Capitolo 12
I can’t feel my senses
(Non riesco a sentire i miei sensi)
I just feel the cold
(Sento solo il freddo)
All colors seem to fade away
(Tutti i colori sembrano svanire)
I can’t reach my soul
(Non riesco a raggiungere la mia anima)
I would stop running,
(Avrei smesso di correre)
If knew there was a chance
(se avessi saputo che c’era una possibilità)
It tears me apart to sacrifice it all
(Mi lacera sacrificare tutto),
but I’m forced to let go
(ma sono forzata a lasciare andare)
Within Temptation - Frozen
Capitolo
12
Pansy
era seduta sullo sgabello davanti allo specchio del bagno e si passava come
ogni mattina, la spazzola sui capelli neri appena lavati.
La
dimora era ancora al buio e le sue compagne di stanza non avevano nemmeno
provato ad alzarsi dai loro letti.
“Pansy…potresti
spegnere la luce?”
La
voce assonnata e impastata di Millicent Bullstrode la fece sobbalzare dalla
sedia.
“Ancora
un attimo e me ne vado…” rispose lei, posando il pettine e cercando nella
trousse dell’amica il suo mascara preferito.
Si
passò il rimmel sulle ciglia allungandole leggermente e sistemò la frangietta,
racchiudendo i capelli in una coda di cavallo.
Ai
lobi, mise gli orecchini d’oro di sua madre. Pansy aveva litigato con lei, poco
prima di prendere il treno e andare a Hogwarts.
Ricordava
ancora l’avvenimento.
Pansy
si era voltata e aveva lanciato a terra gli orecchini …poi li aveva raccolti,
poco dopo averla vista andare via delusa, piangente.
Raccolse
di nuovo fra le mani la lettera del padre. Aveva trascorso tutta la notte a
leggerla e rileggerla, in poche parole non aveva chiuso occhio.
Sua
madre era stata ricoverata al San Mungo dopo che un gruppo di Auror l’avevano
imprigionata ad Azkaban e lasciata per ore senza mangiare.
Tutto
questo, perché erano convinti che lei fosse una Mangiamorte.
Pansy
non poteva crederci.
Strinse
il foglio di carta tra le mani. Sua madre non era mai stata contro il
Ministero, né tantomeno contro
Ma
a quanto pare, il Ministero della Magia non sembrava credere a ciò che
dicevano.
Il
fatto di essere serpeverdi non implicava per forza dover diventare servi del
Signore Oscuro, vero?
Era
solo uno stupido clichè…
Si
alzò, sistemandosi meglio la gonna della divisa e si alzò. Guardò l’ora. Erano
le 7, 20.
ggg
Hermione
Granger, quella mattina, non si era svegliata di buonumore.
Mentre
leggeva le pagine della Gazzetta Del Profeta, infatti, sbuffava e borbottava
qualcosa di imcomprensibile, che Ron avrebbe tanto voluto sapere.
“Pazzesco…lo
sapevo che non si sarebbe salvata neanche lei!” sussurrò.
Ron
si scambiò un’occhiata disperata con Neville e poi si rivolse verso la riccia.
“Ehm…Hermione…posso sapere che succede?”
La
ragazza guardò Ron, poi Neville, poi Harry e porse di sgarbatamente il giornale
al rosso.
Quando
Harry vide l’articolo dinnanzi a sé, per poco non sbiancò.
Gli Auror
Arrestatano Christine Parkinson
“Christine
Parkison? Non sarà la madre di…?” domandò Ron, sconvolto.
“Vai
avanti nell’articolo…” rispose Hermione, annuendo a malapena.
Christine Parkinson, purosangue e appartenente a
una delle ultime generazioni di maghi puri, è stata accusata di collaborare con
altri Mangiamorte per il Signore Oscuro ed è stata arrestata ieri notte, verso
le 10 nel suo domicilio, alla residenza di famiglia.
Al momento non vi sono dichiarazioni della
sospettata. Il Ministero provvederà a procurarle un legale, nell’attesa di un’
udienza, nel frattempo, la signore Parkison, 42 anni, è stata trattenuta tutta
la notte nel carcere di Azkaban.
Per alcuni approfondimenti, pagg 5,6,7.
Rita Skeeter
“Era
solo questione di tempo…prima o poi avrebbero preso anche lei…Ma suo padre non
è stata arrestato?” domandò Ron, sorpreso.
“E’
stato rilasciato insieme a Lucius Malfoy…le accuse sono cadute!Bè succederà la
stessa cosa con sua madre…” spiegò Hermione, inghiottendo a fatica il suo succo
di zucca.
“Sono
cavolate…Rita Skeeter le spara in continuazione! Non vi ricordate quello che ha
detto su di me quando ho partecipato al Torneo Tremaghi?”
Hermione
alzò lo sguardo. Era abbastanza prevedile che Harry avesse provato a difendere
“Non
possiamo sapere se si tratta davvero di menzogne! Ricordati che i suoi genitori
sono in combutta con quelli di Malfoy…”
“Si,
ma questo non fa di lei una Mangiamorte…” disse d’impulso Harry, addentando la
fetta di pane imburrato che aveva in mano.
“Probabilmente
no, Harry…ma al momento non possiamo fidarci di nessuno…Nemmeno della
Parkinson…sono dei serpeverde, loro ci hanno sempre detestato in tutti questi
anni di scuola…il fatto che tu le abbia dovuto insegnare a volare per una
stupida scommessa, non fa di lei una tua amica!” ribattè Ron.
Hermione
ammutolì all’improvviso diventando pallida come un cencio e Harry socchiuse gli
occhi, maledicendo mentalmente il suo migliore amico.
Se
c’era una cosa che Ron non conosceva, era sicuramente il significato
dell’espressione “parlare a voce bassa”.
Pansy
Parkinson, era appena scesa per la colazione, e aveva sentito tutto.
I
suoi occhi blu incontrarono quelli di Harry, che in quel preciso instante, non
potè che sentirsi un imbecille da parte di Ron.
La
ragazza si scostò, con evidente nervosismo, una ciocca di capelli dagli occhi
sfuggita per puro caso alla sua sempre perfetta coda di cavallo e raggiunse la
tavola dei Serpeverde.
Harry,
Hermione e Ron la osservarono, mentre andava a sedersi tra Blaise e Draco
Malfoy, che in quel preciso istante, stavano guardando nella loro direzione.
Hermione
e Ron distolsero immediatamente lo sguardo, esattamente il contrario di quello
che fece il giovane Potter.
I
suoi occhi, celati come sempre dalle lenti degli occhiali, passarono in
rassegna tutta i volti delle serpi.
In
quel preciso instante, Draco Malfoy si alzò dalla tavolata raggiungendo i
Grifondoro, il cui aspetto diventò più pallido della porcellana.
“Potter,
hai qualche problema, per caso?”
Harry
fissò Malfoy negli occhi grigi e glaciali. Nessuno parve avere la forza, o la
voglia, di muovere un muscolo.
“Nessun
problema, Malfoy…” rispose Harry il cui volto non sembrava per nulla teso.
Per
un attimo, calò il silenzio. Alcuni Corvonero gettarono uno sguardo alla tavola
dei Grifondoro, più per curiosità che per vero interesse.
Draco
non si era mosso di un millimetro, quando Pansy sembrò apparire di colpo al suo
fianco, trascinandolo via.
“Andiamo,
Draco…Lasciali stare, sono solo degli sfigati!” la voce di Pansy era rotta dal
pianto. Harry se n’era accorto, mentre la vedeva trascinare Malfoy lontano da
loro.
Poi
vide la mora alzarsi dopo aver sussurrato qualcosa a Malfoy e correre
nervosamente fuori dalla Sala Grande, seguito da Millicent Bullstrode.
“Harry?”
Cosa diavolo stava
succedendo? Perché si sentiva triste per lei?
Harry
sentì l’impellente bisogno di fare qualcosa, ma non sapeva cosa.
Il
suo senso altruistico e la sua mania di essere il Buon Samaritano della scuola
lo spingevano a vedere se Pansy stesse bene.
Voleva
scusarsi con lei, ben sapendo che non vi era nulla che poteva fare.
E’
Pansy Parkinson… si ripeteva in testa, sperando di riuscire a convincersi che
lei non avesse affatto bisogno del suo aiuto.
Lei è cattiva…Lei è
una serpe…Come Malfoy…
Harry
strinse le palpebre. La sua testa stava scoppiando.
“Harry!
Ci sei?”
Il
moro alzò lo sguardo, trattenendosi dal bestemmiare. Aprì gli occhi e la luce
della sala lo invase, bruciandogli le iridi.
Spostò
lo sguardo su Ron ed Hermione, che ora lo guardavano come se fosse matto.
“Sapete
una cosa?” mormorò Harry, posando rumorosamente il bicchiere sul tavolo, “Non
ho più fame…” si alzò, lasciando velocemente il resto del suo bacon a Neville,
che ora lo guardava come se fosse una nuova specie di microrganismo vegetale.
“Dove
vai?” chiese Ron, serio.
“A
farmi un giro!” fu la sua risposta. Secca. Decisa.
Tell me I’m frozen but what can I do?
(Dimmi che sono gelida, cosa ci posso fare?)
Can’t tell the reasons I did it for you
(Non posso spiegare le ragioni, l’ho fatto
per te)
When lies turn into truth I sacrificed for you
(Quando le bugie si trasformano nella verità che
ho sacrificato per te)
You say that I’m frozen but what can I do?
(Dici che sono gelida, ma cosa posso farci?)
Ginny
Weasley non si era mai considerata una ragazza vanitosa. Ma era piuttosto
conscia del suo cambiamento fisico.
In
effetti, di quella ragazzina timida di dodici anni che aveva sempre provato una
cotta per il famoso Harry Potter, restava poco e niente.
I
lunghi capelli rossi erano gli stessi, ma l’aspetto che dimostrava la giovane
Ginevra Weasley era più perfezionato e meno infantile.
Quando
le capitava di sentire fischi o commenti di apprezzamento, non arrossiva più
come quella tenera bambina piccola che era.
Aveva
un portamento e camminava fiera nei corridoi.
E
ne aveva tutti i motivi, visto che si era messa proprio con Harry Potter.
Quando
Ginny si svegliò, domenica mattina, aprì le tende del suo letto a baldacchino,
pensando alla bella giornata che gli si prospettava.
Sarebbe
andata a Hogsmeade con Harry? O avrebbero passato la giornata in riva al Lago,
a passeggiare fianco a fianco?
Sorrise
tra sé. Harry sicuramente avrà un’idea…pensò
Scese
a colazione. La Sala Grande era piena.
“Ehi,
ehi…Ginny!” Hermione si sbracciò per farle segno. Ron la vide arrivare e si
spostò per farle posto, tornando a mangiare come se niente fosse.
Fu
in quel preciso instante che notò l’assenza di Harry.
“Hermione,
dov’è Harry?”
Hermione
guardò Ron che guardò Neville che guardò di nuovo Ginny.
“Lui…è
uscito!” borbottò il fratello di Casa Weasley, particolarmente interessato alla
sua forchetta.
Ginny
lo guardò, sospettosa per poi afferrare con curiosità il giornale davanti a sé,
aperto ancora, per ironia della sventura,
all’articolo riguardante la madre di Pansy Parkinson.
ggg
Harry
camminava a passo spedito verso l’unico luogo dove era ancora sicuro di trovare
Pansy:
Era
lì, che Pansy gli aveva chiesto di insegnarle a volare.
E
lui aveva accettato.
Si
trovò davanti alla porta.
Piccoli
flebili singhiozzi provenivano dall’interno.
Harry
afferrò la maniglia e rabbrividì al contatto con l’ottone, ghiacciato dal
freddo della notte appena trascorsa.
Il
giovane grifondoro si fece coraggio.
Spinse
lentamente la maniglia e la porta si aprì, accompagnando l’entrata del moro con
un lieve cigolìo.
Pansy
era sulla terrazza, dove una leggera brezza venuta dal lago le accarezzava
dolcemente i capelli di nuovo sciolti.
L’elastico
era tra le sue mani e molto probabilmente si sarebbe rivelato più utile come
anti-stress che per fermare realmente le sue ciocche corvine.
Harry
si avvicinò, e per la seconda volta, gli sembrò che le sue narici fossero nuovamente
inondate di un profumo dolce…lo stesso profumo di nettare sentito alcuni giorni
prima. Inebriante, che si insinua nel cervello.
Poi
quella voce.
“Potter…una
cosa rapida e indolore.” Disse, ed Harry non capì immediatamente quelle parole.
Nonostante il tono fosse condizionato dal pianto, Pansy conservava ancora la
stessa voce fredda e sensuale di sempre.
Ad
Harry ricordava la stessa sensazione che si provava dopo aver bevuto qualcosa
di freddo. Molto freddo. Il suo stomaco si contorceva dolorosamente ogni volta
che lei lo guardava, ogni volta che lei gli parlava.
Il
ragazzo sobbalzò, finendo contro lo spigolo di uno dei banchi.
“Di
cosa parli?” domandò e non potè che sentirsi davvero stupido, nei confronti di
una creatura così lontana anni luce
da lui.
Pansy
si voltò, gli occhi erano leggermente gonfi ma sempre impeccabili. Il trucco
era stato scrupolosamente pulito. Le gote appena accentuate di rosso.
“Sapevo
che saresti venuto qua…Volevi chiedermi di mia madre, vero? Se stava bene…E’
gentile da parte tua, Potter…Tu sei sempre gentile…”
Harry
non sapeva se fosse davvero un complimento, il suo: “No!” esalò un respiro,
pensando che perfino mettersi a ballare sul cornicione della torre, sarebbe
stato più semplicemente che parlare con lei. “Sono venuto a vedere come stavi
tu!”
Lei
lo guardò e per la prima volta, era piacevolmente sorpresa.
“Vedere
come stavo?” domandò, mantenendo il tono arrogante e allusivo.
“E’
tanto difficile da credere?” chiese ironico Harry.
“No…ma
non ho bisogno di confidare quello che provo…tanto meno a te!”
Harry
le si avvicinò di più, pensando a quanto fosse prevedibile il suo
comportamento.
Pansy
era troppo orgogliosa per mostrare le sue debolezze, ma lei era un essere
umano. E ogni essere umano, ne aveva almeno una.
Harry
la vide trafficare con la borsa della scuola, per poi tirar fuori un pacchetto
di Camel.
Sigarette babbane.
“Non
sapevo che fumassi quelle sigarette…”
rispose Harry, ricordando che l’ultima volta, le aveva viste nel cassetto della
camera di Dudley.
Pansy
lo guardò, gettando fuori del fumo. Gli tese la sigaretta appena cominciata con
le unghie smaltate.
“No,
grazie…non fumo.” Fu la risposta del bruno.
Harry
la vide sorridere, beffarda. “C’era da aspettarselo. Il grande Harry Potter non
può permettersi di fumare. Ha un pianeta da salvare!”
Harry
sbuffò, sentendosi preso in giro per l’ennesima volta. “Senti…dammi qua!”
sbottò, tenendo la mano.
Pansy
lo guardò, alzando saccentemente le sopracciglia. “Come, scusa?”
“Dammi
quella sigaretta!”
La
serpeverde gli tese la cicca, che venne prontamente afferrata da Harry.
Il
ragazzo fece un tirò, e ispirò la nicotina. Ebbe l’immediata sensazione che i
suoi polmoni andarono a fuoco.
“Coff…coff…C-contenta?”
balbettò, mentre Pansy batteva con garbo la mano dietro la sua schiena.
“L’hai
fatto per me? Ma che tesoro…”
borbottò sarcastica, gettando la cicca fuori dalla terrazza.
Harry
impallidì di colpo e si sporse per assicurarsi che non fosse caduta sulla testa
del Guardiano della scuola.
In
quel caso, non occorreva aspettare Voldemort per tirare le cuoia.
“Ma
sei matta? Se Gazza scopre che abbiamo fumato, ci consegna al primo Centauro
della foresta!”
La
mora scoppiò a ridere. “Potter, ascolta caro, sarai anche bravo a volare ma ti
devo avvertire che noi non abbiamo
fumato…quel patetico tentativo di dimostrarmi che sapevi mettere in bocca una
avanzo di sigaretta, non si chiama fumare!”
“Mantieni
sempre la tua simpatia, vedo…” osservò Harry, pensando a quanto potesse essere
velenosa la sua lingua. “Pensare che ero venuto qui a consolarti…chissà che
avevo in testa!”
Pansy
lo trattenne per un braccio. “Te ne vai, così?”
“Devo
darti il bacio del buon giorno?”
Harry
si accorse che nonostante tutto, lei era arrossita. Ma si accorse anche della
cavolata appena uscita dalla sua bocca. Il
bacio del buongiorno…ma che diavolo aveva in testa?
“Il
bacio del buon giorno?” chiese Pansy, trattenendo a stento una risata.
Harry
si grattò il naso. “Bè, ecco…ne esiste già uno per la buona notte…Ma siccome è
mattina…”
“Veramente…io
volevo chiederti se ti andava di ricominciare a insegnarmi a volare…”
Harry
sgranò gli occhi. “Credevo di averti già spiegato che non si può fare…Devi
cercarti qualche altro grifondoro più sprovveduto di me.”
Pansy
sospirò, per poi trafficare con il laccio dei capelli.
“Potter…non
esiste un grifondoro più incauto di te, e lo sai …ma a me piacevano quelle
lezioni, dopo tutto…e poi Daphne mi prende in giro…adesso dice che ho paura di
te!”
“Cosa?”
sbottò Harry, incredulo.
“E’
la verità…lo so che è difficile da credere! Quando me lo ha detto l’avrei
strozzata!”
“No,
no, quello che hai detto prima…a te piacevano quelle lezioni?” chiese stupito
il ragazzo.
Pansy
abbassò gli occhi, sentendo che con quella frase, aveva fatto crollare il suo
invalicabile muro di orgoglio e arroganza, degno di un tipico serpeverde.
“Bè,
io non ho mai apprezzato pienamente la nobile arte del Volo…” rispose Pansy,
sbirciando di tanto in tanto, l’espressione di Harry, “ma sarei felicissima, se
tu potessi darmi qualche altra lezione…La scommessa doveva durare due settimane
e mancano solo 9 giorni…”
“Bè,
è più di una settimana!”
“Una
settimana e due giorni…Oh, dai,
adesso non metterti a fare il pignolo…se vuoi parlo io con
“La
casata di Grifondoro?” ripetè Harry, incredulo.
“Si, Potter…dimentichi che quando sono entrata
nello spogliatoio per parlarti ho dovuto patire la vista riprovevole di
Finnigan in asciugamano…bè, parlo di questo…”
ggg
I can feel your sorrow
(Posso sentire la tua sofferenza)
You won’t forgive me,
(Non mi perdonerai),
but I know you’ll be all right
(Ma so che starai bene)
It tears me apart that you will never know
(Mi lacera il pensiero che tu non saprai mai,)
but I have to let go
(ma devo lasciare andare)
Hermione
Granger camminava a passo svelto per raggiungere l’Aula di Divinazione.
Il
respiro era troncato dalla fatica. L’unico fine, con cui si poteva giustificare
quella sua scalata ai vertici più alti
del Castello di Hogwarts, era trovare Harry Potter, prima che Draco Malfoy
avesse deciso di portare a termine il suo trapasso.
La
mano destra racchiudeva l’articolo di giornale della Gazzetta del Profeta, e in
quella sinistra, vi era la sua amata bacchetta magica.
“Hermione!”
La
ragazza si voltò, reggendosi al corrimano della scala a chiocciola.
Dietro
di lei, Ginny Weasley. Il volto rosso e livido e l’espressione stampata di chi
voleva sapere cosa diavolo stesse succedendo.
“Ginny…”
Hermione si sforzò di sorridere. “Cosa ci fai qui? Non mi dire che hai
Divinazione alla prima ora?”
“Dov’è
Harry? E perché è sparita anche la Parkinson?”
Hermione
la guardò inebetita, cercando mentalmente un modo per distrarre Ginny da quell’affannata
ricerca.
“Sta
per arrivare…Aveva dimenticato che c’erano delle cose da…sbrigare!”
“Non
mentirmi Hermione…sono giorni che sento gli altri studenti parlare di una certa
scommessa che ha perso la Parkinson…”
“Scommessa?
Quale scommessa?” rispose Hermione, temporeggiando.
“Ginny!”
Una
voce per riconoscibile dalle due ragazze, le costrinse a voltarsi.
Harry
Potter stava scendendo le scale, seguito da Pansy. Hermione che era dietro di
Ginny, fece un sospiro di sollievo.
“Cosa
ci facevi con lei?” sussurrò la rossa, correndo ad abbracciarlo. Harry la baciò
a fior di labbra, sentendo la mora, sbuffare.
“Quante
smancerie…” bisbigliò Pansy, mordendosi un’unghia laccata.
“Che
diavolo ci facevi con lei?” replicò la rossa, fissandolo con un vago cipiglio
che ricordava vagamente quello di Molly Weasley.
“Non
preoccuparti, Weasley! Potter voleva sapere se mia madre aveva intenzione di
portarmi al rito d’iniziazione per diventare una Mangiamorte…Sei fortunata, che
ti abbia trovato in tempo…” rispose lasciva la bella serpeverde.
Harry
e Hermione si scambiarono uno sguardo vacuo.
Ginny
sembrò bersi quella colossale balla, e in ogni caso, Pansy non aveva mai
dubitato che le qualità intellettive della rossa fossero sufficientemente
scarse.
“Capisco…C'era
da aspettarselo, Parkinson…quelli come te, sono destinati a diventare
Mangiamorte già quando sono in fasce! E’ un miracolo che Harry non abbia deciso
di denunciarti a Silente!”
Vipera!
Harry
gettò una rapida occhiata verso Pansy, che in quel preciso instante, stava
facendo ricorso a tutto il suo auto-controllo, per non uccidere Ginny.
Forse con una leggera
spinta…avrebbe potuto farlo passare per un incidente.
“Vieni
Ginny, andiamo…” Harry la spinse via, prendendola per il giro-vita.
Quel
contatto procurò non pochi conati di vomito alla serpeverde.
“Pansy!
Dove diavolo eri finita?”
Harry
e Ginny non avevano fatto in tempo a voltarsi, che Draco Malfoy era apparso
all’improvviso dinnanzi a loro, seguito da Blaise Zabini. Suo cugino, nonché
fedele spalla.
Hermione
abbassò lo sguardo, torturando con la mano una ciocca di capelli che
puntualmente s’impigliavano tra le sue dita.
“Malfoy,
Zabini…giusto voi mancavate all’appello… il raduno di giovani Mangiamorte ha
fatto le sue radici nell’aula della Cooman, vedo…” li aggredì Ginny, stringendo
vigorosamente la mano di Harry, che diventò improvvisamente bianco.
Hermione
era sul punto di svenire.
Adesso
si poteva assicurare che erano nella merda.
“Weasley,
non ho idea di dove trovi i soldi per drogarti, ma ti consiglio di cambiare
spacciatore!” la provocò Malfoy, fissandola con avversione.
“Sai
bene a cosa mi riferisco, Malferret!”
Pansy
soffocò a stento una risata.
Hermione
decise di intervenire, prima che il loro alterco avesse raggiunto livelli
insostenibili.
“Va
tutto bene, Ginny…Malfoy era venuto a vedere come stava
Malfoy
guardò Hermione negli occhi. La ragazza ricambiò lo sguardo, ripensando alla
loro ultima conversazione in Biblioteca.
“Per
una volta mi trovo d'accordo con la Mezzosangue, Weasley! Se ti levi dai piedi,
saremo ben lieti di farlo anche noi…”
Hermione
fissò Malfoy a bocca aperta. Non se lo aspettava. Poteva aspettarsi tutto da
Malfoy, ma non che le avesse dato retta.
Quella
era una data da fissare sul calendario. Una data che sarebbe rimasta nella
storia.
Malfoy
la guardò allontanarsi e, a meno che la sua testa non avesse cominciato a
procurargli scherzi, gli sembrò perfino di averla vista sorridere, per un breve
instante.
ggg
Is there so much hate for the ones we love?
(C’è davvero così tanto odio per coloro che amiamo? )
Tell me, we both matter, don't we?
(Dimmi, noi importiamo entrambi, non è vero?)
You, it's you and me
(Tu, siamo tu ed io)
It's you and me won't be unhappy
(Siamo tu ed io che non saremo infelici)
Within Temptation - Running Up That Hill
Harry e Ginny erano
seduti sul grande tappeto rosso della Sala Comune di Grifondoro.
Quel pomeriggio non
vi era nessuno.
Gran parte degli
studenti era fuori, per approfittare del pomeriggio soleggiato che non vedevano
da tempo.
Da un po’ di giorni a
quella parte, infatti, le giornate di sole duravano fino a mezzogiorno non
consentendo nemmeno delle passeggiate nel cortile.
Ginny si avvicinò a
lui, alimentando con un incantesimo le fiamme del camino.
Harry la strinse tra
le braccia, sentendo uno strano aroma di fiori invadergli il naso.
Nulla a che vedere
con il profumo di miele sentito nella Torre di Divinazione.
“Harry?”
Il moro alzò lo
sguardo al richiamo della sua ragazza. “Si, Ginny?”
“Mi stavo chiedendo… secondo
te
Harry sentì uno
strano strappo all’altezza del suo stomaco.
“Bè, non credo…Non lo
so!” rispose vago, chiedendosi come le fosse venuto in mente di chiederle della
Parkinson proprio in quel momento.
Ginny si avvicinò a
lui, baciandolo leggermente.
Harry rispose al
bacio, ma l’immagine di Pansy che rideva con una Camel stretta fra i denti, era
ancora fresca nella sua mente.
Probabilmente quello
ero il più bel sorriso che le aveva visto fare…
“Mmm…cosa abbiamo
qui?” la voce stridula di Ginny sembrò
giungere da molto lontano.
Harry si destò
all’improvviso non appena la sentì aprire la cerniera dei suoi pantaloni.
“Ginny…Ginny…che stai
facendo?” le disse, spostandole la mano.
“Ti sto levando i
pantaloni…” rispose lei, sorridendo maliziosa.
Domanda retorica.
“Certo…ma, ehm… posso
sapere perché?” chiese Harry, distaccandosi leggermente.
Ginny lo fissò a
bocca asciutta come se fosse un mentecatto. Di quelli della peggior specie.
“Perché? A te non
va…”
“Di…fare cosa?”
Ginny alzò gli occhi
al cielo. “Credevo fosse ovvio, vuoi che ti faccia un disegnino?” e gli mise le
mani sotto la maglietti accarezzando i pettorali appena visibili ma ben
scolpiti.
“Ginny, non credo che
sia una buona idea…stiamo insieme da neanche un mese!”
La ragazza sbuffò
contrariata. “Credevo che mi volessi…”
“Si, si…” balbettò
Harry, “Ma non così, non adesso…”
Ginny lo guardò un
po’, prima di avvicinare il suo volto a quello del ragazzo.
“Harry, cosa c’è? Ho
fatto qualcosa di sbagliato?”
Il moro la guardò,
sospirando appena.
No, Ginny. Non hai fatto nulla, avrebbe voluto
dirle.
Non è colpa tua. Non so che mi prende ultimamente, ma non
sono sicuro di amarti, è successo tutto troppo in fretta. Mi dispiace.
E lei le avrebbe
risposto. Perché? Perché non mi ami più?
E lui avrebbe
ripensato alla ragazza mora di Serpeverde con la sigaretta fra i denti, per
dimostrare più anni di quanti ne ha in realtà.
Alla ragazza che lui
aveva definito “carlino”, non sapendo quanto bella fosse realmente.
Alla ragazza che
aveva offeso Ginny, Hermione, Ron, Neville e lui per tutti questi anni.
Alla ragazza che
aveva fatto da spalla inseparabile a Draco Malfoy, suo acerrimo nemico.
Alla ragazza che
detestava e che credeva avrebbe sempre detestato.
Per il resto della
sua vita.
Perché lui la odiava.
La odiava per evitare
di amarla. Perché sapeva che erano diversi per stare insieme. Troppo.
Ma non avrebbe mai
avuto il coraggio di dirglielo. Non così.
“Harry?”
“Mmh?” il bruno
scosse la testa. Ginny abbassò lo sguardo, riabbottonandosi la camicetta della
divisa scolastica.
“Ti sei incantato di
nuovo…” lo disse con semplicità. Una semplicità che racchiudeva molta amarezza.
“Lo so, non accadrà
più!”
“Lo dici davvero?”
Harry non rispose. La
baciò per l’ennesima volta, e stavolta, la spinse delicatamente a terra.
Sul grande tappeto
rosso. Testimone involontario di molti incontri d’amore.
Ginny lo fissò
stupita e Harry la vide sorridere ingenua, mentre le sbottonava nuovamente la
camicia.
To Be Continued…
Arrivati a questo punto, lo so cosa starete pensando!
Tuttavia, prima di tirarmi addosso uova,
pomodori, e altre pietanze di cui disponete, permettetemi di dire che Harry e
la Piattola-Weasley non resteranno a lungo insieme!
Vorrei e anzi, dovrei ringraziarvi singolarmente
ma sfortunatamente ho avuto a malapena il tempo di pubblicare questo
benedetto dodicesimo capitolo che mi trascino da giorni!
Un grazie comunque a tutti quelli che mi seguono,
commentando e non.
J Kiss! Gaia.