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Autore: Hotaru_Tomoe    29/06/2007    1 recensioni
Oleander Silvestre, creatrice di oggetti magici, riceve suo malgrado l’incarico di inseguire un ladro che si è appropriato di un oggetto potenzialmente pericoloso e le sue indagini la condurranno a Hogwarts. Il primo impatto non sarà dei più positivi, perchè si scontrerà con il professore più burbero e odiato della famosa scuola di magia e stregoneria. I due sono diversissimi: lei ha un temperamento di fuoco, lui un carattere di ghiaccio. Riusciranno ad andare d’accordo?
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Il trio protagonista, Nuovo personaggio, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Severus ed Oleander'
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CAPITOLO 2 – CHE HO FATTO DI MALE NELLA VITA?

“Conoscendoti, avresti eretto una barriera attorno al palazzo dove abiti, pur di non farmi entrare. E poi – il viso del Barone si fece serio – è una faccenda delicata, dovevo parlartene in un luogo sicuro.”

“E va bene, ti ascolto.” Dopotutto aveva fatto la strada fin lì, che almeno quella visita avesse un senso.

“Due mesi fa Schloss Berth ha subito un furto.”

Oleander si strinse nelle spalle: il maniero che ospitava la Scuola di Magia del ramo paterno della sua famiglia custodiva molti tesori, non la stupiva che fosse entrato nel mirino di qualche mago malintenzionato.

“Il furto è avvenuto nell’ala nord.” Aggiunse suo zio.

“Ah. – La zona interdetta a pubblico e studenti e protetta da una potente barriera magica eretta da suo padre – Il vecchio perde colpi. E cosa hanno rubato, una stele runica?” chiese, in tono ironico.

“No, il vaso di Pandora.”

Oleander emise un fischio di sorpresa: bel colpo! Quel vaso era un pezzo pregiato della collezione di antichità dei suoi parenti.

“E per la cronaca, tuo padre non sta perdendo colpi. La barriera magica non è stata infranta.”

“Questo è impossibile. Non si può entrare in quella zona ed uscirne impunemente con un oggetto magico senza che la barriera non registri il passaggio, nemmeno una persona della famiglia può farlo. Sarà stata per forza neutralizzata in qualche modo.”

“Ti dico che non è così: la mattina Miss Roth ha trovato una finestra della sala spalancata e il vaso era scomparso, ma la barriera era intatta.”

“Non sarà stata una bravata di qualche allievo, per potersi vantare dell’impresa con gli amici?”

“Lo escludiamo: i quartieri degli studenti sono stati perquisiti da cima a fondo e nulla è stato trovato. Abbiamo diffuso la notizia il più possibile, nella speranza che venisse ritrovato, così siamo venuti a sapere che, poco dopo la sparizione del vaso, si sono verificati alcuni strani incidenti nei paesi babbani vicini.”

“Strani incidenti?”

“Elettrodomestici ribelli, lampioni che cadevano al suolo senza motivo, porte e finestre che si chiudevano o aprivano all’improvviso.”

“Potrebbero essere poltergeists.” Disse stancamente Oleander. Sinceramente non capiva dove suo zio volesse andare a parare nè perché le stesse raccontando tutte quelle cose. Lei aveva tagliato i ponti con Schloss Berth e la famiglia Von Athala molti anni prima, quando, undicenne, era partita dal Tirolo alla volta dell’Italia per frequentare l’Istituto Mediolanensis e non più era mai tornata a casa, neppure per le vacanze estive. Al termine del ciclo di studi aveva deciso di restare lì e trovarsi un lavoro. “Insomma, io cosa c’entro in tutto questo?”

“Il Consiglio di famiglia si è riunito e ha decretato a maggioranza che sarai tu a cercare il ladro del vaso di Pandora.”

Nella stanza calò il silenzio. Oleander sbattè le palpebre più volte, cercando di assimilare l’assurdità di quella richiesta e poi scattò in piedi “NO! No e poi no! Mi rifiuto! Mi rifiuto categoricamente!”

Le urla della donna fecero saltar via la lunga penna d’oca dalle mani di Magda. “Oh, per tutti i protettori, quale sfacciataggine! Rivolgersi a un Barone di così alto lignaggio con quel tono.” La donna si sistemò gli occhialetti sul naso e storse la bocca in una smorfia di disapprovazione.

“Il Barone è suo zio, saprà come prenderla. Spero…” rispose Michele Cardano; altrimenti avrebbe dovuto pensare a un controincatesimo per trasformare un rospo in un essere umano.

“Oleander ti prego, calmati – Raginmund fece cenno alla ragazza di sedersi – e ascolta fino in fondo quel che ho da dirti.”

La donna camminava nervosamente per la stanza “Oh no no no no! Ho già ascoltato fin troppo. Perché proprio io? Non puoi chiederlo a tuo figlio?”

“Hans si trova presso il Ministero della Magia Cinese per svolgere alcuni affari per conto della nostra scuola.”

“Tua figlia?”

“Ilda è incinta, partorirà tra due mesi.”

“Uhm… ehm… Markus!” Oleander cercava disperatamente di mettere insieme una lista di tutti i suoi parenti, che avrebbero potuto occuparsi di quella rottura al posto suo.

“E’ in Transilvania per uno studio antropologico sui vampiri: deve scriverci un libro.”

“E… quella mezza lontana parente di papà… quel cavolo che è… e come cavolo si chiama… Nerella…”

“Intendi zia Norina? E’ morta tre anni fa.”

“Ops.”

“Ascolta Oleander, so che i nostri rapporti non sono buoni…”

“Dì pure che sono inesistenti. E poi io non sono un’investigatrice, sono un’artigiana!”

“Tuttavia questa è una richiesta che viene dal Consiglio della tua famiglia.” Insistè l’uomo, come se questo giustificasse tutto.

“La mia famiglia è morta vent’anni fa.” Rispose glaciale la maga.

“Che ti piaccia o no, tu non sei figlia soltanto di Ortensia Silvestre. Che ti piaccia o no, nelle tue vene scorre sangue Von Athala, anche se usi il cognome di tua madre. Che ti piaccia o no, la Sacra Regola del nostro Casato impone che le decisioni del Consiglio vadano accettate senza discussioni. Che ti piaccia o no, tu ti metterai alla ricerca di quel ladro.” Disse l’uomo in tono autoritario, ritenendo chiusa la questione.

Oleander era arrabbiata al punto che le veniva da piangere. Non vedeva quella gente da vent’anni, si era costruita una vita per i fatti suoi, non gli aveva più dato fastidio, non aveva mai chiesto aiuto, neanche uno zellino, aveva messo da parte i risparmi lavorando ogni estate per potersi mantenere da sola… ed ora arrivava quella imposizione… non ne avevano alcun diritto.

Non riusciva a capire: perché proprio lei? Per poterla sbeffeggiare ancora una volta se avesse fallito? O forse si trattava di una faccenda di troppo poco conto perché un nobile membro della famiglia Von Athala si scomodasse? Già, sembrava che tutti avessero di meglio da fare! Ad ogni modo sentiva il sangue ribollire nelle vene. Deglutì un paio di volte, per sciogliere il nodo che le stringeva la gola e ripetè l’antica formula usata per accettare gli incarichi del Consiglio di Famiglia “Conscia dell’importanza e del prestigio dell’incarico affidatomi, ringrazio la mia famiglia ed accetto. Come se poi avessi altra scelta!” esclamò sprezzante. Infatti, un membro della famiglia si fosse rifiutato di pronunciare la formula di accettazione entro una settimana dalla richiesta, sarebbe stato colto da lancinanti dolori di pancia e si sarebbe ricoperto di pustole verdastre fintanto che non avesse cambiato idea.

Si alzò per lasciare la stanza, poi si fermò: aveva sulle labbra una domanda… non sapeva se era il caso di farla… “Tanto, peggio di così…” pensò infine.

“Zio Ragin? Ti… ti ha detto di riferirmi qualcosa? E bada bene a come rispondi, perché questa volta userò la legilimanzia.”

“No, Oleander. Tuo padre non ha nessun messaggio per te.”

“Già, lo immaginavo.” Uscì, raggiunse di corsa la sua macchina e si sedette al volante, esausta come se avesse combattuto contro un drago. Si abbandonò contro lo schienale del sedile e chiuse gli occhi “Oh insomma, ma che ho fatto di male nella vita?”

Il preside Cardano rientrò nel suo ufficio e si rivolse al suo ospite: “Barone, lei è assolutamente certo che sia una buona idea affidare una missione del genere a quella ragazza? Non è un salto nel buio troppo azzardato? Non per offendere – insistè l’uomo – ma ho avuto Oleander come studentessa per 8 anni e non era nulla di speciale. Nella media, mai un’insufficienza, ma non è mai stata particolarmente brillante, tranne che per la creazione di oggetti magici, lo ammetto, lì è sempre stata insuperabile, infatti è l’unica materia per cui ha seguito il corso M.A.G.O. e ha preso E… ma comunque, quel suo carattere ribelle… mio dio! Al Ballo dell’ultimo anno arrivò alle mani con una studentessa dell’alta nobiltà…” un brivido scosse il preside, mentre ricordava l’episodio che aveva coinvolto anche una allieva, figlia di una famiglia di maghi purosangue. “E se non ricordo male pure con la madre successe un episodio simile. – si asciugò il sudore dalla fronte – E’ una maledizione! Se avrà dei figli, spero non li mandi a studiare qui, il mio cuore non reggerebbe a un altro incidente.”

Il Barone ridacchiò sommessamente “Già, già. La volta del Ballo rischiammo davvero l’incidente diplomatico! A Schloss Berth arrivarono delle strillettere fenomenali, mai visto nulla del genere: Miss Roth ebbe un esaurimento nervoso. Oleander è tutta sua madre, sangue latino e testa calda. Ortensia Silvestre era una donna impulsiva, passionale, esuberante. Non mi stupisce che mio fratello si sia innamorato follemente di lei e non mi stupisce che non riesca a parlare più con la figlia, che è il ritratto vivente del suo amore perduto. Troppo dolore. – agitò una mano nell’aria, come a voler spazzar via la malinconia che si era impadronita di lui – Per quanto riguarda le capacità della ragazza non deve preoccuparsi: le uve tardive danno un vino delizioso.”

“Eh?” chiese l’uomo, che del discorso del Barone non aveva colto né il senso né l’utilità.

“No, nulla, pensavo solo ad alta voce.” Rispose il Barone.

Due giorni più tardi Oleander appoggiava sfinita la testa sul tavolo della cucina, lasciando ciondolare le braccia lungo il corpo e chiedendosi per l’ennesima volta che avesse fatto di male per meritarsi quell’incarico. “Devo aver commesso qualche orrendo crimine in una vita precedente… del tipo che sgozzavo ridendo un intero villaggio di indigeni inermi, sennò non si spiega!” La superficie del tavolo era invasa da vecchi numeri della Gazzetta del Profeta, mappe e cartine su cui aveva segnato luoghi e appunti, rapporti e denunce degli ospedali e della polizia babbana su diversi incidenti apparentemente inspiegabili.

Esistevano diversi vasi di Pandora nel mondo magico. In effetti quello era il nome generico di un contenitore nel quale si metteva qualcosa di insolito o pericoloso che non doveva essere usato; poteva dunque essere paragonato ad un sigillo. Quello custodito a Schloss Berth conteneva un potente liquido in grado di far muovere gli oggetti con cui veniva in contatto o conferire loro poteri magici. Ma poiché la sua origine era sconosciuta e neanche i più grandi maghi del passato erano stati in grado di controllarne pienamente gli effetti, un lontanissimo antenato della famiglia sigillò il liquido nel vaso e ne proibì l’utilizzo: da allora nessuno aveva avuto il permesso di aprirlo, anche solo per studiarlo e l’oggetto era stato esposto nella sala dell’ala nord di Schloss Berth. L’episodio veniva citato anche nel libro “Storia della Magia in Europa, Volume III – Il Medioevo”.

Il ladro si era spostato dal Tirolo alla Svizzera, dove, due settimane prima, le sue attività erano cessate. Non sembrava avere un obiettivo od un bersaglio preciso, i suoi tiri mancini colpivano indifferentemente esseri magici e babbani, non lasciava messaggi né rivendicazioni ed anche il suo percorso era privo di qualsiasi logica apparente: il giorno prima terrorizzava con pietre rotolanti gli gnomi di una foresta, il giorno dopo faceva impazzire una ruota panoramica ad una festa popolare a trecento chilometri di distanza.

Era un rompicapo: non ci capiva niente!

“Serve una pozione ricostituente?” chiese suo zio, vedendola in quella posizione.

“No, basta questo: Accio caffè.” Agitò la bacchetta facendo levitare vicino a sé una caffettiera fumante. Dato che la nipote non era in vena di chiacchierare, fece per andarsene, ma lei lo fermò “Aspetta, zio.”

“Ti ascolto.”

“Perché io? Guarda, non voglio fare polemica, ma se devo rincorrere un ladro per tutta Europa, vorrei almeno capirne il motivo.”

L’anziano parente annuì: “E’ giusto. La scelta è caduta su di te per due ragioni: la prima è che questo individuo si muove anche in territorio babbano e nessuno di noi ha familiarità con il mondo comune. La seconda è che il vostro campo di azione è lo stesso: entrambi create oggetti magici. Solo che lui ricorre ad una pericolosa scorciatoia, tu lo fai con il tuo impegno e la tua conoscenza.”

“Non adularmi, non serve a niente, tanto lo so bene che né a te né a mio padre è mai andato a genio che io sia diventata un’artigiana.” Sua mamma era l’unica che aveva sempre incoraggiato le sue creazioni e i suoi oggetti magici, fin da piccola: quando aveva creato quei sonagli che vibravano al passaggio di un fantasma, quando aveva creato una rete magica per tenere lontane le dispettose Nixe [1] dal laghetto del parco… era stata lei ad insegnarle che le cose e gli oggetti erano speciali e andavano trattati con cura, perché il loro creatore aveva messo un po’ di se stesso dentro di loro e rispettarli significava rispettare il suo lavoro. Se non fosse stata per lei, adesso probabilmente non farebbe quel lavoro.

Un gufo messaggero atterrò sul davanzale dell’abbaino, strappandola a quei ricordi dolceamari. “Aspettavi posta?” chiese.

“No.”

Il volatile aveva una pergamena legata alla zampa, si trattava di un messaggio animato, veniva da una fata di stagno della Val Vigezzo: segnalava che un intero boschetto di abeti in una notte si era spostato attraverso la sua vallata, seminando il panico tra gli animali e distruggendo due malghe.

“Sarà lui?”

“Nipote cara, dovrai metterti in viaggio ed accertartene. Buona fortuna.”

La sera stessa Oleander ascoltava il racconto concitato dalle labbra della fata in persona, lo sgomento che aveva provato vedendo il gruppo di alberi migrare come una mandria di mucche impazzita e la fatica che avevano fatto lei e le sue colleghe per rimettere le cose a posto prima che qualche babbano insonne si accorgesse del misfatto. Menomale che la stagione turistica non era ancora al culmine e le baite rase al suolo erano vuote.

“E dopo quell’episodio non è più successo nulla?”

Le ali gialle della fata impallidirono “No, e francamente mi auguro di non dover rivivere più un’esperienza così traumatizzante. Lei pensa che non ricapiterò, vero?” la guardò speranzosa.

“E io che ne so? Accidenti a zio Ragin, che mi va presentando in giro come se fossi un’esperta!” Rivolse alla creatura fatata un sorriso molto diplomatico “Non si preoccupi, non è mai successo. Finora. Credo. Adesso penso che… andrò a dare un’occhiata a questo boschetto podista.”

“Lumen, accompagnala!” ordinò la fata ed una lucciola si materializzò davanti ad Oleander. Nonostante le ridotte dimensioni, illuminava il buio come un faro. “Oh, sapesse come la invidio, signorina.” Disse la lucciola con la sua vocetta sottile.

“Sul serio?” chiese Oleander, senza troppo entusiasmo.

“Oh sì! Lei sta vivendo una fantastica avventura, piena di inseguimenti, azione, mistero! Lei sta vivendo in prima persona tutto questo!” si entusiasmò l’insetto, ballando davanti alla maga e trasformando quell’angolo di bosco in una piccola discoteca, salvo poi dichiarare, nelle vicinanze del boschetto incriminato “Io mi fermo qua.”

“Alla faccia dello spirito di avventura.” Oleander si inoltrò tra gli alberi facendosi luce con la sua bacchetta magica: sembrava un normalissimo gruppo di abeti, tre pigne le caddero sulla testa, ma beh… non c’era nulla di strano, dopotutto era in un bosco. Poi però illuminò più da vicino una di queste pigne: era coperta da una sostanza iridescente, all’apparenza sembrava resina, però non era appiccicosa, ma viscida, dall’odore pungente di yogurt andato a male ed evaporava piuttosto velocemente. La allontanò dal naso con una smorfia di disgusto, si chinò per prendere una provetta nella sua borsa e raccogliere quella cosa, quando una pigna la colpì con forza su una natica. “Eh no, questo no!” la ragazza si rizzò di scatto, illuminando nella direzione da dove era partita la pigna “Non ti permetto di mancarmi di rispetto! Avanti, fatti vedere, maiale!” Un ramo si spezzò e cadde, qualche metro avanti a lei, Oleander si mise a correre in quella direzione: era buio e non notò che una giovane pianta era piegata in modo innaturale. Appena le fu di fronte, l’albero scattò in avanti e la colpì in pieno petto, sbalzandola all’indietro e facendola atterrare in una grossa pozza fangosa. Le sembrò che il vento, passando tra le cime più alte, producesse una risatina beffarda “Io ti uccido! – proclamò Oleander – Vuoi la guerra? Ti accontenterò.”

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[1] = creature della mitologia tedesca simile a sirene, che abitano le acque dolci.

Note: ok, a questo punto molti di voi staranno pensando: questa stordita ha sbagliato sezione, che c’entra con Harry Potter? Avete pazienza di aspettare fino al prossimo capitolo? Hogwarts sta arrivando ^_^

   
 
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