I’ll always follow the
quiet curve of your hip, on my way back home.
2.
The new life starts from every day
Luglio
‘88
-
Hai UN nuovo messaggio! -
Ciao
Rich,
sono
Tiffany. Stiamo partendo per il nostro nuovo tour degli States, stavolta con gli
Aerosmith, e saremo in giro fino a settembre. Mi hanno affiancato una nuova
corista che sta scrivendo un libro, una tipa simpatica ma un po’ bizzarra. Sono
felice di non essere l’unica donna non groupie. Ahah, ma che te lo dico a fare?
Sei un musicista anche tu, non capiresti!
Cerchiamo
di rimanere in contatto!
Jasmine
arrivò all’aeroporto e si sentì un po’ spaesata. Era luglio, e di conseguenza c’era
tantissima gente che andava o tornava dalle vacanze. Come sarebbe riuscita a
trovare il suo gruppo in quel casino?
Si
aggirò con la sua valigia enorme – che avrebbe rischiato di esplodere da un
momento all’altro – alla disperata ricerca di Tiffany, la sua mentore dal punto
di vista canoro. Aveva una bella voce e, per come la vedeva lei, che era
comunque una profana, era sprecata a fare la corista per quello schiavista di
Axl.
Negli
ultimi due mesi si erano viste spesso e lei le aveva insegnato i testi delle
canzoni, oltre che a cantare cercando di avvicinarsi ad alcune note più alte.
Sembrava una brava ragazza ed erano praticamente coetanee: non vedeva punti in
comune tra lei e Steven, escluso il seme della follia piantato in modo profondo
in ognuno di loro, ma se si erano sposati ed erano felici... beati loro.
I
giorni più sfortunati delle prove erano stati quelli in cui la band si era
trasferita a sorpresa a casa Adler per ordine di Axl e la povera Jasmine doveva
subirsi tutta la sua biografia con riassunto degli episodi precedenti. Questo
era un male fino ad un certo punto, perché Izzy era nel gruppo... e quindi poteva
vederlo. Quelle serate finivano quasi sempre nel casino, per questo la nuova
arrivata tendeva a tagliare la corda prima che la situazione si compromettesse
troppo. Al momento, però, non era sicura che quella fosse stata una buona idea:
non sapeva che cosa aspettarsi per il tour.
A
proposito del tour, era felice di partire essenzialmente per tre motivi: primo,
aveva trovato un lavoro momentaneo con stipendio a parte, vitto e alloggio
compresi e che le permetteva di girare il mondo; secondo, quel lavoro le
avrebbe permesso di scrivere la storia che le avrebbe fatto guadagnare altri
soldi; terzo, sarebbe stata a contatto con Izzy quasi ventiquattro ore al
giorno.
Non
male per una professione praticamente piovuta dal cielo, no?
La
ragazza si guardò intorno ancora una volta alla ricerca del gruppo. A dir la
verità, non fu difficile identificarlo dopo qualche passo: Duff
e Steven stavano correndo uno in collo all’altro, creando una figura platinata,
vestita in modo non bizzarro e alta circa due metri e mezzo, che di certo NON
poteva passare inosservata. I due erano inseguiti da Slash, che sembrava
piuttosto infuriato per ragioni sconosciute che Jasmine, in fondo in fondo, non
ci teneva a sapere. Izzy, Axl, Tiffany e un altro paio di uomini erano invece
seduti in attesa dell’annuncio del volo.
Quando
la bionda la riconobbe le andò incontro: indossava una canotta nera, un paio di
jeans tutti strappati e degli stivali che doveva aver ereditato da Steven,
tanto le parvero grandi rispetto al suo corpo.
«Sei
arrivata!» esclamò felice, posando entrambe le mani sulle sue spalle, gesto che
permise a Jasmine di riconoscere il cerchietto d’oro siglato al suo anulare.
«Sono
un po’ agitata...» confessò quella sottovoce, mentre l’amica l’aiutava a
portare il mega borsone.
«Primo
volo?»
‘Fosse
quello...’ pensò. La situazione fu pesantemente aggravata da Izzy con la
sigaretta tra le labbra. Quella sigaretta... perché Izzy aveva quell’effetto su
di lei?! Si erano visti poche volte in due mesi eppure lei sembrava non
riuscire a toglierselo dalla testa. Meglio non pensarci...
L’assegnazione
dei posti era avvenuta tra i “piani alti” dello staff dei GN’R: Jasmine si era
quindi ritrovata tra Duff e il finestrino, postazione
che in fondo non le dispiaceva.
Certo,
non era vicina a Izzy (posizionato parecchie file
davanti accanto a Slash, come aveva avuto modo di constatare con il suo radar
sintonizzato sulle frequenze cardiache del moro) né all’amica (che ora pareva
intenta a farsi ispezionare la cavità orale dal suo adorato consorte), ma
ringraziò il cielo di non essere capitata di fianco al despota sotto le mentite
spoglie di front-man di una delle più famose rock band in circolazione: era
perfettamente consapevole che non sarebbe riuscita ad affrontare l’intero
viaggio in balia dei suoi deliri di onnipotenza, preferendo sfondare il vetro
con il martelletto d’emergenza e fare bungee-jumping senza l’elastico al
doverselo sorbire durante la traversata.
Per
passare il tempo lesse qualche pagina di Bulgakov, ma dovette interrompere
l’attività perché il bassista era in modalità “loquace” e le fece perdere la
concentrazione: ciononostante non le dispiacque fare quattro chiacchiere con
lui, le era sempre sembrato gentile e a modo (nell’accezione che “a modo” può
assumere riferendosi ai Guns n’ Roses
di quegli anni, ovviamente).
Dopo
un po’ tirò fuori dalla borsa il suo blocco degli appunti, per vedere se
riusciva a tirar fuori qualche idea per l’adorato romanzo che non voleva
proprio saperne di venire alla luce, gesto che Duff
interpretò erroneamente come una richiesta silenziosa d’intervistarlo.
La
ragazza non si sentì di contraddirlo e accettò il suo invito: in men che non si
dica, il biondo cercò di raccontarle i fatti più interessanti che gli erano
successi in quei ventiquattr’anni di esistenza, mentre Jasmine scribacchiava
velocemente la sintesi di quel che usciva dalla sua bocca.
«…
ecco tutto. Adesso ho finito, ti lascio finalmente in pace: sei stata
gentilissima ad ascoltarmi per tutto questo tempo, era da tanto che qualcuno
non lo faceva!» le sorrise il bassista, gesto che le fece subito ricambiare il
sorriso.
«Ma
figurati! È stato un piacere, dico sul serio… Magari tutti gli intervistati
fossero così sintetici e cristallini come te!»
«A
forza di parlare però m’è venuta una sete che non ti dico… Vado a prendermi una
birra: tu vuoi qualcosa da bere?»
«Un
bicchier d’acqua andrà benissimo, grazie.» gli sorrise nuovamente «Piuttosto,
tu sei sicuro che su un aereo di linea servano della birra? Voglio dire: con
tutto il rispetto, ma non siamo la Regina Elisabetta…»
«Hai
ragione: io sono il Re delle Birre, vuoi che me ne neghino una?» rise quello,
scompigliandole i capelli ed andandosene in cerca di un’hostess disponibile a
spillargli una doppio malto.
Jasmine
sbuffò leggermente: va bene che dall’aspetto non dimostrava l’età che aveva,
però quello scompigliarle i capelli le dava comunque sui nervi. Decise però di
fare spallucce: Duff era stato gentile e non era il
caso di prendersela per una fesseria del genere, per cui ripose il blocco degli
appunti ed estrasse nuovamente il libro dalla borsa, intenzionata a leggerne un
sostanzioso numero di pagine.
Axl si sedette al fianco di Tiffany,
cacciando la tipa a cui era stato assegnato il posto (sappiamo che è una sua
prerogativa).
«Spero
che non vi spiaccia se vi interrompo mentre giocate all’allegro dentista.»
esordì.
Steven
fece spallucce, poi cercò di scendere a patti: «Basta che stasera non vieni a
rompere mentre giochiamo all’allegro ginecologo!»
Il
cantante lo ignorò e si mise a parlare con la bionda. Domandò, senza mezzi
termini: «La nuova corista sa i testi?»
«Certo!
Cosa credi che le abbia insegnato in questi mesi? A fare l’uncinetto?»
«Volevo
solo assicurarmi. E come procede la biografia che sta scrivendo su di me? Ti ha
fatto domande? Hai risposto in modo che dalle tue descrizioni sembrassi un
idolo metropolitano?»
Tiffany
aveva due scelte: poteva dire la verità, cioè che Jasmine non le aveva chiesto
niente, e causare così un dirottamento, oppure mentire, dire che Jasmine le
aveva chiesto un sacco di cose e che lei aveva risposto in modo da idolatrarlo.
Seppur non fosse esattamente al top della sua felicità, ancora non aveva
pensato al suicidio, quindi optò per una cosiddetta bugia a fin di bene.
«Sì,
non abbiamo parlato altro che di te… ho parlato così bene che ho paura si sia
fatta un’idea sbagliata!» poi si rivolse al marito «Quindi, tesoro, non dare
retta alle voci…»
Jasmine
si stropicciò gli occhi: troppo Bulgakov nuoce gravemente alla salute, e quindi
decise di riporre da una parte (per l’ennesima volta) l’angosciante tomo.
Tutto
sommato era soddisfatta: aveva letto qualcosa come un’ottantina di pagine e
tutto senza distrarsi o, peggio ancora, addormentarsi nemmeno una miserissima
volta.
Fu
però quando si voltò verso Duff, per scambiare
nuovamente qualche chiacchiera con lui, che soffocò a stento un urletto di
spavento (leggasi tra le righe: puro terrore): di fianco a lei infatti non
v’era alcuna traccia della pertica ossigenata, bensì mister Stradlin
in (carne ed) ossa.
Pensò
nuovamente che le poteva andare peggio, che al suo posto poteva esserci quello
psicopatico incrociato con gli irlandesi, ma si rimangiò tutto quanto: era
nella merda, e nessun giro di parole sarebbe servito a cambiare la situazione,
a farla migliorare.
Boccheggiò
per qualche minuto prima di riuscire a trovare le parole adatte da pronunciare
al chitarrista ritmico, parole che le uscirono strozzate dalla gola, ridotte ad
un pigolio sommesso.
«Che-che
ci fai qua?»
«Duff si è accomodato di fianco a Slash, io ero andato un
attimo al bagno» a quelle ultime parole la ragazza alzò gli occhi al cielo,
consapevole del messaggio subliminale che quelle contenevano «e quando sono
tornato mi sono ritrovato sfrattato… Per caso ti disturbo?»
Jasmine
diventò paonazza: l’ultima cosa che voleva era che Izzy
pensasse di essere un peso per lei, per cui si affrettò a scuotere la testa per
negare con fermezza.
«Affatto!»
«Perfetto.»
Il
silenzio piombò nuovamente tra i due, cosa che ormai rientrava nella prassi.
«Ah,
Duff mi ha detto di darti questo… Ha anche detto che
c’ha fatto aggiungere del limone…» le porse un bicchiere, e la ragazza lo
ringraziò balbettando, sfilandoglielo dalla mano. In quel momento le loro dita
si sfiorarono per qualche istante, e il gesto non poté che farla arrossire
imbarazzata.
Jasmine
aveva iniziato ad avvertire la tensione una volta arrivata sul luogo
dell’evento; Tiffany, invece, aveva l’aria di una che si sta divertendo molto
con il suo nuovo giocattolino, che, invece, la viveva come una persecuzione. Le
due avevano un camerino a parte, e questo era ancora più deprimente.
La
bionda, china su di lei con il suo pass ‘ARTISTS -
Access to stage is only up to and including artists set. Access all areas’ le stava facendo il trucco da
un’eternità. La scena era talmente comica che ogni tanto qualcuno si fermava a
vedere come stava andando, per ingannare l’attesa generata dal ritardo epico
del cantante.
«Axl ti ha fatto un favore ad assumerla, Steven...» constatò
Duff «Guarda come si sta divertendo: è il suo nuovo
bambolotto. Non vorrà figli fino a che ci sarà lei a lavorare con noi.»
La
battuta fece sorridere anche Izzy, che però
puntualizzò: «Axl farebbe meglio ad arrivare...»
Si
sa, tra chitarristi e cantanti c’è una specie di contatto interiore, un filo
che lega i cuori. Il cantante arrivò in quel preciso momento.
«Beh?
Cosa state poltrendo tutti?» strillò, per scaldarsi la voce «Prepariamoci a
salire sul palco!»
«Di
già?!» domandò la nuova arrivata, con un’aria preoccupata.
«Andiamo!»
Durante
il tragitto Tiffany dovette richiamare Jasmine, che stava inconsciamente
seguendo Izzy.
«Jaz... odio deluderti, ma noi entriamo dal lato di Slash.»
Mancava
pochissimo all’inizio e la mora iniziava a pensare che non fosse stata una buona
idea cominciare da così in alto.
Fuori
la folla, un’arena intera (non si era documentata, ma il concerto era
probabilmente sold-out ed era meglio non indagare)
sollevava il suo impaziente brusio.
«Ascolta.»
esordì Tiffany, rapita da quel frangente «Questo è il momento che preferisco in
assoluto. Adesso Steven salirà sul palco, guarda, ci sarà un impercettibile
attimo di silenzio e poi Slash spaccherà di brutto con l’intro e la folla
inizierà a gridare. Allora la follia farà irruzione sul palco... e con lei
noi.»
Successe
esattamente come aveva detto: Slash le augurò buona fortuna, mentre Steven
salutava la moglie a modo suo. Poi i due salirono sul palco e si sentì partire
l’intro. Tiffany si avvicinò a Jasmine per indicarle Izzy
che faceva il suo ingresso sul palco con il suo stile inconfondibile.
«Axl?» domandò, spaventata all’idea di non vederlo.
«Lui
entra da dove gli pare!» strillò Tiffany, poi la prese per un polso e si
avvicinò alle postazioni, trascinandosela appresso come un peluche. Era il loro
turno.
Le
ginocchia di Jasmine iniziarono a tremare e un brivido la scosse.
«Inizia
lo spettacolo!»
«YOU KNOW WHERE THE FUCK YOU AREEEE?»
A
quelle parole lo stadio intero si scatenò, e i musicisti con loro. La stessa
Tiffany sembrava essere stata impossessata dal demonio, presa com’era nel
dispensare sorrisi a destra e a manca e a battere le mani a tempo.
L’unica
che si sentiva come un pesce fuor d’acqua era invece Jasmine, che non riusciva
a capacitarsi delle modalità che l’avevano condotta in quella situazione: fino
a qualche mese prima la cosa più estrema che poteva fare era forse il girare
fianco quando la sveglia suonava e concedersi una birretta di tanto in tanto,
mentre adesso si ritrovava sul palco di uno stadio gremito di gente, in
compagnia di una delle rock band emergenti più famose.
E
tutto quanto per un dannatissimo libro che non voleva saperne di venire alla
luce e per un maledetto chitarrista che la degnava a malapena di qualche
sguardo.
Volse
lo sguardo verso il soggetto dei suoi pensieri, che era intento a strimpellare
la chitarra, mentre la fidata coppola celava il suo sguardo misterioso agli
spettatori.
La
ragazza sospirò: ad aver avuto metà del carisma e del fascino di Tiffany, il
malcapitato sarebbe stato invischiato nella sua ragnatela già da qualche tempo…
Ma
lei non era Tiffany: era Jasmine, l’anonima Jasmine, e quella sarebbe rimasta
per sempre.
Sospirò
e cercò di nascondere la propria malinconia, che però era stata notata da
qualcuno: Duff le si avvicinò con fare assolutamente
naturale e continuando a suonare la propria parte, per poi darle un improvviso buffetto
affettuoso sulla guancia.
In
fondo la new-entry gli stava simpatica, il muso lungo non le si addiceva per
niente.
Per
tutta risposta Jasmine arrossì ma si sciolse in un sorriso, gesto che lui
ricambiò volentieri: dopodiché le fece un cenno veloce e ritornò alla propria
postazione.
La
ragazza sorrise di nuovo: si sentiva già meglio, anche se le sarebbe piaciuto
molto che quelle attenzioni le fossero state dispensate da un altro membro
della band… ma era meglio non pensarci: ora era solo il momento di sorridere e
riprendere a cantare con più foga.
Nel
frattempo un paio di occhi scuri avevano assistito all’intera scena ma, prima
di poter riuscire a fare qualcosa, il loro proprietario fu costretto ad
ultimare il brano sotto le urla incessanti del pubblico.
Finalmente
fu il turno di Paradise City.
La
dolce melodia dell’inizio era solo la quiete prima della tempesta. Steven
approfittò dell’intro per riposarsi un attimo (e guardare il sedere a sua
moglie che stava ballando). Le due coriste, con la collaborazione di Duff e Izzy ai microfoni davanti,
cantavano: «Take me down to the Paradise
City where the grass is green and the girls are pretty! Oh, won’t you please take me home?» mentre Axl
scandiva ‘Take.
Me. Home.’
«Take me down to
the Paradise City where the grass is green and the girls are pretty! Oh, won’t you please take me home?»
Poi
ogni voce tacque e ci fu solo musica. Il cantante solista andò a ballare per
qualche istante in mezzo alle due coriste (giusto affinché quel ricordo
rimanesse impresso nella memoria di Jasmine per scriverlo nel libro), poi tornò
al centro del palco, sempre danzando, e Tiffany riuscì giusto in tempo a farlo
notare alla sua collega mora (che aveva deciso che non valeva la pena guardare
il pubblico quando sul palco c’era Izzy), mentre
soffiava nel fischietto e lo lanciava tra la folla, non prima di aver mandato
l’arena in visibilio.
Slash
si prese la sua parte e iniziò a correre per il palco, evitando per miracolo un
indumento intimo dietro l’altro. Si era sempre chiesto se tutta quella gente
che glieli lanciava non volesse dirgli che forse era il caso di indossarli.
Nel
frattempo la folla spingeva sempre di più verso le prime file: era uno
spettacolo da vedere, ma Jasmine sperò di non trovarsi mai in una circostanza
del genere.
Poco
prima dell’inizio del secondo ritornello Izzy fece un
cenno col capo a Slash e i due si materializzarono accanto alle coriste. Il
primo fece l’occhiolino alla moretta, che dovette fare un notevole sforzo per
ricordarsi le parole, mentre il secondo, troppo vicino al mega ventilatore
installato per il caldo eccessivo, lasciò volar via il suo cappello, che prima
si impigliò tra i capelli della bionda e poi raggiunse Steven, creando uno
spettacolare effetto speciale.
Se
Jasmine era ben felice di dividere il suo microfono e il suo spazio limitato
con Stradlin, Tiffany era invece sul punto di
cacciare Slash a pedate, visto che lei era quella che aveva il microfono più
alto e non voleva di certo che si sentisse il chitarrista che stonava peggio
di... non lo sapeva neanche lei.
Arrivò
dunque il momento di separarsi e lo show andò avanti. La pressione e il ritmo
erano sempre più incalzanti e salivano man mano che il tempo passava, fino al
gran finale.
-
Hai UN nuovo messaggio! -
Ciao
sono Richard!
Una
nuova corista?! Ma almeno è carina? Ahahahahahahah.
Sto scherzando, lo so che la corista più bella del reame sei tu. Perché hai
un’opinione così bassa dei musicisti? Donne... non vi capirò MAI.
Fammi
sapere le date, magari per un colpo di fortuna riusciamo a incontrarci... così
potrò valutare di persona se sei la corista più bella del reame. Fammi sapere!
Nda:
Dazed: sentiti
ringraziamenti alla saliera
della Cath, io e lei sappiamo perché. Ah sì,
scusatemi per la pigrizia: il ritardo della pubblicazione è solo colpa mia,
just saying LOL
Snafu: Grazie a tutti i lettori, a chi ha commentato e
a chi ha pazientemente aspettato!
Disclaimers:
Le canzoni sono rispettivamente ‘Welcome to the Jungle’ e ‘Paradise City’, GNR.