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Autore: Soly_D    14/12/2012    5 recensioni
5^ classificata al contest "Un'immagine che..." di Nede
[Goku/Nuovo personaggio - What if?]

• Dal 1° capitolo:
«Pronta?».
La donna strinse i manici delle valigie e si accostò al saiyan. I biondi capelli arruffati le ricadevano ai lati del viso, ornato da una spruzzata di lentiggini sulla pelle diafana e da un paio di occhi smeraldini, sempre allegri e luminosi.
«Io sono nata pronta», rispose con un mezzo sorriso che Goku ricambiò al volo.


• Dal 2° capitolo:
Goku sgranò gli occhi quando vide sbucare da dietro la moglie la figura di una bambina in tuta arancione che gli ricordava tanto se stesso da bambino. Seguì con lo sguardo la forma dei capelli a palma – così simili ai suoi – e poi scese sul viso paffuto, soffermandosi sugli occhi verdi – come quelli della madre – e sulla bocca aperta in un ampio sorriso.
«Papà?», chiese la bambina titubante. Goku sorrise a sua volta e non ci fu bisogno di parole.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Goku, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Imperfettamente lei
(2^ parte)


Le mani – ruvide e screpolate – scorrevano con forza sul pavimento chiaro, intrufolando il panno morbido perfino negli angoli più irraggiungibili e lasciando una scia umida e profumata man mano che si facevano strada verso l’esterno della casa. La superficie sotto i suoi piedi era già impeccabile, ma la donna si era ripromessa che avrebbe portato a termine il suo lavoro nonostante le gambe scricchiolassero di dolore ad ogni movimento e gli occhi minacciassero di chiudersi da un momento all’altro a causa della stanchezza. Eppure continuava imperterrita la sua opera, con la sola forza delle proprie braccia e con il cuore un po’ più leggero ogni volta che ricordava perché lo stesse facendo.
Il secchio d’acqua in una mano, lo straccio nell’altra e la fronte grondante di sudore, Nikita si apprestava a completare le sue faccende quotidiane, quelle faccende che aveva sempre odiato, ma che ora costituivano l’unico rimedio alla sua sofferenza.


«Promettimi che te ne rimarrai buona buona qui».
La bionda sospirò e rivolse un mezzo sorriso al marito.
«Lo prometto».
Goku sorrise di rimando, poi poggiò una mano sulla nuca della donna per farla aderire al proprio petto e con l’altra le circondò la vita in un abbraccio caldo e confortante. Rimasero avvinghiati l’uno all’altro per interminabili istanti, ma sapevano entrambi che prima o poi avrebbero dovuto separarsi. Fu Goku a prendere l’iniziativa, forse troppo emozionato all’idea di poter finalmente conoscere i cyborg. O forse perché sapeva di non poter reggere a lungo lo sguardo afflitto della moglie. «Andrà tutto bene», la rassicurò sciogliendo l’abbraccio.
«Mi fido di te», gli rispose Nikita baciandolo sulle labbra.
«Ci vediamo!».
Il saiyan la salutò con una mano e poi spiccò il volo, diretto verso il posto annunciato da Trunks, il ragazzo del futuro. Nikita lo guardò allontanarsi, le labbra ancora pregne del sapore di quelle di Goku e il cuore che batteva all’impazzata.
Si fidava, semplicemente.
E promise a se stessa che Goku, al suo ritorno, avrebbe trovato la moglie perfetta di cui aveva bisogno: quella che sapeva cucinare, quella alla quale non pesava dover spazzare e lavare ogni giorno, quella che sapeva ricucire le tute logore.
Goku se la meritava.


Erano passati anni da quel momento e Nikita non aveva ancora infranto la sua promessa. Più il tempo passava e più le faccende di casa, quelle che aveva sempre odiato, perdevano il loro vero significato e ne assumevano uno nuovo, più profondo: era proprio lì che Nikita trovava un rifugio sicuro dal dolore e dalla solitudine, era proprio con una padella in mano e con uno straccio umido nell’altra che riusciva a liberare la mente da pensieri e ricordi negativi.
Goku non c’era più, eppure lei continuava a comportarsi da brava casalinga ogni singolo giorno.
Solo per lui, perché fosse orgoglioso di lei anche nell’aldilà.
E poco contavano il mal di testa e le membra perennemente stanche, perché il suo uomo ne aveva passate di ben peggiori. Aveva rischiato la vita, pur di non far capire ai compagni quanto stesse soffrendo fisicamente, pur di non doverli lasciare da soli sul campo di battaglia.


Sembrava che stesse andando tutto per il verso giusto, che i cyborg fossero meno forti del previsto e che il combattimento sarebbe presto giunto al termine con la vittoria di Goku ed i suoi amici.
Ma, poco dopo l’inizio dello scontro, Yamcha aveva spalancato violentemente la porta di casa Son, urlando a squarciagola il nome di Nikita.
La donna era accorsa in preda al panico: l’uomo sorreggeva il corpo di Goku, inerme.
Nessuna ferita, nessuna bruciatura, nessun ematoma, e la tuta era perfettamente intatta.
Fu allora che ricordò le parole di Goku riguardo una certa medicina fornitagli dal ragazzo del futuro e finalmente capì. Non erano i cyborg i veri nemici: il pericolo era dentro il suo stesso corpo, in quel cuore che aveva amato e combattuto troppo nonostante la natura saiyan.
Nikita si precipitò dall’uomo, stringendo con forza il lembo di stoffa all’altezza del suo petto e sussurrando il suo nome fra le lacrime.
Non ricordava di aver pianto così intensamente in tutta la sua vita.
«Forza, io lo porto in camera da letto! Tu vai a prendere la medicina!».
La razionalità di Yamcha le aprì gli occhi: doveva combattere anche lei.
Insieme raggiunsero la camera, Goku venne messo a letto e Nikita si sforzò di ricordare dove avesse riposto la medicina. La trovò, finalmente, nel cassetto del comodino ed estrasse una di quelle pastigliette bianche, per poi darla a Goku e fargliela ingoiare.
Attesa e speranza furono tutto ciò che regnò in quella stanza per giorni e giorni.
Goku continuava ad urlare nel sonno, stringendo il lenzuolo con una mano e la stoffa che gli copriva il cuore con l’altra. Nikita non sapeva cosa fare, se non somministragli quotidianamente la medicina e pregare costantemente che il cuore del saiyan guarisse.
Ma un giorno, proprio quando era sul punto di perdere la speranza, la donna trovò la camera da letto vuota e la finestra spalancata. Con il cuore in gola, saltò dal balcone e scese in giardino: Goku se ne stava in piedi, le mani sui fianchi e la chioma corvina al vento. Svelta, Nikita gli corse incontro e Goku la accolse a braccia aperte. Ma a differenza di ciò che si aspettava, la moglie cominciò a tempestarlo di pugni e a riempirlo di insulti, senza mai guardarlo davvero negli occhi e svelare le lacrime che copiose rigavano le sue guance.
«Ehi», la interruppe Goku, bloccandole le braccia con un movimento veloce. «Sono qui, sto bene», le sussurrò poi, avvicinandola a sé e stringendola forte. Nikita si lasciò abbracciare e non si premurò più di trattenere le lacrime, scoppiando in un pianto liberatorio.
Goku le baciò i capelli e poi la lasciò andare, dicendole che era arrivato il momento di tornare in battaglia e salutandola con un sorriso luminoso.


Quando terminava le sue faccende quotidiane, Nikita era solita uscire in giardino per godersi gli ultimi momenti prima del tramonto.
Chiuse gli occhi per alcuni istanti, una mano saldamente stretta alla robusta corda sul lato e l’altra intorno al fagotto arancione che giaceva sulle sue ginocchia. Si issò sulle punte dei piedi, spingendosi lievemente all’indietro, e l’altalena cominciò a muoversi con un movimento lento e regolare. L’aveva costruita Goku, per loro.
Lo scricchiolio dei rami tirati dalle due corde cominciò una melodia silenziosa, accompagnata dal lieve fruscio della brezza primaverile che si intrufolava tra i capelli già arruffati della giovane donna e dal respiro calmo e dolce della creatura che le riposava in grembo.


Cell, il nuovo potente nemico, aveva rimandato lo scontro finale di dieci giorni.
In quel periodo di tempo, Goku decise di alternare i pesanti allenamenti ai pomeriggi da passare con gli amici. Nikita comprese subito che quello non era il suo Goku, che c’era qualcosa che non andava. E così una sera trovò il coraggio per dirglielo.
«Tu non hai un piano».
Goku sputò il boccone di riso che aveva appena portato alla bocca e tossì ripetutamente.
«Di che stai parlando?».
«Non fare finta di niente», lo aveva rimproverato lei con sguardo severo. «L’ho capito, sai?».
Goku abbassò lo sguardo e sospirò. «Ho sbagliato i miei calcoli».
Nikita strinse i pugni lungo i fianchi, lottando contro la voglia di piangere o di picchiarlo.
«Tu devi vincere, hai capito?!», urlò furiosa. «Devi farlo per te, per me, per noi!».
Goku non capì il significato di quell’ultima parola, credendo che la moglie si riferisse ai loro amici. Eppure in quei giorni si era accorto del lieve cambiamento d’aura di Nikita, ma forse aveva volutamente ignorato quel particolare.
«Farò del mio meglio», le promise. Nikita gli volle credere, come sempre.
E così trascorsero anche quei giorni: il Cell Game si avvicinava sempre di più.
«Tornerò presto!».
Quella mattina l’aveva salutata con un sorriso incoraggiante, ma Nikita aveva compreso all’istante che Goku non era certo di quelle parole, che erano state pronunciate allo scopo di convincere prima di tutto se stesso e poi lei, la quale avrebbe continuato – imperterrita – a sperare nella sua promessa.
«Guai a te se verrai sconfitto!», gli aveva risposto con tono di rimprovero, amara ironia e tristezza malcelata. «Perché potrei morirne...», aveva aggiunto subito dopo, portando una mano al cuore e allungando l’altra verso il vuoto, quasi volesse tentare di fermare il saiyan.
Ma Goku ormai era troppo lontano per poter udire quelle ultime parole.
Nikita si portò una mano al ventre ancora piatto, avvertendo gli occhi farsi umidi.
E nonostante conoscesse già l’esito di quello scontro, la donna non avrebbe mai smesso di immaginare il viso trionfante di Goku al ritorno dal torneo. Non avrebbe mai smesso perché, semplicemente, considerare l’opzione che non sarebbe più tornato faceva troppo male.


Si svegliò di soprassalto, le guance bagnate e il respiro mozzato.
Istintivamente abbassò lo sguardo e si accorse che il fagotto arancione era in procinto di scivolare dalle sue gambe, tanto si era affievolita la stretta con cui lo teneva fermo mentre dormiva. Lo riportò alla posizione iniziale, stringendolo forte con entrambe le mani e avvicinandolo al suo ventre.
«Sei così piccola, eppure mi crei già problemi enormi! Non è vero, mocciosetta?».
La piccola si accucciò maggiormente nell’abbraccio della madre, mugugnando.
I capelli neri le ricadevano sul volto – spettinati come quelli del padre – e le coprivano gli occhi chiusi dietro i quali si nascondevano due perle smeraldine – come quelle della madre. Aveva il visino rilassato, la bocca dischiusa e i pugnetti fermi all’altezza del petto, mentre la codina ereditata dal padre non smetteva un attimo di muoversi in tutte le direzioni.
Nikita le sistemò meglio la tutina arancione – l’aveva cucita lei stessa, con molta fatica, utilizzando una delle maglie di Goku – e si alzò dall’altalena, dirigendosi lentamente in casa.
Era trascorso un altro giorno dalla sua morte.


Qualche anno dopo...

Il nuovo torneo Tenkaichi aveva attirato ancora una volta milioni di persone provenienti da tutto il pianeta per assistere agli scontri dei guerrieri più forti del mondo e accogliere il campione dei campioni, il grande Mr Satan che anni prima aveva ucciso Cell.
Nikita e i guerrieri Z si trovavano riuniti nell’immenso piazzale dell’edificio con le rispettive famiglie, ma solo in pochi erano a conoscenza dell’imminente arrivo del vero eroe della Terra.
E come se avesse letto nella mente dei compagni, il saiyan fece la sua comparsa con un sorriso stampato sul volto e l’aria ringiovanita. «Salve a tutti!».
La prima a voltarsi fu Nikita.
E ciò che trovò davanti ai suoi occhi le tolse il respiro.
L’ultima volta che aveva visto Goku era stato il giorno del Cell Game, durante l’ultimo scontro tra Cell e il saiyan, proiettato nella sfera dell’anziana Baba. Goku era riuscito a sconfiggere il nemico, trasformandosi in super saiyan di terzo livello all’ultimo momento, ma l’esplosione generata dal colpo finale aveva comportato la perdita della sua stessa vita.
E in quell’attimo Nikita sentì di essere ritornata la ragazzina di anni prima, quella che amava girare il mondo e che durante uno dei suoi viaggi si era follemente innamorata di quel guerriero dalla forza impressionante e dal cuore più puro che avesse mai incontrato.
«Goku», sussurrò con gli occhi lucidi, ma non pianse. «Mi sei mancato così tanto!».
Il saiyan le rivolse un sorriso dolce. «Mi sei mancata anche tu, Nikita».
La donna avrebbe voluto correre da lui, prenderlo a pugni, poi abbracciarlo e baciarlo, ma c’era qualcuno che tirava con forza la sua gonna e attendeva quelle attenzioni con più impazienza.
«Avanti, piccola, vai dal tuo papà».
Goku sgranò gli occhi quando vide sbucare da dietro la moglie la figura di una bambina in tuta arancione che gli ricordava tanto se stesso da bambino.
Seguì con lo sguardo la forma dei capelli a palma – così simili ai suoi – e poi scese sul viso paffuto, soffermandosi sugli occhi verdi – come quelli della madre – e sulla bocca aperta in un ampio sorriso.
«Papà?», chiese la bambina titubante.
Goku sorrise a sua volta e non ci fu bisogno di parole: svelta, la piccola saiyan corse tra le sue braccia e lo strinse forte, realizzando finalmente chi fosse il protagonista delle storie che le raccontava la sua mamma prima di andare a letto.
E mentre abbracciava la sua bambina, Goku non potè fare a meno di rivolgere nuovamente lo sguardo verso la donna che amava, colei che lo aveva aspettato per tutto quel tempo, costruendo da sola la famiglia che aveva sempre inconsciamente desiderato.


Goku e sua figlia si erano allontanati dagli altri per trascorrere un po’ di tempo insieme, prima dell’inizio del torneo. La piccola saiyan gli stava raccontando cosa fosse successo in quegli ultimi anni, quando l’attenzione di Goku si posò su un libricino che giaceva per terra, con qualche pagina sparsa poco più lontano. Diario di bordo, lesse sulla copertina azzurra.
Si chinò per terra e lo raccolse, sfogliando distrattamente le pagine e giungendo all’ultima annotazione.
Caro diario,
il mio primo tentativo di arrivare nell’epoca giusta è fallito. Sono andato troppo avanti con gli anni - non ci sono i cyborg, quindi deduco che siano già stati sconfitti, tanto meglio! – ma la cosa strana è che al posto di Chichi c’è un’altra donna, dalla quale Goku ha avuto una bambina che è la sua fotocopia al femminile. Ho creato un’altra dimensione! Spero che nessuno se ne accorga e che il prossimo tentativo andrà meglio.
Trunks

Goku non poteva credere ai suoi occhi. Quello era il diario del ragazzo che anni prima lo aveva avvertito della sua malattia cardiaca e gli aveva fornito la medicina necessaria per guarire!
Ma la cosa più strana era che quella pagina di diario si incentrava su Chichi, la persona con la quale Goku avrebbe dovuto combattere anni prima.
Desideroso di altre informazioni, sfogliò le pagine precedenti e vi trovò varie foto, alcune raffiguranti i suoi amici e altre raffiguranti quella stessa donna, Chichi, e un ragazzo dallo sguardo gentile, che le somigliava e somigliava allo stesso Goku.
Gohan, lesse nella parte sottostante alla foto.
Avrebbe voluto saperne di più, ma qualcuno gli sfilò dalle mani il libricino senza dargli il tempo di voltarsi e scoprire chi fosse, preso com’era da quella nuova scoperta.

Son Goku non avrebbe mai dimenticato quel giorno: aveva ritrovato sua moglie e i suoi amici, aveva conosciuto sua figlia e – ultima cosa, ma non meno importante – aveva scoperto di avere una seconda famiglia in chissà quale altra dimensione parallela.
No, non l’avrebbe mai dimenticato.















Note dell'autrice:
Si chiude con questo secondo capitolo la storia tra Goku e Nikita :°)
Ringrazio infinitamente chi l'ha seguita, soprattutto coloro che amano la Goku/Chichi e che si sono sforzati - come me - di immaginare un’altra donna al fianco di Goku. Mi farebbe molto piacere la vostra opinione su questo finale. Ci tengo a dire due cose in particolare:
1. Ebbene sì, questa storia non sarebbe mai esistita se Mirai!Trunks non avesse sbagliato ad azionare la macchina del tempo. Nella scena finale, è lui che sfila il diario dalle mani di Goku per non incorrere in altri cambiamenti dovuti al suo arrivo in quella dimensione.
2. Mi sono attenuta il più possibile alla storia originale, cambiando ciò che era necessario (ad esempio, dato che Gohan qui non esiste, ho fatto trasformare Goku in super saiyan di terzo livello prima del previsto).
Grazie ancora, ci si legge in giro!
Soly Dea

  
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