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Autore: Taylorsvoice    15/12/2012    5 recensioni
E se gli Dèi leggessero la serie di Percy Jackson??
Ambientata 5 anni prima che Percy vada al campo :)
Basata su una fanfiction americana !
Genere: Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 Monte Olimpo ( o empire Stete Building fate voi!)
Consiglio degli dei.
"SILENZIO!!" gridò Era, facendo cessare i soliti litigi tra suo marito Zeus e suo fratello Poseidone.
"E' possibile che ogni santissima volta litighiate sempre sulle solite cose?!?" disse Estia
"Non siamo qui per discutere di questo" disse Atena cercando di far carlmare i due "dovremmo leggere questi libri che ci hanno mandato le Parce"  
"Come Si intitola il primo libro ?" Chiese Artemide
""Percy Jackson e gli dei dell'olimpo: il ladro di fulmini." Le rispose Atena.
"okay incominciamo?? " chiese Ade. 
Non fece in tempo a finire di parlare che una luce riempi tutta la stanza. Quando si spense, gli Dei videro due ragazze intorno ai 16 anni, una con i capelli neri lucenti e l'altra bionda con boccoli, come una princippesa.
"che cosa ci facciamo qui?" Chiese la ragazza dai capelli neri.
"E queste due bellezze chi sarebbero? " chiese Apollo togliendosi le cuffie dell'ipod.
"Mamma" disse la ragaza bionda, rivolgendosi ad Atena " che succede?"
"Tu.. Voi chi siete? "
"Mamma! Sono Annabeth! Non mi riconosci?!?" 
"Annabeth?! E' inmpossibile!" Dissè la dea "dovresti avere 8 anni!" 
"come?! " Disse l'altra semidea "Papà! Sono Talia e.. tutto questo è impossibile!"
"Talia!" Il re degli dei si alzò di scatto " dovresti essere un albero!"
"Luunga storia!" 
Nelle mani di Zeus comparve un foglio. Zeus lessè ad alta voce
 
Loro sono due semidee molto importanti per il futuro. Vi auiuteranno a capire. Non saranno le uniche semidee che vi manderemo!
Il Fato
P.S. Non potete attaccare/uccidere/ferire cioè nessuna forma di dolore per questi semidei!

 
Ermes schioccò le dita facendo comparire due poltroncine per le ragazze.
"Presentatevi!"
"Sono Annabeth, figlia di Atena, architteto dell'olimpo"
" Perchè l'Olimpo Avrebbe bisogno di un architteto ?" chiese la madre.
"Altra luunga storia" rispose Talia " Sono Talia, figlia di Zeus cacciatrice di Artemide" 
"Peccato.." sospirò Apollo "Bene allpra abbiamo 5 libri da leggere.. è meglio che cominciamo no?" chiese il dio.
"Si infatti.. Chi vuole leggere per primo?" 
"Io" dissè Annabeth prese il libro , si avvicinò a Talia " Scopriremo tutti i pensieri di Percy!"
"Non vedo l'ora di sapere qualcosa di imbarazzante per torturarlo per sempre! " Disse ridendo Talia.
"conoscete questo semidio?" chiese  Demetra.
"si, certo che si! Lui è -" Talia tappò la bocca ad Annabeth e le sussorò
" no!, non dire niente! Voglio vedere l'espressione di tuo madre e di Poseidone quando scoprianno !" 
Annabeth Ridacchiò, aprì il libro e lesse
 
UNO
DISINTEGRO ACCIDENTALMENTE LA PROF. DI MATEMATICA
 
"tutti i capitoli saranno intitolati così??"         
"conoscendo percy.. Sì!" rispose Annabeth.
 
Non ho scelto io di essere un mezzosangue. Se state leggendo questo libro perché pensate di poterlo essere anche voi, vi do un consiglio: chiudetelo all'istante. Credete a qualsiasi balla i vostri genitori vi abbianoraccontato sulla vostra nascita e cercate di vivere una vita normale. Essere dei mezzosangue è pericoloso.
 
"moltoo!" aggiunse Talia. 
 
È terrificante.
 
"Assolutamente!" dissè Annabeth.
 
Nella maggior parte dei casi, si finisce ammazzati in modi orribili e dolorosi.
 
"Non è una bella senzazione" sospirò Talia.
 
Se invece siete dei ragazzi normali e pensate che questo sia solo unromanzo, perfetto. Continuate a leggere. Vi invidio per la possibilità dicredere che niente di tutto questo sia accaduto.Ma se vi riconoscete in queste pagine — se vi smuovono qualcosadentro — smettete subito. Potreste essere dei nostri. E quando lo avretecapito, sarà solo questione di tempo perché se ne accorgano anche loro e vengano a cercarvi.
 
"Chi ??".
"i mostri! Rimbambito di un gemello che mi ritrovo!" disse... Ah tanto lo sapete chi lo disse!.
 
Non dite che non vi avevo avvertito. Mi chiamo Percy Jackson e ho dodici anni. Fino a qualche mese fa studiavo alla Yancy Academy, un collegio per "ragazzi difficili" dello Stato di New York. Sono un ragazzo difficile? 
 
"Sì!!" dissero in coro le due semidee.
 
Poseidone guardò le due ragazze ridere, avrebbe dovuto dire a Zeus che il ragazzo era suo figlio.. ma decise di aspettare, sicuramente l'avrebbe detto lui stesso nel libro.
 
Sì. Direi che la definizione mi calza. 
"Lo ammette pure lui!" disse Talia sorridendo.
 
. Potrei partire da qualunque punto della  mia breve e miserabile vita per provarlo ma le cose hanno cominciato a prendere davvero una brutta piega lo scorso maggio, quando andammo in  gita a Manhattan: ventotto casi clinici di prima media e due insegnanti a bordo di uno scuolabus giallo, diretti al Metropolitan Museum of Art per vedere anticaglie greche e romane.
 
"Suona interessante!" disse Atena
 
Lo so — sembra una tortura.
 
"NON è VERO!"
 
La maggior parte delle gite della Yancy lo era. Ma quella volta ci guidava  il signor Brunner, il professore di latino, perciò avevo qualche speranza. Il signor Brunner era un tipo di mezza età, che si muoveva su una sedia a rotelle motorizzata, i capelli un po' radi, la barba incolta e una logora giacca di tweed che sapeva sempre di caffè. Non gli avresti dato un soldo, ma raccontava storie e barzellette e ci lasciava giocare in classe. Aveva anche una fantastica collezione di armi e armature romane, perciò le sue lezioni erano le uniche a non farmi addormentare.
 
"Mi suona familiare..." disse Dioniso; Tutti si girarono verso di lui
"Stavi ascoltando?!" chiese Demetra.
"Non ho niente di meglio da fare.."
 
Speravo che la gita andasse bene. O, meglio, speravo che per una volta non mi sarei cacciato nei guai. Cavolo, se mi sbagliavo. Il fatto è che in gita mi succedono sempre cose orrende. Come quella volta in quinta, quando ci portarono a Saratoga, sul campo di battaglia dell'Indipendenza, e causai quell'incidente col cannone. Non volevo mica colpire lo scuolabus, ma ovviamente mi espulsero lo stesso. E prima ancora nell'altra scuola, in quarta, quando eravamo all'acquario, sulla passerella della vasca degli squali, e chissà come spinsi la leva sbagliata etutta la classe fece un tuffo fuori programma. E la volta prima ancora... insomma, avete capito.
 
"Vorrei sapere tutti i casini che ha combinato.." disse Ermes.
 
Stavolta però ero deciso a fare il bravo. Per tutta la strada, sopportai che Nancy Bobofit, la cleptomane rossa e lentigginosa della classe, tempestasse la testa del mio migliore amico Grover con pezzetti di panino al ketchup e burro di arachidi. Grover era un bersaglio facile. Era mingherlino. Piangeva sempre quando qualcosa gli andava storto. Probabilmente l'avevano bocciato diverse volte, perché era l'unico studente di prima media con l'acne e un principio di barbetta sul mento. Come se tutto questo non bastasse, era disabile. Aveva un certificato che lo esonerava a vita dall'ora di educazione fisica, per via di non so che carenza muscolare alle gambe. Camminava in modo strano, come se ogni passo fosse una tortura, ma non lasciatevi ingannare. Dovevate vederlo correre nella mensa, il giorno delle enchiladas.
 
"Grover è il migliore!" dissè Annabeth
 
Comunque, Nancy Bobofit lo stava bersagliando di mozziconi di pane che gli restavano incollati fra i ricci castani, e sapeva che io non potevo farci niente perché ero già in libertà vigilata. Il preside mi aveva minacciato di morte — tramite sospensione con frequenza obbligatoria — se durante la gita fosse accaduta una qualsiasi cosa brutta, imbarazzante o minimamente divertente.
— Io la ammazzo — borbottai.
 
"Si ti prego ! Fallo! Ci vuole azione in questo libro!" Disse Ares
"Emh okay..."
 
Grover cercò di calmarmi. — Non c'è problema. Mi piace il burro di arachidi.
 
"Eww ! Fa malissimo ai capelli !" 
"Okay Afrodite..."
 
Schivai un altro pezzo del pranzo di Nancy.
— Ora basta!— Feci per alzarmi, ma Grover mi tirò giù.
 
"Daii ! Solo qualche pugno ! Non chiedo tanto!!"
 
— Sei già in libertà vigilata — mi ricordò. — Sai a chi daranno la colpa se succede qualcosa. Ripensandoci ora, vorrei aver steso Nancy Bobofit lì su due piedi. La sospensione sarebbe stata nulla in confronto al pasticcio in cui stavo per cacciarmi.
 
"fammi indovinare.." Disse Talia "Mostri?"
"ho paura di sì." le rispose Annabeth 
 
Il signor Brunner era a capo della fila. Facendoci strada a bordo della sua sedia, ci guidò attraverso le grandi sale rimbombanti del museo, davanti a statue di marmo e a vetrine piene di vecchissimi vasi neri e arancione. Non riuscivo a credere che quella roba fosse sopravvissuta per due o tremila anni.
 
"Quella ROBA?!" 
 
Brunner ci riunì attorno a una colonna alta quattro metri, con una grossa sfinge in cima, e cominciò a spiegare che si trattava della lapide, o meglio della stele, di una ragazza all'incirca della nostra età. Ci raccontò qualcosa anche delle incisioni sui lati. Io cercavo di ascoltare, perché era più o meno interessante, ma i miei compagni non facevano che chiacchierare e ogni volta che provavo a dir loro di piantarla, la professoressa Dodds mi fulminava con lo sguardo. La Dodds era una donnina della Georgia che insegnava matematica e indossava sempre un giubbotto di pelle nera, nonostante i cinquant'anni suonati. Aveva l'aria di una capace di piombare a scuola in moto solo per sfondarti l'armadietto.
 
Suona familiare pensò Ade
 
Era arrivata alla Yancy a metà anno, quando il nostro ultimo professore di matematica si era beccato l'esaurimento nervoso. Dal primissimo giorno, la Dodds aveva amato Nancy Bobofit alla follia e inquadrato me come il figlio del demonio. Mi puntava contro il suo dito storto e diceva: — Ora, tesoro... — in tono molto dolce, e io capivo che sarei finito in punizione per un mese. Una volta, dopo che mi aveva tenuto fino a mezzanotte a cancellare le risposte dai vecchi libri di esercizi, avevo detto a Grover che pensavo che la Dodds non fosse una. Lui mi aveva guardato, serissimo, e aveva replicato: — Hai assolutamente ragione.
 
"Grover è un pessimo bugiardo..." dissè Talia sorridendo ricordando l'amico.
 
l signor Brunner continuava a parlare dell'arte funeraria. Nancy Bobofit fece una battuta sul tizio nudo della stele e io alla fine esplosi: — Vuoi chiudere quella boccaccia?
 Mi uscì più forte di quanto avessi voluto.
Tutto il gruppo si mise a ridere. Brunner interruppe la sua storia.                                                                      — Jackson — disse. — Vuoi fare qualche commento? Diventai viola. - No, signore. Lui indicò una delle figure sulla stele. — Forse vuoi dirci cosa rappresenta questa immagine?Guardai la scultura avvertendo un'ondata di sollievo, perché la riconoscevo. — È Crono che divora i suoi figli, giusto?        — Sì — confermò, poco soddisfatto. — E lo fa perché...                                                                                                -Be'- mi sforzai di ricordare. -Crono era il dio sovrano---
 
"Dio?!" tuonò Zeus 
 
— Dio? — ripeté Brunner.                                                                                                                               -Titano- mi corressi 
 
"Meglio" borbottò Zeus       
                     
"Prova a viverlo!" sbuffò Demetra " e poi si che dirai "Bleah" "
— ... e così c'è stata una grande battaglia fra gli dei e i Titani — continuai — e gli dei hanno vinto.
 
"Ha ridotto il tutto in due righe ?!" 
 
Risatine sparse.                                                                                                                                       Dietro di me, Nancy Bobofit borbottò a un'amica: — Come se questa  roba servisse a qualcosa nella vita vera. Come se nelle domande di assunzione ci fosse scritto: "Spieghi perché Crono ha divorato i suoi figli." — E come mai, Jackson — fece Brunner — per parafrasare l'ottima domanda della signorina Bobofit, questo dovrebbe interessarci nella vita vera?
— Beccata — gongolò Grover.
— Chiudi quella bocca — sibilò Nancy, la faccia più rossa perfino dei
capelli.  Almeno anche Nancy aveva avuto quel che si meritava. Brunner era l'unico a coglierla sempre in castagna. Aveva le orecchie radar. Riflettei sulla domanda e alzai le spalle. — Non lo so, professore.                                                                                                                       — Capisco. — Sembrava deluso. — Be', sei andato benino, Jackson. Zeus in verità fece bere a Crono una miscela di mostarda e vino, inducendolo a rigurgitare i suoi altri cinque figli. Naturalmente, essendo divinità immortali, avevano continuato a vivere e a crescere intatti nello stomaco del Titano, senza mai essere digeriti. Gli dei sconfissero il padre, lo fecero a pezzi con la sua stessa falce e sparsero i suoi resti nel Tartaro, la parte più oscura degli Inferi. E su questa nota allegra, direi che è ora di pranzo. Signora Dodds, vuole condurci fuori?
La classe si allontanò, le ragazze tenendosi lo stomaco, i ragazzi spintonandosi come degli idioti.
 
"Come al solito!" 
"Aw, smettila! Tu ci ami sorellina!"
"Smettila di chiamarmi sorellina!
 
Io e Grover stavamo per seguirli quando Brunner mi chiamò: — Jackson.                                                                                                                                              Lo  sapevo. Consigliai a Grover di andare avanti. Poi mi voltai verso il prof. 
Brunner aveva questo sguardo che non ti mollava: due intensi occhi marroni che sembravano vecchi di un migliaio di anni, come di una persona che aveva visto tutto.                                                                                          — Devi sapere la risposta alla mia domanda — mi disse.                                                                                               -Quella sui Titani?                                                                                                                                                — Quella sulla vita vera. E su come i tuoi studi si applichino a essa. — Oh.                                                                                                                                                              — Quello che impari da me — continuò — è di vitale importanza. Mi aspetto che tu lo capisca. Pretenderò solo il meglio da te, Percy Jackson. 
Avevo voglia di arrabbiarmi, per quanto mi stressava quel tipo. Insomma, okay, nei giorni del torneo era forte, quando si presentava vestito con l'armatura romana e gridava: "Orsù!" e ci sfidava, la punta della spada contro il gesso, a correre alla lavagna e nominare ogni tizio greco o romano avesse vissuto sulla terra, chi avesse per madre e quale dio adorasse. Ma il signor Brunner pretendeva che fossi bravo come tutti gli altri, nonostante la mia dislessia e il mio disturbo da deficit dell'attenzione, e nonostante non avessi mai superato la soglia del sei meno in vita mia. Anzi: non pretendeva che fossi bravo come gli altri; pretendeva che fossi migliore degli altri. E io proprio non ce la facevo a ficcarmi in testa tutti quei nomi e quei fatti, figuriamoci a scriverli correttamente. Replicai qualcosa tipo "Mi impegnerò di più", mentre Brunner scrutava con una lunga occhiata triste la stele, come se fosse stato al funerale di quella ragazza.
 
"Probabilmente..."
 
Poi mi ordinò di uscire e andare a pranzo con gli altri. 
La classe si era radunata sulla scalinata del museo, da dove si vedeva il traffico che procedeva a passo d'uomo lungo la Quinta Strada.In cielo si stava preparando un bel temporale, con le nuvole più nere che avessi mai visto sopra la città. Pensai che forse era colpa del riscaldamento globale, perché era da Natale che il tempo faceva il matto su tutto lo Stato. Avevamo avuto tempeste di neve, inondazioni, incendi causati dai fulmini. Non mi sarei sorpreso se fosse arrivato un uragano.
 
Atena guardò Poseidone e Zeus "Perchè state litigando?"                                                                          "Non lo so, ma sicuramente è colpa sua!" Disse Zeus                                                                                                "Smettila! Secondo te è sempre colpa mia!"
"Ok ci sarà scritto nel libro il motivo!" sospirò Era
 
Nessun altro però sembrava farci caso. Alcuni dei ragazzi lanciavano i biscotti del pranzo ai piccioni. Nancy Bobofit stava cercando di fregare qualcosa dalla borsa di una signora, e naturalmente la Dodds non si accorgeva di nulla. Io e Grover ci sedemmo sul bordo della fontana, lontano dagli altri. Pensavamo che così nessuno avrebbe capito che eravamo di quella scuola: la scuola degli svitati e delle schiappe che non ce la facevano da nessun'altra parte.                — Punizione? — si informò Grover.                                                                                                                          — No — risposi. — Non da Brunner. Vorrei solo che ogni tanto mi desse un po' di tregua. Cioè... non sono mica un genio. 
"Poco, ma sicuro" sussuro' Talia
Grover restò zitto per un po'. Poi, quando pensavo che stesse per elargirmi un commento profondo e filosofico per tirarmi su, disse: — Mi dai la tua mela?
 
"Molto filosofico.." Borbottò Dioniso
Non avevo molto appetito, perciò gliela lasciai. Osservai il flusso continuo di taxi che scorreva lungo la Quinta Strada e pensai all'appartamento di mia madre, poco lontano di lì. Non la vedevo da Natale. Avrei dato qualsiasi cosa per saltare su un taxi e raggiungerla. Lei mi avrebbe abbracciato e sarebbe stata felice di vedermi, ma sarebbe stata anche delusa. Mi avrebbe rispedito subito alla Yancy, ricordandomi che dovevo impegnarmi di più, anche se quella era la mia sesta scuola in altrettanti anni e probabilmente stavano per cacciarmi anche da là. Non sarei riuscito a sopportare il suo sguardo triste.
 
"Aww "
 
Il signor Brunner parcheggiò la sua sedia in fondo alla rampa per disabili e si mise a sgranocchiare un gambo di sedano leggendo un romanzo tascabile. Dallo schienale della sedia spuntava un ombrello rosso, così il prof sembrava seduto a un tavolino da caffè motorizzato.                                                                                                                 Stavo per scartare il mio panino, quando Nancy Bobofit mi si parò davanti con quei ceffi dei suoi amici — immagino si fosse stancata di derubare i turisti — e gettò in grembo a Grover il suo pranzo mezzo smangiucchiato.                                                                                                                 — Oops. — Mi sorrise con i suoi denti storti. Aveva le lentiggini arancione, come se qualcuno le avesse spruzzato la faccia di succo all'albicocca. Cercai di mantenere la calma. Lo psicologo scolastico me lo aveva ripetuto milioni di volte: "Conta fino a dieci, controlla la rabbia." Ma ero così furioso che mi si azzerò il cervello. Sentii come lo scroscio di un'onda nelle orecchie.
 
"Un'onda?" Chiese sospettosa Atena guardando Poseidone
Lui la guardò colpevole, ma la dea non disse nulla, sospirò e borbottò qualcosa di incomprensibile
 
Non ricordo di averla toccata, ma un attimo dopo Nancy se ne stava con le chiappe a mollo dentro la fontana, strillando: — Percy mi ha spinto!                                                                                                                                                  La Dodds si materializzò accanto a noi.                                                                                                                                                                                                        Alcuni dei ragazzi stavano bisbigliando: — Avete visto...        — ... l'acqua...                                                                  - ... è stato come se l'afferrasse...
 
"POSEIDONE!" gridò Zeus
"Dimmi!"
"Non hai rispettato il patto!"
"e è per questo neanche tu!" sospirò Poseidone "Non fare l'ipocrita!"
"Neanche un patto sapete rispettare?!" Ridacchiò Ade 
"Oh stai zitto zombie!"
"Dovrei ucciderlo!" Disse Zeus
"Non puoi padre! A meno che non vuoi che il mondo finisca.." Sospirò Talia " E poi il divino Poseidone ha ragione! Non fare l'ipocrita! Se no dovresti uccidere anche me!" 
Zeus sospirò "Continua a leggere Annabeth."
 
Non sapevo di cosa stessero parlando. Sapevo solo di essere di nuovo nei guai. Dopo essersi assicurata che la povera piccola Nancy stesse bene e averle promesso una maglietta nuova al negozio del museo, la Dodds si girò a guardarmi. Aveva un fuoco di trionfo negli occhi, come se avessi appena fatto qualcosa che aspettava con ansia da tutto il semestre. 
— Ora, tesoro...
— Lo so — mugugnai. — Un mese a cancellare libri di esercizi
 
"NOOO" Grido Hermes "Mai cercare di indovinare la tua punizione! "      
         
Non era la cosa giusta da dire                                                                                                                                                  "Visto?!" 
 
— Vieni con me — disse. 
— Aspetti!— strillò Grover. — È colpa mia. L'ho spinta io.
 
"Coraggioso.." Disse' Artemide
"Ha lasciato che mia figlia fosse uccisa dai mostri che il suo adorabile zio le ha mandato contro!"
"E' stata una  mia scelta padre! E non me ne peno!" Sorrise ad Annabeth "Lo rifarei!" Affermò abbracciando Annabeth
 
Lo fissai, sbigottito. Non riuscivo a credere che stesse cercando di coprirmi. Grover era terrorizzato a morte dalla Dodds. Lei gli scoccò uno sguardo così truce da fargli tremare la barbetta sul mento.                                             — Non credo proprio, Underwood — replicò.                         — Ma...                                                                         — Non-ti-muovere. Grover mi guardò disperato.
— Va tutto bene, amico — lo rassicurai. — Grazie per il tentativo.
— Tesoro — abbaiò la Dodds. — Adesso. Nancy Bobofit mi fece un
verso di scherno.
Le rifilai la mia migliore occhiataccia del genere "ti-ammazzo-dopo".
 
"Vi assicuro che fanno abbastanza paura.." Disse Annabeth
 
Poi mi voltai verso la Dodds, ma lei non c'era più. Era davanti all'ingresso del museo, in cima alle scale, e mi faceva cenno di sbrigarmi, spazientita. Come c'era arrivata così in fretta?
 
"Sicuramente mostro."
 
Di momenti del genere me ne capitano a bizzeffe: è come se mi si addormentasse il cervello, e un attimo dopo capisco di essermi perso qualcosa, come se dal puzzle dell'universo fosse venuta via una tessera e io mi ritrovassi a fissare il vuoto dall'altra parte. Il consulente della scuola diceva che era per via del disturbo da deficit dell'attenzione se il mio cervello interpretava male le cose. Io non ne ero tanto sicuro. Seguii la Dodds. A metà gradinata, mi voltai verso Grover. Era pallido e guardava ora me, ora il signor Brunner, come se volesse fargli notare quello che stava accadendo. Ma il prof era assorto nel suo romanzo.
Guardai in su. La Dodds era sparita di nuovo. Adesso era dentro l'edificio, in fondo all'atrio. "Okay" pensai. "Mi farà comprare una maglietta per Nancy, al negozio." Ma, a quanto pareva, il piano non era quello. La seguii, addentrandomi nel museo. Quando finalmente la raggiunsi, eravamo di nuovo nella sezione greca e romana. Eclusi noi, la sala era vuota. La Dodds stava con le braccia incrociate davanti a un grosso fregio di marmo degli dei greci. Faceva uno strano verso con la gola, come un ringhio.
 
"Ti prego fai che stia bene" sussurò Annabeth
"Annie, lo sai benissimo che non gli succederà niente!" sbuffò Talia
"Si lo so! Ma sono lo stesso preoccupata!" rispose la semidea " e non mi chiamare Annie!"
 
Anche senza quel verso, sarei stato nervoso lo stesso. È strano trovarsi da soli con un insegnante, soprattutto con la Dodds. Da come guardava quel fregio, sembrava che volesse polverizzarlo...                                    — Ci stai dando dei problemi, tesoro — cominciò. Andai sul sicuro. — Sì, signora — risposi.                                            Si tirò giù i polsini del giubbotto di pelle. — Pensavi davvero di cavartela così?                                                                Lo sguardo che aveva negli occhi era più che folle. Era malvagio."È un'insegnante" pensai, innervosito. "Non può mica farmi del male."                                                                                                                                       Dissi: — Mi... mi impegnerò di più, signora.                                                                                                               Un tuono scosse l'edificio.
— Non siamo degli sciocchi, Percy Jackson — replicò lei. — Era solo questione di tempo perché ti scovassimo. Confessa, e soffrirai di  Meno.
 
"Confessare cosa?  chiese Efesto
 
Non sapevo di che stesse parlando. L'unica cosa che mi veniva in mente era che avessero scoperto la scorta illegale di dolciumi che smerciavo nella mia stanza. O forse avevano capito che avevo scaricato il compito su Tom Sawyer da Internet senza mai aprire il libro, e volevano togliermi il voto. O peggio, volevano   stringermi a leggerlo. 
 
"Come se leggerlo fosse una tortura.." sospirò Annabeth
"Bhè per alcuni lo è.." rispose Talia
 
— Ebbene? — incalzò.
— Professoressa, io non...
— Tempo scaduto — sibilò.
Poi successe una cosa pazzesca. I suoi occhi si incendiarono come due tizzoni del barbecue. Le sue dita si allungarono in artigli. Il giubbotto si fuse in grandi e ruvide ali di pelle. Non era più umana. Era una megera avvizzita con le ali da pipistrello, gli unghioni e la bocca piena di zanne ingiallite, e stava per ridurmi in pezzettini!
 
"HAI MANDATO UNA FURIA CONTRO MIO FIGLIO" tuonò Poseidone
"Emh... Scusa?" Provò Ade "Senti, fratello se lo farò ci sarà un motivo!"
"Giuro che se succede qualcosa a mio figlio per colpa tua.."
"Annabeth Continua a leggere !"  
                     
Poi la situazione precipitò.                                                                                                                          Il signor Brunner, che un attimo prima era davanti al museo, sbucò con la sua sedia a rotelle sulla soglia della sala, con una penna in mano.                                                                                                                                                  — Orsù, Percy!— gridò, e mi lanciò la penna. La Dodds si avventò contro di me. La schivai, gridando dalla paura, e sentii gli artigli che fendevano l'aria a pochi centimetri dal mio orecchio. Agguantai la penna al volo, ma quando toccò la mia mano, non era più una penna. Era una spada: la spada di bronzo del signor Brunner, quella che usava sempre nel giorno del torneo! La Dodds si voltò verso di me con uno sguardo assassino negli occhi. Avevo le ginocchia di gelatina e le mani mi tremavano così tanto che per poco non feci cadere la spada.
 
"Ti prego! Ti prego!" contnuò a sussurare.. Poseidone
— Muori, dolcezza!— ringhiò lei, e con un battito di ali mi venne addosso. Una scarica di terrore assoluto mi scosse il corpo. Feci l'unica cosa che mi venne naturale: sferrai un colpo di spada. La lama metallica la colpì sulla spalla, trapassandola come se fosse fatta d'acqua. Swish!
 
"Grazie agli dei!" sussurò il dio del mare
 
La Dodds diventò come un castello di sabbia in balia di un ventilatore: esplose in una nube di polvere gialla, volatilizzandosi all'istante e lasciandosi dietro un gran puzzo di zolfo, uno stridulo grido di morte e un gelo malevolo nell'aria, come se quei due occhi incandescenti mi stessero ancora fissando. Ero solo. Avevo una penna a sfera in mano. Il signor Brunner non c'era. Non c'era nessuno, a parte me. Mi tremavano ancora le mani. Probabilmente avevano messo dei funghi allucinogeni nel pranzo. Avevo immaginato tutto?
Tornai fuori. Stava cominciando a piovere.
Grover era seduto sul bordo della fontana, con una cartina del museo sopra la testa. Nancy Bobofit era ancora là, fradicia per il tuffo, a lagnarsi con quei ceffi dei suoi amici. Quando mi vide disse: — Spero che la Kerr te le abbia suonate.
 
"Chi?! Chiese Poseidone
 
— Chi? — chiesi.
 
"Tale padre tale figlio " sorrise Estia
 
— La nostra insegnante, scemo!
Strizzai gli occhi. Nessuna delle nostre insegnanti si chiamava Kerr. Chiesi a Nancy di cosa stesse parlando. Lei alzò gli occhi al cielo e si allontanò. Allora chiesi a Grover dove fosse la Dodds.
— Chi? — fece lui.
Ma aveva esitato, senza guardarmi negli occhi, perciò pensai che fosse uno scherzo.
 
"L'ho detto che Grover fa schifo a mentire.."
 
— Non è divertente, amico — replicai. — È una cosa seria.
Il fragore di un tuono.Vidi il signor Brunner seduto sotto il suo ombrello rosso, assorto nel suo libro, come se non si fosse mai mosso da lì. Lo raggiunsi e lui alzò lo sguardo, un po' distratto. — Ah, la mia penna. In futuro sei pregato di portare la tua cancelleria personale, Jackson.
Gliela consegnai. Non mi ero neanche accorto di averla ancora in mano.
— Signore — dissi — dov'è la signora Dodds?
Lui mi guardò con aria confusa. — Chi?
— L'altra accompagnatrice. La signora Dodds. L'insegnante di matematica.
Lui aggrottò la fronte e si sporse in avanti, la faccia un po' preoccupata.
— Percy, non c'è nessuna signora Dodds in questa gita. A quanto mi
risulta, non c'è mai stata nessuna signora Dodds alla Yancy Academy. Ti senti bene?
 
"Finito" Sospirò Annabeth. "percy avrà pensato di essere impazzito."
Chi vuole leggere il prossimo capitolo?"
"Io" disse Demetra ".. Ragazza, sei veramente magra! Dovresti mangiare un po' di cereali!"
"Oh stai zitta donna!" rispose sbuffando Ade
Demetra lo ignorò e iniziò a leggere





Okok, lo so sono in un ritardo mostruoso ma ho avuto un savvo di problemi, sia privati sia con la scuola..
Bhè eccovi il capitolo! Spero vi piaccia:) Fra oco ci saranno le vacanze di Natale quindi credo che posterò 2/3 capitoli ;)

 
  
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