel tentativo di riprendersi.

“Non berrò mai più.” Gracchiò la strega al suo riflesso mezzo morto. “Non guarderò mai più la vodka, non penserò neanche più alla… alla… alla…” decise di non finire la frase per precipitarsi verso il gabinetto, alzare il coperchio e svuotare il contenuto del suo stomaco nella tazza.

“Oh-Dio-ucciderò-Kingsley,” mormorò qualche minuto dopo, cercando di rialzarsi. Aveva lasciato il rubinetto aperto ed ancora una volta mise le mani sotto l’acqua. “Perché ho accettato di andare a quella stupida festa? Perché diavolo ho accettato di prendere sei bicchieri di vodka liscia?” Immerse la faccia dell’acqua. “Perché diavolo ho…?”

Donna incontrò i suoi occhi con il riflesso bagnato nello specchio. Lentamente, i colori offuscati che costituivano i suoi ricordi della sera prima cominciarono a prendere forma. Lentamente, cominciò a ricordare. Ed a quel punto di rese conto di una cosa.

“Oh, cazzo.”

 

(Ritorno e Rimpianto)


L’Espresso per Hogwarts arrivò alla stazione di Hogsmeade verso le sette, come al solito. Lily aveva fatto tutta la strada con Mary Macdonald ed una manciata di ammiratori di Mary, dal momento che Donna era stata misteriosamente assente per l’intera giornata.

“Forse ha perso il treno,” suggerì Mary, mentre le due ragazze scendevano sul binario, tremando nell’aria di Gennaio.

“Spero di no,” disse Lily. “Anche se immagino che possa sempre usare la metropolvere per Hogsmeade. Ma ancora…”

“C’è Marlene,” osservò Mary, notando la sua amica dall’altra parte del binario. “Ehi, Mar! Marlene!”

La bionda si precipitò in avanti e abbracciò una per una le sue amiche. “Mi siete mancate!” disse battendo i denti. “Buon anno!”

“Buon anno,” disse Mary. “Sei venuta a prenderci? Che dolce.”

“Sono venuta a prendere Miles.”

“Mmm, che amica.”

“P-p-possiamo per favore andarcene da questo freddo?” balbettò Lily, sfregando assieme le mani coperte da guanti a manopola.

“Concordo.” Approvò Mary. “Andiamo, Mar…”

“Aspetto Miles,” le ricordò con voce melodiosa. “Dov’è Donna?”

“Bella domanda.” Disse Lily. “Non l’abbiamo vista sul binario e non è venuta nel solito scompartimento. Abbiamo controllato la maggior parte della carrozza, ma non siamo riuscite a trovarla.”

“Ci stavamo chiedendo se non avesse perso il treno,” Mary informò la loro amica.

“Be', se è così,” disse Marlene “non ha usato la metropolvere.”

“Strano,” mormorò Lily “Mi chiedo se…” ma fu catturata dalla vista di qualcosa che la fece nuovamente respirare liberamente.

“Oh, eccola là! Donna! Ehi, Donna!”

Donna stava, infatti, scendendo dal treno, un’espressione tetra sul volto. Annuì verso Lily e si diresse in direzione del gruppo.

“Dove sei stata oggi?” chiese Mary. “Ti abbiamo cercata.”

“Non stavo bene,” replicò Donna. “Ho dormito in uno scompartimento vuoto alla fine del treno.”

“Stai bene?” Chiese Lily preoccupata. “Non hai un bell’aspetto. Dovresti stare a letto…”

“Sto bene,” disse Donna subito. Mary cominciò a ridere.

Io so cosa c’è che non va–sei andata alla festa di fine vacanze di Charlie Plex, non è vero? Quelle feste sono sempre fradice di alcool! Ti sei presa una sbronza.”

“Oh Don, non sarai andata alla festa di Chalie Plex, vero?” chiese Lily, mezzo ridendo. “Fanno così… quinto anno.”

“Davvero?” disse Marlene. “Penso che fossimo troppo fiche per quelle durante al quinto anno. Probabilmente eravamo troppo fighe per quelle feste anche al terzo anno.”

“Fanculo,” scattò Donna, incrociando le braccia–più che altro per il freddo–senza incrociare gli occhi di nessuno. “Kingsley mi ha costretto ad andarci. E c’erano molti del sesto anno… Charlie Plex incluso…”

“D’accordo,” la consolò Mary. “Io sono andata ad una festa dei Plex una volta. È stata la prima volta in cui ho assaggiato Whiskey Incendiario. Oh–guardate c’è Martin. Mi ha mandato un bellissimo regalo di Natale… dovrei davvero andare a ringraziarlo. Ci vediamo in dormitorio. E Don, voglio i dettagli.” Mary se ne andò e non appena lo fece Miles si avvicinò al gruppo .

“Ciao, Marlene,” disse, facendo scivolare le braccia attorno alle sue spalle.

“Ciao, Miles. Buon anno!” Si baciarono–più a lungo del solito, sembrava, e Lily si spostò a disagio, aspettando che finissero. Quando si separarono, Marlene sembrava vagamente sorpresa ma sorrise comunque. “Cosa c’è che non va?”

“Non c'è niente che non va,” disse Miles. “Sono solo felice di vedere la mia ragazza.”

“Be', sono felice di vederti anch’io,” disse Marlene, accoccolandosi vicino a lui. “Oi, indovina: Donna è andata ad una festa di fine vacanze dei Plex.”

Miles guardò Donna, con le sopracciglia inarcate. “Davvero? Questo sì che è interessante… spero che tu non abbia fatto nulla di cui potresti pentirti… quelle feste hanno una certa fama.” Fece l’occhiolino. “Su Marly, si gela–andiamo verso il castello.”

La coppia se ne andò; quando si furono allontanati, Lily diede una pacca amichevole sulla spalla dell’amica. “Non ti preoccupare , Donna. Dovremmo prendere le tue cose così puoi andare a letto, eh?” Appena Lily cominciò a prendere i bagagli, comunque, Donna si immobilizzò. “Don, cosa c’è che non va? Stai bene?” Donna guardò la sua amica, come risvegliandosi da uno stato di trance. “Lily io-io non posso esserne certa, ma... credo di essere andata a letto con Miles.”
 

(Ventitré ore prima)

Donna era andata alla festa. Era arrivata in ritardo, come sapeva di dover fare, e la ragazza che aprì la porta della casa dei Plex sembrò abbastanza sorpresa di vederla. Fin qui le aspettative della serata erano state rispettate.

La stanza più grande era affollata, rumorosa a causa degli studenti che chiacchieravano e densa di una varietà di aromi non-complementari. Un’ora: sarebbe rimasta un’ora e poi avrebbe preso la metropolvere prima che si riuscisse a dire “Perdita di tempo.”

“Donna Shacklebolt?” si meravigliò una voce, mentre la strega cercava un tavolo in un angolo. Il tavolo aveva attirato la sua attenzione, per lo più per la grande ciotola di punch, che–se le storie riguardo alle feste dei ragazzi Plex erano vere–portava con sé la promessa di condimento alcolico. Donna si voltò per vedere chi si era rivolta a lei e scoprì essere niente meno che il padrone di casa in persona–un Corvonero del suo anno con capelli castano ramati e lentiggini che rispondeva al nome di Charlie Plex.

“Sì” ne convenne, irritata e stranamente gratificata dalla sua stupida espressione.

“Non mi aspettavo di vederti qui,” replicò il padrone di casa, ma non sembrava dispiaciuto.

“Mi hai invitato e ti ho risposto via gufo che sarei venuta,” rispose, confusa.

“Ho pensato fosse uno scherzo.”

“Perché dovrei fare uno scherzo del genere?” Senza aspettare la risposta, aggiunse subito: “Vuoi che me ne vada? Ne sarei più che felice credimi.” Non voleva confessare di essere lì perché suo fratello maggiore pensava che lei non avesse una vita sociale, ma se avesse dovuto, sarebbe arrivata a tanto.

“No,” disse Charlie, “resta, assolutamente. Serviti pure con del,” diede un’occhiata al tavolo alle sue spalle “punch.”

“Ho tutte le intenzioni di farlo.”

E Donna lo fece. Si servì da bere tre volte di fila in immediata successione, cosa che lasciò un po’ a bocca aperta il Corvonero. “Hai intenzione di rallentare con quello?” chiese. Lanciandogli un’occhiataccia, Donna scosse la testa. “In quel caso, ti verrò a cercare tra circa un’ora.” Cominciò ad andarsene.

“Buona fortuna.” Mormorò Donna, alzando gli occhi al cielo e buttando giù un altro “Punch”.

Solo un’ora… doveva rimanere solo un’ora.
 

(Presente: Problemi di Famiglia)


“Il traditore ritorna,” notò Sirius, mentre James collassava sul letto.

“Non sei davvero arrabbiato perché ho deciso di tornare a casa per Natale, vero?” chiese James alzando gli occhi al cielo. “Lo so che avevamo detto che saremo rimasti tutti, ma…”

“Nah, siamo stati meglio senza di te,” gli assicurò Sirius. “Metti sempre Peter di pessimo umore. Mi ha detto che di essere lieto che tu non sia rimasto.”

“Non mentire, Padfoot,” disse Peter sulla difensiva. “Non l’ho detto.”

Lo ha detto.”, mimò con le labbra Sirius.

“Parlando d’altro,” disse Remus, che era seduto alla scrivania, sfogliando il giornale; “Sirius ha fatto saltare in aria tre stanze diverse ed almeno due sedie.”

“È un incantesimo fantastico che ho appena trovato, Prongs,” approfondì con entusiasmo Sirius. “E tecnicamente, Moony, erano solo due stanze. Due stanze e un armadio.”

“L’armadio di Gazza,” disse Peter a James, che sembrava impressionato a dovere.

“Il soffitto ha ancora il segno,” disse Sirius con orgoglio. “Ti ci porto più tardi… Sto pensando di fare un giro dalla sua scrivania.”

“Be', avete fatto cose molto più interessanti di me,” constatò James. “Una volta che tu hai vissuto a casa di qualcuno, Padfoot, ci si abitua al fatto che le cose esplodano o spariscano di tanto in tanto…Avevo dimenticato quanto fossero noiosi i miei genitori.”

“Già,” disse Sirius. “Ma scommetto che è stato un bel bottino quest’anno.”

“Eccellente. Papà sta cercando di fare ammenda. Indovina chi ha l’ultimo modello della Nimbus…”

“Non prendermi per il culo,” si meravigliò Sirius, tirandosi su. “Sul serio?”

James annuì. “Puoi farci un giro se mi prometti di non provarla al Platano Picchiatore… voglio essere io il primo a farlo con quella scopa.”

“D’accordo” convenne Sirius. Tirò fuori un pacchetto di sigarette dalla tasca dei suoi vestiti. “Siga?”

James scosse la testa, gesto per il quale Sirius scrollò le spalle e se ne accese una per lui.

“Preferirei che non la fumassi qua dentro,” borbottò Remus, e mentre Sirius si preparava a difendere il suo atto, James rotolò giù dal letto e prese l’ora dimenticato giornale.

“Avete sentito di quei contrabbandieri?” chiese James, anche se nessuno gli stava prestando attenzione. “Sembra anche che un altro Auror sia stato attaccato. Sapete, penso che sia strano che non siano stati uccisi…”

“Be', forse, Moony, se non fossi uno maniaco ossessionato dall'ordine…”

“Non volere cenere su tutto il pavimento non mi rende ossessionato dalla pulizia.”

“Ma ti rende maniacale. In più ci sono gli elfi domestici.”

“Padfoot, questo è proprio da te… abbiamo l’obbligo di tenere questa stanza pulita.”

“Be' abbiamo fatto sempre fatto dannatamente schifo in quello…”

“Forse voi tre lo avete fatto, ma io... e non sono un maniaco!”

“Oh, mi siete mancati idioti,” disse James sarcasticamente. Peter sogghignò, attraversando la stanza per sedersi vicino a James. “È uscita la nuova lista dei Mangiamorte conosciuti,” osservò il capo dei Malandrini, scansionando la pagina. “'Sardocious Rosies annuncia ufficialmente il suo supporto a Voldemort’ nessuna sorpresa fin qua… ‘Vlad Ivonovna è collegata all’omicidio dei Meadowes…’ Sai, Pete, se io fossi nel Ministero…” Si fermò.

“Cosa?” Chiese Peter, guardando l’articolo di giornale da sopra della spalla di James. “Qual è il problema, Prongs?”

“Logan Harper,” disse James lentamente. “Conosciamo un Logan Harper, vero?”

“Sì… era qualche hanno più vecchio di noi. Logan Harper è il…”

“È il fratello più grande di Luke Harper, giusto. Capelli chiari, giocava a Quidditch, è uscito con Narcissa Black per un po’?”

“Chi è uscito con Narcissa?” chiese Sirius, interessandosi alla conversazione.

“Logan Harper?”

“Oh.” Sirius annuì. “Sì, è vero. È finita da un pezzo comunque. Aspetta–perché ne stiamo discutendo?”

James gli passò il giornale. “Indovina chi è appena entrato nella lista dei ‘sospetti Mangiamorte.’”
 

(Una lunga cena)


“Cosa diavolo significa che sei andata a letto con Miles?” sbottò Lily a Donna, quasi due ore dopo, quando le ragazze furono finalmente di nuovo da sole. A Lily la cena non era mai sembrata così lunga. Ora, le due ragazze del sesto anno occupavano un corridoio deserto fuori dalla strada per il dormitorio; Lily aveva preso Donna da parte per ottenere una spiegazione lontano dagli altri.

“Non sono sicura,” disse Donna, andando nel panico. “Ero davvero, davvero ubriaca la scorsa notte… Non riesco a ricordarmi niente, a parte smozzichi e bocconi… e sono abbastanza sicura che ci fosse una capra a quella festa. Perché mai dovrebbe esserci una capra a…”

“Donna, non è il momento per fare la simpatica,” la interruppe Lily. “Dimmi tutto quello che ricordi. Adesso.”

Riprendendosi, Donna setacciò i propri ricordi alla ricerca di qualcosa di concreto. Ricordava di essere stata in una stanza–una grande, affollata stanza rumorosa… e l’alcol era sicuramente coinvolto. “Miles era alla festa,” cominciò lentamente. “Era lì… gli ho parlato un po’… eravamo seduti in un angolo… c’era un canadese e poi non c’era… ed io stavo... stavo dicendo qualcosa su Antiche Rune.”

“Parli di Antiche Rune quando sei ubriaca?”

“A quanto pare. Sì, stavo… stavo sicuramente parlando di Antiche Rune.”

Lily incrociò le braccia. “E questo ti ha portato a scoparti il fidanzato della tua amica, come?”

“Come diavolo faccio a saperlo?” mormorò Donna. “Io solo… so solo che ho fatto sesso. Ho sicuramente fatto sesso. Lo so. Non ricordo chi fosse… Sono sicura al novantanove per cento che fosse maschio…”

“Be' non può essere stato così bello.”

“Ancora una volta: come diavolo faccio a saperlo? Ma… hai visto il modo in cui si è comportato Miles sul binario? Come… come se sapesse qualcosa… ed è stato così affettuoso con Marlene, e…”

“Si stava comportando come un coglione,” concordò Lily. “Ma si comporta sempre come un coglione. Merda, non posso credere che tu sia andata a letto con lui… e non solo perché è il ragazzo della tua amica; è una tale nullità.”

“Prima di tutto,” disse Donna, “Marlene è la mia compagna di stanza… non è mia amica. Non ci facciamo le trecce ai capelli l’un l’altra e non chiacchieriamo dei bei ragazzi che ci piacciono e…”

“Donna,” la interruppe Lily impaziente. “Comportarti come se non ti importasse di Marlene non cancellerà questa cosa, va bene? La devi sistemare.” Girò sui tacchi e si diresse verso il dormitorio.

Sistemarla.

Come diavolo avrebbe dovuto sistemarla?
 

(Ventisei Ore Prima)


"Shacklebolt?" chiese una voce, ma c'erano molte voci a quel punto, e lei non era del tutto certa di sapere da dove provenisse questa in particolare. Donna si guardò intorno, ignorando il mago dall'accento canadese al suo fianco; era rimasto lì per quella che sembrava un'eternità e stava cominciando a diventare pesante.

"Miles Stimpson," Donna riconobbe il ragazzo della sua compagna di stanza. "Che cosa ci fai qui?"

Il Corvonero si fece strada oltre il gruppo di ragazzi che stavano circondando Donna in quel momento.

"Che ci fai tu qui?" ribattè lui, divertito dagli occhi rossi di lei (i suoi erano tutt'altro che sobri) e dalla sua posa rilassata su un divano al centro dell'attenzione. Era molto non-Donna.

"Bevo," rispose lei semplicemente. Mandò giù un sorso dimostrativo da un calice discutibile. Alcuni dei suoi compagni lo trovarono divertente–ma anche i loro occhi tendevano pericolosamente al rosso. "Un sacco."

"Lo vedo," disse Miles. Si sedette sul divano anche lui.

"Tu sei un coglione, lo sai," lo informò Donna.

"E tu sei una stronza terrificante," replicò Miles. "Anche se..." e si fece più vicino, "non sei così terrificante in questo momento…e i tuoi amici sembrano essersene accorti."

"Sono ubriaca," lo informò Donna, fissando il suo calice quasi vuoto. "Le mie labbra sono intorpidite. Sarei comunque in grado di ucciderli tutti." Con un sorriso gelido al suo canadese: "Non è vero?" Ma prima che lui potesse rispondere, lei chiuse gli occhi ed esalò: era ubriaca... circondata da stupidi ragazzi pronti ad approfittarsene... quello era un buon momento per andarsene. "Molto bene. Andatevene tutti. Ora." Ci volle un altro minuto prima che capissero che stava facendo sul serio, ma quando lei estrasse la bacchetta e bruciò una parte del tappeto di fronte a lei, si convinsero molto più facilmente.

Di nuovo sola, Donna chiuse gli occhi. Finì il suo drink. Devo andarmene prima che faccia qualcosa di stupido.

Aprendo gli occhi, tuttavia, Donna si rese conto di non essere, in effetti, sola. Miles, la cui testa ciondolava sul collo al vago ritmo della canzone che suonava in sottofondo, era ancora sul divano.

"Ho detto 'vattene'," insistette lei. Lui la guardò, ma non si mosse–e possibilmente perchè era di molto troppo andato per riuscire a capirla davvero. "Sei un tale coglione," ripetè lei, ritornando al suo calice vuoto.

"Perchè?" domandò lui, imbronciato.

"Sei tutto quello che odio in un ragazzo... un pallone gonfiato, uno stronzo con la sua ragazza..."

"Non sono uno stronzo con Marlene."

"Lo sei, invece."

"Non lo sono–e poi a te che importa?"

Questo colpì Donna in un modo strano e indescrivibile. "Non m'importa," sostenne lei, a disagio. "È solo che odio i ragazzi che credono di essere così magnifici, che pensano di avere il diritto di dominare le loro ragazze. Non si tratta di Marlene in particolare, è solo... è solo che il tuo modo di comportarti è disgustoso."

Miles si accigliò. "Ma-che-dici?" farfugliò lui. "Non si tratta di Marlene? È amica tua, non è così?" Lui ridacchiò. "Ho fatto la rima..."

"Marlene non è mia amica," scattò Donna, sentendosi d'un tratto spaventosamente sobria. Afferrò il calice più vicino e lo vuotò. "Marlene è la mia compagna di stanza."

"Marlene non è tua amica?" ripetè il Corvonero, un pò incredulo. "E allora chi è tua amica?"

Donna ce l'aveva una risposta. "Lily."

"Solo Lily?"

"Solo Lily."

"Che stupida."

"Non sono stupida. Io non voglio amici."

"Oh." Dopo un lungo silenzio imbevuto d'alcool, Miles continuò: "E così Marly no-non è tua amica?"

"No," disse Donna seccamente. Afferrò e vuotò un altro calice preso dal tavolo.
 

(Presente: Un Piccolo Passo)


"Ce la puoi fare."

Alice Griffiths stava lottando con il peggiore dei sentimenti alla bocca dello stomaco: come se stesse per rendersi terribilmente ridicola. Stava per umiliarsi completamente ed a breve avrebbe passato altri due mesi rinchiusa nel suo dormitorio, cercando di superare la vergogna. A questo, pensava indiscutibilmente lei, avrebbe portato tutto ciò.

"Ce la puoi fare," sussurrò a se stessa ancora una volta. Ma la diciassettenne non lo credette, e questo non fece che frustrarla ancora di più. "Tu vuoi diventare un'Auror, per l'amor di Dio. Puoi farcela, Alice Griffiths."

E con questo, lo fece.

Fece un passo–un passo di lunghezza insignificante, giusto lo spazio tra l'ultimo gradino della scalinata di marmo e il pavimento di pietra della Sala d'Ingresso. Ma lei discese l'ultimo gradino e non si fermò. A testa alta, attraversò in linea retta tutta la stanza ed entrò nella Sala Grande.

La fece sentire bene.

"Porca miseria!" si meravigliò Donna Shacklebolt, come Alice si sedette di fronte a lei. "Alice, sembri... completamente diversa."

Ed anche Alice lo sapeva. I suoi capelli, solitamente di un biondo sporco, terminanti all'altezza delle spalle in folti ricci, erano ora dritti come un fuso, con liscie ciocche biondo chiaro lunghe fin ben oltre le spalle. La strega si era messa il trucco per la prima volta da quella che sembrava un'eternità, e le stava proprio bene: il mascara, l'ombretto, il lucidalabbra e il fard. Il colorito pallido e i capelli indomati non erano che un mero ricordo, ora.

"Sei splendida," corresse Lily Evans, presente anche lei, lanciando un'occhiataccia a Donna. "Che è successo? Ehm... non che tu non sia sempre stata bellissima, perchè lo eri, è solo che..."

"Lo so," intervenne Alice. "So cosa intendi." Quando sorrise, sembrò–solo per un attimo–quasi come la vecchia Alice... la Alice prima della rottura. "Sto iniziando una nuova fase," annunciò lei orgogliosamente.

Donna aggrottò la fronte. "E questa fase avrà luogo fuori dal tuo dormitorio, quindi?" Lily le lanciò un'occhiataccia. Alice ebbe una nuova sensazione–come se avesse appena interrotto qualcosa.
 

(Due Minuti Prima: Il Braccialetto dell'Amicizia di Marlene)


"Non gliel'hai ancora detto?" domandò Lily, sedendosi dal lato opposto a Donna al tavolo della colazione.

Gli occhi di Donna si allargarono a dismisura."Se l'ho detto a Marlene?" chiese lei in un sussurro. "Certo che non l'ho detto a Marlene. Sei fuori di testa? Perchè diavolo dovrei dirlo a Marlene?"

"Pensavo avessi detto che avresti risolto la situazione!"

"E questo come potrebbe risolvere la situazione? Come potrebbe portare a qualcos'altro oltre che al mio smembramento?"

"Be', forze ti meriti di essere smembrata." Lily si versò del succo di zucca. "Non posso credere..."

"Buongiorno," disse una voce. Una strega si trovava alla sinistra di Lily, e, quando la ragazza si sedette al tavolo dei Grifondoro, Lily fu momentaneamente convinta che fosse qualcuno che non avesse mai incontrato. In realtà, era Alice Griffiths, ma era una Alice Griffths come Lily non l'aveva mai vista.

"Porca miseria," si meravigliò Donna. "Alice, sembri... completamente diversa."

"Sei splendida," disse Lily. "Che è successo?" Rendendosi conto di come poteva suonare: "Ehm... non che tu non sia sempre stata bellissima, perchè lo eri, è solo che..."

"Lo so. Lo capisco. Sto iniziando una nuova fase," le informò la ragazza del settimo anno, servendosi delle aringhe affumicate.

Donna aggrottò la fronte. "E questa fase avrà luogo fuori dal tuo dormitorio, quindi?" Lily le lanciò un'occhiataccia.

"Non ti è permesso fare la stronza, oggi, Donna. Anzi, non sono neanche sicura che ti sia permesso parlare finchè tu non abbia confessato."

"Confessato cosa?" chiese Alice. Lily si spostò a disagio sulla sedia.

"Confessato di... aver rubato... il mio... il mio... braccialetto dell'amicizia."

"Il tuo braccialetto dell'amicizia?"

"Il mio braccialetto dell'amicizia."

"Donna ti ha rubato il braccialetto dell'amicizia?"

"E ci è andata a letto."

"Cosa?"

"Si è addomentata indossandolo durante le vacanze e... l'ha perso. Il mio braccialetto dell'amicizia."

"Oh." Alice aggrottò la fronte. "Da chi l'avevi avuto? Il braccialetto..."

"Sai, i dettagli non sono importanti," disse Lily alle sue uova strapazzate. "La cosa importante è che Donna ha fatto qualcosa di sbagliato e che deve confessare. Deve farsi avanti ed ammettere a chiunque sia coinvolto di aver fatto qualcosa di sbagliato e che spenderà il resto della sua carriera ad Hogwarts cercando di essere un'amica migliore."

"Sai, Lily," cominciò Donna a denti stretti, "sono venuta da te per quanto riguarda... il braccialetto dell'amicizia, perchè pensavo saresti stata comprensiva. Pensavo non mi avresti giudicato per il mio errore e che avresti cercato di confortarmi in questi tempi difficili."

"Stronzate. Certo che ti sto giudicando."

Alice sembrò sorpresa. "Sei un po' dura, Lily. Lei sembra dispiaciuta..."

"Ti ringrazio, Alice."

"Era il braccialetto dell'amicizia di qualcun'altro," scattò Lily.

Perplessa, la diciassettenne alternò lo sguardo da una ragazza all'altra. "Sono confusa. 'Braccialetto dell'amicizia' è un eufemismo per qualcosa?"

Prima che una delle due potesse rispondere, tuttavia, apparvero Mary e Marlene, che si sedettero opposte ad Alice. "Buongiorno," disse Marlene allegramente. Lily e Donna si alzarono contemporaneamente.

"Devo fare i compiti," disse Donna.

"Anch'io," disse Lily.

Se ne andarono velocemente mentre Mary cominciava a fare i complimenti ad Alice per il suo aspetto.

"Braccialetto dell'amicizia, Lily? Davvero?"

"Miles Stimpson, Donna. Davvero?"
 

(La Nuova Alice)


Frank Paciock aveva un appuntamento in biblioteca; un appuntamento con settantadue pagine di una lettura che doveva completare per la successiva lezione di Erbologia. La bibliotecaria lo direzionò a malincuore verso la corretta sezione, e, mentre cercava il libro necessario tra gli scaffali, il Caposcuola fu raggiunto da qualcun altro.

"Accidenti... Alice?"

Alice non sembrava avesse notato Frank quando era arrivata nel corridoio, alzandosi in punta di piedi per leggere i titoli lungo uno scaffale più in alto, eppure, quando lui le rivolse la parola, non sembrò sorpresa.

"Ciao, Frank," replicò lei, abbastanza allegra.

Sembrava... più alta.

Se quella era la parola giusta.

Frank non ne era sicuro. Anzi, non era del tutto sicuro neanche che quello non fosse un sogno; Alice si trovava a fianco a lui–non la normale, ex-ragazza Alice, con i ricci capelli biondo scuro, la pelle pallida e l'abitudine di nascondersi dietro gli scaffali ogni volta che lo vedeva, ma qualcuno di completamente diverso: una Alice con lunghi e setosi capelli lisci biondo chiaro, con le guance rosate, e un'aria che faceva intendere che fosse così interessata dalla presenza di Frank nello stesso corridoio della biblioteca quanto avrebbe potuto esserlo da quella di una mosca.

Battendo pigramente sul dorso di alcuni libri diversi, Alice individuò finalmente quello che stava cercando; Frank era troppo impegnato ad essere confuso.

"Che sfortuna per tutte le letture assegnate, eh?" disse lei loquacemente. "Be', allora ciao."

E così insaspettatamente come era arrivata, la signorina Griffiths se ne andò. Frank rimase a fissare il punto in cui un attimo prima c'era lei. Poi ebbe una realizzazione. "Aspetta. Ha appena preso il mio libro!"
 

(Quarantasei Ore Prima)


"Neanche morta," scattò Donna; la sua bacchetta era levata di nuovo, questa volta puntata sullo spazio tra gli occhi di Miles Stimpson.

"Calmati, Shack," borbottò lui, ritirando la mano.

"Io non..." Mormorando di "fottuti bastardi" e "insopportabile idiozia," Donna si alzò in piedi. Oh, aspetta soltanto che Marlene lo venga a sapere...

Attraversò vacillando la stanza affollata, probabilmente urtando delle persone, ma non ne poteva essere sicura. La sua testa girava, così che per il momento in cui Donna raggiunse la porta, era consapevole soltanto di due pensieri: Vai a casa, e vai a letto.

"Te ne vai già?"

La voce raggiunse Donna proprio mentre lei raggiungeva la porta, ed apparteneva–come scoprì un momento dopo–al padrone di casa, Charlie Plex. "Sì," dichiarò lei con certezza, chiedendosi come mai lui stesse ruotando in quel modo.

"Come?"

"Attraverso la porta."

"Come farai ad arrivare a casa?" chiarì lui, leggermente seccato.

"Mi smaterializzerò."

"È legale?"

Gli occhi di Donna si restrinsero. "Io ho diciassette anni," lo informò.

"Anch'io, ma non so come smaterializzarmi. Non abbiamo nemmeno preso lezioni a scuola, ancora."

"Io so smaterializzarmi." E così fece per andarsene.

"Ti spaccherai," le disse Charlie. "Andiamo–puoi usare il camino in biblioteca."

Ed il lato sobrio e pratico di Donna–il cui controllo stava insolitamente sfuggendo–le disse che questa era un'idea molto migliore. "Va bene." Ed iniziò a seguire il suo ospite attraverso la stanza, barcollando ma rimanendo a galla. I suoi occhi si posarono di sfuggita su Miles Stimpson, che stava ancora bevendo.

"Marlene non è tua amica? E allora chi è tua amica?" il suo tono incredulo risuonò nella mente di lei. Una strana sensazione di disagio sommerse anche l'alcool nell'organismo di Donna. Se Marlene non era sua amica, allora perchè si sentiva così in colpa per il fatto che il suo ragazzo ci avesse provato con lei? Se Marlene non era sua amica, che importava? Che importava se Miles ci provava con lei?

...o forse era l'alcool a parlare?
 

(Presente: Segreti, Segreti)


Lily aveva due motivi principali per andare a fare una passeggiata nel castello quella sera: Donna Shacklebolt e Marlene Price. Nel tentativo di evitare tutto il potenziale imbarazzo, Lily si era tenuta completamente alla larga dal dormitorio, ed una volta finiti i compiti, era uscita di soppiatto dalla Sala Comune e si era avviata verso gli uffici dei Capiscuola. Dovevano essere deserti quella notte, suppose lei, e se fosse stata beccata da Gazza o da chiunque altro (il coprifuoco non era ancora passato, ma era questione di minuti, e quei fannulloni mandati dal Ministero non se n'erano ancora andati), avrebbe potuto inventarsi che stava svolgendo un compito in qualità di prefetto. Almeno i tizi del Ministero se la sarebbero bevuta.

Quello che Lily non si aspettava era, quando arrivò all'ufficio dei Capiscuola, che l'avrebbe trovato già occupato. Fortunatamente, realizzò il concetto prima ancora di spalancare la porta, quando sentì delle voci provenire dall'interno. Una era quella di Carlotta Meloni.

"Senti, Frank," disse lei, "Non ho intenzione di essere ancora presa in giro, va bene?"

"Carlotta, io non ti ho mai presa in giro," rispose l'altra voce–quella di Frank, che suonava stanca. "Sono sempre stato onesto su quello che volevo, e..."

"Ma fammi il piacere," lo schernì la strega. "Come puoi anche solo avvicinarti all'essere onesto su ciò che vuoi con me? Non sai nemmeno quello che vuoi tu."

"Be', questo non lo nego."

"Così, per tutto questo tempo, ci stavi solo... pensando?" chiese Carlotta con tono derisorio.

"Car, te l'ho detto prima, io..."

"Andiamo, Frank," lo interruppe lei con aria stanca. "Non mi va proprio ora. Sono stanca e devo andare a meditare... anche se calmarmi ora va oltre le mie possibilità. Ne riparliamo domani."

Quelle erano le parole di commiato, realizzò Lily un secondo dopo. La ragazza si voltò e cominciò a correre nella direzione opposta. Questo era esattamente il tipo di conversazione che lei non voleva esser sorpresa ad origliare... specialmente da Carlotta Meloni.

Lily si abbassò dietro l'angolo più vicino, e mentre lo faceva, il prefetto si girò per controllare al di là della sua spalla, ed in questo modo non vide Sirius Black, che era in procinto di girare l'angolo dalla direzione opposta. "Merda," imprecò lui, mentre i due andavano a sbattere, fronte contro fronte.

"Porca..." Lily si strofinò la fronte, facendo una smorfia. "Mi dispiace. Non ti ho visto." Si rese conto di chi aveva colpito. "Oh... Sirius. Come stai?" Il Professor Black non era lontano dalla sua mente, ed era intensamente curiosa di sapere se il loro insegnante di Difesa avesse detto a suo nipote la verità sulla sua salute in peggioramento.

"Sto bene." Anche lui fece una smorfia. "Dov'è l'uomo nero, comunque?"

Lily fece qualche passo indietro e controllò il corridoio. "Credo che sia andato nella direzione opposta," pensò, aggrottando la fronte. "Mi dispiace, avrei dovuto stare più attenta."

"Niente di grave," mormorò il Malandrino.

"Dove stai andando?" Chiese Lily, rendendosi conto che l'ora era un po' sospetta per Sirius: troppo tardi per qualsiasi affare ortodosso e troppo presto per fare danni in giro.

“Mi crederesti se ti dicessi che era diretto in biblioteca?" chiese, sogghignando un po'.

"No," rispose Lily come se fosse una cosa ovvia.

"Be', è così." Si ritirò un piccolo libro tascabile dalla tasca della sua veste. "Prima che cominci a farti strane idee su di me, dovresti sapere che questo è il libro di James... ho perso tre turni consecutivi di lancio-della-pergamena-nella-spazzatura, ed il suo premio consiste nel farmi fare questo lungo viaggio fino in fondo quel luogo oscuro chiamato biblioteca. "

"Lanciavate pergamene nella spazzatura?"

"È esattamente quello che sembra."

"Ah."

"Se non mi credi... riguardo il viaggio in libreria," continuò Sirius, rimettendo il libro in tasca; "potresti venire con me. La signora Sevoy potrebbe realmente credere che non sono lì per compiere qualche atto vandalico se ci sei anche tu. "

Lily non aveva niente di meglio da fare, e certamente l'offerta batteva le prospettive di sommo imbarazzo con Donna e Marlene. In più, avrebbe avuto l'opportunità di scoprire se Sirius sapeva già la verità su suo zio. Dunque accettò, ed i due partirono.

"Le vacanze sono andate bene?" chiese Sirius. "Hai passato un buon Natale?"

"Sì," disse Lily. "Un po' strano in certi aspetti, ma tutto sommato... non terribile."

"Entusiasmante", sottolineò ironicamente Sirius.

"Be'...è mia sorella," tentò di spiegare la rossa. "È babbana. Lei non approva il mio essere... il mio essere ciò che sono".

"Oh. Sì, ho capito."

"Credo che tu ne sappia qualcosa, non è vero? Più di quanto creda."

"Più di quanto credi, sì", concordò Sirius.

"E tu?" Chiese Lily. "Hai passato delle buone vacanze?"

"Mm, sì, sono andate bene. Certamente battono il Natale-con-i-Black a casa."

"Non sei un fan delle riunioni di famiglia, suppongo."

"Guardala in questo modo: la cena di Natale è un po' come ci si potrebbe immaginare la veglia di un serial killer."

"Oscura."

"Con ottimo cibo."

Lily sorrise. "Quindi... uhm... hai passato del tempo con tuo zio, allora?"

"Sì, un po'." Non sembrava per nulla preoccupato dalla domanda.

"E-e se la passa bene?"

"Sì. Mi ha persino aiutato in Infermeria..."

Lily tossì e chiese in quello che sperava fosse un tono casuale: "Ah sì? Eravate in Infermeria? Tutti e due?"

"Era lì per prendere qualcosa per il mal di testa o qualcosa del genere," rispose Sirius con una scrollata di spalle. "Io mi stavo nascondendo da Gazza. Quel seccatore diventa irritabile quando gli si fa saltare in aria l'armadio, a quanto pare."

"Ne ho sentito parlare," disse Lily. "Perché non mi sorprende che sia tu il responsabile?"

Sirius sorrise semplicemente mentre raggiungevano la biblioteca. Restituì il libro alla signora Sevoy, la bibliotecaria, e Lily concluse che lui ancora non sapeva. Si sentì molto a disagio quando il ragazzo tornò da lei.

"Torni in Sala Comune?" si informò, mentre arrivavano alle scale.

"No," disse Lily. "No, c'è ancora mezz'ora fino al coprifuoco. Credo che mi limiterò a fare un giro per il quarto piano."

Sirius aggrottò la fronte. "Vengo con te, non è sicuro andare in giro da soli a quest'ora della notte."

"No," rispose Lily velocemente. "Non preoccuparti per me. Ho la mia bacchetta e... probabilmente devi tornare alla tua gara di lancio della pergamena nella spazzatura."

"Sei sicura?"

"Certo."

"Stai attenta."

"La tua preoccupazione è toccante, ma non necessaria."

"Credimi, Lily," disse il Malandrino, incrociando le braccia, "La sicurezza tra le mura di questo castello non è una cosa da prendere alla leggera. Non è per niente divertente imbattersi in un gruppo di Serpeverde rampanti a quest'ora."

"Sono una tosta io," gli disse Lily. "Ma grazie per il pensiero."

Sirius annuì e si avviò verso la Sala Comune. Lily sospirò. Si sedette sul primo scalino e si appoggiò alla ringhiera. Era stata una giornata lunga, ed odiava ufficialmente mantenere i segreti. Perché le persone non potevano essere oneste tra di loro? E se avevano intenzione di mentire, perché doveva essere sempre lei quella a sapere? Con un altro stanco e lungo sospiro, Lily chiuse gli occhi.

Quando li riaprì, le torce nel corridoio e lungo la scala si erano spente.

"Snaps?"

James si rese conto che Lily stava dormendo dopo che il soprannome gli era sfuggito dalle labbra. I suoi occhi verdi, appena visibili nella luce fioca di una sola torcia all'altra estremità del corridoio, si erano spalancati di colpo, e la ragazza sembrava spaventata.

"Per Agrippa... dove sono?" chiese la rossa, impaurita dall'ambiente estraneo che la circondava; James non era sicuro che l'avesse visto o che avesse riconosciuto la sua voce.

"Al quarto piano," le disse.

"Oh." Lily lo ispezionò un attimo. "Potter. Che ci fai qui?"

"Cucine," mentì parzialmente James, facendo scivolare furtivamente la Mappa del Malandrino nella tasca. "Che cosa ci fai tu qui?"

"Devo... Devo essermi appisolata." Lily si strofinò gli occhi, ancora disorientata. "Che ore sono?"

"È quasi mezzanotte."

"Quasi mezzanotte?" Si alzò in piedi, barcollando in un primo momento in modo spingendo James a fare un passo avanti, per ogni evenienza. Non fu necessario, lei si era retta alla ringhiera e non aveva notato il suo movimento. "Devo andare. Il coprifuoco è passato. Devi andare anche tu..." Sembrò a realizzare qualcosa. "Ehi, il coprifuoco è passato da un pezzo per te. Io sono un prefetto. Dovrei..."

"Essere a letto," finì per lei James. Lily si accigliò.

"Mi sembra giusto. Inoltre, non mi va proprio di compilare il rapporto ufficiale e tutto il resto. Credo che tu l'abbia scampata questa volta." La sua espressione era un misto tra un tentativo di disapprovazione ed un divertimento genuino. "Comunque, io vado in dormitorio."

James, che stava accanto a lei sul pianerottolo, si mosse, per bloccare un po' la strada verso il piano di sopra. "Non puoi andartene semplicemente in giro adesso... è il cuore della notte."

"Sì, ho sentito che le armature possono essere abbastanza aggressive a quest'ora”, disse lei seccamente, la sua voce, notò lui, era un po' roca per il sonno. "Grazie per l'interessamento, ho la mia bacchetta, andrà tutto bene."

E con questo cominciò a salire le scale. James soppesò le sue opzioni, e decise che non era così affamato da non seguire Lily Evans.

"Pensavo fossi diretto alle Cucine."

"Chiamami pure Principe Azzurro," disse casualmente lui.

"Suona meglio Conte Dracula," rispose Lily, non perdendo un colpo. James sorrise e fu lieto che gli occhi della sua compagna non erano su di lui.

Rimasero in silenzio per qualche secondo, mentre James si chiese quanti danni avrebbe fatto dire quello che aveva in mente. "Quindi Lathe è andato via,” cominciò con cautela.

Lily annuì. "Già... Luke mi ha scritto al riguardo. Strano, vero?"

"Sì. È strano. Senti, Snaps..." Ma perché tutti dicevano sempre che lui ci sapeva fare con le parole? Si chiese James. Certo, era vero, e lo sapeva anche lui, ma in questo momento, le parole non sembravano proprio voler uscire. "Devi fare attenzione."

"Fare attenzione? Con un grande e grosso te a proteggermi?" Gli indirizzò un sorriso un po' sarcastico.

"Non mi riferisco ad ora." Avevano raggiunto il piano successivo, e la scala era all'altra estremità del corridoio. "Voglio dire... è solo che... hai letto il giornale di ieri?"

L'espressione di Lily si fece glaciale (ora illuminata dalla poca luce che filtrava dalle finestre; le conferiva un'aura bluastra). "So di cosa stai parlando," disse con calma. “E vorrei che non lo facessi."

“Il fratello di Luke Harper è un Mangiamorte," insistè James. "E gran parte di quella famiglia ha avuto a che fare con..."

"Questo non ha niente a che spartire con me."

“Davvero” chiese lui sarcastico. “Quindi Luke Harper non è il tuo ragazzo?”

“Non c'è niente che non vada in Luke.”

“Oh, andiamo Snaps, non puoi semplicemente supporre che lui non sia...”

“Non sto supponendo nulla.” Lei smise di camminare e così fece lui. “Conosco Luke. So che tipo è. Sei tu a supporre che, dati i trascorsi della sua famiglia, lui sia un Mangiamorte."

“Non sto dicendo che lui sia un Mangiamorte.”

“Allora cosa stai dicendo?”

“Sto dicendo che...” Be', va bene, era quello che aveva detto, più o meno. “Sto dicendo che dovresti stare attenta.”

Lily sospirò. "Il tuo migliore amico viene da una famiglia dai trascorsi ben peggiori di quelli degli Harper” disse. “Tu più di ogni altro dovresti capire la sua situazione.”

Qualcosa nel suo sguardo si era ammorbito, come a dirgli di non voler litigare con lui in quel momento. Questo lo fece replicare onestamente. “Non mi fido di lui,” ammise James.

Lily sollevò le sopracciglia. “Allora credo che sia un bene che non sia tu ad uscirci.” Ci pensò su. “Anche per altre ragioni.” Con questo, Lily si girò e ricominciò a camminare. James la seguì. Girarono un angolo nel corridoio, in tempo per scoprire di non essere da soli.

Un gruppo di studenti era seduto sul pavimento ad una cinquantina di metri di distanza, ridendo e scherzando ad alta voce. Le loro bacchette erano alzate mentre si esibivano in vari spettacolari ma semplici incantesimi -scintille, fuochi d'artificio silenziosi... James riconobbe una voce che ridacchiava: "Avery vi ha raccontato cosa è successo con quella puttanella di Tassorosso?"

Mulciber.

Il resto del gruppo fu piuttosto facile da dedurre a quel punto: Avery sedeva accanto a lui, ed il ragazzo biondo che James riusciva solo a scorgere doveva essere l'amico di Zabini. La ragazza era Colista Black–James riusciva a vederla masticare una gomma e attorcigliando una ciocca di capelli scuri intorno alla bacchetta, come se la scena dinnanzi a lei la stesse annoiando terribilmente–ed il ragazzo che si stava divertendo a produrre scintille verdi era un ragazzo chiamato Hester. Piton era visibilmente assente.

James socchiuse gli occhi, ed inconsciamente si mosse in avanti. La fredda mano di Lily artigliò il suo polso, ricordandogli della sua presenza. “No,” sussurrò lei. "Non li attaccherai." E James si rese conto che sebbene non avesse specificamente progettato di attaccare, aveva tutte le intenzioni di farlo.

“Perchè no?”

“Siamo in inferiorità numerica”

“Potrei farcela contro di loro.”

“Non stanno facendo niente di male.”

“Sono fuori dai dormitori dopo l'ora del coprifuoco.”

“E così anche noi.”

James sospirò. “Va bene.” Le permise di riportarlo indietro, ma come fecero per voltarsi, udirono Mulciber zittire i suoi compagni.

“È Gazza?” disse Colista Black tentando di mantenere un tono basso.

Lily strattonò ancora una volta il polso di James, e lui non la contrastò. Poi, all'improvviso, una luce bianca riempì il corridoio.

“Non è Gazza,” disse Mulciber. “È Evans e Potter.”

Mezzo accecato dalla luce prodotta dalla bacchetta di Mulciber, la mano di James si mosse impercettibilmente verso la tasca dove era riposta la bacchetta. Poi, la luce bianca svanì, e le torce nel corridoio vennero accese.

“Evans e Potter,” ripetè Mulciber, venendo loro incotro. Gli altri Serpeverde lo seguirono. “O la Bella e la Bestia, se preferite.”

“Suvvia” disse James; “Io non darei ad Evans della bestia.”

Lily guardò male il suo compagno. “Potter, sono l'unica alleata che hai, in questo momento,” gli ricordò lei seccamente, a ragione.

“Andiamo ragazzi,” disse un'irritata Colista Black. “Non fate gli stupidi. Andiamo, prima che Gazza arrivi e dia a tutti un mese di punizione."

“Ha ragione,” convenne Lily. Poi, bisbigliando a James, la rossa aggiunse: “il numero settantacinque dovrebbe dirti qualcosa, Potter.”

“Ci metto due secondi,” l'implorò lui. “Eddai.”

"James."

Mulciber si avvicinò ancora, la sua bacchetta che si muoveva in preparazione. “Siete in inferiorità numerica, Grifondoro,” disse.

“Io non direi,” disse James con leggerezza.

“Nick, andiamocene,” riprovò Colista, ma di nuovo, venne ignorata.

“Andiamo, Black” rispose bruscamente Hester. “Ecco perchè non dovremmo portarci dietro le ragazze. Sono buone solo per una cosa...”

“Oh, ma levati dalle palle,” ribattè Colista. “Nick.”

Ma Mulciber si stava godendo la situazione. Avery e Hester stavano alla sua destra ed alla sua sinistra, e persino Zabini sembrava pronto a combattere. Le dita di James tamburellavano sulla sua bacchetta.

“Sai,” cominciò Hester, un pallido studente del sesto anno dal viso sottile, “Sono incline a concordare con il compagno James, qui. Sulla sanguesporco, intendo...”

BANG!

Ora, James Potter era certo di essere decisamente più veloce di Nicolai Mulciber nel gettare incantesimi. Sapeva di essere due o tre volte più veloce di quella zucca vuota di Avery, e che, nel momento del bisogno, le capacità di Hester erano improntate più sull'astuzia più che sul combattimento magico. Colista Black non avrebbe mai attaccato, ne era certo, e così Zabini–non per primi, almeno. Pertanto, il Grifondoro rimase profondamente sorpreso quando, mentre la sua bacchetta era quasi del tutto fuori dalla tasca, un altissimo boato colpì il corridoio.

Un'accecante luce gialla disorientò anche lui per qualche momento, e quando svanì, una pesante coltre di fumo prese il suo posto. Un momento dopo, la nube si innalzò. Con il cuore in gola, James cercò con lo sguardo Lily; lui non era stato colpito, il chè voleva dire che doveva essere stata attaccata lei.

Ma non era così. Il fumo svanì, ed il minuto (rispetto a lui) prefetto stava pochi passi avanti, la bacchetta alzata ed una solida espressione di determinazione sul suo viso. I cinque Serpeverde erano riversi a terra, svenuti. James la fissò, conscio del fatto che la sua espressione stava lasciando trasparire un totale sbalordimento.

“Lily?” riuscì a tirar fuori lui.

Lily sospirò, rimettendo a posto la bacchetta. “Si sveglieranno tra un minuto,” disse lei pragmaticamente. “Non sono ancora riuscita a padroneggiare questo incantesimo...” e sembrava un po' delusa da se stessa. “Dobbiamo andare, prima che Gazza arrivi qui.”

Mentre scavalcava Mulciber, James la seguì. “Aspetta, Snaps. Vieni qui.” E dalla tasca davanti della sua veste, James tirò fuori il suo possedimento più prezioso.

“Cos'è quello?” chiese la rossa, mentre lui apriva un pezzo di stoffa argentea.

“Un mantello dell'invisibilità,” rispose lui.

“Hai un mantello dell'invisibilità?”

“Già.”

Gli occhi verdi di Lily si spalancarono. “Non credo che riuscirò a dormire bene stanotte, sapendolo,” disse.

“Andiamo.”

Il ragazzo coprì entrambi, e il silenzio calò su di loro fino a che non ebbero dato la parola d'ordine alla Signora Grassa ed entrarono nella Sala Comune. James non potè fare a meno di sentirsi sollevato.

“Grazie per il mantello,” disse Lily, avviandosi verso le scale del suo dormitorio.

James la guardò, confuso. “Senti, Snaps, come hai...?”

“Il problema con i Serpeverde,” lo interruppe lei, “È che passano troppo tempo a deridere la gente e ad elencare cosa faranno loro, quando pensano di essere in vantaggio. Tutto quello che devi fare è interromperli.”

“Ma quell'incantesimo...”

“Sono buona,” disse lei calma. “Sono buona, e fiduciosa. Non sono debole, James.”

Il suo nome rimase nell'aria come vapore mentre lei cominciava a salire le scale.

Lily.” Lei si fermò sullo scalino, e lui pensò che, insieme ad un'espressione piena di attesa, fosse un po' sorpresa–probabilmente dall'uso del suo nome di battesimo. In quel momento, in un modo quasi disperato–con la luce fioca del camino che gettava strane ombre sul suo viso, e i suoi capelli in uno stato disastroso–James avrebbe voluto semplicemente dirlo.

Ma non lo fece.

“So che non sei debole.”

Colta un po' di sorpresa, Lily fu sul punto di sorridergli.

Ma non lo fece.

“Buona notte, Potter.”

“'Notte, Snaps.”

(Così Dispiaciuto)


Donna era in difficoltà, e lei non era spesso in difficoltà.

Stava seduta ad Aritmanzia, a rimuginare su questo fatto senza alcun progresso verso una soluzione. Per una volta, era contenta che Lily avesse scelto di non prendere questa classe: in questo momento, del tempo da sola era proprio quello di cui Donna Shacklebolt aveva bisogno.

Aveva avuto una botta e via. Una botta e via. Sembrava così... trash. Comune.

Certo, lei era solita darsi delle arie, e non era agnello innocente prima di questo incidente, ma c'era qualcosa di intrinsecamente diverso nel fare sesso con un ragazzo, brilla di un solo bicchiere di Whisky Incendiario in combinazione con l'adrenalina di una partita di Quidditch appena vinta, e dal fare sesso con il ragazzo della tua –ehm– compagna di stanza, quando sei così sballata da non riuscire a ricordare il tuo secondo nome. Il primo caso potrebbe essere razionalizzato: era una sana e normale ragazza adolescente; era naturale che effettuasse una sorta di liberazione. Per il secondo caso, non vi era alcuna scusa che potesse sedare la sua coscienza.

Fanculo.

Donna era divisa tra l'incredulità verso lei stessa e la malata, masochista soddisfazione che avesse fatto una cazzata tanto grande che nemmeno Lily avrebbe potuto perdonarla. E quello era deprimente.

Il Professor Kelley terminò la lezione con dieci minuti di anticipo, e Donna uscì dalla classe con gratitudine. Si diresse al piano di sotto da sola, decisa a schiarirsi le idee prima di cena–cena significava potenzialmente affrontare Marlene e Miles, una situazione che aveva evitato negli ultimi due giorni.

Domenica sera si stava lentamente mettendo a fuoco. C'erano pezzi –non pezzi importanti, ma comunque pezzi– che ricordava quasi completamente. Chiacchierare con una ragazza di nome Lynda, accettare un altro bicchiere di Whisky-Incendiario-con-tanti-grazie, Rowan Lewis che le diceva che era molto meno spaventosa da ubriaca, e lei che lo abbracciava, che lo informava che non voleva essere spaventosa. Quel tizio canadese...

Donna rabbrividì. Questo faceva schifo.

Miles Stimpson e l'atto in sè rimaneva molto debole: erano in una stanza a parlare, proprio come aveva detto a Lily. Avevano parlato–lui aveva menzionato a Marlene. Lei aveva detto qualcosa su Antiche Rune...aveva balbettato in realtà. E ricordava questo molto chiaramente:

"Non dirlo a Marlene, va bene?"

Fanculo.

Era andata a letto con Miles Stimpson.

E non appena una nuova ondata di disgusto la invase, Donna entrò nel gabinetto delle ragazze. La maggior parte degli altri studenti erano ancora in classe, così si ritrovò misericordiosamente sola. Almeno, lo era in un primo momento.

"Che cosa stai facendo?" arrivò una voce–irritante, acuta, e purtroppo familiare.

"Vattene, Mirtilla," ordinò Donna freddamente. Un attimo dopo, Mirtilla Malcontenta–una ragazza dai capelli scuri, occhialuta di circa quattordici anni, che si dava il caso fosse anche abbastanza morta–emerse da–o meglio, attraverso–una cabina.

"Perché dovrei?" sbottò il fantasma, che non era mai andato molto d'accordo con Donna. "È il mio bagno. Io ho solo una stanza nell'intera scuola, e tu vorresti farmi uscire."

Donna guardò accigliata il riflesso di Mirtilla nello specchio. "Se tu avessi un po' di buon senso, infesteresti il gabinetto dei ragazzi."

"Dovrai sapere che lo faccio," ribatté l'altra. Ripensò all'affermazione un secondo più tardi ed aggrottò la fronte. Donna guadagnò una certa cupa soddisfazione dalla sua confessione.

"Mostro."

"Non sono un mostro!" strillò Mirtilla. "Cosa ci fai qui, comunque? A guardarti solo nello specchio in quel modo. È strano, sai."

"Dice il fantasma che infesta un bagno."

Il labbro di Mirtilla tremò, ma più per la rabbia che per il dolore. "Sei cattiva," accusò con odio.

Donna incrociò le braccia, sapendo che era vero ma desiderando negarlo. "Hai cominciato tu."

"No. Io ho chiesto cosa stessi facendo, e poi tu mi hai chiamata 'mostro'. Per nessun motivo–p-p-per nessun motivo al mondo!" Ora sembrava sul punto di piangere, e Donna non pensò di poterlo sopportare.

"Per favore non farlo," la supplicò. "Mi dispiace. Lo rimangio. Tu non sei un mostro. Mi dispiace. Non...non piangere però. Per favore."

"Lo stai rimangiando solo per fare in modo che io non pianga," singhiozzò Mirtilla Malcontenta. "Sei cattiva."

Donna gemette. "Mi dispiace. Dio. È solo che... sto avendo una brutta giornata, va bene? Io… ho fatto un casino."

Mirtilla smise di piangere. "Quale?"

"Be'," cominciò l'altra, fronteggiando la sua compagna spettrale con un'espressione seria, "Io sono una specie di... andata a letto con qualcuno con il quale non avrei dovuto."

Gli occhi di Mirtilla strabuzzarono. "Tu cosa?"

"La tua emotività del 1940 è molto tenera," disse Donna, non suonando minimamente dolce. "Ma siamo nel 1976. Le cose sono cambiate." Mirtilla farfugliò qualcosa di indistinto, e Donna continuò. "In ogni caso, questo è il succo del discorso."

"Questo è–questo è… è... da puttana."

"Io non sono una puttana," sbottò Donna. "Dio, avrei potuto confidarmi con qualcosa di meglio di un maledetto fantasma."

Mirtilla cominciò a piangere. Si tuffò di nuovo nella sua cabina preferita, provocando un potentissimo spruzzo che fece alzare a Donna gli occhi al cielo. Uscì in fretta dal bagno, non più rilassata o meno disgustata da lei stessa di quando era entrata.

"Donna!"

Ed eccola lì–l'ultimissima persona che Donna avrebbe voluto vedere in quel momento. Si voltò e corse nella direzione opposta.

"Donna! Ehi, Shacklebolt!" (Come se pensasse che lei semplicemente non lo avesse visto). Miles Stimpson la raggiunse. "Ti stavo cercando."

"Non hai lezione?" scattò la strega, decisa a non incontrare il suo sguardo.

"Siamo usciti presto," rispose il Corvonero. "Ehi, volevo parlare con te. A proposito della festa di Charlie Plex..."

"Non voglio parlarne."

"Bene. Bene, ma... ascolta, non so se te l'ho detto quella sera... voglio dire, ero abbastanza ubriaco e non ne ricordo gran parte, ma..."

"Chiudi il becco, Miles." (Lei non poteva sopportare di sentirlo).

"Per favore, solo non dire a Marlene che ero lì."

Donna si fermò sui suoi passi. "Non dire a Marlene che eri lì? Sei fottutamente fuori di testa?"

"Io... be'... senti," cominciò Miles, "Io so che tu e lei non siete davvero amiche…"

"Cosa te lo fa pensare?" interruppe Donna, alzandosi alla sua piena–abbastanza alta–altezza.

"Tu... tu... Shack, questo è quello che mi stavi dicendo."

"Cosa?"

"... E tu sei sempre una specie di stronza con lei, così..."

"Scusami?"

"Volevo solo dire–ascolta, non è questo il punto. Il punto è," Miles si spinse in avanti a disagio, "per favore basta che tu non le dica di me e Carlotta."

Donna sbatté le palpebre.

"Te e Carlotta?"

"Che–che abbiamo pomiciato."

Donna sbatté le palpebre di nuovo–diverse volte in successione. "Tu e Carlotta? Tu e Carlotta avete pomiciato?"

"Giusto... sai... dopo la cosa."

"La cosa?"

"La cosa."

"Quale cosa?"

"Lo sai. La cosa."

"Stimpson..." avvertì Donna.

"Lo sai," continuò a mezza voce. "Non sono orgoglioso di questo–Io ero ubriaco e Io–lo sai... ti ho toccato un po' la gamba. E poi hai minacciato di affatturarmi e mi hai detto 'neanche morta,' e poi c'era... non ti ricordi?"

Donna si mordicchiò il labbro. "Tu hai pomiciato con Carlotta."

"Sì."

"Ed io non ti ho permesso di toccarmi?"

"Non te lo ricordi. Cazzo."

"Mi ricordo troppo," disse la Grifondoro freddamente, riprendendo se stessa. "Mi ricordo anche che tu eri alla festa e che hai raccontato a Marlene che non c'eri, quindi se non marci fino a Marlene e le dici quello che hai fatto, lo farò io."

Donna non era mai stata così orgogliosa di se stessa, ma non sapeva perché.

"Tu sei una stronza," mormorò Miles, allontanandosi dinoccolatamente.

Per un momento–solo un breve momento–Donna permise a se stessa di sentirsi sollevata. Ma poi si rese conto di qualcosa d'altro–lei non aveva sbagliato. Aveva fatto sesso. Del sesso era sicuramente stato fatto. Ed ora non aveva idea di chi fosse il ragazzo… potrebbe essere stato chiunque. Lei avrebbe potuto non saperlo mai, e mentre ciò poteva essere una cosa buona, era un po'... disgustosa, anche. Avrebbe potuto non saperlo mai

"Shacklebolt."

Donna si voltò al suono del suo cognome. Un alto mago di Corvonero con rossastri capelli castani, occhi marroni, e una leggera spolverata di lentiggini stava lì, con indosso un sorriso complice.

"Charlie Plex," disse.

"Ti ricordi di me." Sembrava contento.

"Frequentiamo ​​la stessa scuola," gli ricordò Donna freddamente. Le chiacchiere non la interessavano in questo momento.

"È così che lo chiamano in questi giorni?" chiese. Donna spostò la sua borsa dei libri più in alto sulla spalla, la confusione sul suo viso. "Cosa?" Charlie Plex si chinò vicino e sussurrò: "Non ti ricordi di me, Shacklebolt?"

E poi lei lo fece.
 

(Settanta-quattro ore prima)

"Non dirlo a Marlene" disse Miles, avvicinandosi.

"Non dire cosa a Marlene?"

E poi Donna notò la mano sulla sua gamba. "Neanche morta, coglione!"

"Calmati, Shack…"

"Non lo farò... maledetto idiota... insopportabile idiozia... cretino… che avrebbe... dannato stronzo!"

Lei raggiunse la porta.

"Te ne vai già?"

"Sì..."

"Mi smaterializzerò."

"Ti spaccherai," le disse Charlie. "Andiamo–puoi usare il camino in biblioteca."

"Va bene."

"Va bene, eccola qui..." La coppia raggiunse quella che era, a quanto pare, la biblioteca. "Hai bisogno di aiuto?" chiesto l'irritante sobrio Charlie.

"No." Pausa. "Forse."

"Andiamo." Si mossero nella direzione generale del camino. "Sei così incazzata," osservò Charlie, evidentemente divertito da questo dettaglio. Donna, nel frattempo, stava osservando la polvere volante, come se non avesse mai visto niente di simile.

"'Fanculo," scattò lei. Lei alzò lo sguardo verso di lui. "Sai cosa odio?"

"I Tassorosso?" suggerì Charlie.

"No. Sì. Ma anche altre cose."

"Come cosa?"

"Come..." Ma erano in piedi molto vicino, e tutto divenne sempre più confusa mentre i secondi passavano veementemente, rumorosamente. "Come..." Donna provò un'altra volta, ma non con maggiore successo.

"Come cosa?"

"Come..." Afferrò la parte anteriore della sua veste e lo baciò, ruvidamente sulla bocca. Era...

Confuso.

Quando si separarono, c'era un formicolio appena sotto le scapole di Donna, che avrebbe potuto essere dolore se non fosse stata del tutto insensibile. La sua schiena era premuta duramente contro il mantello; entrambi respiravano pesantemente.

"Ho una ragazza," mormorò Charlie, e nei prossimi mesi, a Donna non sarebbe mai stato del tutto chiaro se o meno quelle parole avessero significato qualcosa per la sua mente intossicata.

Lei roteò gli occhi ambrati: "Vaffanculo." E afferrò la camicia.
 

(Presente)


"Eri tu," si meravigliò Donna. "Tu eri il ragazzo!"

"Non... non ti ricordi?" E la fiducia di Charlie Plex vacillò per un momento. Donna si mise a ridere.

"Sì, mi ricordo," disse. "Oh mio Dio, non hai idea di quanto sia felice che sia stato tu, Plex."

"... O-k?"

"Voglio dire tu," Donna continuò. "Se sei tu, era solo una botta e via. Era... non era niente. Posso letteralmente dimenticare che questo sia mai successo. Grazie a Dio."

Il viso di Charlie si contorse in una sorta di smorfia sardonica. "Elegante, Shacklebolt."

Donna lo fulminò: "Disse il ragazzo che ha una ragazza ed è comunque andato a letto con una completamente ubriaca."

Il Corvonero fece un passo avanti, e per il più breve di secondi, Donna si sentì come se fosse di nuovo in quella riscaldata, roteante, sfocata, silenziosa biblioteca. Un sorso o due in lei ed avrebbe potuto baciarlo di nuovo. "Non sei esattamente innocente in questo," sussurrò Charlie. Lui fece un occhiolino, un passo indietro, e si ritirò. Donna trattenne il respiro.
 

(Voglio)


Sepolto sotto una pila di libri paragonabili o meno alla Grande Muraglia Cinese e con la consapevolezza che non c'era fine a quella pandemia di compiti in vista, Frank Paciock esalò un pesante sospiro stanco. I dolori di uno studente del settimo anno erano veramente grandi. A completare l'elenco al momento, si rese conto Frank mentre cercava e non riusciva ancora una volta a concentrarsi sul rotolo vuoto davanti a lui, v'era il fatto che anche la biblioteca non sembrava esente da distrazioni per un sfortunato studente pieno di compiti.

Era quella stupida ragazzina del primo anno.

Lei non stava cercando di essere un fastidio, Frank lo sapeva, ma la pietosa ragazza di undici anni aveva trascorso l'ultima mezz'ora inciampando attraverso i corridoi di libri, rovesciando oggetti di altri studenti, e facendo rumore in generale. La signora Sevoy le aveva già dato i suoi due avvertimenti, ma mentre la bibliotecaria era scivolata via verso la parte posteriore, la strega del primo anno aveva versato con gran fracasso il contenuto della sua borsa dei libri nell'area principale, prima di chiedere senza speranze a tutti quelli che stavano studiando lì la posizione della sezione di Pozioni.

"Diventerei una persona cattiva se l'affatturassi?" mormorò Adam McKinnon, che condivideva il tavolo con Frank.

"Non se lo faccio prima io," rispose Frank, mentre la studentessa del primo anno–dopo aver ricevuto indicazioni da un irritabile Tassorosso–fuggì verso la sezione di Pozioni. "Sei così fortunato a non essere al settimo anno, McKinnon."

"Non proprio", si lamentò Adam. "Voglio dire, ho tutto questo lavoro, più tutto il lavoro che dovrò fare l'anno prossimo davanti a me."

"Giusta osservazione." La studentessa stava ora svolgendo il rumoroso atto di prendere un libro da uno scaffale alto. "Buon Merlino, deve essere uno scherzo."

"Cerca–cerca solo di ignorarla," consigliò Adam inutilmente. Lo studente del sesto anno aprì il suo libro di testo e cominciò, con grande sforzo, a leggere le pagine assegnate. Frank prese la penna ancora una volta e iniziò così a scrivere l'apertura del suo saggio. Mentre l'inchiostro colava giù sulla bianca derisoria pergamena, non si era mai sentito così banale.

Il rumore assordante che fece saltare tutti nella libreria non aiutò la sua musa ispiratrice.

"Per l'amor di Merlino!" gridò qualcuno, mentre la problematica strega in questione emergeva dal corridoio, chiedendo rumorosamente scusa.

"Mi dispiace!" insistette la giovane strega, ed una spruzzata di libri sul pavimento rivelò loro che aveva apparentemente tirato giù uno scaffale intero. "Veramente–mi sono solo sporta un po', e..."

"Nessuno se ne frega!" gridò una ragazza del settimo anno di Corvonero, Marissa, che era anche la Caposcuola. Marissa si era alzata dal suo tavolo ed era rossa di rabbia. "Per l'amor di Agrippa, non hai fatto nulla fuorché fare rumore e infastidire tutti qui da quando sei entrata! Questo è l'unico posto in cui chiunque può realmente studiare in questa scuola, e tu lo hai fottutamente rovinato, stupida, inutile, marmocchia rumorosa! "

Raccogliendo le sue cose, Marissa si precipitò fuori della biblioteca, seguita da molti dei suoi amici, e poi da diversi altri ragazzi dall'aria imbarazzata. Adam guardò Frank. "Per essere onesti," disse il secondo, "Marissa ha avuto una settimana davvero brutta."

"Ha ragione," mormorò qualcuno ad un tavolo vicino. "Dannati primini."

"Non puoi semplicemente prendere i libri e andartene?" chiese una ragazza del quarto anno a quella del primo, che era ancora pallida per le grida della Caposcuola. "C'è gente sta cercando di lavorare qui."

"Ma non ho trovato..."

"Hai idea di quanta Trasfigurazione abbia assegnato la McGranitt questa settimana?" domandò un altro ragazzo. "E la mia Sala Comune è così rumorosa, non riesco a finire nulla lì..."

"Sì, anche io."

"Anch'io!"

Improvvisamente, tutti sembravano guardare la studentessa del primo anno con aspettativa. Lei arrossì e si mordicchiò il labbro, distogliendo gli occhi dai libri che si trovavano sparsi sul pavimento. "Io–Io credo di sì," cominciò a biascicare: "T-t-t-tornerò più tardi, e..."

"Tornate a lavoro, gente" disse una voce nuova. "Ci penso io, va bene? Dico sul serio." Alice Griffiths emerse da una pila di libri in un angolo–aveva tanti compiti quanti ne aveva Frank; lo sapeva per certo, dato che avevano preso quasi tutte le stesse materie. "Come ti chiami, comunque?" continuò Alice a voce bassa alla studentessa del primo anno.

Ma la giovane strega era sull'orlo di una crisi isterica. "Io-io-io sono c-così dispiaciuta… Io non–non… Di solito non v-v-vengo in b-biblioteca, e..."

Alcune persone gemettero.

"Tornate al lavoro!" ripeté Alice. Le tremavano le mani (lo facevano sempre quando era furiosa), ma il suo tono era stabile quando sussurrò (Frank era teso e poteva appena udire): "Piccola, come ti chiami?"

"Caydence."

"Caydence, di quali libri hai bisogno?"

"Io-io ho una lista," mormorò Caydence, con le lacrime agli occhi. Porse un foglio di pergamena ad Alice, che lo lesse, si mordicchiò il labbro, e poi–alzando la bacchetta, mormorò qualche parola. Subito, quattro o cinque libri volarono da vari ripiani in tutta la biblioteca, atterrando in una accurata levitante pila accanto ad Alice. La studentessa del settimo anno ne prese possesso e li porse a Caydence, prima di agitare ancora una volta la sua bacchetta. I libri sul pavimento volarono fino al loro corretto scaffale.

Alice ripose la bacchetta nella tasca dei suoi abiti, spingendo una ciocca di capelli biondi dietro le orecchie. "Grazie," sussurrò Caydence. "Mi limiterò a... andare."

"Aspetta," disse Alice. Lei esitò, poi disse: "Tu non sai come utilizzare quei libri, non è vero?"

"Be', lo s-s-scoprir..."

"C'è posto al mio tavolo," la interruppe Alice, sospirando. "Dai–Ti aiuterò. Ma devi sussurrare, e... forse non dovresti andare troppo in giro, va bene?"

La studentessa del primo anno fece un sorriso acquoso. "Sì, va bene," gracchiò, seguendo Alice al suo tavolo.

"Frank?" chiese Adam, quasi un minuto più tardi, mentre lo studente del sesto anno alzava gli occhi dalla sua lettura per notare che il suo amico sembrava aver  appena visto un lupo mannaro.

"C-cosa?" Frank sembrava uscire fuori da qualcosa. "Io–um–hai detto qualcosa?"

"Io non ho detto niente," disse Adam, sconcertato. "Tutto bene, amico?"

No, Frank non stava bene. Non era mai stato così confuso nella sua vita, così diviso tra la calma e l'orrore che la conoscenza di sé può portare. Dannazione.

"No," disse Frank, guardando Adam, con gli occhi spalancati. Scosse la testa. "Io non sto bene."

"C-c-cosa è successo?" chiese Adam. "Sono i compiti?"

Non erano i compiti. Non era stata una settimana di mansioni stressanti da Caposcuola, o il fatto che sua madre gli avesse scritto che suo fratello era di nuovo al San Mungo. Non era nemmeno la piega nel suo intestino che sentiva ogni volta che qualcuno pronunciava il nome di Carlotta Meloni, o che lei gli aveva così timidamente informato di aver "incontrato" qualcuno alla festa di Natale di Charlie Plex. Non erano i compiti.

Era che Alice Geraldine Griffiths era completamente perfetta.

Era che Alice Geraldine Griffiths era completamente perfetta, e per la prima volta in mesi, lui ne aveva certezza. Se Carlotta fosse stata lì proprio adesso, Frank sarebbe stato in grado di rispondere a tutte le sue domande, sarebbe stato in grado di dirle tutto quello che lei aveva voluto sapere da quando tutta quella faccenda era iniziata. Per la prima volta in un lasso di tempo molto, molto lungo, Frank Paciock sapeva esattamente quello che voleva.

Alice Griffiths Geraldine era completamente perfetta.

E lui non aveva alcuna possibilità.
 

(Lezioni)

"Lily!" Donna praticamente gridò, irrompendo nel dormitorio con niente di meno che gioia sul suo viso. Lily, che era anche lei appena arrivata con l'intento di posare i libri prima di scendere a cena, si voltò confusa.

"Donna! C'è qualcosa che non va?" chiese la rossa, preoccupata per la natura maniacale del saluto della sua amica.

"Non sono andata a letto con lui," disse Donna, molto velocemente.

"Cosa?"

"Non sono andata a letto con Miles–pensavo soltanto di averlo fatto. Mi ha palpeggiato–sono abbastanza sicura di avergli detto di no. Ha pomiciato con..." Donna si rese improvvisamennte conto dell'ironia; "Ha pomiciato con Carlotta Meloni, apparentemente, ma... non so niente su questo. Non dirlo a Marlene. Il punto è, mi ero sbagliata. Non ho scopato Miles. Era Charlie Plex. Io..."

La storia degli intrighi amorosi post-natalizi di Donna conteneva molte lezioni. Negli anni a venire, lei avrebbe potuto molto consapevolmente mettere in guardia gli altri dal bere troppo. Avrebbe potuto avvertire dei rischi in cui si potrebbe incorrere partecipando a delle feste dalla dubbia reputazione, specialmente se da soli, ed avrebbe potuto avvertire dei molti disastri che potrebbero derivare dall'andare a letto con qualcuno senza nome e senza volto. Avrebbe anche potuto mettere in guardia dagli stereotipi che certi comportamenti incoraggiano, o dai rischi alla propria vita che essi possono causare. C'erano molte lezioni da imparare dalle disavventure di Donna, ed in quel momento–due giorni dopo il suo ragionevolmente promiscuo incontro con Charlie Plex, Donna Shacklebolt imparò ancora una nuova lezione.

Si deve sempre controllare il bagno.

"Non dirlo a Marlene?" citò una calma, in un certo qual modo roca e completamente incredula voce, proveniente proprio da quella stanza. Marlene apparve sulla soglia tra il bagno e il dormitorio, e l'espressione sul suo viso–come se fosse stata appena colpita allo stomaco–fece capire sia a Lily che a Donna che lei aveva sentito ogni singola parola.

"Marlene..." cominciò quest'ultima, senza la più pallida idea di che cosa avrebbe dovuto dire. Senza guardarla, Marlene la spinse oltre, uscendo dal dormitorio e sbattendo la porta dietro di lei. Donna guardò Lily impotente.

Cazzo.
 

(Buon Anno)


Nel 1976, Marlene avrebbe perdonato e dimenticato. O quasi.

Nel 1976, Adam si sarebbe arreso. O quasi.

Nel 1976, Alice avrebbe fatto qualcosa di impulsivo, Carlotta avrebbe perso la sua migliore amica, Sirius avrebbe imparato a volare da capo, e Severus avrebbe perso l'unica cosa che avesse mai desiderato vincere. Nel 1976, Donna avrebbe preso una decisione sbagliata. Ripetutamente.

Nel 1976, Remus Lupin si sarebbe svegliato da solo, Frank Paciock avrebbe comprato un libro, Mary Macdonald avrebbe colpito qualcuno1, e Peter Minus avrebbe perso la fede.

Nel 1976, Lily Evans avrebbe baciato James Potter. O forse il contrario?

Ma di questo ne riparleremo (molto, molto) più avanti.






N.d.t

  1. Mi sento in dovere di spiegare che Mary non colpirà fisicamente qualcuno, il senso che è farà una buona impressione su qualcuno xD
  
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