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Autore: Bellatrix Malfoy    02/07/2007    10 recensioni
Pansy Parkinson perde una scommessa e deve imparare a volare da Potter, che detesta con tutta se stessa.
Riusciranno i due a sopravvivere l'uno all'altra?
Genere: Romantico, Commedia, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Pansy
Note: OOC | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo 12

Capitolo 12

 

I can’t feel my senses

(Non riesco a sentire i miei sensi)

I just feel the cold

(Sento solo il freddo)

All colors seem to fade away

(Tutti i colori sembrano svanire)

I can’t reach my soul

(Non riesco a raggiungere la mia anima)

I would stop running,

(Avrei smesso di correre)

If knew there was a chance

(se avessi saputo che c’era una possibilità)

It tears me apart to sacrifice it all

(Mi lacera  sacrificare tutto),

but I’m forced to let go

(ma sono forzata a lasciare andare)

 

Within Temptation - Frozen

 

Capitolo 12

 

Pansy era seduta sullo sgabello davanti allo specchio del bagno e si passava come ogni mattina, la spazzola sui capelli neri appena lavati.

La dimora era ancora al buio e le sue compagne di stanza non avevano nemmeno provato ad alzarsi dai loro letti.

“Pansy…potresti spegnere la luce?”

La voce assonnata e impastata di Millicent Bullstrode la fece sobbalzare dalla sedia.

“Ancora un attimo e me ne vado…” rispose lei, posando il pettine e cercando nella trousse dell’amica il suo mascara preferito.

Si passò il rimmel sulle ciglia allungandole leggermente e sistemò la frangietta, racchiudendo i capelli in una coda di cavallo.

Ai lobi, mise gli orecchini d’oro di sua madre. Pansy aveva litigato con lei, poco prima di prendere il treno e andare a Hogwarts.

Ricordava ancora l’avvenimento.

Pansy si era voltata e aveva lanciato a terra gli orecchini …poi li aveva raccolti, poco dopo averla vista andare via delusa, piangente.

Raccolse di nuovo fra le mani la lettera del padre. Aveva trascorso tutta la notte a leggerla e rileggerla, in poche parole non aveva chiuso occhio.

Sua madre era stata ricoverata al San Mungo dopo che un gruppo di Auror l’avevano imprigionata ad Azkaban e lasciata per ore senza mangiare.

Tutto questo, perché erano convinti che lei fosse una Mangiamorte.

Pansy non poteva crederci.

Strinse il foglio di carta tra le mani. Sua madre non era mai stata contro il Ministero, né tantomeno contro la Comunità Magica.

Ma a quanto pare, il Ministero della Magia non sembrava credere a ciò che dicevano.

Il fatto di essere serpeverdi non implicava per forza dover diventare servi del Signore Oscuro, vero?

Era solo uno stupido clichè…

Si alzò, sistemandosi meglio la gonna della divisa e si alzò. Guardò l’ora. Erano le 7, 20.

 

 

                                                                                                ggg

 

                                                 

Hermione Granger, quella mattina, non si era svegliata di buonumore.

Mentre leggeva le pagine della Gazzetta Del Profeta, infatti, sbuffava e borbottava qualcosa di imcomprensibile, che Ron avrebbe tanto voluto sapere.

“Pazzesco…lo sapevo che non si sarebbe salvata neanche lei!” sussurrò.

Ron si scambiò un’occhiata disperata con Neville e poi si rivolse verso la riccia. “Ehm…Hermione…posso sapere che succede?”

La ragazza guardò Ron, poi Neville, poi Harry e porse di sgarbatamente il giornale al rosso.

Quando Harry vide l’articolo dinnanzi a sé, per poco non sbiancò.

 

Gli Auror Arrestatano Christine Parkinson

 

“Christine Parkison? Non sarà la madre di…?” domandò Ron, sconvolto.

“Vai avanti nell’articolo…” rispose Hermione, annuendo a malapena.

 

Christine Parkinson, purosangue e appartenente a una delle ultime generazioni di maghi puri, è stata accusata di collaborare con altri Mangiamorte per il Signore Oscuro ed è stata arrestata ieri notte, verso le 10 nel suo domicilio, alla residenza di famiglia.

Al momento non vi sono dichiarazioni della sospettata. Il Ministero provvederà a procurarle un legale, nell’attesa di un’ udienza, nel frattempo, la signore Parkison, 42 anni, è stata trattenuta tutta la notte nel carcere di Azkaban.

Per alcuni approfondimenti, pagg 5,6,7.

 

Rita Skeeter

 

“Era solo questione di tempo…prima o poi avrebbero preso anche lei…Ma suo padre non è stata arrestato?” domandò Ron, sorpreso.

“E’ stato rilasciato insieme a Lucius Malfoy…le accuse sono cadute!Bè succederà la stessa cosa con sua madre…” spiegò Hermione, inghiottendo a fatica il suo succo di zucca.

“Sono cavolate…Rita Skeeter le spara in continuazione! Non vi ricordate quello che ha detto su di me quando ho partecipato al Torneo Tremaghi?”

Hermione alzò lo sguardo. Era abbastanza prevedile che Harry avesse provato a difendere la Parkinson.

“Non possiamo sapere se si tratta davvero di menzogne! Ricordati che i suoi genitori sono in combutta con quelli di Malfoy…”

“Si, ma questo non fa di lei una Mangiamorte…” disse d’impulso Harry, addentando la fetta di pane imburrato che aveva in mano.

“Probabilmente no, Harry…ma al momento non possiamo fidarci di nessuno…Nemmeno della Parkinson…sono dei serpeverde, loro ci hanno sempre detestato in tutti questi anni di scuola…il fatto che tu le abbia dovuto insegnare a volare per una stupida scommessa, non fa di lei una tua amica!” ribattè Ron.

Hermione ammutolì all’improvviso diventando pallida come un cencio e Harry socchiuse gli occhi, maledicendo mentalmente il suo migliore amico.

Se c’era una cosa che Ron non conosceva, era sicuramente il significato dell’espressione “parlare a voce bassa”.

Pansy Parkinson, era appena scesa per la colazione, e aveva sentito tutto.

I suoi occhi blu incontrarono quelli di Harry, che in quel preciso instante, non potè che sentirsi un imbecille da parte di Ron.

La ragazza si scostò, con evidente nervosismo, una ciocca di capelli dagli occhi sfuggita per puro caso alla sua sempre perfetta coda di cavallo e raggiunse la tavola dei Serpeverde.

Harry, Hermione e Ron la osservarono, mentre andava a sedersi tra Blaise e Draco Malfoy, che in quel preciso istante, stavano guardando nella loro direzione.

Hermione e Ron distolsero immediatamente lo sguardo, esattamente il contrario di quello che fece il giovane Potter.

I suoi occhi, celati come sempre dalle lenti degli occhiali, passarono in rassegna tutta i volti delle serpi.

In quel preciso instante, Draco Malfoy si alzò dalla tavolata raggiungendo i Grifondoro, il cui aspetto diventò più pallido della porcellana.

“Potter, hai qualche problema, per caso?”

Harry fissò Malfoy negli occhi grigi e glaciali. Nessuno parve avere la forza, o la voglia, di muovere un muscolo.

“Nessun problema, Malfoy…” rispose Harry il cui volto non sembrava per nulla teso.

Per un attimo, calò il silenzio. Alcuni Corvonero gettarono uno sguardo alla tavola dei Grifondoro, più per curiosità che per vero interesse.

Draco non si era mosso di un millimetro, quando Pansy sembrò apparire di colpo al suo fianco, trascinandolo via.

“Andiamo, Draco…Lasciali stare, sono solo degli sfigati!” la voce di Pansy era rotta dal pianto. Harry se n’era accorto, mentre la vedeva trascinare Malfoy lontano da loro.

Poi vide la mora alzarsi dopo aver sussurrato qualcosa a Malfoy e correre nervosamente fuori dalla Sala Grande, seguito da Millicent Bullstrode.

“Harry?”

Cosa diavolo stava succedendo? Perché si sentiva triste per lei?

Harry sentì l’impellente bisogno di fare qualcosa, ma non sapeva cosa.

Il suo senso altruistico e la sua mania di essere il Buon Samaritano della scuola lo spingevano a vedere se Pansy stesse bene.

Voleva scusarsi con lei, ben sapendo che non vi era nulla che poteva fare.

E’ Pansy Parkinson… si ripeteva in testa, sperando di riuscire a convincersi che lei non avesse affatto bisogno del suo aiuto.

Lei è cattiva…Lei è una serpe…Come Malfoy…

Harry strinse le palpebre. La sua testa stava scoppiando.

“Harry! Ci sei?”

Il moro alzò lo sguardo, trattenendosi dal bestemmiare. Aprì gli occhi e la luce della sala lo invase, bruciandogli le iridi.

Spostò lo sguardo su Ron ed Hermione, che ora lo guardavano come se fosse matto.

“Sapete una cosa?” mormorò Harry, posando rumorosamente il bicchiere sul tavolo, “Non ho più fame…” si alzò, lasciando velocemente il resto del suo bacon a Neville, che ora lo guardava come se fosse una nuova specie di microrganismo vegetale.

“Dove vai?” chiese Ron, serio.

“A farmi un giro!” fu la sua risposta. Secca. Decisa.

                             

                       ggg

 

 

Tell me I’m frozen but what can I do?

(Dimmi che sono gelida, cosa ci posso fare?)

Can’t tell the reasons I did it for you

(Non posso spiegare le ragioni, l’ho fatto per te)

When lies turn into truth I sacrificed for you

(Quando le bugie si trasformano nella verità che ho sacrificato per te)

You say that I’m frozen but what can I do?

(Dici che sono gelida, ma cosa posso farci?)

 

Ginny Weasley non si era mai considerata una ragazza vanitosa. Ma era piuttosto conscia del suo cambiamento fisico.

In effetti, di quella ragazzina timida di dodici anni che aveva sempre provato una cotta per il famoso Harry Potter, restava poco e niente.

I lunghi capelli rossi erano gli stessi, ma l’aspetto che dimostrava la giovane Ginevra Weasley era più perfezionato e meno infantile.

Quando le capitava di sentire fischi o commenti di apprezzamento, non arrossiva più come quella tenera bambina piccola che era.

Aveva un portamento e camminava fiera nei corridoi.

E ne aveva tutti i motivi, visto che si era messa proprio con Harry Potter.

Quando Ginny si svegliò, domenica mattina, aprì le tende del suo letto a baldacchino, pensando alla bella giornata che gli si prospettava.

Sarebbe andata a Hogsmeade con Harry? O avrebbero passato la giornata in riva al Lago, a passeggiare fianco a fianco?

Sorrise tra sé. Harry sicuramente avrà un’idea…pensò

Scese a colazione. La Sala Grande era piena.

“Ehi, ehi…Ginny!” Hermione si sbracciò per farle segno. Ron la vide arrivare e si spostò per farle posto, tornando a mangiare come se niente fosse.

Fu in quel preciso instante che notò l’assenza di Harry.

“Hermione, dov’è Harry?”

Hermione guardò Ron che guardò Neville che guardò di nuovo Ginny.

“Lui…è uscito!” borbottò il fratello di Casa Weasley, particolarmente interessato alla sua forchetta.

Ginny lo guardò, sospettosa per poi afferrare con curiosità il giornale davanti a sé, aperto ancora, per ironia della sventura, all’articolo riguardante la madre di Pansy Parkinson.   

                      ggg     

 

 

Harry camminava a passo spedito verso l’unico luogo dove era ancora sicuro di trovare Pansy: la Torre di Divinazione, dove avevano parlato per la prima volta senza uccidersi a vicenda.

Era lì, che Pansy gli aveva chiesto di insegnarle a volare.

E lui aveva accettato.

Si trovò davanti alla porta.

Piccoli flebili singhiozzi provenivano dall’interno.

Harry afferrò la maniglia e rabbrividì al contatto con l’ottone, ghiacciato dal freddo della notte appena trascorsa.

Il giovane grifondoro si fece coraggio.

Spinse lentamente la maniglia e la porta si aprì, accompagnando l’entrata del moro con un lieve cigolìo.

Pansy era sulla terrazza, dove una leggera brezza venuta dal lago le accarezzava dolcemente i capelli di nuovo sciolti.

L’elastico era tra le sue mani e molto probabilmente si sarebbe rivelato più utile come anti-stress che per fermare realmente le sue ciocche corvine.

Harry si avvicinò, e per la seconda volta, gli sembrò che le sue narici fossero nuovamente inondate di un profumo dolce…lo stesso profumo di nettare sentito alcuni giorni prima. Inebriante, che si insinua nel cervello.

Poi quella voce.

“Potter…una cosa rapida e indolore.” Disse, ed Harry non capì immediatamente quelle parole. Nonostante il tono fosse condizionato dal pianto, Pansy conservava ancora la stessa voce fredda e sensuale di sempre.

Ad Harry ricordava la stessa sensazione che si provava dopo aver bevuto qualcosa di freddo. Molto freddo. Il suo stomaco si contorceva dolorosamente ogni volta che lei lo guardava, ogni volta che lei gli parlava.

Il ragazzo sobbalzò, finendo contro lo spigolo di uno dei banchi.

“Di cosa parli?” domandò e non potè che sentirsi davvero stupido, nei confronti di una creatura così lontana anni luce da lui.

Pansy si voltò, gli occhi erano leggermente gonfi ma sempre impeccabili. Il trucco era stato scrupolosamente pulito. Le gote appena accentuate di rosso.

“Sapevo che saresti venuto qua…Volevi chiedermi di mia madre, vero? Se stava bene…E’ gentile da parte tua, Potter…Tu sei sempre gentile…”

Harry non sapeva se fosse davvero un complimento, il suo: “No!” esalò un respiro, pensando che perfino mettersi a ballare sul cornicione della torre, sarebbe stato più semplicemente che parlare con lei. “Sono venuto a vedere come stavi tu!”

Lei lo guardò e per la prima volta, era piacevolmente sorpresa.

“Vedere come stavo?” domandò, mantenendo il tono arrogante e allusivo.

“E’ tanto difficile da credere?” chiese ironico Harry.

“No…ma non ho bisogno di confidare quello che provo…tanto meno a te!”

Harry le si avvicinò di più, pensando a quanto fosse prevedibile il suo comportamento.

Pansy era troppo orgogliosa per mostrare le sue debolezze, ma lei era un essere umano. E ogni essere umano, ne aveva almeno una.

Harry la vide trafficare con la borsa della scuola, per poi tirar fuori un pacchetto di Camel.

Sigarette babbane.

“Non sapevo che fumassi quelle sigarette…” rispose Harry, ricordando che l’ultima volta, le aveva viste nel cassetto della camera di Dudley.

Pansy lo guardò, gettando fuori del fumo. Gli tese la sigaretta appena cominciata con le unghie smaltate.

“No, grazie…non fumo.” Fu la risposta del bruno.

Harry la vide sorridere, beffarda. “C’era da aspettarselo. Il grande Harry Potter non può permettersi di fumare. Ha un pianeta da salvare!”

Harry sbuffò, sentendosi preso in giro per l’ennesima volta. “Senti…dammi qua!” sbottò, tenendo la mano.

Pansy lo guardò, alzando saccentemente le sopracciglia. “Come, scusa?”

“Dammi quella sigaretta!”

La serpeverde gli tese la cicca, che venne prontamente afferrata da Harry.

Il ragazzo fece un tirò, e ispirò la nicotina. Ebbe l’immediata sensazione che i suoi polmoni andarono a fuoco.

“Coff…coff…C-contenta?” balbettò, mentre Pansy batteva con garbo la mano dietro la sua schiena.

“L’hai fatto per me? Ma che tesoro…” borbottò sarcastica, gettando la cicca fuori dalla terrazza.

Harry impallidì di colpo e si sporse per assicurarsi che non fosse caduta sulla testa del Guardiano della scuola.

In quel caso, non occorreva aspettare Voldemort per tirare le cuoia.

“Ma sei matta? Se Gazza scopre che abbiamo fumato, ci consegna al primo Centauro della foresta!”

La mora scoppiò a ridere. “Potter, ascolta caro, sarai anche bravo a volare ma ti devo avvertire che noi non abbiamo fumato…quel patetico tentativo di dimostrarmi che sapevi mettere in bocca una avanzo di sigaretta, non si chiama fumare!”

“Mantieni sempre la tua simpatia, vedo…” osservò Harry, pensando a quanto potesse essere velenosa la sua lingua. “Pensare che ero venuto qui a consolarti…chissà che avevo in testa!”

Pansy lo trattenne per un braccio. “Te ne vai, così?”

“Devo darti il bacio del buon giorno?”

Harry si accorse che nonostante tutto, lei era arrossita. Ma si accorse anche della cavolata appena uscita dalla sua bocca. Il bacio del buongiorno…ma che diavolo aveva in testa?

“Il bacio del buon giorno?” chiese Pansy, trattenendo a stento una risata.

Harry si grattò il naso. “Bè, ecco…ne esiste già uno per la buona notte…Ma siccome è mattina…”

“Veramente…io volevo chiederti se ti andava di ricominciare a insegnarmi a volare…”

Harry sgranò gli occhi. “Credevo di averti già spiegato che non si può fare…Devi cercarti qualche altro grifondoro più sprovveduto di me.”

Pansy sospirò, per poi trafficare con il laccio dei capelli.

“Potter…non esiste un grifondoro più incauto di te, e lo sai …ma a me piacevano quelle lezioni, dopo tutto…e poi Daphne mi prende in giro…adesso dice che ho paura di te!”

“Cosa?” sbottò Harry, incredulo.

“E’ la verità…lo so che è difficile da credere! Quando me lo ha detto l’avrei strozzata!”

“No, no, quello che hai detto prima…a te piacevano quelle lezioni?” chiese stupito il ragazzo.

Pansy abbassò gli occhi, sentendo che con quella frase, aveva fatto crollare il suo invalicabile muro di orgoglio e arroganza, degno di un tipico serpeverde.

“Bè, io non ho mai apprezzato pienamente la nobile arte del Volo…” rispose Pansy, sbirciando di tanto in tanto, l’espressione di Harry, “ma sarei felicissima, se tu potessi darmi qualche altra lezione…La scommessa doveva durare due settimane e mancano solo 9 giorni…”

“Bè, è più di una settimana!”

“Una settimana e due giorni…Oh, dai, adesso non metterti a fare il pignolo…se vuoi parlo io con la Weasley…suo fratello ha accettato e lo sa anche la Granger e la casata di Grifondoro!” sbottò lei, ravviandosi i capelli, che puntualmente sfuggivano dalla sue dita a causa del vento nordico.

“La casata di Grifondoro?” ripetè Harry, incredulo.                                                        

 “Si, Potter…dimentichi che quando sono entrata nello spogliatoio per parlarti ho dovuto patire la vista riprovevole di Finnigan in asciugamano…bè, parlo di questo…”                                                                     

 

                      ggg

 

I can feel your sorrow

(Posso sentire la tua sofferenza)

You won’t forgive me,

(Non mi perdonerai),

but I know you’ll be all right

(Ma so che starai bene)

It tears me apart that you will never know

(Mi lacera il pensiero che tu non saprai mai,)

but I have to let go

(ma devo lasciare andare)

 

Hermione Granger camminava a passo svelto per raggiungere l’Aula di Divinazione.

Il respiro era troncato dalla fatica. L’unico fine, con cui si poteva giustificare quella  sua scalata ai vertici più alti del Castello di Hogwarts, era trovare Harry Potter, prima che Draco Malfoy avesse deciso di portare a termine il suo trapasso.

La mano destra racchiudeva l’articolo di giornale della Gazzetta del Profeta, e in quella sinistra, vi era la sua amata bacchetta magica.

“Hermione!”

La ragazza si voltò, reggendosi al corrimano della scala a chiocciola.

Dietro di lei, Ginny Weasley. Il volto rosso e livido e l’espressione stampata di chi voleva sapere cosa diavolo stesse succedendo.

“Ginny…” Hermione si sforzò di sorridere. “Cosa ci fai qui? Non mi dire che hai Divinazione alla prima ora?”

“Dov’è Harry? E perché è sparita anche la Parkinson?”

Hermione la guardò inebetita, cercando mentalmente un modo per distrarre Ginny da quell’affannata ricerca.

“Sta per arrivare…Aveva dimenticato che c’erano delle cose da…sbrigare!”

“Non mentirmi Hermione…sono giorni che sento gli altri studenti parlare di una certa scommessa che ha perso la Parkinson…”

“Scommessa? Quale scommessa?” rispose Hermione, temporeggiando.

“Ginny!”

Una voce per riconoscibile dalle due ragazze, le costrinse a voltarsi.

Harry Potter stava scendendo le scale, seguito da Pansy. Hermione che era dietro di Ginny, fece un sospiro di sollievo.

“Cosa ci facevi con lei?” sussurrò la rossa, correndo ad abbracciarlo. Harry la baciò a fior di labbra, sentendo la mora, sbuffare.

“Quante smancerie…” bisbigliò Pansy, mordendosi un’unghia laccata.

“Che diavolo ci facevi con lei?” replicò la rossa, fissandolo con un vago cipiglio che ricordava vagamente quello di Molly Weasley.

“Non preoccuparti, Weasley! Potter voleva sapere se mia madre aveva intenzione di portarmi al rito d’iniziazione per diventare una Mangiamorte…Sei fortunata, che ti abbia trovato in tempo…” rispose lasciva la bella serpeverde.

Harry e Hermione si scambiarono uno sguardo vacuo.

Ginny sembrò bersi quella colossale balla, e in ogni caso, Pansy non aveva mai dubitato che le qualità intellettive della rossa fossero sufficientemente scarse.

“Capisco…C'era da aspettarselo, Parkinson…quelli come te, sono destinati a diventare Mangiamorte già quando sono in fasce! E’ un miracolo che Harry non abbia deciso di denunciarti a Silente!”

Vipera!

Harry gettò una rapida occhiata verso Pansy, che in quel preciso instante, stava facendo ricorso a tutto il suo auto-controllo, per non uccidere Ginny.

Forse con una leggera spinta…avrebbe potuto farlo passare per un incidente.

“Vieni Ginny, andiamo…” Harry la spinse via, prendendola per il giro-vita.

Quel contatto procurò non pochi conati di vomito alla serpeverde.

“Pansy! Dove diavolo eri finita?”

Harry e Ginny non avevano fatto in tempo a voltarsi, che Draco Malfoy era apparso all’improvviso dinnanzi a loro, seguito da Blaise Zabini. Suo cugino, nonché fedele spalla.

Hermione abbassò lo sguardo, torturando con la mano una ciocca di capelli che puntualmente s’impigliavano tra le sue dita.

“Malfoy, Zabini…giusto voi mancavate all’appello… il raduno di giovani Mangiamorte ha fatto le sue radici nell’aula della Cooman, vedo…” li aggredì Ginny, stringendo vigorosamente la mano di Harry, che diventò improvvisamente bianco.

Hermione era sul punto di svenire.

Adesso si poteva assicurare che erano nella merda.

“Weasley, non ho idea di dove trovi i soldi per drogarti, ma ti consiglio di cambiare spacciatore!” la provocò Malfoy, fissandola con avversione.

“Sai bene a cosa mi riferisco, Malferret!”

Pansy soffocò a stento una risata.

Hermione decise di intervenire, prima che il loro alterco avesse raggiunto livelli insostenibili.

“Va tutto bene, Ginny…Malfoy era venuto a vedere come stava la Parkinson! Tra poco se ne vanno! Intanto che ne dici se cominciamo ad incamminarci noi?” provò a distrarla la riccia.

Malfoy guardò Hermione negli occhi. La ragazza ricambiò lo sguardo, ripensando alla loro ultima conversazione in Biblioteca.

“Per una volta mi trovo d'accordo con la Mezzosangue, Weasley! Se ti levi dai piedi, saremo ben lieti di farlo anche noi…”

Hermione fissò Malfoy a bocca aperta. Non se lo aspettava. Poteva aspettarsi tutto da Malfoy, ma non che le avesse dato retta.

Quella era una data da fissare sul calendario. Una data che sarebbe rimasta nella storia.

Malfoy la guardò allontanarsi e, a meno che la sua testa non avesse cominciato a procurargli scherzi, gli sembrò perfino di averla vista sorridere, per un breve instante.

 

                                                                                                                         ggg

 

Is there so much hate for the ones we love?

(C’è davvero così tanto odio per coloro che amiamo? )

Tell me, we both matter, don't we?

(Dimmi, noi importiamo entrambi, non è vero?)

You, it's you and me

(Tu, siamo tu ed io)

It's you and me won't be unhappy

(Siamo tu ed io che non saremo infelici)

 

Within Temptation - Running Up That Hill

 

Harry e Ginny erano seduti sul grande tappeto rosso della Sala Comune di Grifondoro.

Quel pomeriggio non vi era nessuno.

Gran parte degli studenti era fuori, per approfittare del pomeriggio soleggiato che non vedevano da tempo.

Da un po’ di giorni a quella parte, infatti, le giornate di sole duravano fino a mezzogiorno non consentendo nemmeno delle passeggiate nel cortile.

Ginny si avvicinò a lui, alimentando con un incantesimo le fiamme del camino.

Harry la strinse tra le braccia, sentendo uno strano aroma di fiori invadergli il naso.

Nulla a che vedere con il profumo di miele sentito nella Torre di Divinazione.

“Harry?”

Il moro alzò lo sguardo al richiamo della sua ragazza. “Si, Ginny?”

“Mi stavo chiedendo… secondo te la Parkinson è davvero una Mangiamorte?”

Harry sentì uno strano strappo all’altezza del suo stomaco.

“Bè, non credo…Non lo so!” rispose vago, chiedendosi come le fosse venuto in mente di chiederle della Parkinson proprio in quel momento.

Ginny si avvicinò a lui, baciandolo leggermente.

Harry rispose al bacio, ma l’immagine di Pansy che rideva con una Camel stretta fra i denti, era ancora fresca nella sua mente.

Probabilmente quello ero il più bel sorriso che le aveva visto fare…

“Mmm…cosa abbiamo qui?”  la voce stridula di Ginny sembrò giungere da molto lontano.

Harry si destò all’improvviso non appena la sentì aprire la cerniera dei suoi pantaloni.

“Ginny…Ginny…che stai facendo?” le disse, spostandole la mano.

“Ti sto levando i pantaloni…” rispose lei, sorridendo maliziosa.

Domanda retorica.

“Certo…ma, ehm… posso sapere perché?” chiese Harry, distaccandosi leggermente.

Ginny lo fissò a bocca asciutta come se fosse un mentecatto. Di quelli della peggior specie.

“Perché? A te non va…”

“Di…fare cosa?”

Ginny alzò gli occhi al cielo. “Credevo fosse ovvio, vuoi che ti faccia un disegnino?” e gli mise le mani sotto la maglietti accarezzando i pettorali appena visibili ma ben scolpiti.

“Ginny, non credo che sia una buona idea…stiamo insieme da neanche un mese!”

La ragazza sbuffò contrariata. “Credevo che mi volessi…”

“Si, si…” balbettò Harry, “Ma non così, non adesso…”

Ginny lo guardò un po’, prima di avvicinare il suo volto a quello del ragazzo.

“Harry, cosa c’è? Ho fatto qualcosa di sbagliato?”

Il moro la guardò, sospirando appena.

No, Ginny. Non hai fatto nulla, avrebbe voluto dirle.

Non è colpa tua. Non so che mi prende ultimamente, ma non sono sicuro di amarti, è successo tutto troppo in fretta. Mi dispiace.

E lei le avrebbe risposto. Perché? Perché non mi ami più?

E lui avrebbe ripensato alla ragazza mora di Serpeverde con la sigaretta fra i denti, per dimostrare più anni di quanti ne ha in realtà.

Alla ragazza che lui aveva definito “carlino”, non sapendo quanto bella fosse realmente.

Alla ragazza che aveva offeso Ginny, Hermione, Ron, Neville e lui per tutti questi anni.

Alla ragazza che aveva fatto da spalla inseparabile a Draco Malfoy, suo acerrimo nemico.

Alla ragazza che detestava e che credeva avrebbe sempre detestato.

Per il resto della sua vita.

Perché lui la odiava.

La odiava per evitare di amarla. Perché sapeva che erano diversi per stare insieme. Troppo.

Ma non avrebbe mai avuto il coraggio di dirglielo. Non così.

“Harry?”

“Mmh?” il bruno scosse la testa. Ginny abbassò lo sguardo, riabbottonandosi la camicetta della divisa scolastica.

“Ti sei incantato di nuovo…” lo disse con semplicità. Una semplicità che racchiudeva molta amarezza.

“Lo so, non accadrà più!”

“Lo dici davvero?”

Harry non rispose. La baciò per l’ennesima volta, e stavolta, la spinse delicatamente a terra.

Sul grande tappeto rosso. Testimone involontario di molti incontri d’amore.

Ginny lo fissò stupita e Harry la vide sorridere ingenua, mentre le sbottonava nuovamente la camicia.

 

To Be Continued

 

Arrivati a questo punto, lo so cosa starete pensando!

Tuttavia, prima di tirarmi addosso uova, pomodori, e altre pietanze di cui disponete, permettetemi di dire che Harry e la Piattola-Weasley non resteranno a lungo insieme!

Vorrei e anzi, dovrei ringraziarvi singolarmente ma sfortunatamente ho avuto a malapena il tempo di pubblicare questo benedetto dodicesimo capitolo che mi trascino da giorni!

Un grazie comunque a tutti quelli che mi seguono, commentando e non.

J Kiss! Gaia.

  
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