Monte Olimpo ( o empire Stete Building fate voi!)
Consiglio degli dei.
"SILENZIO!!" gridò Era, facendo cessare i soliti litigi tra suo marito Zeus e suo fratello Poseidone.
"E' possibile che ogni santissima volta litighiate sempre sulle solite cose?!?" disse Estia
"Non siamo qui per discutere di questo" disse Atena cercando di far carlmare i due "dovremmo leggere questi libri che ci hanno mandato le Parce"
"Come Si intitola il primo libro ?" Chiese Artemide
""Percy Jackson e gli dei dell'olimpo: il ladro di fulmini." Le rispose Atena.
"okay incominciamo?? " chiese Ade.
Non fece in tempo a finire di parlare che una luce riempi tutta la stanza. Quando si spense, gli Dei videro due ragazze intorno ai 16 anni, una con i capelli neri lucenti e l'altra bionda con boccoli, come una princippesa.
"che cosa ci facciamo qui?" Chiese la ragazza dai capelli neri.
"E queste due bellezze chi sarebbero? " chiese Apollo togliendosi le cuffie dell'ipod.
"Mamma" disse la ragaza bionda, rivolgendosi ad Atena " che succede?"
"Tu.. Voi chi siete? "
"Mamma! Sono Annabeth! Non mi riconosci?!?"
"Annabeth?! E' inmpossibile!" Dissè la dea "dovresti avere 8 anni!"
"come?! " Disse l'altra semidea "Papà! Sono Talia e.. tutto questo è impossibile!"
"Talia!" Il re degli dei si alzò di scatto " dovresti essere un albero!"
"Luunga storia!"
Nelle mani di Zeus comparve un foglio. Zeus lessè ad alta voce
Loro sono due semidee molto importanti per il futuro. Vi auiuteranno a capire. Non saranno le uniche semidee che vi manderemo!
Il Fato
P.S. Non potete attaccare/uccidere/ferire cioè nessuna forma di dolore per questi semidei!
P.S. Non potete attaccare/uccidere/ferire cioè nessuna forma di dolore per questi semidei!
Ermes schioccò le dita facendo comparire due poltroncine per le ragazze.
"Presentatevi!"
"Sono Annabeth, figlia di Atena, architteto dell'olimpo"
" Perchè l'Olimpo Avrebbe bisogno di un architteto ?" chiese la madre.
"Altra luunga storia" rispose Talia " Sono Talia, figlia di Zeus cacciatrice di Artemide"
"Peccato.." sospirò Apollo "Bene allpra abbiamo 5 libri da leggere.. è meglio che cominciamo no?" chiese il dio.
"Si infatti.. Chi vuole leggere per primo?"
"Io" dissè Annabeth prese il libro , si avvicinò a Talia " Scopriremo tutti i pensieri di Percy!"
"Non vedo l'ora di sapere qualcosa di imbarazzante per torturarlo per sempre! " Disse ridendo Talia.
"conoscete questo semidio?" chiese Demetra.
"si, certo che si! Lui è -" Talia tappò la bocca ad Annabeth e le sussorò
" no!, non dire niente! Voglio vedere l'espressione di tuo madre e di Poseidone quando scoprianno !"
Annabeth Ridacchiò, aprì il libro e lesse
UNO
DISINTEGRO ACCIDENTALMENTE LA PROF. DI MATEMATICA
"tutti i capitoli saranno intitolati così??"
"conoscendo percy.. Sì!" rispose Annabeth.
Non ho scelto io di essere un mezzosangue. Se state leggendo questo libro perché pensate di poterlo essere anche voi, vi do un consiglio: chiudetelo all'istante. Credete a qualsiasi balla i vostri genitori vi abbianoraccontato sulla vostra nascita e cercate di vivere una vita normale. Essere dei mezzosangue è pericoloso.
"moltoo!" aggiunse Talia.
È terrificante.
"Assolutamente!" dissè Annabeth.
Nella maggior parte dei casi, si finisce ammazzati in modi orribili e dolorosi.
"Non è una bella senzazione" sospirò Talia.
Se invece siete dei ragazzi normali e pensate che questo sia solo unromanzo, perfetto. Continuate a leggere. Vi invidio per la possibilità dicredere che niente di tutto questo sia accaduto.Ma se vi riconoscete in queste pagine — se vi smuovono qualcosadentro — smettete subito. Potreste essere dei nostri. E quando lo avretecapito, sarà solo questione di tempo perché se ne accorgano anche loro e vengano a cercarvi.
"Chi ??".
"i mostri! Rimbambito di un gemello che mi ritrovo!" disse... Ah tanto lo sapete chi lo disse!.
Non dite che non vi avevo avvertito. Mi chiamo Percy Jackson e ho dodici anni. Fino a qualche mese fa studiavo alla Yancy Academy, un collegio per "ragazzi difficili" dello Stato di New York. Sono un ragazzo difficile?
"Sì!!" dissero in coro le due semidee.
Poseidone guardò le due ragazze ridere, avrebbe dovuto dire a Zeus che il ragazzo era suo figlio.. ma decise di aspettare, sicuramente l'avrebbe detto lui stesso nel libro.
Sì. Direi che la definizione mi calza.
"Lo ammette pure lui!" disse Talia sorridendo.
. Potrei partire da qualunque punto della mia breve e miserabile vita per provarlo ma le cose hanno cominciato a prendere davvero una brutta piega lo scorso maggio, quando andammo in gita a Manhattan: ventotto casi clinici di prima media e due insegnanti a bordo di uno scuolabus giallo, diretti al Metropolitan Museum of Art per vedere anticaglie greche e romane.
"Suona interessante!" disse Atena
Lo so — sembra una tortura.
"NON è VERO!"
La maggior parte delle gite della Yancy lo era. Ma quella volta ci guidava il signor Brunner, il professore di latino, perciò avevo qualche speranza. Il signor Brunner era un tipo di mezza età, che si muoveva su una sedia a rotelle motorizzata, i capelli un po' radi, la barba incolta e una logora giacca di tweed che sapeva sempre di caffè. Non gli avresti dato un soldo, ma raccontava storie e barzellette e ci lasciava giocare in classe. Aveva anche una fantastica collezione di armi e armature romane, perciò le sue lezioni erano le uniche a non farmi addormentare.
"Mi suona familiare..." disse Dioniso; Tutti si girarono verso di lui
"Stavi ascoltando?!" chiese Demetra.
"Non ho niente di meglio da fare.."
Speravo che la gita andasse bene. O, meglio, speravo che per una volta non mi sarei cacciato nei guai. Cavolo, se mi sbagliavo. Il fatto è che in gita mi succedono sempre cose orrende. Come quella volta in quinta, quando ci portarono a Saratoga, sul campo di battaglia dell'Indipendenza, e causai quell'incidente col cannone. Non volevo mica colpire lo scuolabus, ma ovviamente mi espulsero lo stesso. E prima ancora nell'altra scuola, in quarta, quando eravamo all'acquario, sulla passerella della vasca degli squali, e chissà come spinsi la leva sbagliata etutta la classe fece un tuffo fuori programma. E la volta prima ancora... insomma, avete capito.
"Vorrei sapere tutti i casini che ha combinato.." disse Ermes.
Stavolta però ero deciso a fare il bravo. Per tutta la strada, sopportai che Nancy Bobofit, la cleptomane rossa e lentigginosa della classe, tempestasse la testa del mio migliore amico Grover con pezzetti di panino al ketchup e burro di arachidi. Grover era un bersaglio facile. Era mingherlino. Piangeva sempre quando qualcosa gli andava storto. Probabilmente l'avevano bocciato diverse volte, perché era l'unico studente di prima media con l'acne e un principio di barbetta sul mento. Come se tutto questo non bastasse, era disabile. Aveva un certificato che lo esonerava a vita dall'ora di educazione fisica, per via di non so che carenza muscolare alle gambe. Camminava in modo strano, come se ogni passo fosse una tortura, ma non lasciatevi ingannare. Dovevate vederlo correre nella mensa, il giorno delle enchiladas.
"Grover è il migliore!" dissè Annabeth
Comunque, Nancy Bobofit lo stava bersagliando di mozziconi di pane che gli restavano incollati fra i ricci castani, e sapeva che io non potevo farci niente perché ero già in libertà vigilata. Il preside mi aveva minacciato di morte — tramite sospensione con frequenza obbligatoria — se durante la gita fosse accaduta una qualsiasi cosa brutta, imbarazzante o minimamente divertente.
— Io la ammazzo — borbottai.
"Si ti prego ! Fallo! Ci vuole azione in questo libro!" Disse Ares
"Emh okay..."
Grover cercò di calmarmi. — Non c'è problema. Mi piace il burro di arachidi.
"Eww ! Fa malissimo ai capelli !"
"Okay Afrodite..."
Schivai un altro pezzo del pranzo di Nancy.
— Ora basta!— Feci per alzarmi, ma Grover mi tirò giù.
"Daii ! Solo qualche pugno ! Non chiedo tanto!!"
— Sei già in libertà vigilata — mi ricordò. — Sai a chi daranno la colpa se succede qualcosa. Ripensandoci ora, vorrei aver steso Nancy Bobofit lì su due piedi. La sospensione sarebbe stata nulla in confronto al pasticcio in cui stavo per cacciarmi.
"fammi indovinare.." Disse Talia "Mostri?"
"ho paura di sì." le rispose Annabeth
Il signor Brunner era a capo della fila. Facendoci strada a bordo della sua sedia, ci guidò attraverso le grandi sale rimbombanti del museo, davanti a statue di marmo e a vetrine piene di vecchissimi vasi neri e arancione. Non riuscivo a credere che quella roba fosse sopravvissuta per due o tremila anni.
"Quella ROBA?!"
Brunner ci riunì attorno a una colonna alta quattro metri, con una grossa sfinge in cima, e cominciò a spiegare che si trattava della lapide, o meglio della stele, di una ragazza all'incirca della nostra età. Ci raccontò qualcosa anche delle incisioni sui lati. Io cercavo di ascoltare, perché era più o meno interessante, ma i miei compagni non facevano che chiacchierare e ogni volta che provavo a dir loro di piantarla, la professoressa Dodds mi fulminava con lo sguardo. La Dodds era una donnina della Georgia che insegnava matematica e indossava sempre un giubbotto di pelle nera, nonostante i cinquant'anni suonati. Aveva l'aria di una capace di piombare a scuola in moto solo per sfondarti l'armadietto.
Suona familiare pensò Ade
Era arrivata alla Yancy a metà anno, quando il nostro ultimo professore di matematica si era beccato l'esaurimento nervoso. Dal primissimo giorno, la Dodds aveva amato Nancy Bobofit alla follia e inquadrato me come il figlio del demonio. Mi puntava contro il suo dito storto e diceva: — Ora, tesoro... — in tono molto dolce, e io capivo che sarei finito in punizione per un mese. Una volta, dopo che mi aveva tenuto fino a mezzanotte a cancellare le risposte dai vecchi libri di esercizi, avevo detto a Grover che pensavo che la Dodds non fosse una. Lui mi aveva guardato, serissimo, e aveva replicato: — Hai assolutamente ragione.
"Grover è un pessimo bugiardo..." dissè Talia sorridendo ricordando l'amico.
l signor Brunner continuava a parlare dell'arte funeraria. Nancy Bobofit fece una battuta sul tizio nudo della stele e io alla fine esplosi: — Vuoi chiudere quella boccaccia?
Mi uscì più forte di quanto avessi voluto.
Tutto il gruppo si mise a ridere. Brunner interruppe la sua storia. — Jackson — disse. — Vuoi fare qualche commento? Diventai viola. - No, signore. Lui indicò una delle figure sulla stele. — Forse vuoi dirci cosa rappresenta questa immagine?Guardai la scultura avvertendo un'ondata di sollievo, perché la riconoscevo. — È Crono che divora i suoi figli, giusto? — Sì — confermò, poco soddisfatto. — E lo fa perché... -Be'- mi sforzai di ricordare. -Crono era il dio sovrano---
"Dio?!" tuonò Zeus
— Dio? — ripeté Brunner. -Titano- mi corressi
"Meglio" borbottò Zeus
"Prova a viverlo!" sbuffò Demetra " e poi si che dirai "Bleah" "
— ... e così c'è stata una grande battaglia fra gli dei e i Titani — continuai — e gli dei hanno vinto.
"Ha ridotto il tutto in due righe ?!"
Risatine sparse. Dietro di me, Nancy Bobofit borbottò a un'amica: — Come se questa roba servisse a qualcosa nella vita vera. Come se nelle domande di assunzione ci fosse scritto: "Spieghi perché Crono ha divorato i suoi figli." — E come mai, Jackson — fece Brunner — per parafrasare l'ottima domanda della signorina Bobofit, questo dovrebbe interessarci nella vita vera?
— Beccata — gongolò Grover.
— Chiudi quella bocca — sibilò Nancy, la faccia più rossa perfino dei
capelli. Almeno anche Nancy aveva avuto quel che si meritava. Brunner era l'unico a coglierla sempre in castagna. Aveva le orecchie radar. Riflettei sulla domanda e alzai le spalle. — Non lo so, professore. — Capisco. — Sembrava deluso. — Be', sei andato benino, Jackson. Zeus in verità fece bere a Crono una miscela di mostarda e vino, inducendolo a rigurgitare i suoi altri cinque figli. Naturalmente, essendo divinità immortali, avevano continuato a vivere e a crescere intatti nello stomaco del Titano, senza mai essere digeriti. Gli dei sconfissero il padre, lo fecero a pezzi con la sua stessa falce e sparsero i suoi resti nel Tartaro, la parte più oscura degli Inferi. E su questa nota allegra, direi che è ora di pranzo. Signora Dodds, vuole condurci fuori?
La classe si allontanò, le ragazze tenendosi lo stomaco, i ragazzi spintonandosi come degli idioti.
"Come al solito!"
"Aw, smettila! Tu ci ami sorellina!"
"Smettila di chiamarmi sorellina!
Io e Grover stavamo per seguirli quando Brunner mi chiamò: — Jackson. Lo sapevo. Consigliai a Grover di andare avanti. Poi mi voltai verso il prof.
Brunner aveva questo sguardo che non ti mollava: due intensi occhi marroni che sembravano vecchi di un migliaio di anni, come di una persona che aveva visto tutto. — Devi sapere la risposta alla mia domanda — mi disse. -Quella sui Titani? — Quella sulla vita vera. E su come i tuoi studi si applichino a essa. — Oh. — Quello che impari da me — continuò — è di vitale importanza. Mi aspetto che tu lo capisca. Pretenderò solo il meglio da te, Percy Jackson.
Avevo voglia di arrabbiarmi, per quanto mi stressava quel tipo. Insomma, okay, nei giorni del torneo era forte, quando si presentava vestito con l'armatura romana e gridava: "Orsù!" e ci sfidava, la punta della spada contro il gesso, a correre alla lavagna e nominare ogni tizio greco o romano avesse vissuto sulla terra, chi avesse per madre e quale dio adorasse. Ma il signor Brunner pretendeva che fossi bravo come tutti gli altri, nonostante la mia dislessia e il mio disturbo da deficit dell'attenzione, e nonostante non avessi mai superato la soglia del sei meno in vita mia. Anzi: non pretendeva che fossi bravo come gli altri; pretendeva che fossi migliore degli altri. E io proprio non ce la facevo a ficcarmi in testa tutti quei nomi e quei fatti, figuriamoci a scriverli correttamente. Replicai qualcosa tipo "Mi impegnerò di più", mentre Brunner scrutava con una lunga occhiata triste la stele, come se fosse stato al funerale di quella ragazza.
"Probabilmente..."
Poi mi ordinò di uscire e andare a pranzo con gli altri.
La classe si era radunata sulla scalinata del museo, da dove si vedeva il traffico che procedeva a passo d'uomo lungo la Quinta Strada.In cielo si stava preparando un bel temporale, con le nuvole più nere che avessi mai visto sopra la città. Pensai che forse era colpa del riscaldamento globale, perché era da Natale che il tempo faceva il matto su tutto lo Stato. Avevamo avuto tempeste di neve, inondazioni, incendi causati dai fulmini. Non mi sarei sorpreso se fosse arrivato un uragano.
Atena guardò Poseidone e Zeus "Perchè state litigando?" "Non lo so, ma sicuramente è colpa sua!" Disse Zeus "Smettila! Secondo te è sempre colpa mia!"
"Ok ci sarà scritto nel libro il motivo!" sospirò Era
Nessun altro però sembrava farci caso. Alcuni dei ragazzi lanciavano i biscotti del pranzo ai piccioni. Nancy Bobofit stava cercando di fregare qualcosa dalla borsa di una signora, e naturalmente la Dodds non si accorgeva di nulla. Io e Grover ci sedemmo sul bordo della fontana, lontano dagli altri. Pensavamo che così nessuno avrebbe capito che eravamo di quella scuola: la scuola degli svitati e delle schiappe che non ce la facevano da nessun'altra parte. — Punizione? — si informò Grover. — No — risposi. — Non da Brunner. Vorrei solo che ogni tanto mi desse un po' di tregua. Cioè... non sono mica un genio.
"Poco, ma sicuro" sussuro' Talia
Grover restò zitto per un po'. Poi, quando pensavo che stesse per elargirmi un commento profondo e filosofico per tirarmi su, disse: — Mi dai la tua mela?
"Molto filosofico.." Borbottò Dioniso
Non avevo molto appetito, perciò gliela lasciai. Osservai il flusso continuo di taxi che scorreva lungo la Quinta Strada e pensai all'appartamento di mia madre, poco lontano di lì. Non la vedevo da Natale. Avrei dato qualsiasi cosa per saltare su un taxi e raggiungerla. Lei mi avrebbe abbracciato e sarebbe stata felice di vedermi, ma sarebbe stata anche delusa. Mi avrebbe rispedito subito alla Yancy, ricordandomi che dovevo impegnarmi di più, anche se quella era la mia sesta scuola in altrettanti anni e probabilmente stavano per cacciarmi anche da là. Non sarei riuscito a sopportare il suo sguardo triste.
"Aww "
Il signor Brunner parcheggiò la sua sedia in fondo alla rampa per disabili e si mise a sgranocchiare un gambo di sedano leggendo un romanzo tascabile. Dallo schienale della sedia spuntava un ombrello rosso, così il prof sembrava seduto a un tavolino da caffè motorizzato. Stavo per scartare il mio panino, quando Nancy Bobofit mi si parò davanti con quei ceffi dei suoi amici — immagino si fosse stancata di derubare i turisti — e gettò in grembo a Grover il suo pranzo mezzo smangiucchiato. — Oops. — Mi sorrise con i suoi denti storti. Aveva le lentiggini arancione, come se qualcuno le avesse spruzzato la faccia di succo all'albicocca. Cercai di mantenere la calma. Lo psicologo scolastico me lo aveva ripetuto milioni di volte: "Conta fino a dieci, controlla la rabbia." Ma ero così furioso che mi si azzerò il cervello. Sentii come lo scroscio di un'onda nelle orecchie.
"Un'onda?" Chiese sospettosa Atena guardando Poseidone
Lui la guardò colpevole, ma la dea non disse nulla, sospirò e borbottò qualcosa di incomprensibile