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Autore: IamShe    14/12/2012    16 recensioni
Shinichi è rimasto adulto, ma non sa né come né perché né quanto durerà l'antidoto. Sebbene cerchi di godersi questi attimi preziosi nel suo corpo originale, un vortice arriva a sconvolgergli la vita: una giornalista ha scritto un articolo su di lui e sul suo ultimo caso risolto, e Ran comincia a nutrire dei seri sospetti sulla sua doppia identità. E chissà che tutto ciò, non giunga alle orecchie sbagliate....
•••
“Rimani?” chiese lei di rimando, velocemente. Non voleva una vera risposta, voleva solo ascoltare la sua voce. Voleva solo sentirlo parlare. Perché sapeva che ogni cosa, ne avrebbe nascosta un’altra. Ogni verità, avrebbe nascosto una bugia. Una scia di luce, forse quella di prima, forse quella che si era persa nell’oscurità, forse quella che aveva cercato costantemente, passò negli occhi di Shinichi.
Ran non seppe interpretarla, ma non le importò.
“Sì.”
La bastò solo quello: credere alle sue bugie.
Genere: Generale, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Your Lies


Prologo



 

Ci mise un po’ ad abituarsi a quelle voci. Alcune erano familiari, altre distorte, altre ancora estranee. Da queste sentì scoppiarsi: le riempirono le orecchie, e fastidiosamente erano riuscite a svegliarla, tormentandola. Ma una, una sola invece, era meravigliosamente bella. Non sapeva a chi appartenesse, e nemmeno cosa stesse dicendo, ma ebbe la sensazione che quella voce, così dolce e sicura, potesse proteggerla. E mentre la riscaldava, la coccolava, e si viziava di quel tono, avvertì i muscoli abbandonarla, e le palpebre che stentavano ad aprirsi: non sapeva cosa le fosse successo, ma si sentiva dannatamente debole.
Quando poté farlo, scorse una scia di luci che le passò davanti e che nel buio scomparve, da dove era nata. La seguì con gli occhi, e col capo si sporse più in là. La ricercò, ma la perse. Per sempre.
Non riuscì mai a capire perché, ma quell’immagine le mozzò il fiato.

“Ti sei svegliata...”
Fu nuovamente quella voce ad ancorarla alla realtà, stavolta senza tormenti. E quando finalmente si rese conto di quanto fosse vicina, sussultò: aveva paura di non sentirla mai più. Chiese di lei al primo pensiero che le occupò il cervello, e trovò in lui la sua risposta.
Non era una voce qualunque, non era un tono qualunque, non era una risata qualunque.
Era la sua voce, era il suo tono, era la sua risata. Era lui.
E senza salvagente, si ritrovò immersa in un oceano di misteri e segreti, ma così profondo e caldo, che avrebbe voluto, e potuto, volentieri morirci dentro.
Un oceano azzurro come quelli delle cartoline che si spediscono in vacanza, come quella foto che ritrae il più bello dei mari e il più bianco dei granelli di sabbia; un unico fine: suscitare invidia e farne innamorare. E i suoi occhi la suscitavano e i suoi occhi ammaliavano, e facevano sentire dannatamente stupido il cielo, che, con il suo blu, cuori non faceva innamorare più.
“Shinichi...”
Il giovane curvò le labbra in un sorriso, che quasi l’accecò: quella luce, la sua, era ancora più forte della scia che aveva perduto nell’oscurità. Ed inoltre non scemava mai, anzi, rimaneva sempre lì, accanto a lei. Così nitida e chiara, che a molti avrebbe dato fastidio, che molti non avrebbero accettato.
“Come ti senti?”
Riuscì ad avvertire un velo di preoccupazione nella sua voce, e così non poté fare a meno di provarlo anche lei.
“Bene” mentì, forse avrebbe potuto farlo meglio. “Ma cosa...” esitò leggermente, aveva paura di staccare gli occhi dai suoi. “Cosa mi è successo?”
Si aggrappò ai suoi occhi. Aveva paura di girarsi e non trovarlo più lì, accanto a lei.
“Sei svenuta...” sorrise, grattandosi lentamente la tempia con due dita.
“Io...” si guardò il corpo, seduta sui sedili posteriori del Maggiolino d’epoca. “Ma...” buttò lo sguardo altrove, designando con la mente la morfologia del luogo dove si trovava. Era un’auto, era piccola, ed era familiare.

“Ran! Finalmente! Ben svegliata!”
Osservò oltre il poggiatesta, ritrovandosi negli occhi teneri e paterni del professor Agasa, alla guida dell’automobile. A fianco, seduta con braccia incrociate e gambe accavallate, viso seccato e smorfia dipinta sul volto, la piccola Ai Haibara. Dinanzi a lei, oltre il vetro, la sua Beika scivolava frettolosamente dai finestrini, muovendosi contro senso. Dietro, l’auto noleggiata e distrutta per via del caso, di suo padre, con a bordo Heiji e l’amica Kazuha. I due giovani le rivolsero un sorriso divertito, e le sventolarono la mano come per salutarla, ma l’espressione di Kogoro diceva tutt’altro. Anche lui, e chissà per quale motivo, era terribilmente seccato.
Ran tornò a fissare Shinichi, che continuava imperterrito a starle accanto. Non stava ancora fuggendo.
“E tu?” gli domandò, ricambiando il suo sorriso. “Come ti senti?”
“Meglio” mentì anche lui, ma non avrebbe potuto farlo peggio. “Era solo un mal di stomaco.”
Sorvolò sui particolari. Sorvolò sul come avesse sentito strapparsi l’anima da dentro.
Non la convinse, ma dovette annuire alle sue parole, che sentiva terribilmente false e montate.
“Ran?”
Lo invitò a proseguire, con una leggera incurvatura delle sopracciglia.
Ma gli occhi del detective si tramutarono in due puntini piccoli, e il suo viso si sfumò di rosso.
“Potresti lasciarmi la mano, adesso?”
Forse era per la velocità con cui l’aveva posta, ma la domanda sembrò arrivare tre minuti dopo all’amica. Il tempo di interpretarla, che sembrò passare un’eternità. Un’eternità dal momento in cui abbassò gli occhi, e sul sedile dell’auto, vide le loro mani strette l’una nell’altra, così forte da cambiare colore, e le nocche vestirsi di bianco.
Le loro mani...
“Scusami!” si agitò, si dimenò con violenza, liberandosi a malincuore da quella stretta, quando il rossore le scoppiò potente in viso. Sentì il cuore batterle, e la razionalità scemare, e farle girare la testa.
Imbarazzata, si voltò verso il finestrino, osservando la strada, ma non riuscì a non mandare occhiate continue su di lui. Voleva parlargli, voleva sapere; sapere quale fosse la sua deduzione. Continuò ad osservarlo di nascosto, ma dopo tre minuti, non resistette.
“Avevo paura scappassi.”
Annuì lei, palpitando. Cominciò a credere di avere un martello pneumatico al posto del cuore.
Shinichi mandò giù un sospiro, abbassando le palpebre, come per rasserenarsi e poi riaprirle, con convinzione.
Tornò a guardarla, e a sorriderle.
“Sono qui.” La rassicurò, mordicchiandosi un labbro.
“Rimani?” chiese lei di rimando, velocemente. Non voleva una vera risposta, voleva solo ascoltare la sua voce. Voleva solo sentirlo parlare.
Perché sapeva che ogni cosa, ne avrebbe nascosta un’altra.
Ogni verità, avrebbe nascosto una bugia.
Una scia di luce, forse quella di prima, forse quella che si era persa nell’oscurità, forse quella che aveva cercato costantemente, passò negli occhi di Shinichi.
Ran non seppe interpretarla, ma non le importò.
“Sì.”
La bastò solo quello: credere alle sue bugie.
 

 
 





Ehm, no, non vi siete proprio liberati di me. Assolutamente, no XD Allora, questa è la fan fiction di cui parlavo nei “Missing Moments” qualche giorno fa. Vi premetto che sarà abbastanza lunga, e che, come avrete capito, parte proprio da un capitolo di Detective Conan. Esattamente, è la fine del caso dello Shiragami (Volume 62 File 5 – 11, Volume 63 File 1 – 2 / Episodi "Tutti contro Shinichi" versione mediaset/ Vi consiglio vivamente di leggerlo-vederlo, se non l’aveste fatto. E’ meraviglioso!) e Shinichi, invece di tornare ad essere Conan, rimane adulto. Quello che verrà lo scoprirete presto, ma vorrei informarvi di una cosa importante: la “saga di Bourbon” non è mai iniziata, e con lei, tutti i suoi misteri. Mio piccolo cruccio nei confronti di questo momento di DC, che non è di certo il più fiorente. Ho provato a pensare a come le cose sarebbero potute andare da quei file, e la fantasia ha fatto il resto. Ah, i capitoli saranno più lunghi di questo eh XD Questo funge solo da prologo!
Niente, spero mi seguirete :)
Un bacione, e al prossimo e primo capitolo! 

Tonia
   
 
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