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Autore: Melanto    15/12/2012    6 recensioni
Aria. Acqua. Terra. Fuoco. Alla disperata ricerca del Principe scomparso, mentre nel cielo rosseggia un'alba che odora di guerra. Una lotta contro il tempo per ritrovare la Chiave Elementale, prima che finisca nelle mani del Nero, e salvare il pianeta.
Siete pronti a partire?
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Hajime Taki/Ted Carter, Mamoru Izawa/Paul Diamond, Teppei Kisugi/Johnny Mason
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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- Questa storia fa parte della serie 'Elementia Esalogy'
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ELEMENTIA
- The War -





CAPITOLO 16: This is War (parte VI)

Lingua di Serpe – Regno degli Ozora, confine con le Terre del Nord

“It's the moment of truth and the moment to lie /
E’ il momento della verità e il momento di mentire,
the moment to live and the moment to die /
il momento di vivere e il momento di morire,
the moment to fight, the moment to fight, to fight, to fight, to fight /
il momento di combattere, il momento di combattere, combattere, combattere, combattere!

30 Seconds to MarsThis is War

Combattere con uno Stregone Metamorfo non era facile, soprattutto se si era da soli. Hajime se ne stava rendendo conto mentre cercava di evitare le bestie che Chana creava trasformando anche semplici pezzi di roccia. In pratica ogni cosa che aveva intorno poteva essere usato come arma.
Quando si erano trovati sul Nohro e si erano scontrati per la prima volta, l’aiuto di Yuzo lo aveva avvantaggiato perché in due erano riusciti a distrarlo, ma ora la situazione si era capovolta: Chana lo teneva in trappola, rinchiuso in quella prigione di tentacoli neri e animali che lo guardavano come fosse il loro pasto dopo giorni di digiuno.
Lui continuava a girare intorno, cercava di rifuggirli o tenerli alla larga con i suoi incantesimi, ma era difficile quando l’ambiente gli era tutto tranne che congeniale. La Lingua di Serpe era solo terra e di acqua che potesse essergli di sostegno non ce n’era.
Un lupo balzò famelico, la bocca spalancata e colante bava. Hajime lo colpì al volo con un calcio portato col tallone e l’animale finì contro i tentacoli che lo afferrarono e lo stritolarono senza pietà. Non sapevano riconoscere gli ‘amici’ dai ‘nemici’: per loro chiunque ci finisse in mezzo era una preda.
Subito un’altra bestia tentò di azzannarlo alla gamba, ma il Tritone mutò l’acqua in una lama di ghiaccio che gli conficcò nel collo, uccidendolo prima che potesse anche solo sfiorargli la pelle.
“Non credere che potrai sfuggir loro in eterno.” Lo ammonì Chana con un risolino subdolo. “Però ammetto che è divertente vederti correre. Forza, allora! Corri, formichina, corri!”
I lupi deceduti vennero rimpiazzati da altri due. La sua riserva di sassi gli apparve inesauribile.
Hajime decise di provare a liberarsi di tutte e tre le bestie contemporaneamente per poi tentare di attaccare il minore dei Konsawatt prima che potesse avere il tempo di sostituirle.
Si lasciò accerchiare di proposito, venendo avanti nel piccolo spazio che i lupi gli avevano lasciato. Si sentiva come nel centro di un’arena. Col potere dell’acqua afferrò le caviglie di ciascun animale, avvolgendole in corde sottili. Con tutta la forza che aveva li sollevò in aria e li lanciò oltre la muraglia di tentacoli oscuri. Senza perdere tempo ne approfittò per attaccare Chana, ma quella stessa muraglia lo difese e un filo nero lo colpì in pieno addome con la sferzata di una fionda.
Il Tritone venne scaraventato dalla parte opposta finendo dritto nel perimetro dell’area e i tentacoli non persero tempo ad avvolgersi attorno a lui. Tre gli serrarono una gamba, due s’avvolsero attorno al braccio sinistro e uno trovò la gola.
Chana ridacchiò e il suo tono era così fastidioso che Hajime avrebbe voluto strappargli le corde vocali pur di farlo tacere. “Te l’avevo detto. L’altra volta siete riusciti a mettermi in ridicolo solo perché eravate in due contro uno.” Assunse una smorfia infastidita. “Adesso mi prenderò la rivincita che mi spetta.”
I fili si stringevano sempre di più, Hajime ne avvertiva la presa che iniziava a farsi dolorosa. Il sangue rallentava il suo fluire e il fiato faticava a entrare così come a uscire. Non andava bene. Se non se ne fosse liberato, avrebbe finito per morire e non era di certo una fine ingloriosa quella che aveva sempre immaginato per sé. Se era davvero in battaglia che avrebbe dovuto chiudere gli occhi per sempre, allora l’avrebbe fatto in modo da non avere alcun rimpianto.
Nel frattempo, Chana aveva creato altre tre bestie, identiche alle precedenti. Solo tre. Hajime si accorse che quel numero restava invariato, come se non avesse potuto crearne di più onde rimanere a corto di energia. Qualsiasi incantesimo assorbiva la forza del mago che lo faceva brillare e gli Stregoni non facevano eccezione.
Col laccio che si rinsaldava sempre di più, Hajime pensò che se avesse trovato un modo per bloccare i lupi senza ucciderli, avrebbe potuto affrontare Chana ad armi pari.
D’improvviso gli balenò una mezza idea. La terra, dopotutto, avrebbe potuto divenire davvero una sua alleata.
Raccogliendo le ultime forze rimaste prima che la riduzione d’ossigeno finisse col fargli perdere i sensi, il Tritone iniziò a far scorrere acqua dalla sua pelle. Lungo le mani, il collo, scivolava giù bagnando non solo gli abiti, ma anche i tentacoli che lo stavano lentamente uccidendo. Con i suoi poteri abbassò la temperatura dell’acqua così tanto da farli congelare. Adesso erano intrappolati nel ghiaccio e, come era noto, il ghiaccio era fragile.
Ad Hajime bastò contrarre i muscoli affinché i tentacoli cristallizzati andassero in frantumi, lasciandolo libero. L’aria tornò a invadere con prepotenza i suoi polmoni tanto da farlo tossire con forza, mentre i segni del tentato soffocamento risaltavano rossi sulla pelle di colore chiaro.
Chana si stizzì. “Siete proprio testardi.” Con un gesto aizzò le belve che balzarono insieme contro il suo avversario.
Hajime ne riuscì a evitare due allontanandole con un paio di calci, ma la terza lo stese. La bava colò sul braccio che aveva usato per difendersi e che gli teneva ferma la bocca in modo che non lo azzannasse. Lo colpì in pieno ventre, facendolo finire addosso agli altri due che intanto avevano provato a rialzarsi.
Per il Tritone quella si presentò come l’occasione perfetta. Di certo, se ci fosse stato Teppei con lui, l’effetto sarebbe stato più rapido e migliore, ma al momento non aveva il suo migliore amico con cui portare avanti una combo, avrebbe quindi dovuto ottenere lo stesso risultato da solo.
Appoggiò le mani al suolo e vi scaricò quanta più acqua possibile. Purtroppo il substrato non era fatto di sabbia, ma la polvere avrebbe potuto fornirgli qualcosa di simile.
“Cosa credi che possa fare il tuo Elemento in un ambiente ostico come questo?” Chana lo stava provocando e, visibilmente, non gli piaceva vederlo armeggiare con la terra. “Il sottosuolo non ha tutta l’acqua di cui hai bisogno.”
“Me ne basta meno di quanto credi” provocò lui di rimando e il minore dei Konsawatt cadde nella trappola, proprio come aveva sperato. Era il più piccolo e forse, proprio in virtù di questo, era anche quello più orgoglioso. Non ci stava a essere sfidato, preso in giro o non preso troppo sul serio solo per il suo aspetto minuto, all’apparenza più innocuo di quanto fosse in realtà.
Con un fischio richiamò i lupi che attaccarono in gruppo, ma quando misero le zampe nella superficie davanti al Tritone, queste affondarono fino ai gomiti tenendoli bloccati in una melma dalla consistenza collosa. Fanghiglia. Cemento.
Non era perfetta come le sabbie mobili, ma era pur sempre meglio di nulla.
Chana indietreggiò, colto di sorpresa.
“E’ spiacevole essere fregati, non credi?” Hajime non perse tempo a pungolarlo, tanto che il piccolo Stregone cercò subito di uccidere le sue creature per poterne creare di nuove, ma il Tritone glielo impedì. Stavolta fu lui a creare una sorta di muro d’acqua in modo da tenerlo isolato dalle sue stesse bestie.
Chana si sentì in trappola e tentò la fuga oltre i tentacoli di tenebra che aveva eretto per tracciare il perimetro entro cui avrebbero combattuto. Per sua sfortuna, Hajime gli fu addosso con un balzo. L’acqua era il suo Elemento e passare attraverso all’incantesimo che aveva creato fu naturale.
Il Tritone gli teneva un ginocchio piantato nello stomaco in modo da bloccarlo al suolo. Gli occhi dello Stregone erano terrorizzati.
“Oh, vedo che non fai più il saputello senza i tuoi fratelli a darti man forte. Beh, è un vero peccato, perché si perderanno la lezione che sto per darti.”
Chana non ebbe nemmeno il tempo di provare a creare un incantesimo, perché l’altro lo colpì al volto con forza non una, non due e nemmeno tre o quattro volte.
Quando si fermò, Hajime aveva la mano che gli faceva male e le nocche che sanguinavano. Il respiro era affannato, ma il senso di soddisfazione fu tale che tutto il resto poco importava.
Incredibile a dirsi, ma lo Stregone era ancora vivo, anche se aveva il volto così tumefatto che i suoi fratelli avrebbero faticato a riconoscerlo. Il giovane si lamentava, dolorante; non riusciva neppure a portarsi le mani al viso.
Hajime aprì e chiuse la propria un paio di volte, poi si alzò. Guardò il minore dei Konsawatt dall’alto e disse: “Sai, qualche anno fa penso che mi sarei accontentato. Riempirti di botte sarebbe stato sufficiente a farmi sentire ‘pari’. Ma, vedi, è stato per colpa di quelli come te se io stavo per perdere la persona più importante che ho e mi dispiace, non ci sarà mai nulla che potrà soddisfarmi abbastanza.”
La barriera d’acqua scomparve. Hajime si portò a un passo da Chana e questi si rotolò su un fianco, cominciando a strisciare sul terreno. Il Tritone rimase a fissarlo senza muoversi né tentare di dargli una mano.
Il piccolo Konsawatt cercava a fatica di tirare su col naso, ma questo era rotto e gonfio, così si mise a respirare con la bocca. Piagnucolava e, se avesse potuto, avrebbe di sicuro chiamato i fratelli affinché accorressero. Hajime rimase impassibile e indifferente a ogni suo lamento. Lasciò che si trascinasse fino a cadere anche lui nella pozza melmosa dove i cani erano ancora lì a cercare di districarsi nella malta cementizia.
Per un attimo, per un solo attimo, Hajime ebbe l’impulso di afferrarlo e tirarlo fuori prima che fosse troppo tardi, ma l’ultima esitazione fu quella definitiva. In quel momento, non c’era più nessun controllo, i lupi non riconoscevano nello Stregone il loro padrone e vista la fame che avevano, non persero tempo a far di lui il loro primo pasto.
Le grida di Chana risuonarono strazianti e soffocate dal fango. Interruppe l’incantesimo e le belve tornarono semplice roccia, ma il morso alla gola era già stato dato e questa sventrata. Il sangue era ovunque, diffondendo rigagnoli nel grigio della terra. Il suo corpo galleggiava a faccia in giù e i tentacoli oscuri si dissolsero segno che ormai con lui era morta anche la sua magia.
Hajime tirò un profondo respiro e spostò lo sguardo da quel terribile spettacolo solo per incontrare degli occhi più familiari che lo guardavano con sollievo.
Teppei si teneva vistosamente il braccio su cui aveva cercato di applicare delle bende di fortuna, ma era vivo e, dopotutto, non stava poi così male.
Il tyrano abbassò le iridi sul corpo riverso di Chana e poi di nuovo sul Tritone. “Meno due?” domandò, abbozzando un sorriso.
Lui annuì, sorridendo di rimando ma senza serenità. “Meno due.”
Teppei gli si fece vicino e il Tritone poté osservarne meglio le ferite.
“Come è successo?” L’Elemento di Terra scrutò nello Stregone i segni di quelli che parevano morsi, di sicuro non a opera di Hajime.
“Era un Metamorfo. È finito sbranato dalle sue stesse creature.”
Mh.”
“A te che è successo?”
Teppei si strinse nelle spalle. “Sakun era un Manipolatore. C’è voluto un po’ di olio di gomito e qualche graffio per farlo cedere.” Poi si volse, notando come il compagno non fosse reattivo come al solito, quanto tormentato. “Qualcosa non va?”
Solitamente, Hajime avrebbe negato, refrattario alle confidenze troppo personali, ma chi gli stava davanti era pur sempre Teppei e nell’anno di viaggio aveva imparato a essere meno distaccato e più coinvolto.
“Avrei potuto salvarlo, ma ho esitato. E lui è morto.”
Il motto della Scuola dell’Acqua, ovvero ‘Mai uguale, ma sempre unita’, simboleggiava il perenne spirito di cooperazione che vigeva tra gli Elementi, e non solo tra loro, ma anche verso gli altri. Non avevano il cuore d’oro degli alastri, ma gli agadiri non si tiravano mai indietro quando si trattava di dover aiutare il prossimo. Avrebbe dovuto valere anche in quel caso, in cui lo Stregone era già stato sconfitto. Sarebbe stato un gesto di pietà e lui, che aveva esitato, non ne aveva avuta.
“Credo che nessuno di noi abbia agito in maniera perfettamente limpida. Potresti andarlo a chiedere a chiunque e chiunque ti racconterebbe di almeno un’azione scorretta che ha compiuto in questa guerra e sai perché?” Teppei lo guardò dritto negli occhi ed era sicuro di sé, anche se non ‘fiero’. “Perché siamo in guerra. Le regole cambiano anche se non lo vogliamo; le modifichiamo perché l’estremismo in cui ci troviamo spesso ci fa dimenticare anche chi siamo e quello che dovremmo fare. L’unica cosa è non perdere mai di vista l’obiettivo e il nostro obiettivo, ora, è di raggiungere Mamoru e Yuzo per aiutarli a proteggere il Principe e la Chiave.” Gli passò accanto, sorridendogli un’ultima volta ancora. “Nemmeno io mi sono comportato da tyrano con Sakun e non ne vado fiero, ma non lo rimpiango perché sono ancora vivo e so per certo che lui non potrà fare più del male a nessuno, mentre io sono ancora in tempo per aiutare i miei amici.” Lo superò, agitando una mano. “Vieni con me?”
Hajime incassò leggermente il mento, mentre lo vedeva allontanarsi con quell’andatura che lo faceva sembrare più vecchio dei suoi scarsi vent’anni.
Gli venne da ridere. Sul serio, gli venne davvero da ridere. Dal profondo del cuore.
Avanzò d’un passo.
“Eh sì, sei diventato davvero un vecchio saggio, tu.”

“Allora? Da che parte?”
Yuzo tornò al suo fianco con movimenti svelti. Gli occhi non guardavano la Fiamma, ma tenevano sotto controllo l’ambiente, Tsubasa e la Chiave.
Mamoru deglutì. “Abbiamo un problema.”
“Di quelli ne abbiamo sempre. Che succede?”
“Ci ha circondati.”
Yuzo guardò il profilo del compagno con le sopracciglia aggrottate e l’espressione confusa. “Chi?” Se volevano dirla tutta, erano già ‘circondati’: soldati e Stregoni erano dappertutto, ma gli occhi di Mamoru sembravano passare attraverso di loro per puntarsi su qualcuno di più specifico.
“Faran” disse infatti e quel nome bastò per far drizzare la schiena al volante e fargli muovere lo sguardo in modo più attento. “E’ in qualsiasi direzione decidiamo di muoverci. Non ci lascerà passare.”
Yuzo lo cercò con ossessiva insistenza. Sembrava il segugio che voleva a ogni costo la preda, poteva quasi sentirne l’odore nell’aria, e smaniava dalla voglia di vederlo e puntarlo. Gli era bastato il nome ed era come se qualcosa gli fosse scattato nella testa.
La rabbia pareva un acido che corrodeva le pareti del suo cervello o un branco di formiche, quelle rosse, quelle voraci. Rosicchiavano la sua stabilità e il suo controllo un pezzettino alla volta.
Quando i suoi occhi ne catturarono la figura ferma nella battaglia cominciò ad avvertire un sapore amaro nel palato, ipersalivazione. Fosse stato un cane avrebbe iniziato a ringhiare.
“Lo vedo” mormorò.
“E’ ovunque.”
Yuzo spostò altrove lo sguardo e vide che Mamoru aveva ragione. Faran era ‘oggettivamente’ dappertutto, in qualsiasi direzione. “Illusioni.”
“Sì, l’avevo pensato.”
Il mondo fu come se si rallentasse d’improvviso. Le spade si levavano e calavano così adagio che qualsiasi avversario avrebbe potuto evitarle, allo stesso modo i kamalocha sembravano immobili nell’aria perché le ali si alzavano e abbassavano alla lentezza delle lumache. I rumori erano ovattati, distanti, mentre i propri respiri avevano un suono sordo e forte.
Mamoru non fece in tempo a chiedere ‘cosa facciamo?’ che sentì nella schiena l’azzannare del pericolo. Si volse di scatto e il calcio teso in una delle mosse che Magister Wakashimazu gli aveva insegnato colpì Faran dritto all’addome.
La cosa assurda, fu che nello stesso istante Yuzo aveva fatto lo stesso con un altro Faran che aveva attaccato Mamoru frontalmente. Il volante ne aveva deviato il polso bloccandolo verso il basso. Aveva guardato dritto negli occhi l’avversario che gli era vicinissimo e aveva capito la verità.
“Sono doppi.” Lo allontanò con una potente folata di vento e l’assalitore, così come nel caso di Mamoru, scomparve, dissolvendosi in fango.
“Bravi.”
La voce di Faran, questa volta quello vero, arrivò ben più vicina. Con le sue illusioni era riuscito a distrarli tanto da raggiungerli in maniera discreta e portarsi alle spalle del Principe.
“Ancora non abbastanza, per me, ma bravi.” Poggiò una mano sulla spalla di Tsubasa. “Non vi dispiace se mi riprendo ciò che ci avete sottratto, vero?” Con violenza colpì Ryo alla schiena facendolo rotolare al suolo. Lui non aveva idea di chi fosse e non rappresentava che un intralcio di cui poteva fare a meno.
Yuzo raggiunse subito il giovane, accertandosi che stesse bene.
“Fa malissimo…” lamentò la Chiave, restando tutta curva su sé stessa. Anche se era un semidio, la sua forma umana gli faceva provare buona parte delle stesse sensazioni che provavano anche i mortali; tra cui il dolore, seppur in maniera ben più leggera. Ci fosse stato un altro al suo posto, ad esempio, si sarebbe trovato con la schiena spezzata.
“Va tutto bene, passerà in poco tempo.” Lo rassicurò il volante, e l’altro si limitò ad annuire, riuscendo già a mettersi seduto. Perfino Faran ne rimase sorpreso.
“Però! Che tempra.”
“Lascia andare il Principe o ti faccio pentire di essere nato” minacciò la Fiamma.
“Sapessi quante volte me l’hanno detto. Non sai trovare qualche battuta un po’ più originale?”
Yuzo approfittò del fatto che il compagno avesse catalizzato tutta la sua attenzione per agire in maniera indisturbata. L’aria era ovunque e proprio in virtù di questo avrebbe potuto portare da qualsiasi direzione il suo attacco. Con un gesto secco fece piovere una raffica di spilli di vento alle spalle di Faran, ma questi si volse bloccandoli dietro uno scudo di Magia Nera. Per farlo però, dovette lasciare la presa sul Principe e questo fu sufficiente a Yuzo affinché una folata di vento si insinuasse tra i due e spingesse Tsubasa lontano dallo Stregone, anche se piuttosto bruscamente.
Mamoru lo raggiunse e lo portò a distanza di sicurezza mettendosi poi di guardia per impedire che il maggiore dei Konsawatt gli si avvicinasse ancora.
Faran emise un verso di disappunto, quando tornò a voltarsi. I suoi occhi corsero istantaneamente a al volante.
“Tu” annuì piano. Le labbra piegate in uno strano sorriso. “Sei sempre tu che mi intralci. Scommetto che quell’imbecille di Fredericks non ha fatto il suo dovere. Dimmi un po’: lo hai ucciso? Non mi sembra che lui sia stato molto duro nei tuoi confronti; ho visto alastri devastati dalle sue abilità mentali e tu invece appari fresco come una rosa.” Annuì ancora. “Meglio così, almeno non gli dovrò alcun favore. Sarebbe stata una seccatura.”
Yuzo non rispose, ma si mosse lentamente assieme alla Chiave per raggiungere Mamoru e Tsubasa. I suoi occhi, però, non lasciavano l’avversario per nessun motivo.
Accanto a lui, Mamoru ne aveva piene le palle di quei farabutti dei Konsawatt. In particolare, ne aveva piene le palle di Faran. Quel bastardo lo aveva messo in difficoltà fin troppe volte per i suoi gusti e ora che a difesa del Principe erano rimasti solo lui e Yuzo, era ovvio che finalmente sarebbe toccato a lui regolare i conti con lo Stregone.
Accennò un mezzo sorriso di scherno e sfida e fece un passo in avanti, ma il braccio di Yuzo si tese con fermezza.
“No.” Il tono deciso si attirò subito lo sguardo della Fiamma, che si girò con sopracciglia aggrottate ed espressione incredula. “Ci penso io.”
“Yuzo, non-”
Gli occhi dell’uccellino si puntarono nei suoi e la stessa fermezza che animava i gesti era ancorata nello sguardo, impossibile da confondere o equivocare.
“Ci siamo già scontrati. Non hai motivo di preoccuparti, so esattamente ciò che faccio.”
Ancora, più forte, la decisione delle sue parole e quella freddezza nelle iridi lo disorientarono perché non si era aspettato di vederle di nuovo, ma lo lasciarono anche senza alcun dubbio: lo stesso sguardo che aveva avuto a Ghoia, la stessa, inquietante ferocia che era riuscito a tenere a bada in qualche modo. Adesso sembrava essere più forte anche se più controllata di allora, ma ugualmente destabilizzante. Non voleva lasciarlo solo in quelle condizioni, non contro Faran, e non perché non fosse in grado di affrontarlo, quanto per l’esatto contrario.
“Non si tratta di questo-” tentò, ma Yuzo lo interruppe di nuovo e questa volta la Fiamma non riuscì a nascondere i reali sentimenti dietro l’espressione più severa.
“Ti fidi di me?”
Quella domanda non se l’era aspettata. Non in quel momento e non con Faran che restava fermo davanti a loro in fremente attesa di poter attaccare l’uno, l’altro o tutti e due insieme.
Non si era aspettato nemmeno che, dopo quanto accaduto con la faccenda della verità sul Nero, la risposta che batteva sulla lingua fosse sempre la stessa, pronta. Non si sentiva neppure più tradito come quando si trovavano nella stanza dell’Amplificatore. Quell’episodio, la storia di Natureza e il segreto degli alastri era ormai già lontano da loro, quasi non gli appartenesse più, e il fatto che Yuzo gli avesse omesso la verità era divenuto qualcosa di poco conto perché il volante non avrebbe potuto fare altrimenti; ora lo capiva e accettava.
“Certo che mi fido” soffiò via come fosse una realtà ovvia e questo bastò affinché nel gelo che velava gli occhi di Yuzo, Mamoru scorgesse una scintilla calda e avvolgente, familiare, come il sorriso che gli distese le labbra.
“Allora porta il Principe al sicuro e non voltarti indietro. Per nessun motivo.” Lentamente, Yuzo abbassò il braccio. “E’ l’ultima speranza per questo pianeta contro la follia di Natureza, ed è nelle tue mani. Ti raggiungerò.”
Lui annuì, piano, e tirò un respiro profondo arrendendosi al fatto che non era Yuzo ad aver bisogno di protezione, in quel momento, ma il Principe e che quella era la sua missione.
“Fai presto.” L’unica risposta che seppe dargli in quel momento e che celava significati più importanti.
“Se avete finito di chiacchierare, direi che è il momento di passare ai fatti!” Faran si era stancato di aspettare e non perse tempo, ora che erano distratti, a sferrare contro di loro un incantesimo. Per sua sfortuna, però, non aveva ancora capito cosa si sarebbe trovato ad affrontare e non lo comprese nemmeno quando l’incanto si infranse contro quello dell’Elemento d’Aria. Sicuro di sé com’era sempre stato, non lo comprese nemmeno quando ne incrociò lo sguardo.
“Allontanati, Mamoru.” Yuzo non si volse a guardare la Fiamma perché non ne aveva bisogno. Quello non era un addio, Faran Konsawatt non era l’avversario che lo avrebbe fermato e dopo essersene liberato, sarebbe tornato al suo fianco, per continuare a combattere. Solo in quel momento, gli parve di cogliere la strana inversione dei ruoli che si era svolta tra lui e l’Elemento di Fuoco. Quando si trovavano alla base, era stato Mamoru a dirgli di andare avanti e di non preoccuparsi, perché li avrebbe raggiunti. Ora era il suo turno. Sorrise.
“Sapevo che lo avresti fatto. Eri stato prevedibile allora, nelle paludi, e lo sei anche adesso. Possiamo davvero chiudere il nostro vecchio discorso.” Anche Faran stava sogghignando. “Dove eravamo rimasti?”
Yuzo si mosse tanto velocemente da sparire alla sua vista salvo poi comparirgli alle spalle. Il maggiore dei Konsawatt lo vide appena in tempo per schivare quel calcio volante che si infranse al suolo in un concerto di polvere e rocce.
Faran assunse una nuova postura di difesa, ma il ghigno non era più così sicuro come un attimo prima. Fissò l’uccellino negli occhi, e questi stava ancora sorridendo. Per un istante le sue iridi assunsero una sfumatura molto più chiara, quasi gialla. Apparve e scomparve come un riflesso.
“Sicuro di volerlo sapere?”

Non era così che sarebbero dovute andare le cose.
Mamoru continuava a ripeterselo mentre si faceva spazio tra soldati, Stregoni ed Elementi. Nella sua scia, il Principe e la Chiave restavano vicini e lui non li perdeva di vista nemmeno per un secondo, stando attento che nessuno si avvicinasse. Nel contempo, però, la sua testa macinava pensieri su pensieri e continuava a ripetergli che non era così, non doveva andare così.
In qualità di leader del gruppo non sarebbe dovuto andare avanti e lasciare che i suoi compagni affrontassero i nemici da soli. Avrebbe dovuto essere il primo a scendere in campo e invece Teppei, Hajime e Yuzo glielo avevano impedito, dicendogli che quella stessa responsabilità che aveva verso di loro, ora doveva rivolgerla solo a Ryo e Tsubasa. E quella responsabilità non apparteneva solo a lui, per questo i suoi compagni si erano fermati per coprire la loro fuga.
Il problema era che non voleva accettarlo. Non voleva accettare di non essere lì per coprir loro le spalle. Non voleva accettare di non poter tenere tutto sotto controllo come invece aveva sempre fatto.
Allo stesso modo, non poteva smettere di correre. Yuzo aveva ragione quando diceva che il Principe era la sola possibilità per il pianeta, e il bene di tutti i suoi abitanti era racchiuso in un’unica persona la cui vita dipendeva solo da lui. Eppure, il peso che gli gravava sulle spalle non era così netto da curvargli la schiena e questo perché i suoi amici ne avevano staccato dei pezzi per farsene carico in prima persona. I suoi amici stavano facendo ciò che lui aveva sempre fatto per loro nel corso di quel lunghissimo e intenso anno.
I suoi amici.
Amici.
Una parola che non aveva mai usato neppure verso i compagni di scuola, prima di partire per quella missione. Ora, quella stessa parola era entrata così velocemente nel suo vocabolario da essere divenuta naturale. E con lei, altre parole. Fiducia. Perdono. Rispetto. Amicizia. Amore. Legami. Termini che non aveva mai saputo pronunciare, che non aveva mai voluto, perché messi alla gogna attraverso la promessa fatta a sua madre; ma quella promessa, ormai, non esisteva più. Sciolta nei petali di ciliegio dove era nata.
Forse, la fine di quella incredibile avventura non era poi così lontana, forse poteva addirittura iniziare a scorgerla tra cavalli e cavalieri che gli intralciavano il cammino, tra Stregoni che cercavano di strappargli il Principe dalle mani a dorso di quelle bestie sconosciute, ma lui non si sarebbe fatto fermare da nessuno. Fino all’ultimo istante le sue gambe avrebbero corso, il suo corpo si sarebbe flesso nel combattimento e le sue mani, il suo cuore, avrebbero avvampato nel Fuoco di Maki chiunque sarebbe stato così stolto da provare a sbarrargli la strada.
Chiunque. Fosse anche stato il…
“Torniamo a ritrovarci faccia a faccia, a quanto pare.”
Mamoru si fermò di colpo. Le braccia tese per proteggere Tsubasa e Ryo che erano dietro di lui. I suoi occhi catturarono subito la figura che restava sospesa a cinque metri dal suolo. Aveva le braccia incrociate e i capelli raccolti in rasta che oscillavano a un vento esistente solo attorno a lui. il nero mantello dell’AlfaOmega non c’era più e la sua figura gli parve leggermente più minuta, in quell’illusione di bontà che lo accompagnava in maniera naturale e infima.
Il Nero era lì, davanti alla loro strada, e Mamoru sapeva che non se ne sarebbe andato e che non ci sarebbero stati di nuovo i Master a prendersene cura. Anzi, solo in quel momento si domandò cosa fosse accaduto ai capiscuola, visto che Natureza era di nuovo libero di muoversi indisturbato.
“Ormai dovresti averlo capito che è destino il nostro. Vero, Tsubasa?”
Il Nero toccò terra con quell’eleganza tipica degli alastri che Mamoru aveva appreso attraverso Yuzo e non lo perse di vista per un solo istante.
Lo Stregone capo dell’AlfaOmega fermò il suo sguardo proprio sulla Fiamma. L’espressione genuinamente sorpresa. “Ancora cercano di proteggerti?” domandò, sempre rivolgendosi al Principe. “Ci tengono proprio tanto a morire per te. E tu? Ci tieni così tanto a permetterglielo?”
Mamoru strinse le palpebre con rabbia. Aveva detto ‘chiunque’, ‘chiunque avrebbe provato a sbarrargli la strada’. Il Nero non faceva eccezione.
Il fuoco divampò tra i palmi e gli avvolse le dita, camminò lungo le braccia come se le fiamme fossero state le spire di un serpente. Arrivarono al torace e si raccolsero nel suo centro, dove c’era il cuore, mentre i lunghi crini neri venivano sollevati per il calore dirompente. Il fuoco era dentro e fuori di lui, brillava nel nero pece dei suoi occhi.
“Nessuno permette niente, ma su una cosa hai ragione, Nero, qualcuno morirà. E sarai tu.”

La sfera di energia ocura di Faran venne stritolata all’interno dell’ennesima spirale di fulmini di Yuzo.
Lo Stregone arrancò un passo indietro, respirando con affanno. Non riusciva a trovare un varco nelle difese avversarie: l’Elemento lo prevedeva, anticipava e contrattaccava in maniera differente da ciò che ricordava; era determinato e questo lo rendeva più forte. Eppure non volle ammettere a sé stesso di essere davvero in difficoltà, questa volta. Quando si erano trovati a combattere nelle paludi, era sempre stato lui a guidare il duello, a costringerlo a rispondere ai suoi attacchi nel modo che voleva. Certo, aveva avuto il vantaggio di avere la vita del compagno tra le mani, ma era sempre stato convinto che sarebbe riuscito a battere il volante anche senza quello stratagemma.
Adesso sentiva che non era più così, eppure le cose non potevano essere cambiate in così poco tempo.
Ringhiando, creò un diversivo tramite strani filamenti oscuri che nascevano dalla terra, sotto i piedi del volante. Spaccavano il suolo e cercavano di afferrarne le caviglie. L’Elemento si librò in volo con un balzo, ma lui fece lo stesso: saltò, la gamba tesa puntava lo spazio che c’era tra viso e collo, deciso a spezzarlo. Yuzo gli prese al volo la caviglia e girò su sé stesso come una trottola, prima di scaraventarlo al suolo, ma Faran sfruttò quella stessa velocità per darsi la spinta, i palmi contro la terra fornirono l’appoggio e lui poté balzare lontano. Il ginocchio si sfregiò nel tentativo di rallentare la propria corsa.
Yuzo si era ripromesso che non lo avrebbe mollato neppure per un secondo, fino a sfiancarlo del tutto, in questo modo i suoi movimenti sarebbero stati più lenti e lui avrebbe potuto avvicinarsi. Gli scontri a distanza ridotta erano i suoi preferiti e quelli più adatti per chiudere il duello, ma Faran lo teneva sempre lontano e ogni volta che tentava di avvicinarsi, l’altro riusciva a eludere la sua offensiva per portarsi in una posizione più favorevole.
Strinse gli occhi, se non poteva essere lui quello che si avvicinava, allora avrebbe costretto l’altro a venire nella sua direzione. A volte, per battere uno Stregone, bisognava ragionare come lui e usare i suoi stessi metodi.
Yuzo toccò terra facendosi spazio tra i filamenti oscuri a suon di raffiche di vento. Sembravano lame che tagliavano il buio come le falci tagliavano il grano maturo. Corse per raggiungere nuovamente Faran che era rimasto immobile e con lo sguardo attento. Gli vide generare qualcosa tra le mani e poi lanciargliela contro quando fu abbastanza vicino.
Kela rhat!
Era il suo incantesimo preferito, Yuzo aveva imparato a conoscerlo bene e lo affrontò incrociando le braccia davanti a sé. La sfera di energia lo colpì in pieno, spingendolo via, ma lui assecondò il movimento con le braccia, in modo da deviarla verso l’alto. Cadde di schiena al suolo e sfruttò la forza impressa dall’incantesimo dello Stregone per effettuare una capriola e tornare in piedi. Un ginocchio al suolo e l’altro piegato.
Un guizzo balenò negli occhi di Faran, che sogghignò. Strinse i pugni, come se tra le dita vi fossero centinaia di fili, e li tirò a sé. “Niger radis!(1)
I filamenti neri tornarono a spuntare dal terreno e Yuzo se li ritrovò stretti attorno alle gambe e ai polsi. Bloccato al suolo e impossibilitato a fuggire.
Faran estrasse un pugnale dalla cintura che indossava, ne strinse forte il manico e si lanciò contro di lui. Era l’occasione d’oro per eliminare l’Elemento e aveva poco tempo per agire, perché di sicuro quel ragazzo non sarebbe rimasto bloccato ancora per molto. Appena gli fu abbastanza vicino, sollevò l’arma e la calò con tutta la forza che aveva.
Yuzo spezzò parte delle radici di tenebra, tanto da poter sollevare un braccio e parare il colpo. La lama affondò nel palmo per tutta la sua lunghezza e il sangue scivolò copioso lungo l’acciaio e dalla ferita, mentre i suoi poteri di controllo mentale annullavano il dolore inferto alla carne. Le dita si serrarono attorno a quelle di Faran impedendogli di lasciare la presa. Con la mano libera, avvolse lo Stregone in una corda di vento che teneva legati entrambi.
“Ma che diavolo-!”
Stavolta fu Yuzo a sogghignare. “Te l’avevo detto o no che gli scontri ravvicinati sono i miei preferiti?”
“Bastardo!” ringhiò Faran nel momento in cui realizzò che l’altro si era fatto intrappolare di proposito. “Mi hai ingannato!”
Tentò di divincolarsi, ma la vita e le gambe erano bloccate e più si muoveva, più l’aria si stringeva attorno a lui. Un refolo si avvolse al polso libero prima che potesse generare qualsiasi altro incantesimo e lo tirò indietro. Il dolore venne emesso con un sibilo trattenuto il più possibile per non dargli alcuna soddisfazione.
“A volte si deve giocare sporco, non credi?” Yuzo scosse il capo. “Non sarai tu a vincere.”
Il maggiore dei Konsawatt avvampò di collera. Già non riusciva a credere di essere stato immobilizzato e che quel dannato volante fosse stato così folle da farsi trafiggere addirittura la mano pur di avvicinarsi a lui, ma che avesse quella sicurezza così indiscutibile lo irritava da morire. Forse non avrebbe dovuto insistere con Fredericks per avere l’onore di dargli il colpo di grazia, ma in quel momento bramò come mai in vita sua il momento in cui gli avrebbe staccato la testa.
“Cosa ti fa credere che le cose andranno diversamente dall’ultima volta che ci siamo affrontati?!”
“Il fatto che sono cambiato, Faran, e che ho capito. Ho capito quanto sono disposto a sacrificare per le persone che amo, ho capito quando devo seguire i miei principi e quando, invece, devo metterli a tacere, ho capito che il Bene e il Male sono punti di vista dello stesso occhio e bisogna conoscerli entrambi per imparare a vedere.” Il sorriso dalle labbra del volante si sciolse adagio, in favore di un’espressione determinata. “Ho capito… che per salvare quanto ho di più caro a volte non basta combattere al solo scopo di ferire, come quando ci trovavamo nelle paludi. Era quello che facevo, allora: lottavo, ma il mio punto di vista era fermo perché avevo paura. Ora ho imparato.”
“Imparato?”
“A vedere…”
Il suono sottile di un fischio costrinse lo Stregone ad abbassare lo sguardo. Nella mano libera dell’Elemento, il cui palmo era rivolto verso il suo addome, un refolo di vento si spiralizzò e compresse, fino a divenire piccolo come un sassolino e apparentemente immoto. Il volto di Faran si contrasse in una smorfia, mentre la sfera veniva stretta nel pugno di Yuzo. I suoi occhi saettarono di nuovo in quelli del volante e gli sembrò che qualcosa di terribile si riflettesse nelle iridi nocciola improvvisamente buie e fredde. Qualcosa che nello scontro alle paludi non aveva avuto.
“…e uccidere.”
Yuzo aprì il pugno, la sfera sfrecciò nel ventre di Faran e si espanse in una devastante onda d’urto. Poiché lo Stregone era immobilizzato, il suo corpo non venne sbalzato lontano e ridotto in brandelli, ma venne squarciato e l’aria si aprì un varco verso l’esterno che esplose in sangue, carne e ossa dall’altra parte della schiena.
Faran si immobilizzò, il corpo che non gli apparteneva più e non era più in grado di rispondere ai suoi comandi. Era troppo sorpreso addirittura per provare dolore. Guardò dritto negli occhi il suo carnefice, mostrandogli terrore misto a incredulità. Sconcerto. Poi abbassò lo sguardo e la mano del volante, imbrattata del proprio sangue, era ancora lì, ferma, col palmo rivolto verso quell’addome che ormai non c’era più. Il buco che lo aveva sostituito gli parve enorme.
Le parole gli gorgogliarono in gola senza trovare una via d’uscita.
Aveva perso ed era morto.
Quella realtà fu il suo ultimo pensiero. Gli occhi si immobilizzarono, il capo crollò all’indietro e la mano lasciò la presa sul pugnale che ancora restava infilzato fino al manico nel palmo del suo avversario. La corda di vento scomparve così come le radici oscure dello Stregone e il corpo fu finalmente libero di toccare il suolo.
Yuzo, invece, rimase in quella stessa posizione inginocchiata per un tempo che gli parve lungo un’infinità. Inspirò ed espirò lungamente così tante volte da non rendersene neppure conto. Poi chiuse gli occhi e quando li riaprì la sue mani insanguinate erano ancora lì.
Per sua volontà. Questa volta si erano macchiate per sua precisa volontà.
Prese l’ultimo, profondo respiro e si alzò. La mancina estrasse il pugnale con un gesto né troppo secco né troppo lento per non compromettere ancora di più i tendini. Mosse piano le dita e vide che rispondevano tutte; forse gli era andata meglio del previsto. Fissò il pugnale di Faran Konsawatt ancora un istante prima di lasciarlo cadere al suolo, accanto al cadavere del proprietario. Il sangue suo e il sangue dell’avversario avevano lo stesso colore, tanto che era impossibile distinguerli. Ma non era importante pensarci, doveva raggiungere i compagni.
Con un gesto secco e aiutandosi con i suoi poteri strappò una manica e la usò per fasciarsi il palmo ferito. Come rimedio di fortuna sarebbe andato bene.
Si volse e nell’attimo in cui i suoi occhi incontrarono quelli di Kazumasa Oda, suo fratello d’Aria arrivato per prestare soccorso a un altro Elemento, si rese conto che doveva avere un’espressione terribile perché Oda lo stava fissando come fosse stato… un mostro.
Il Mostro di Sendai.
Non era così che lo chiamavano al Sud?
Gli alastri non erano abituati a veder morire la gente in maniera violenta, soprattutto, non erano abituati a vedere i propri fratelli che uccidevano, ma in quella situazione gli Elementi d’Aria non potevano restare ancora chiusi sotto le loro purissime campane di vetro. In quella striscia di terra arida, c’era gente che moriva e lottava, Elementi che non si facevano scrupoli né si tiravano indietro. Loro non potevano essere da meno.
Ma la paura che leggeva negli occhi di Oda, lo sconcerto e il timore lo fecero sentire peggio di quanto già non si sentisse. Ebbe l’impressione che non lo riconoscesse.
Poi, gli occhi di Yuzo si allargarono e l’istinto prevalse su quelli che erano i suoi pensieri: un kamalocha stava puntando dritto Oda e l’Elemento ferito.
Velocemente, l’uccellino tessé una corda di aria e folgori, che venne intrecciata al collo della bestia. Lo Stregone che la cavalcava ne perse il controllo e insieme si schiantarono a tutta velocità.
Oda abbassò la testa in maniera istintiva, nel momento in cui vide l’animale passare radente sopra di lui.
“Dannazione, Kazumasa!” Il rimprovero di Yuzo lo mise sull’attenti. “Non puoi permetterti di distrarti adesso, la vita di quell’Elemento dipende da te!”
Oda abbassò lo sguardo sul giovane, privo di conoscenza e con un profondo taglio sulla fronte. Si rese conto che il suo compagno, lo stesso che aveva visto sventrare uno Stregone senza battere ciglio, lo stesso che quando erano a scuola aveva sempre avuto una parola gentile e un sorriso per tutti, aveva ragione. Non poteva distrarsi perché erano in guerra, e la guerra sapeva cambiare le persone tanto da costringerle a prendere decisioni drastiche.
Annuì e nell’ultima occhiata che rivolse a Yuzo prima di voltarsi e volare via, Oda riconobbe l’incantesimo di Autocontrollo. Se si cambiava c’era sempre un motivo e non era facile per nessuno.
L’attimo dopo stava già volando per portare al sicuro il ferito.

Il fuoco partì dal suo petto prima ancora che dalle mani.
Mamoru non perse tempo e attaccò, non c’era molto che poteva fare contro il Nero. Non aveva idea di quale fosse il suo modo di combattere, ma se si era liberato dei Master allora doveva essere di sicuro fuori dal comune. Il suo primo tentativo fu di ‘testarlo’, per farsene un’idea.
Il modo in cui deviò le sfere di fuoco senza neppure toccarle gliene diede una pessima.
“Restate indietro, Vostra Altezza” intimò a Tsubasa, alle cui spalle la Chiave lanciava occhiatine intimorite al Nero, alla Fiamma e al suo padrone.
Il Principe non disobbedì, ma non poté non pensare che tutto stava andando secondo le sue visioni.
Tre si erano separati e ora era rimasto solo il Fuoco. Presto Acqua, Terra e Aria sarebbero tornati e insieme, tutti e quattro, sarebbero caduti. Lui l’aveva visto, continuava a vederlo in flash che andavano e venivano, divenivano sempre più intensi, ma non sapeva come fermarlo, come impedirlo. La possibilità di essere un passo avanti rispetto agli eventi non significava di avere i mezzi per cambiarli.
Tornò a guardare lo scontro.
Mamoru fece oscillare le braccia davanti al volto e le fiamme danzarono con lui. Disegnò una sorta di cerchio e le spirali si separarono dal suo corpo oscillando come affamati serpenti. Dei rettili assunsero la forma, che sfumò nelle vampe, e spalancarono le fauci per addentare il nemico, ma Natureza le decapitò con una semplice folata di vento laminare, poi levò un braccio per parare l’attacco diretto che la Fiamma aveva portato in contemporanea con quello magico. Aveva tentato di distrarlo con gli incantesimi, ma il Nero era prima di tutto un alastro e, come tutti i volanti, aveva una concentrazione superiore agli altri.
Mamoru ancora ricordava come Yuzo fosse riuscito a combattere con lui, Hajime e Teppei contemporaneamente quando era sotto l’influsso del Naturalista; con Natureza era lo stesso.
Il suo calcio venne deviato, con un sorriso, e un incanto di Magia Nera lo prese in pieno addome, allontanandolo con violenza.
Scontrarsi con diversi avversari, però, l’aveva reso più resistente. Mamoru se ne rese conto poiché riuscì a sfruttare la forza del colpo per atterrare comunque in una posizione non di svantaggio: ginocchio al suolo e dita infilate nella terra per rallentare la corsa. Le costole gli facevano male, questo era certo, ma poteva sopportarlo. Caricò una seconda volta. Forse sul piano magico sarebbe stato molto più difficile competere, mentre su quello fisico doveva avere di sicuro qualche vantaggio. Oggettivamente era più forte ma, come detto, Natureza aveva la concentrazione ferrea dalla sua e a ogni tentativo di colpirlo, il Nero rispondeva prontamente con una deviazione e un contrattacco.
“Ah! Quanto mi diverte la testardaggine di voi fyarish!” rise lo Stregone prima di deviare un pugno verso l’alto e sfruttare la propria velocità portando prima un calcio basso che falciasse le caviglie della Fiamma e poi un calcio alto che lo colpisse dritto al viso durante la fase di caduta.
Mamoru rotolò al suolo per un po’, prima di riuscire a fermarsi. Stavolta il colpo l’aveva sentito di più. Il collo del piede l’aveva preso giusto tra il viso e la spalla. Scosse il capo mentre tentava di rimettersi in ginocchio e sputò un grumo di sangue al suolo.
Natureza era in piedi, perfettamente illeso. Lo guardava con espressione divertita, come se stessero giocando. “Sono sicuro che tu ne voglia ancora, te lo leggo negli occhi.” Lo provocò. “Forza allora, vienitelo a prendere.”
E non ci voleva poi molto a convincere una Fiamma di Fyar a lottare.
Mamoru corse verso di lui, poi si lanciò al suolo, effettuò una capriola e provò a colpire dal basso. Era un metodo per avvicinarsi più velocemente all’avversario e restare fuori dal raggio d’azione delle sue braccia. Il pugno però venne bloccato e così anche quelli che seguirono e che permisero a Mamoru di tornare ad alzarsi.
Pugni e parate una dietro l’altra; caricò il calcio al volto col destro, cui fece seguirne uno col tallone del sinistro, ma se il primo venne schivato il secondo venne parato e trovarsi di spalle al nemico non fu affatto la posizione migliore. Natureza lo colpì al centro della schiena e lui tornò a rotolare al suolo, spedito ancora più lontano dalla forza del vento impressa nel palmo aperto della mano.
D’accordo, il corpo a corpo era da escludere.
Mamoru si tirò su facendo forza sulle braccia. Si ripulì il viso dalla terra e dal sangue dove la roccia lo aveva sfregiato e si volse. Era meglio tornare a usare la magia, anche se da qualsiasi parte la si guardava la situazione non gli era favorevole.
Se si fosse avvicinato abbastanza, avrebbe potuto provare a ustionarlo col tocco della mano, visto che gli incantesimi da lancio venivano tutti parati. Tentare non avrebbe nuociuto.
Mamoru espanse le proprie fiamme, gli danzarono attorno e si sollevarono tanto da assumere strane forme animalesche. Cani sbavanti, leoni ruggenti, ali che si spiegavano e dissolvevano. Corse di nuovo verso Natureza e lasciò che le forme animali delle sue vampe si separassero da lui e provassero ad attaccarlo in un tentativo di distrarlo da quello che era il suo piano principale. Ma il Nero fece lo stesso, creò delle belve similari solo che erano di fiamme nere e porpora tramite la Magia Nera e lasciò che si scontrassero. Mamoru tentò di farsi scudo dietro al leone. Balzò dalle sue spalle solo quando fu abbastanza vicino e la bestia venne a scontrarsi con il leone nero; con il braccio teso tentò di toccare l’avversario.
Natureza gli sorrise e questo gli fece comprendere che anche quel tentativo sarebbe fallito. Un filo d’aria si avvolse al suo polso, tenendolo fermo, mentre l’altra mano gli venne portata quasi all’altezza del viso dove vide una piccola sfera prendere forma, roteare su sé stessa e comprimersi. Sembrava una biglia di vento.
L’avrebbe colpito in pieno volto se una serie di massi non avesse iniziato a piovere su di loro. Natureza li vide all’ultimo momento e si allontanò con un balzo felino, mentre una corda d’acqua avvolgeva Mamoru tirandolo via.
Hajime e Teppei erano arrivati in suo aiuto, significava che non c’era stato scampo né per Chana e né per Sakun.
Quando li vide, seppur fossero piuttosto malmessi, sorrise e si schierò al loro fianco.
“Sembra che tu abbia bisogno di una mano” fece notare il tyrano; aveva ferite di morsi e sfregi lungo le braccia, ma si reggeva in piedi.
“Ci puoi giurare” rispose lui, assumendo una posizione di difesa. All’altro lato, Hajime aveva evidenti segni rossi sul collo; Chana doveva aver tentato di soffocarlo, ma per il resto era in condizioni migliori di Teppei.
“Dov’è Yuzo?” domandò il Tritone a bruciapelo.
Mamoru deglutì senza guardarlo. “Abbiamo incontrato Faran.”
“Immagino sia rimasto.”
“Voi non lo avete visto mentre ci raggiungevate?”
“No.”
Avrebbe voluto sentire una risposta diversa, ma anche quella, dopotutto, poteva andare bene: non era una certezza che stesse bene, ma neppure che stesse male. Scosse il capo, non volle pensarci e lasciarsi deconcentrare.
“Fate attenzione. Con quello non sembra funzionare nulla: né gli attacchi fisici né magici.”
“Proviamo a farci breccia in qualche modo.” Teppei era più per l’azione che per le teorie. Diede un colpo al suolo e dalla terra si sollevarono decine di monoliti di roccia; nascevano come funghi.
Natureza balzò sopra di essi per cercare di evitare di finire infilzato, quando da dietro uno di essi spuntò proprio il tyrano, con pugno carico. Il Nero lo parò nel palmo attraverso una sorta di cuscinetto d’aria, gli avvolse il polso con la magia elementale e con un effetto leva lo scaraventò contro uno dei suoi stessi monoliti, quello più vicino. Attraverso la Magia Nera lo colpì all’addome talmente forte da fargli spaccare la roccia e farlo precipitare di schianto al suolo.
Il tyrano riuscì solo a evitare di impattare a peso morto, ma l’atterraggio non fu affatto ortodosso.
Mamoru e Hajime, intanto, avevano seguito l’azione. Il Tritone si era dato lo slancio per saltare grazie a uno dei monoliti di Teppei, ma le sue lance d’acqua vennero respinte da degli scudi di Magia Nera. Natureza sfruttò di nuovo delle sottili corde d’aria che tessero come una tela all’interno della quale Hajime finì intrappolato il tempo necessario per permettere all’ex-Elemento di avvicinarsi e colpirlo ripetutamente e velocemente all’addome.
Mamoru intervenne e le sue fiamme bruciarono la rete d’aria che non fu più in grado di reggere il Tritone, ma quest’ultimo aveva ancora abbastanza forze per riuscire almeno ad atterrare con le proprie gambe. Sfruttò la liscia superficie di un monolite e vi si lasciò scivolare fino al suolo, dove cadde dapprima in ginocchio e poi si piegò a terra; una mano a reggersi il ventre. Delle dita si poggiarono sulla sua spalla e scorse il Principe, mentre la Chiave soccorreva Teppei. Levò di nuovo lo sguardo all’ultimo rimasto in ballo e pensò che le cose non si stavano mettendo affatto bene per nessuno di loro.
Mamoru evitò al volo un incantesimo di Magia Nera di Natureza prendendo la spinta da una delle rocce e saltando alle spalle di Teppei, eppure nemmeno portare un attacco da dietro riuscì a mettere l’altro in difficoltà perché una difesa a scudo si levò su suo comando, respingendolo in malo modo. L’aveva vista nascere dall’onice e questo gli fece digrignare i denti con più forza. Quella bastarda di una pietra non faceva che mettersi in mezzo e aveva una voglia tale di strappargliela a mani nude che forse si lasciò accecare troppo da questo desiderio fino a essere incauto.
La Fiamma si avvicinò quel tanto che bastò all’altro per colpirlo al fianco con una ginocchiata e mandarlo al suolo.
L’Elemento di Fyar riuscì ad atterrare senza problemi, anche se il colpo si era fatto sentire piuttosto bene. Diede una rapida occhiata ai compagni e capì che così non si poteva continuare. Teppei era quello messo peggio di tutti e tre; lo scontro con Sakun doveva essere stato più duro del previsto. Hajime aveva dei punti deboli che un alastro sapeva benissimo come sfruttare e la sua magia era contrastata in tutto da quella Nera dello Stregone. Di sé, invece, c’era da dire che aveva ancora un asso da tirare fuori e se era vero che il gioco valeva la candela, allora era arrivato il momento di giocare duro, più duro di quanto il Nero potesse anche immaginare.
Adagio si alzò in piedi e mentre osservava Natureza mandare in frantumi ogni monolite di Teppei lui diede fuoco alle polveri e le vampe si espansero più in alto e più forti. Ma erano fiamme diverse dal normale, sembravano essere animate da una vita propria ed erano rosso intenso nel centro e arancio-giallo verso i bordi; poi si levò il fumo, che dall’estremità scivolò verso il basso, ai suoi piedi, camminandogli attorno alle gambe come un gatto che faceva le fusa e poi in alto sopra la testa. Infine sembrò ritrarsi, raccogliersi nel centro e da quel tripudio di rosso e grigio si vide emergere, lenta, la prima zampa.

 


[1]“NIGER RADIS” : “Radici oscure” (niger = oscure, radis = radici)


 

…Il Giardino Elementale…

 

Eeeeeeee... ci siamo! XD
Aggiornamento pieno di dipartite. Possiamo finalmente dire addio ai Fratelli Konsawatt che hanno finito di lasciarci le penne e diamo il benvenuto questi Elementi profondamente cambiati, ognuno a suo modo.
Hajime si sente in colpa per non aver provato pietà per il nemico, Yuzo ha preferito dimenticarsi di siffatta parola (ovvero: 'pietà') arrivando a uccidere con consapevolezza e per scelta personale.
E poi, finalmente, abbiamo... Il Nero!
Lo scontro epocale e finale sta per avere inizio e tutto sta procedendo secondo le visioni di Tsubasa: prima gli Elementi si dividevano, poi tornavano a riunirsi... e poi... quanto ancora le famose visioni si realizzeranno nella realtà?
Non perdete il prossimo aggiornamento che concluderà il Capitolo 16!!! :DDDD
Nel frattempo, non perdete il nuovo aggiornamento della "Enciclopedia Elementale"!!! Aggiunto il Volume Ottavo dedicato agli Stregoni; come sempre, lo trovate in fondo alla pagina! :D

Grazie a tutti per continuare a seguire questa storia! :D


Galleria di Fanart (nessuna aggiunta)

- Elementia: Fanart

Enciclopedia Elementale (AGGIUNTO L'OTTAVO VOLUME!!!):

1) Enciclopedia Elementale – Volume Primo: Le Scuole Elementali e l’AlfaOmega
  • Capitolo 1: La Scuola di Tyran
  • Capitolo 2: La Scuola di Alastra
  • Capitolo 3: La Scuola di Fyar
  • Capitolo 4: La Scuola di Agadir
  • Capitolo 5: Gli Stregoni dell’AlfaOmega


  • 2) Enciclopedia Elementale – Volume Secondo: Elementia: storia e caratteristiche

  • Capitolo 1: La Storia
  • Capitolo 2: La Magia in Elementia
  • Capitolo 3: Le Divinità di Elementia


  • 3) Enciclopedia Elementale - Volume Terzo: Cicli di Studio e Titoli

  • Capitolo 1: Cicli di Studio
  • Capitolo 2: Titoli


  • 4) Enciclopedia Elementale - Volume Quarto: Gli Ozora ed i Gamo

  • Capitolo 1: La faida tra gli Ozora ed i Gamo
  • Capitolo 2: L'Armata Reale della famiglia Ozora
  • Capitolo 3: Le Legioni della famiglia Gamo


  • 5) Enciclopedia Elementale - Volume Quinto: Classi Magiche e Professioni

  • Capitolo 1: Elementi e Sacerdotesse Elementali
  • Capitolo 2: Erboristi e Stregoni
  • Capitolo 3: Naturalisti e Alchimisti


  • 6) Enciclopedia Elementale - Volume Sesto: Il Calendario Elementale

  • Capitolo 1: Generalità
  • Capitolo 2: Mesi
  • Capitolo 3: Festività (pagg 1 e 2)


  • 7) Enciclopedia Elementale - Volume Settimo: Le Terre dell'Oltre

  • Capitolo 1: Generalità
  • Capitolo 2: Paràdeisos
  • Capitolo 3: Gefüra
  • Capitolo 4: Infero
  • Capitolo 5: Creature: Salamandre
  • Capitolo 6: Creature: Silfidi, Ondine, Gnomi
  • Capitolo 7: Creature: Driadi, Diavoli
  • Capitolo 8: Creature: Maustaki


  • 8) Enciclopedia Elementale - Volume Ottavo: Gli Stregoni di Huria

  • Capitolo 1: Storia
  • Capitolo 2: Gerarchia Stregonesca
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