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Autore: Circe    15/12/2012    3 recensioni
La battaglia non va per il verso giusto, gli Horcrux sono stati distrutti e la bacchetta di Sambuco non funziona a dovere. Il Signore Oscuro improvvisa quindi una ritirata tattica per non venire definitivamente sconfitto. Insieme a lui solo Bellatrix, la persecuzione dell'amore, un problema da affrontare e il potere da riconquistare.
E la storia ... si ripeterà.
Seguito di “Sgáth, che significa oscurità”
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Andromeda Black, Bellatrix Lestrange, Voldemort | Coppie: Bellatrix/Voldemort
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Eclissi di luna: l'oscurità totale'
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Sgath: Andromeda

L’inverno era di nuovo alle porte: il freddo diveniva sempre più intenso e pungente, le giornate erano grigie e umide, tutta l’aria intorno sembrava coperta da una coltre di nebbia e umidità. Nonostante questo, il silenzio e il mistero che imperversavano un tempo, ogni qual volta arrivavano i giorni di nebbia, non erano più così minacciosi ed inquietanti; l’incubo del Signore Oscuro non c’era più, eravamo liberi, nessuno se ne preoccupava più e finalmente questo alleggerimento delle nostre anime era una condizione definitiva, sicura.

Lui e la sua signora del male avevano finalmente terminato di vivere, di uccidere, di fare del male e di portare terrore e paura ovunque fosse nominato il loro nome.

Non esisteva più alcuna traccia di loro.

Tutti gli altri Mangiamorte erano da tempo anch’essi morti o incarcerati, non destavano alcuna paura.

Mi sentivo orgogliosa di aver contribuito a tutto questo, sia con le idee sia coi fatti, ora mia figlia avrebbe potuto essere davvero orgogliosa di me e avrebbe potuto essere tranquilla per il suo Teddy.

Sì, finalmente il piccolo stava bene: rideva, giocava, parlava confusamente col suo nuovo fratellino e col suo amico peloso; sinceramente non avevo mai visto Ted tanto felice.

Gli occhi blu gli ridevano quasi ogni momento, era curioso di scoprire ogni cosa lo circondasse nulla gli sfuggiva soprattutto se era affiancato dall’enorme cane fulvo che aveva, con ogni ragione, ereditato il nome di Sirius. I capelli quasi perennemente di un blu intenso, erano sottili e ordinati, ricordavano le onde del mare quando manca il vento… quasi invogliassero a concedergli una carezza più del dovuto, un sorriso strappato per quel bel viso sereno e sorridente.

Cresceva in fretta e diventava bellissimo.

Frequentavamo spesso casa Weasley, la Tana; Molly riempiva di biscotti il mio piccolo nipotino ed Harry lo faceva salire sulla scopa. Lo lasciavo fare, nonostante fosse contrarissima a sottoporlo a questo inutile pericolo alla sua tenera età. D’altra parte Harry era praticamente un adulto, sapeva occuparsi perfettamente di Ted. Dopo la sconfitta del Signore Oscuro, quel ragazzo era cambiato, era più tranquillo e sereno, ma forse un po’ più triste di come avevo imparato a conoscerlo; forse, era semplicemente cresciuto. Il suo sguardo profondo e il suo sorriso pacato lasciavano intravedere ogni dolore subito e difficoltà superata, quel ragazzo era un eroe, il suo coraggio e la sua generosità erano fuori dal comune e io lo ammiravo sinceramente.

Come tutto il mondo magico senza nessuno escluso.

Ero felice e orgogliosa che mio nipote ed Harry Potter andassero così d’accordo e fossero così uniti al di là di tutto: un rapporto così stretto, il loro, da sfuggire a qualsiasi spiegazione.

Mi preoccupava di più il bambino che avevo preso con me da dopo la guerra: Sgath.

Sgath sembrava allegro e contento: mangiava, giocava e cercava il contatto umano continuamente, come se gli fosse mancato. Era attivo, attento e pronto a qualsiasi attività, gioco e avventura. Buono, ubbidiente e spesso sorridente, sembrava andare d’accordo con tutte le persone che lo circondavano, seppur mantenendo una certa riservatezza, addirittura timidezza.

Sembrava un normalissimo bambino che esce da un difficile momento, eppure, non parlava.

Non diceva una parola, non avevo mai sentito la sua voce, né un accenno ad essa.

Nonostante avesse già da tempo l’età per farlo, il piccolo non diceva una parola, non provava nemmeno ad emettere suono. Ero abituata alle difficoltà di crescere un bambino senza i genitori, affrontando i grandi e piccoli problemi che notavo nel loro animo a causa di ciò, ma Sgath era particolare, sembrava ci fosse in lui uno strappo più profondo che mai, una lacerazione incolmabile dell’anima.

Già tempo prima avevo tentato di rivolgermi ad un Medimago:

“Il bambino è sano e al momento sta bene, signora… è molto vivace, reagisce bene a qualsiasi stimolo e non presenta nessun problema fisico.” mi disse.

“Eppure non parla.” fece una pausa e accarezzò il piccolo sui fiammeggianti capelli di uno strano rosso scurissimo, dritti come le fiamme di un incendio. Poi continuò senza distogliere lo sguardo da lui.

“Da ciò che ci ha raccontato, da quel che ci è dato sapere, la sua salute generale resta piuttosto cagionevole, forse per via di una malattia contratta poco dopo la nascita, forse per una nascita prematura. Il fatto però che ora non parli per nulla, può essere legato più ad un fattore psicologico che a qualcosa di fisico.”

Guardavo il Medimago e lo ascoltavo attentamente: restava vicino a Sgath che sgambettava sulla sedia impaziente di andarsene. Lo osservava ancora, sembrava voler capire quanto ancora gli sfuggiva, voleva anche lui aiutarlo, curarlo.

Poi ritornò a parlarmi:

“L’attuale rifiuto del bambino di parlare, quindi di interagire completamente, può essere dovuto ad un trauma psicologico piuttosto che ad uno fisico.”

L’avevo bene immaginato: averlo trovato con un semplice elfo domestico ad accudirlo, nel bel mezzo della battaglia, solo abbandonato in un bosco, di notte, deve essere stata un’esperienza durissima per un bambino così piccolo.

Probabilmente i genitori erano morti in battaglia, o poco prima. Accadde tutto per caso, come fosse stato pensato dal destino che incontrai Sgath. Quell’elfo aveva attratto la mia attenzione consegnandomi poi il piccolo quasi come se fossi io la madre, o come se mi avesse scambiato per lei… poi scomparve spaventato, senza lasciare traccia di nulla e di nessuno.

Potevo abbandonarlo? Avrebbe potuto essere Teddy, solo, senza genitori, né parenti.

 “Quindi, signora, le consiglio di attendere.” disse il Medimago riportandomi alla realtà.

“Cerchi di creare per questo bambino un ambiente normale, tranquillo e pieno di affetto, in modo da sbloccare il trauma e dargli la possibilità di superarlo. Lo terremo controllato periodicamente, in modo da non rischiare aggravamenti fisici, o psicologici e cercheremo anche di comprendere se è dotato di poteri magici, o meno.”

Il Medimago sembrava confidare che Sgath avrebbe potuto guarire, parlare ed essere assolutamente normale. Mi sembrava una persona concreta e preparata: presi il piccolo per mano e, rincuorata, me ne andai.

Ci reimmergemmo fuori, nella via brulicante di maghi e streghe.

Diagon Alley era tornato il vecchio quartiere di una volta: strade brulicanti di maghi, elfi domestici e scope, voci, grida, risate o lamentele, vetrine di ogni sorta. Sgath sembrava sempre eccitato e felice durante le passeggiate per quel luogo e io approfittavo delle sue visite dal Medimago per fare un po’ di spese.

Spesso comparivamo insieme Sgath ed io, quando venivo per le visite dal Medimago, Teddy restava a casa Weasley.

Io gli tenevo la mano per non farlo scappare da un negozio all’altro, lui sempre in compagnia del serpente alato Uroboro, che restava attorcigliato al suo polso, salendo vicino al volto per la spalla quando dovevano comunicare: loro si capivano incredibilmente bene.

Iniziavo ad affezionarmi comunque anch’io al suo modo di parlare: lo sguardo attento, attratto da una vetrina, la sua manina che afferrava stretta la mia e tentava di indicarmi ciò che desiderava e il sorriso pieno quando comprendeva che avevo capito il suo volere.

Il guizzo di soddisfazione negli occhi color rubino quando comprendeva che avrei acconsentito al suo volere.

Nonostante la pelle pallida e la magrezza piuttosto pronunciata, sebbene io tentassi di farlo mangiare molto, nonostante la sua apparente fragilità, talvolta, a tratti, appariva più forte del previsto. Avevo imparato a capire che, sotto sotto, aveva un carattere forte e volitivo che si manifestava in maniera molto sottile e misteriosa, ma raramente si poteva sfuggire al suo silenzioso volere.

Sgath, vieni subito qui!” dissi subito, vedendolo trotterellare improvvisamente, da solo, verso il negozio di incantesimi e formule magiche. Era affascinato da alcune vetrine, irrimediabilmente attratto.

Per fortuna tornava sempre da me senza storie, ubbidiente, quando lo richiamavo o sgridavo; tornò pian paino mentre il sole gli illuminava il viso e, contemporaneamente, la pietra rosso cupo che portava al collo.

Mi dava una strana sensazione quella pietra.

L’avevo trovata fra le sue manine, afferrata stretta stretta, il giorno che lo incontrai per la prima volta. Dietro, nell’incastonatura in argento, vidi scritto  “A Sgath”. La trovavo curiosa come dedica, ma poco dopo capii che Sgath doveva essere il nome del piccolo. Un nome curioso, molto curioso… ma decisi di lasciarglielo. Aveva un fascino particolare, e in un certo modo, che non saprei dire, mi pareva gli si adattasse perfettamente.

Poco dopo feci costruire un piccolo ciondolo e glielo misi al collo fin dalla più tenera età, perché non se ne separasse mai.

“A Sgath” era scritto sull’argento dov’era incastonata la pietra, inciso con una calligrafia pittoresca e originale. La pietra era particolare, sembrava un rubino, ma il suo colore non era particolarmente trasparente, sembrava color del sangue. D’altra parte anche il bambino sembrava aver gli occhi color del sangue, solo un po’ più scuri. La qual cosa mi colpì particolarmente.

 Sgath significa oscurità.

Avevo imparato bene la lingua gaelica quando ero ancora giovane, a casa mia, dai Black. Sapevo quindi il significato particolare di quel nome. Forse i veri genitori di Sgath erano dei purosangue, o persone con radici magiche molto antiche: non tutti ormai conoscono il gaelico.

Sono molto legata a Sgath. Come Ted è legato ad Harry Potter.

Quando tuffo la mano fra i suoi capelli folti, dritti, rossi come il fuoco, scompigliati e avvolgenti, quando osservo come si muove, come mi guarda e sorride… mi sembra quasi di ritornare ad un tempo lontano, a qualcosa di infantile e di passato, come se fosse parte di me da sempre. Come se quel fuoco che porta dento, appena percepibile. tutto quell’entusiasmo ed energia, io l’avessi conosciuto da sempre.

 

……………………………………………………….

 

Note:

Ebbene sì, devo spiegare molte cose… ho fatto un salto temporale abbastanza lungo, saltando tutta la parte che concerne la battaglia finale e la mia versione di questa, ma non temete perché ci tornerò sopra.

Anche le fan della coppia oscura non devono temere perché, gli avvenimenti che precedono la morte di Voldy e Bella, verranno ripresi, anche se sotto forma di flash back, con i due protagonisti ampiamente descritti.

Avevo avvisato che ormai eravamo alla fine della ff, forse, con questa nuova versione che mi è venuta prepotentemente in mente (tanto che il capitolo l’ho dovuto scrivere così), questa si allungherà di alcuni capitoli rispetto a ciò che avevo preventivato. 

Per ora vi lascio alle domande, commenti e quant’altro, se ne avete! Ci sentiamo sul gruppo!

Grazie

Circe

   
 
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