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Autore: Moiraine    14/12/2012    3 recensioni
Salve a tutti :)
La protagonista, Estel, è una ragazza dal passato oscuro e misterioso del quale apparentemente non ricorda nulla. Vive una vita difficile o, almeno, vive una vita difficile fino all'incontro con un ragazzo speciale.
Questa è la prima storia che pubblico; quindi non fatevi scrupoli e commentatemi o criticatemi.
Buona lettura :) Spera che la storia vi piaccia :)
Genere: Fantasy, Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Calore
 
Anar ed Estel erano ancora immobili davanti all’orrendo scenario. Nessuno dei due era in grado di dire una parola, tanto erano traumatizzati da ciò che continuavano a vedere.
Estel non riusciva a non pensare ad altro che al viso di quella ragazza che la fissava. Aveva uno sguardo terrorizzato come se prima di morire avesse implorato l’aiuto di un qualcuno che, purtroppo, non era arrivato in tempo. Gli occhi chiari, nonostante ormai non potessero vedere più nulla, sembravano scavarle dentro, fino a raggiungerle l’anima e lei si sentiva impotente. Non poteva fare nulla per lei e non poteva far nulla neanche per evitare che continuasse a contorcerle l’anima.
Si sentiva come se qualcuno le fosse entrato dentro e avesse preso a pugni non solo tutti i suoi organi vitali, ma anche la sua parte più pura che non aveva mai rivelato a nessuno: la sua anima che ormai era prigioniera di quello sguardo.
 
Anar, ancora traumatizzato, mosse lentamente la testa e prese un profondo respiro, per cercare di calmarsi. Non era il caso di lasciarsi prendere dal panico proprio in quel momento. Ne aveva viste di tutti i colori, quindi doveva cercare di contenersi; si che quella era la prima volta che si trovava di fronte a un cadavere, e soprattutto era la prima volta che si trovava davanti a qualcosa in cui era coinvolta Ainur.
Cercò di obbligarsi a restare calmo e a non perdere la testa. Non poteva far nulla in quel momento e in quei panni; l’unica cosa che gli era concessa, era di aspettare. Alla prima occasione avrebbe chiamato Mahtar e con lui avrebbe trovato il modo migliore per affrontare correttamente la situazione.
Sospirò e si massaggiò le tempie, cercando di non pensare, ma stranamente, in quel momento il suo cervello sembrava pervaso dall’adrenalina. Migliaia di pensieri diversi gli affollavano la mente; ipotesi folli e idee pazzesche, che non riusciva a mettere da parte. Non riusciva, per esempio, ad annullare e cancellare la convinzione che Estel fosse coinvolta in quella catastrofe. Era una coincidenza che lo stesso giorno in cui conosceva una ragazza con le orecchie appuntite, usciva fuori un cadavere collegato alla favola di Ainur?
Scosse la testa; il suo cuore gli diceva che stava esagerando e che Estel, ovviamente, era innocente; però il suo cervello lo indirizzava su una strada completamente diversa.
Sospirò e si voltò, in modo da poter fissare la sua nuova amica e cercare di trovare nel suo sguardo le risposte ai mille interrogativi che gli opprimevano la testa; ma non appena incrociò i suoi occhi, non appena vide la paura e la disperazione celate dietro il velo sottile del suo sguardo, capì che lei non poteva essere Ainur. I sentimenti che cercava di nascondere erano troppo forti e sinceri; e più passava il tempo, più le sue teorie e le sue paure iniziavano a sfumare. 
Ma allora perché la ragazza trovata morta, aveva impresso sulla fronte quel nome? Chi gliel’aveva scritto e soprattutto perché chiunque fosse stato aveva cercato di far ricadere la colpa sul personaggio di una favola? Su Vortha, il coniglio diabolico che, secondo la storia, ordinava ad Ainur di uccidere?
Anar scosse la testa; non riusciva a pensare in compagnia del cadavere, ma soprattutto non riusciva a trovare neanche una risposta. Prese un profondo respiro e raggiunse Estel, ancora immobile sull’erba morbida del cortile. Le si inginocchiò accanto e le mise una mano sulla testa, cercando in quel modo di darle un po’ di conforto.
 
Estel alzò lo sguardo e guardò con occhi lucidi il ragazzo che le stava davanti. Aveva una faccia orribile, segnata dalla paura e forse da una violenta lotta interiore. Aveva gli occhi lucidi e circondati da un’aura cupa, eppure in quel momento era inginocchiato davanti a lei e cercava di darle conforto.
Lei, dal canto suo, stava per scoppiare, ma non voleva farlo di fronte ad un ragazzo che neanche conosceva. O meglio, voleva farlo perché sentiva la necessità di sfogarsi, però non voleva che Anar la vedesse piangere. Lei non piangeva mai, era una ragazza forte; non poteva lasciarsi andare soltanto per aver visto un cadavere!
Però, improvvisamente, il rosato la prese dalle spalle e la strinse forte contro il suo petto, abbracciandola e carezzandole dolcemente i capelli.
Estel spalancò gli occhi stupita dal quel gesto improvviso, anche se la cosa che di più la meravigliò fu il fatto che tra quelle braccia che neanche conosceva lei si sentiva sicura. Aveva trovato nell’abbraccio di Anar un calore che non aveva mai incontrato neanche nell’abbraccio del suo tutore. E tra quelle braccia ospitali, calde e sicure, lei si sciolse.
Lacrime iniziarono a rigarle il viso; lacrime che, gocciolando dal mento, finivano tutte sulla felpa di Anar che, in silenzio, continuava ad abbracciarla, sussurrandole talvolta delle parole incomprensibili all’orecchio, in un tono così delicato che, anche se non riusciva a capirne il significato, riusciva comunque a trarne conforto.
Dopo qualche minuto, finalmente, smise di piangere e strofinò il viso contro la felpa del ragazzo, in modo da asciugarsi gli occhi e da cancellare le tracce del suo pianto. Anche se si era lasciata andare in sua compagnia, non voleva fargli vedere il suo viso stravolto. Però, Anar, staccandola dolcemente dal suo petto, la costrinse ad alzare il viso per guardarla negli occhi.
Lei lo guardò con una strana espressione, confusa perché non riusciva a spiegarsi il suo strano comportamento. Anar non sembrava una persona capace di abbracciare la gente che non conosce in maniera improvvisa e disinvolta.
Quello le sorrise, intenerito dal suo aspetto da bambina, e le asciugò quelle poche lacrime che ancora le bagnavano le guance. Lei lo guardò negli occhi, facendogli notare che, quella luce oscura nata dopo aver visto il cadavere, non aveva ancora abbandonato il suo sguardo. Allora le sorrise più intensamente e davanti a quel sorriso, le guance della ragazza si chiazzarono leggermente di rosso, facendole accennare un sorrisino e cancellando definitivamente l’ultima traccia di negatività che le oscurava il cuore.
Allora, Anar si alzò e le porse una mano in modo da aiutarla ad alzarsi. Estel accettò l’aiuto con un sorriso e si issò in piedi, lanciando un veloce sguardo al punto in cui si trovava il cadavere. Anche se si era sfogata, non voleva dire che la presenza di un morto la rendeva più tranquilla. Continuava a sentirsi strana; non più spaventata, ma sentiva di non essere tranquilla.
Una volta alzata, però, una fitta lancinante, le fece ricordare di avere un ginocchio ferito e, forse, ancora sanguinante. Strinse un occhio per non gridare e si guardò la gamba, attentamente. Rimase stupita, quando si accorse che tutto il suo jeans, chiaro e candido all’inizio, adesso era completamente sporco di sangue. Prese un profondo respiro e cercò di non concentrarsi sul dolore che le provocava ogni suo singolo movimento, anche perché non voleva che Anar notasse la sua sofferenza. Anche se aveva pianto in sua presenza, restava comunque una donna forte!
Mentre lei faceva questi pensieri e cercava di calarsi nella parte della ragazza forte che non conosce il dolore, Anar era andato a recuperare il professore che, ancora addormentato, se ne stava sdraiato ai piedi dell’albero. Era incredibile che con un solo pugno fosse riuscito a metterlo completamente KO!
Una volta issatoselo sulla spalla destra, si diresse nuovamente verso Estel.
Lei, quando Anar gli fu accanto, sorrise e cominciò a camminare cercando di ignorare il dolore, ma dopo neanche tre passi sentì il rosato sbuffare. Si voltò curiosa verso il ragazzo e lo guardò con aria innocente.
«Che c’è?» gli chiese.
«Puoi anche dirmelo che ti fa male il ginocchio» le disse incrociando le braccia. Si era davvero offeso?
«Non mi fa male» mentì Estel, scuotendo la testa.
«Sì, invece. Vedo che zoppichi e comunque ho notato anche il sangue» sbuffò, spostando il professore sulla spalla sinistra.
«Non è niente..» tagliò corto lei. Anar sbuffò di nuovo.
«Bugiarda» le disse, guardandola attentamente negli occhi.
«Perché ti ostini a dire che mi fa male?» gli disse lei, fermandosi di botto.
«Perché lo so» le disse, scrollando semplicemente le spalle.
«Come sapevi che quella di prima era solo un’esercitazione?» lo provocò, incrociando le braccia e sollevando un sopracciglio. Anar sbuffò nuovamente e iniziò a camminare, molto più velocemente di prima, lasciandola indietro.
«Ti saluto» le urlò, ormai distante, muovendo una mano come per salutarla.
«Dove stai andando!? Aspettami!» gli urlò lei, sbattendo per terra la gamba buona. Ma il suo gesto non sortì nessun effetto; Anar se n’era ormai andato.
Estel sbuffò e mosse una gamba per riprendere a camminare, ma il ginocchio le cedette facendola arrivare per terra. Digrignando i denti dal dolore, cercò di non urlare tutti gli insulti che le passavano in mente, diretti contro quel ragazzo che l’aveva lasciata da sola. E poi non riusciva a spiegarsi a una cosa molto importante:  come era stato possibile che per correre il suo ginocchio l’aveva sostenuta, mentre adesso la stava abbandonando?!
Quando finalmente sbollì la rabbia, sentì un brivido percorrerle tutta la schiena. Si voltò e fissò il punto in cui si trovava il cadavere. Dalla sua angolazione, dato che era nascosto dietro un cespuglio, non riusciva a vederlo e quindi non poteva accertarsi che fosse realmente ancora al suo posto. Ovviamente era così, ma in quel momento nella sua mente iniziarono a passare varie scene di film che aveva visto da bambina; scene in cui i morti si rialzavano in piedi, diventati ormai zombi.
Sapeva che una cosa del genere non sarebbe mai successa nella realtà eppure si sentiva intimorita. Deglutì rumorosamente e cercò di alzarsi senza perdere di vista il punto in cui si trovava il corpo della ragazza quando, improvvisamente, si sentì toccare a una spalla. Fece un balzò indietro – non seppe neanche lei come –, spaventata e urlò, alzando lo sguardo. Riconobbe subito la figura che gli stava davanti.
«Ma sei scemo?!» urlò ad Anar che la guardava ridendo.
«Dovresti vedere la tua faccia!» esclamò quello ridendo rumorosamente.
«Mi hai fatto prendere un colpo, cretino!» lo insultò, cercando di colpirlo con un pugno.
«Non rientrava nei miei piani» le disse cercando di fermare le proprie risate. Estel sbuffò, incrociando le braccia.
«Stupido..» gli sussurrò arrabbiata. Lui la guardò con un sorriso e le si inginocchiò accanto.
«Dai, non era mia intenzione farti spaventare» le disse ridacchiando. Lei sbuffò.
«Perché sei qui?» gli chiese senza guardarlo. Lui sospirò.
«Mi dispiace averti lasciata indietro da sola..» le sussurrò. Estel si voltò a guardarlo.
«Ti dispiace?» gli chiese incredula. Non si sarebbe mai aspettata un simile gesto da parte sua. Neanche si conoscevano..
«Si..» le disse quello lentamente.
«Ma non hai fatto niente di che..» gli disse lei, scrollando le spalle. Voleva capire se le sue fossero scuse sincere, o se le diceva soltanto perché era giusto farlo.
«Ti ho lasciata insieme a.. lei.. e ti ho fatta spaventare..» sussurrò, guardandola, con le labbra strette. Lei lo guardò, con un’espressione intenerita.
«Sei uno scemo» gli disse con un sorriso.
«Come?» le chiese quello confuso.
«Sei uno scemo» ripeté ridacchiando.
«Uno scemo!? Non solo uno ti chiede scusa per averti lasciata da sola e tu lo insulti, pure?» le chiese incredulo, spalancando gli occhi.
«Non ti ho insultato, ti ho solo detto che sei scemo» gli disse, provando ad alzarsi. Anar la guardò stupito e si lasciò scappare un sorrisino. Poi si alzò e, inaspettatamente, la issò tra le braccia.
«Ma.. sei scemo, davvero?!» gli urlò Estel, arrossendo intensamente.
«Perché? Ti sto solo dando una mano» le disse quello con un sorrisetto.
«Posso camminare!» urlò, iniziando a colpirlo sulle braccia per farsi mettere giù. Anar la guardò incredulo, facendola scendere di nuovo per terra.
«Avanti, allora; fa pure da sola!» le disse trafiggendola con uno sguardo infuocato. Lei rimase ammaliata per qualche secondo, poi però si riprese e scosse la testa.
«Certo..» sussurrò voltandogli le spalle e, senza aggiungere un’altra parola, si diressero entrambi verso il cancello della scuola dove trovarono il resto degli studenti e dei professori, insieme al signor Maiwe che finalmente si era risvegliato.
 
 
 
  
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