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Autore: Artemisia89    30/06/2007    2 recensioni
- Buon compleanno, paperella - [I viaggiatori sono come piume discrete al vento, si muovono in un ritmo che conoscono solo loro.]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non sappiamo perché, ma dobbiamo farlo. È una sorta di esigenza innata che non ci dà respiro.

Ci spinge ad aprire di nuovo la valigia, a rimetter dentro gli abiti sfatti e mal piegati, solo qualche bacio ai nostri amici. E infine, non ci fa mai voltare indietro.

Ed è bello abbandonarvisi.

Così, senza pensarci troppo.

Svanendo [nei colori]

Partire. Partire di nuovo, per rincorrere qualcosa che forse non esiste. O che forse abbiamo visto noi soli. Quella sottile linea verde che compare solo al tramonto, che si vede solo aguzzando la vista. Bella come una collana di giada, sul collo di un uomo dai lineamenti nordici. Andiamo tutti quanti a benedire un viaggio infinito, compiuto in una luce intensa, nel buio senza pace che risiede nelle fibre dei viaggiatori.

Il mondo è fatto di orme che lasciamo, di conchiglie che rigettiamo sulla spiaggia, di fili che abbiamo deciso di recidere. Appartenere ad un luogo non significa non abbandonarlo mai, significa tenerlo stretto, nell’anima satura di ricordi.

I viaggiatori sono come piume discrete al vento, si muovono in un ritmo che conoscono solo loro.

Una macchina, un aereo. Il treno, forse. Quando viaggi, diventi tutt’uno con il mezzo che ti porta a destinazione. I tuoi muscoli, i tuoi nervi, i tuoi pensieri diventano ruote, trasmissioni, carburante. Senti il rumore della strada, o delle rotaie, o delle nuvole addirittura, riecheggiare dentro di te, come se tu fossi uno spazio vuoto e il suono, una palla d’aria impazzita in te. Ma è piacevole. La testa rotola nei pensieri, che è un piacere.

Non è la destinazione che conta, ma restare sempre in movimento. Vieni, vieni con me. Seguimi e ti mostrerò la linea verde che inseguo da quando ho imparato a camminare. È nascosta tra le nuvole, tra i colori troppo forti del tramonto, in alcuni occhi quando il tempo è opaco. Quando il cielo è così triste, quegli occhi risplendono come lanterne variopinte. Hai mai visitato l’Irlanda? No? Allora non hai mai visto i colori.

La prima volta che vi arrivò, dovette schermarsi gli occhi con una mano. Diede, ingenuamente, la colpa al sole che brillava troppo forte, in quella giornata così cupa. Come una scheggia di vita, sfuggita all’universo, le stava d’avanti indifferente, nella sua grandezza. Poteva essere davvero il sole?

No, non lo era. Non era il sole a farle apparire meravigliosa, quella terra. Erano i colori.

Il verde degli alberi, l’oro della luce che filtrava tra le foglie, e ancora il colore bruno della terra e quello ambra della spiaggia, della sabbia che si alzava quando cavalcava vicino alla riva, quel tratto di spiaggia in cui il blu si trasformava in azzurro, e poi in grigio ed infine in bianca spuma, a memoria di una donna che si dissolse nell’infinità per amore. Al blu scuro del cielo, che sembrava una stoffa incredibilmente preziosa, su cui scorrevano perle e diamanti. E ancora, al rosso del sole che moriva e che influenzava gli uomini, che li spingeva ad illanguidirsi gli animi. A pensare che in fin dei conti, alla bellezza ci si può abbandonare.

Tutti quei colori.

Si potrebbe morirne.

E allora c’era un solo attimo, un solo modo attraverso cui goderne e rimanerne ancora vivi.

Cavalcando, tutti i colori si mischiavano, diventavano più tenui, come se venissero filtrati dal movimento, e l’aria diventava più pungente, per supplire alla mancanza d’intensità. Era come svanire nei colori, smembrarsi in quella sensazione di poesia. Inspiegabilmente bello, come quando si è nell’occhio del ciclone e si sopravvive alla furia. E si sopravvive a tutto il resto, solo per poter guardare, ancora, quanto meraviglioso sia. Restare vivi per poi essere annientati dai colori, dagli odori, dal desiderio bruciante del viaggio che, davvero, è l’unica cosa che a volte ti spinge a rialzarti, a rifare la valigia, a comprare quel biglietto, a baciare quegli occhi, a dire addio un’altra volta.

***

Perdonami se mi sono presa questa libertà tesoro, spero non l’avrai a male. Ma per un attimo, ho voluto entrare nella tua testa, e vedere con i tuoi occhi, e cercare di capire cosa poteva esserci di tanto bello, in quella terra che tu ami così tanto, e che io non ho mai visitato.

Buon compleanno tesoro, e…buon viaggio.

Artemisia

  
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