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Autore: Elos    15/12/2012    4 recensioni
Nella primavera del 1997 Severus Piton non è riuscito ad impedire che si commettesse un terribile errore. Quattro anni più tardi, è giunto il momento di rimediare.
In un Mondo Magico dove Lord Voldemort è stato sconfitto, Harry Potter è il Ministro della Magia più giovane e potente che sia mai esistito e il Ministero festeggia l'epocale abolizione dello Statuto di Segretezza Internazionale, tutte le cose che sembrano non essere andate poi così bene sono sul punto di venire a galla.
C'è ancora una Profezia da compiere.
Genere: Azione, Dark, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Severus Piton, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Da VI libro alternativo
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- 10 - Quello che la profezia ha chiamato



“L'ipotesi più probabile, dunque...” osservò Piton una tazza di tè più tardi, “... sembrerebbe essere che la signorina Lovegood abbia intuito che c'era qualcosa che non andava in suo marito...” Piton pronunciò marito come altri avrebbero pronunciato scarafaggio, ma Hermione si sforzò di non permettere alla cosa di infastidirla: “... e che abbia deciso perciò di mettere in salvo personalmente la spada. Nel più sicuro dei modi, a quanto pare, visto che nessuno è stato in grado di tirarla fuori di lì.”
Gabrielle era sparita nuovamente da qualche parte a riempire un'altra teiera: Hermione era stata sul punto di offrirsi di accompagnarla, di aiutarla, ma la ragazza era parsa grandemente a disagio e lievemente ostile, e ben contenta di poter sfuggire al laboratorio del professore.
Hermione girò un paio di volte il cucchiaino nella sua tazza bollente, sentendosi al momento incapace di rialzare lo sguardo, prima di schiarirsi la voce ed affermare quietamente:
“C'è un'altra cosa. Credo... crediamo che la spada di Grifondoro non sia stato l'unico oggetto che Luna ha portato con sé. Anche Harry lo pensava.”
Piton inarcò un sopracciglio. Hermione prese un piccolo sorso della sua tazza. Si sentiva le dita sudate, le mani umide, e non era una buona sensazione.
“Il giorno in cui Luna è scomparsa è sparito anche uno degli Horcrux rotti di Voldemort,” spiegò infine, riluttante. “Li avevamo conservati ad Hogwarts. Harry... lui aveva chiesto di poter restare lì per un po', dopo la guerra. La considerava la sua casa, e la McGranitt era stata... tutti eravamo stati felicissimi di poter fare qualcosa per lui, sembrava così stanco... Aveva fatto così tanto... Stava aiutando a riparare i corridoi crollati nell'ala ovest, è stato difficile rialzare le barriere crollate e sembrava che lui ci riuscisse senza difficoltà...” Hermione esitò. “L'avevamo preso tutti come un buon segno.”
La tazza di tè tra le sue mani era tanto calda da scottarle le dita: Hermione la posò sul tavolo e scoprì che, così, non c'era più niente con il quale potesse distrarsi.
“Gli Horcrux che erano stati distrutti durante la guerra sono rimasti ad Hogwarts. Nell'ufficio della Preside. Con Harry.. Non possiamo essere certi che l'Horcrux scomparso sia con Luna, ma sembra... ragionevole... presupporlo.”
Alzando la testa e incrociando finalmente lo sguardo di Piton, scoprì che l'uomo la stava fissando con un'espressione indecifrabile, ma che aveva le labbra tirate.
“Quale Horcrux era...?”
“L'anello di Gaunt,” bisbigliò Hermione. “Quello che il professor Silente aveva spezzato.”
L'espressione di Piton si aprì, per un momento, ed Hermione poté leggervi dentro un miscuglio di sospetto, cautela e tensione.
“Mi sta dicendo...” iniziò lui, “... che la signorina Lovegood potrebbe aver portato con sé...”
“La Pietra della Resurrezione, sì.”
Di nuovo, la maschera di Piton parve come spaccarsi, bruscamente, mettendo in mostra tutto quel che c'era dietro.
“Come ha detto, prego...?” E poi, con più asprezza: “Come fa a saperlo?”
“Semmai, come fa lei a saperlo,” ribatté Hermione.
Piton alzò una mano in un gesto brusco ed impaziente:
“Avevo visto l'anello. Ho avuto il tempo di fare... le mie ricerche. Silente mostrava...” Piton esitò. “... forti... sentimenti... verso quell'anello. Ero interessato a capire cosa l'avesse spinto a cacciare la mano destra in un oggetto che era evidentemente saturo di magia oscura.”
“Noi avevamo l'anello,” replicò Hermione dopo un istante di silenzio. “E c'era il simbolo, sopra. Ron mi ha parlato della storia dei Doni, e io ho cominciato a fare le mie ricerche, e alla fine della guerra ho scoperto che cosa c'era sopra all'anello. Ho scoperto la Pietra. Ho scoperto il Mantello. La Bacchetta.”
Piton la stava fissando tanto intensamente che Hermione ebbe l'impressione che, da un momento all'altro, quegli occhi le avrebbero aperto un buco nel cranio.
“E il signor Potter lo sa...?”
Hermione annuì.
“Il signor Potter sa della Bacchetta?”
Hermione annuì ancora.
“Era diverso, quando l'ho scoperto,” bisbigliò lei. “Voleva chiedere alla Preside di prenderlo in considerazione per la cattedra di Difesa ad Hogwarts. Voleva diventare professore. Non era ancora cominciata la storia del... del Ministero. Le Leggi per l'Integrazione erano diverse.”
“Potter sa della Bacchetta di Sambuco,” ripeté Piton. Suonava lievemente incredulo, e la sua faccia già usualmente piuttosto pallida aveva preso una malsana sfumatura verdognola: “Sa dov'è la Bacchetta di Sambuco. L'Horcrux in Potter sa della Bacchetta di Sambuco.”
Sulla faccia di Hermione passò un lampo di qualcosa di indecifrabilmente tormentato, e Piton socchiuse gli occhi sospettosamente:
“Cos'è che non mi sta dicendo?”
“Non ne posso essere certa...”
Granger.”
Il ringhio di Piton sembrò spronarla a svuotare il sacco in fretta:
“Credo che Harry... Voldemort... insomma, credo che abbia preso la Bacchetta di Sambuco dalla tomba del professor Silente. Credo che l'abbia Trasfigurata per farla assomigliare alla sua vecchia bacchetta e credo sia... credo sia quella che sta usando, ora.”
Piton la fissò per un attimo con un'espressione tale che Hermione sentì il bisogno quasi fisico di contorcersi sulla sedia. L'uomo aprì la bocca, la richiuse, poi si prese la radice del naso tra le dita.
“Ha qualche altra buona notizia per me, signorina Granger?”
“Non al momento, professore,” replicò lei debolmente.
“Cosa le fa pensare che il signor Potter abbia la Bacchetta di Sambuco? Il signor Potter non ha ucciso Silente. La Bacchetta non lo riconoscerà come suo...”
“Harry ha ucciso Voldemort. Se la bacchetta è passata a Voldemort con la morte del professor Silente, adesso è Harry a possederla. E se è l'Horcrux ad aver preso... se è l'Horcrux a muoversi dentro Harry, adesso, vuol dire che Voldemort non è stato veramente sconfitto e che la Bacchetta può riconoscerlo come proprietario.”
Piton l'adocchiò con uno sguardo penetrante:
“Pare che lei ci abbia pensato sopra a lungo.”
Rimasero in silenzio per un istante a squadrarsi, poi, prima che Hermione si schiarisse ancora una volta la voce e si guardasse intorno, a disagio, cercando di cambiare discorso:
“Sembra che ci stia mettendo molto tempo.”
Piton parve capire a chi si stava riferendo senza bisogno di nomi.
“Probabilmente la sua presenza la mette a disagio, signorina Granger.” C'era una certa punta d'acida soddisfazione nella voce dell'uomo, ed Hermione ne fu irritata:
“Non credo che sia stato il Ministero ad affidargliela, professor Piton. E' una Babbana, e lei è in una situazione pericolosa. Il Ministero potrebbe trovarvi, e adesso anche i Babbani finiscono ad Azkaban. Se la trovassero con lei...”
“La signorina Gordon ha ragioni... personali...” affermò Piton in un pigro tono strascicato che sapeva di fastidio, “... per non voler essere trovata dal Ministero. La mia presenza è l'ultimo dei suoi problemi.”
“E allora perché l'ha mandata ad incontrarmi? Santo cielo, avrei potuto essere seguita. Avrebbero potuto esserci barriere, incantesimi, trappole...”
La porta scelse proprio quel momento per aprirsi: Gabrielle entrò portando un secondo vassoio, l'espressione concentrata di qualcuno che non è troppo sicuro del proprio equilibrio e che sospetta che il percorso che lo aspetta sia costellato di scivolose bucce di banana. Hermione, che aveva girato la testa di scatto verso di lei, sentì la voce di Piton suonarle accanto nel medesimo tono pigro e infastidito:
“Gordon...?”
La ragazza alzò la testa con un'espressione interrogativa.
“Poggia il vassoio sul tavolo.”
La ragazza gli obbedì.
E Piton sollevò la bacchetta, la puntò contro le sue braccia protese e, prima che Hermione potesse impedirglielo, esclamò:
Sectumsempra.” Il vassoio esplose in un crepitio di porcellana infranta, la teiera che si sbriciolava e le tazze che si spaccavano dove la maledizione le aveva investite. L'acqua bollente finì sul pavimento con un sibilo e Gabrielle Gordon si ritrasse di scatto, le maniche della sua giacca in brandelli ed un'espressione sbalordita sulla faccia magra. Hermione strillò e balzò in piedi, puntando la bacchetta d'istinto contro Piton.
Expelliarmus!”
Protego!”
L'incantesimo rimbalzò contro lo scudo di Piton, che rimase seduto al suo posto, le gambe incrociate ed un sopracciglio lievemente inarcato in un'espressione sardonica, come non fosse appena successo niente, come non avesse appena tagliato via le braccia di qualcuno senza una ragione...
“Professore...?” chiamò Gabrielle, incerta.
La bacchetta di Hermione, ancora puntata contro l'uomo, tremò mentre lei si girava a guardare. I suoi occhi le dissero qualcosa che il suo cervello non era in grado di registrare: sulle maniche lacerate non c'era sangue, non c'era sangue per terra, ed entrambe le mani erano ancora attaccate a tutto il resto. Lei aveva visto il Sectumsempra mozzare teste e gambe come fossero fatte di formaggio, aveva visto come poteva aprire un corpo umano, come un rasoio, un bisturi, aveva visto i cadaveri nella Sala Grande e tutti sapevano che Draco Malfoy era morto per questo. Il vassoio era in pezzi e c'era un taglio sulla tavola di legno, dove la maledizione aveva attraversato il coccio delle tazze per raggiungere gli strati di materiale sottostante: ma dietro alle maniche sbrindellate le mani erano ancora lì. Attaccate. Intere.
Hermione boccheggiò.
“Metta via la bacchetta, signorina Granger, prima che qualcuno si faccia male.”
Hermione non poté fare a meno di seguire il sardonico consiglio, ricacciando la bacchetta nella guaina all'avambraccio con dita goffe.
“Che cosa ha fatto...?” bisbigliò, senza distogliere lo sguardo da quelle braccia che non avrebbero dovuto esserci più. “Che incantesimo era? Credevo fosse...”
“Signorina Gordon,” la interruppe il professore. “Vieni qui. Lascia stare quelle tazze.”
Gabrielle Gordon, che aveva cominciato a chinarsi per cercare di raccogliere i pezzi, si raddrizzò e andò incontro al professore, gli occhi che continuavano a spostarsi con evidente cautela nella direzione di Hermione. Il professore si alzò e mosse la bacchetta verso i frantumi di ceramica; i cocci tremarono per un attimo sul pavimento, prima di guizzare l'uno verso l'altro e di ricongiungersi; da un tavolo vicino scivolò giù un panno sporco che prese ad asciugare il pavimento, mentre tutto quello che era troppo complicato riparare veniva fatto sparire con un Evanesco.
“Fa' vedere le tue braccia alla signorina Granger, Gordon.”
Con un'occhiata di profonda sfiducia, Gabrielle sollevò le mani verso Hermione. C'era un segno rosso come quello di una bacchettata, là dove la maledizione doveva aver colpito, ma stava già sparendo: Hermione lo toccò e Gabrielle serrò le labbra e fece per ritrarsi, ma più per il fastidio, pareva, che per il dolore.
Hermione sbatté le palpebre:
“Com'è possibile?”
“Provi con uno Stupeficium,” suggerì Piton, la voce pesantemente divertita. “Il Dipartimento Auror sembra prediligerlo, quando si tratta di avere a che fare con i Babbani.”
Hermione gli rivolse un'occhiata che era un miscuglio di disgusto, stupore, confusione ed una miriade di altre emozioni, e Piton aggiunse, il tono pesantemente mellifluo:
“Se preferisce usare un Petrificus Totalus, libera di farlo. Ricordo la sua... propensione... ad utilizzarlo anche sulle sue conoscenze strette.” E poi, quando Hermione serrò le labbra e parve esitare, la spronò con una punta d'impazienza: “Non sia ridicola, signorina Granger. Nella peggiore delle ipotesi la signorina Gordon si troverà sul pavimento e non sarà affatto felice d'esserci. Gradirei risolvere la questione qui ed ora per poter passare oltre, se non le dispiace. Mettiti a sedere, Gordon.”
Obbediente, la ragazza tirò con il piede lo sgabello verso di sé e si mise seduta; i suoi occhi continuarono a seguire la bacchetta di Hermione con un'espressione di profonda sfiducia fino a quando Piton non si schiarì la voce: allora girò la testa verso di lui, ricambiando l'occhiata indecifrabile dell'uomo con una tutta sua.
“La signorina Granger...” disse Piton, il tono vagamente mellifluo, “... non crederà finché non vede, Gordon.”
Dopo un lunghissimo istante d'immobilità, Hermione puntò la bacchetta verso la ragazza. Una parte di lei sapeva che, se anche l'incantesimo avesse funzionato, non ci sarebbe stato alcun danno; ma un'altra parte di lei vide la Babbana irrigidirsi e rannicchiarsi impercettibilmente sulla sedia, e si sentì orribilmente in colpa.
“Posso...?” chiese, esitando.
Guardando verso il professore, la ragazza annuì.
Hermione mosse la bacchetta in avanti in una secca stilettata:
Pietrificus Totalus.”
Gabriel Gordon sbatté le palpebre e la fissò. Strusciò le ginocchia l'uno contro l'altra, a disagio, ed Hermione sentì un velo di sudore gelido imperlarle la fronte.
Pietrificus Totalus!”
Aveva versato molto più potere dietro l'incantesimo, adesso: ma, di nuovo, la sensazione di non aver detto niente invase Hermione, facendola rabbrividire. Non era questo che tutti i maghi temevano? Che gli incantesimi smettessero di funzionare, che la magia li abbandonasse...? Che tutto si riducesse a tenere in mano nulla più che un pezzo vuoto di legno? Non era questo il terrore dei maghi? La ragazza girò nuovamente la testa verso Piton, ed Hermione seguì il suo sguardo.
“E' lei che lo sta facendo?” chiese, la voce rauca.
Piton scosse la testa. Con un ampio gesto della mano indicò nuovamente Gabrielle Gordon seduta sullo sgabello.
“Perché non prova qualcos'altro?” propose. “Qualcosa di controllabile, se non le dispiace.”
Lo Stupeficium l'avrebbe lasciata con un sapore amarissimo in bocca: il sapore d'averlo visto usare, ancora e ancora, sui Babbani, come il primo strumento di repressione e controllo, applicato indiscriminatamente ed alla minima provocazione... ed al principio erano stati solo gli Auror ad adoperarlo, ma poi, be', poi era sembrato diventare naturale un po' per tutti. Avrebbero dovuto esserci dei controlli, sicuro, ma pareva sempre che fosse difficile ricordarsene. No, decise Hermione, niente Stupeficium. Ma un Incanto Pungente sembrò passare come aria pura sulla ragazza sullo sgabello, e una piccola Maledizione Pruriginosa fece la stessa fine.
Girandosi verso Piton, Hermione aggrottò la fronte:
“C'è una barriera in questa stanza? Non ho sentito...”
Piton scosse la testa.
“Allora è lei davvero. Che cosa sta facendo?”
“Le ho già detto che non sono io, signorina Granger.”
La bacchetta di Hermione si mosse in un breve circolo spezzato quando la ragazza spalancò le braccia in un gesto d'impotenza e confusione; ma, poi, la sua espressione si oscurò.
“Non capisco cosa voglia ottenere con questa piccola messinscena, professore, ma se sta cercando di farmi credere...”
Piton inarcò un sopracciglio e le labbra di Hermione si serrarono in una linea sottilissima. Vibrando la bacchetta in una stoccata secca, esclamò:
Incantum revelio.”
Poiché niente nella stanza sembrò cambiare, passò ad una lunga stringa in latino. Quando neanche quella parve sortire alcun effetto, la pronunciò una seconda volta: poche cose che fossero uscite fuori da un libro avevano tradito fino a quel momento la fiducia di Hermione, e quella cosa in particolar modo era venuta dalla biblioteca personale di Silente. Praticamente certificata.
Ecco perché, quando l'incantesimo accese una piccola manciata di scintille su un orologio in un angolo della stanza e niente più, Hermione si girò lentamente verso Piton. L'espressione dell'uomo avrebbe potuto vincere il primo, secondo e terzo posto a pari merito in un concorso per le espressioni più sardoniche nella storia dell'umanità.
“Come lei ricorderebbe, signorina Granger, se mai avesse prestato attenzione alle mie lezioni...” affermò l'uomo con voce serica, intrecciando le mani di fronte a sé, “... invece che sprecare il mio e il suo tempo facendo domande inutili e cercando di mettersi in mostra come un'oca giuliva, preferisco tenere il mio laboratorio sgombro di magia superflua. Ci sono ingredienti delicati, qui dentro.”
Hermione cercò inutilmente qualcosa da dire: per una volta sembrava che tutti i pensieri l'avessero abbandonata. Qualcuno era entrato ad Hogsmeade. A casa di Susan. Qualcuno aveva passato le barriere, tutte le barriere, ed al principio avevano creduto fosse un mago, ma avrebbe dovuto essere un mago molto potente per attraversarle senza farle scattare. Qualcuno che era riuscito a scappare. Qualcuno...
“Ha qualche altra dimostrazione da sperimentare, signorina Granger?” domandò Piton, serafico.
Hermione si lasciò cadere seduta su una sedia.

“L'ho scoperto accidentalmente,” le spiegò Piton qualche minuto più tardi. La ragazza – Gabrielle Gordon, Babbana, sulla quale gli incantesimi non sembravano avere effetto – era andata a preparare la loro terza teiera di tè, apparentemente ansiosa di togliersi di mezzo e assai poco desiderosa di restare ad ascoltare quel che sarebbe seguito. Il professore parlava a voce bassa e lentamente; in piedi accanto alla sua sedia, aveva gli occhi fissi su un'ampolla posata sul tavolo. “La signorina Gordon non è arrivata qui in condizioni ottimali. Gran parte dei suoi... disturbi... erano apparentemente sanabili con nulla di più complicato di un paio di mesi di pasti regolari e molto riposo, ma ad una scansione completa sono emersi piccoli danni alla colonna vertebrale. All'altezza delle prime costole.” Gli occhi di Piton scivolarono verso Hermione, indecifrabili. “La permanenza presso il signor MacLaggen non sembra esserle stata salutare.”
Hermione boccheggiò.
“MacLaggen...? Cormac MacLaggen?”
“Precisamente.”
Hermione si irrigidì sulla sedia. Per un lunghissimo istante fissò Piton in silenzio, mezzo milione di minuscole rotelle occupate a girarle nella testa e a rimettere insieme i pezzi.
“L'hanno trovato morto sulle scale di casa,” affermò alla fine, molto, molto lentamente.
Un angolo della bocca di Piton si inarcò verso l'alto in una piega sgradevole, la voce dell'uomo bassa e melliflua e i suoi occhi come conficcati in quelli di Hermione:
“Sta forse insinuando che la signorina Gordon ne sappia qualcosa?”
Hermione dovette inumidirsi le labbra inaridite.
“E' stata lei?”
Piton non le rispose.
Dopo un'infinita pausa, con il solo rumore di qualcosa lasciato a sobbollire lentamente in un paiolo a spezzare il silenzio, Piton riprese:
“Le microfratture della colonna vertebrale erano preoccupanti. Tuttavia, il primo incantesimo mirato ad intervenire su di esse – un piccolo sortilegio localizzato, qualcosa che qualunque Guaritore alle prime armi sarebbe stato in grado di portare a termine – non ha sortito alcun effetto. Un incanto a più ampio raggio si è dimostrato maggiormente efficace, ma sono state egualmente necessarie diverse pozioni per portare a termine l'intervento. Ho dovuto aprirle la schiena, signorina Granger, ed applicare un unguento sull'osso.” Gli occhi di Piton guizzarono una volta di più dall'ampolla ad Hermione. “Avrà notato le mani della signorina Gordon.”
Hermione annuì, riluttante.
“Pozioni, unguenti, veleni, antidoti,” spiegò Piton freddamente. “Tutto quel che non è un'applicazione diretta di magia sembra avere effetto sulla signorina Gordon. Maledizioni, incantesimi, sortilegi... questi, invece, non sembrano avere su di lei i medesimi risultati che hanno su chiunque altro. La barriera di Hogsmeade non la riconosce, non la vede. Le permette di passare.” Il sorriso di Piton si fece leggermente più aguzzo: “Sospetto accadrebbe la medesima cosa con quella di Hogwarts.”
“Non capisco. Sono pensate per trattenere i Babbani. Se non... a maggior ragione, se non è una strega, la barriera...”
Piton tamburellò le dita sul piano di legno, l'espressione un poco assente, prima d'accarezzare la superficie dell'ampolla sul tavolo:
“A questo proposito, tutto quel che posso offrirle in risposta è una teoria, signorina Granger.”
Hermione si mosse lievemente sulla sedia, interessata, ed ebbe all'istante la terribile impressione di essere tornata in classe; Piton dovette leggerle nel pensiero – letteralmente, probabilmente – perché il suo sopracciglio inarcato era un capolavoro di malcelato sarcasmo. Forse colto da un momento di pietà, tuttavia, l'uomo scelse di non commentare.
“La magia – qualunque cosa la renda possibile – dev'essere presente potenzialmente in ogni essere umano, Babbano, Mago, Magonò. I Maghi ne hanno in quantità maggiore: possono adoperare la magia... incanalarla... esserne vittime. I Magonò percepiscono la magia quasi come i Maghi, ma non possono adoperarla. I Babbani non percepiscono la magia, non possono incanalarla, ma possono subirne gli effetti.” Piton afferrò il collo dell'ampolla tra due dita, roteandola lentamente. “Sospetto che la signorina Gordon sia un gradino al di sotto dei Babbani in questo campo. Qualunque cosa sia ad essere il potenziale recettore della magia, la signorina Gordon ne ha molto poco. Meno di quanto ne abbia un mattone, probabilmente, perché un mattone è sensibile ad un Reducto – e la signorina Gordon non lo è.”
“Ha sperimentato un Incanto Reductor su di lei?” chiese Hermione, nauseata.
La domanda parve infastidire Piton come un dito cacciato in una piaga aperta, perché l'uomo si irrigidì; e, come spesso accadeva in Piton, l'offesa subita si trasformò repentinamente in malignità sfogata:
“Non ho avuto bisogno di farlo, signorina Granger: mi è bastato aspettare che gli Auror di Hogsmeade se ne occupassero al posto mio.”
Hermione sussultò visibilmente, prima di aggrottare la fronte.
Rimasero a squadrarsi per un attimo, ambedue irritati ed ambedue tesi, ed estremamente cauti. Alla fine, il primo a distogliere lo sguardo fu Piton, che tornò a fissare la sua ampolla sul tavolo; Hermione si ritrovò con il tempo che le serviva a raccogliere le idee per decidere quel che voleva chiedere. Si sentiva la testa piena, gonfia, satura di cose che forse avrebbe preferito non sapere, ma non sapere era pericoloso. Non sapere era tutto quel che li aveva condotti fin lì, poco alla volta, mentre le cose andavano peggiorando di giorno in giorno; e così si erano ritrovati in un magazzino abbandonato, con Piton che riparava spine dorsali e Auror che lanciavano Incanti Reductor sui Babbani e MacLaggen che era stato trovato morto sulle scale di casa – tredici colpi di coltello, e c'era voluta una squadra di Guaritori per rendere il cadavere almeno riconoscibile, dopo – e che forse se l'era meritato, dopotutto.
Hermione voleva chiedere dove Piton avesse trovato Gabrielle Gordon, e in che condizioni. Da dove venisse. Cos'altro avessero fatto nel frattempo, loro due, in quale altro posto fossero stati oltre che a casa di Susan, e cosa avessero cercato lì. Voleva chiedere un miliardo di cose, tutti pensieri, domande, che si affollavano nella sua testa e premevano per uscire; ma quel che fece, invece, fu unire i puntini che si stendevano di fronte a lei, tanto chiari che quasi le pareva di poterli vedere, ed affermare con quieta certezza:
“Quando l'ha trovata, professore, lei non era già così... così impermeabile agli incantesimi.” Piton si girò verso di lei e l'espressione di Hermione sembrava sfidare l'uomo a mentirle: “Non è così?”
Piton la fissò in silenzio per un lungo istante, prima di annuire.
“Gli Auror se ne sarebbero accorti, altrimenti,” rifletté Hermione a voce alta. “MacLaggen se ne sarebbe accorto.”
Piton inclinò il capo da una parte e, con un lievissimo cenno della mano, la invitò a proseguire.
“Ma lei l'ha esaminata da vicino e se n'è accorto. Ed ha pensato che avere qualcuno che non poteva essere toccato dagli incantesimi avrebbe potuto essere utile. Utilissimo,” continuò Hermione. Si sentiva la gola tanto asciutta da far male, ma questo non bastò a fermarla. “Per passare attraverso le barriere. Per ottenere gli ingredienti per le sue pozioni. Per avere informazioni.”
“Per poter entrare ad Hogwarts,” aggiunse Piton, il tono quasi gentile.
“Ad Hogwarts,” fece eco Hermione. Gli ultimi puntini si unirono ed il grafico fu completo. “Per avvicinarsi ad Harry.”
Le dita di Piton tracciarono il contorno dell'ampolla, i polpastrelli macchiati e le lunghe unghie giallognole a contrastare nettamente con la delicatezza con la quale disegnò il bordo di vetro.
“La Profezia aveva scelto un bambino,” osservò alla fine, lentamente. “E Silente si era costruito un'arma. Si può dire che questa volta siano state genetica e scienza a fare tutto il lavoro.” Gli occhi che si levarono ad incontrare quelli di Hermione erano freddi e taglienti, e come vacui.
“E' una Babbana,” bisbigliò Hermione. “Non può coinvolgerla.”
La voce di Piton virò ad un tono d'esasperata impazienza:
“E' già coinvolta, signorina Granger. Tutto il mondo Babbano è già coinvolto. Prima, Voldemort uccideva Babbani a manciate; oggi, il Ministero, sotto l'illuminata guida del signor Potter, li ha tirati dentro interamente e completamente. Non possono sfuggire alla guerra, perché la guerra è già nelle loro case. Nelle loro leggi. Nel loro governo.”
“E' una Babbana,” ripeté Hermione, ostinatamente, ferocemente. “Che cosa le ha fatto, professore? Aveva più... più di quei recettori, non è così? Prima! Era come tutti gli altri, prima, non è vero?”
“Era predisposta,” spiegò Piton, il tono quieto. “Come gli altri non sono.”
“Professore...”
“Signorina Granger,” la interruppe lui, freddamente. “Ho avuto modo di osservare le reazioni di molti Babbani agli incantesimi e alle maledizioni nel corso della mia vita – certo non devo spiegarle in quali circostanze. Molti Babbani – ma la signorina Gordon è la prima persona che io abbia osservato con una simile predisposizione. Le possibilità che una cosa simile capitasse qui e adesso, dove e quando ve ne è la necessità, sono...” Le dita di Piton, lunghe dita ossute e macchiate dagli ingredienti delle sue pozioni, si serrarono attorno al collo dell'ampolla, ma la voce dell'uomo rimase placidamente controllata. “... quantomeno scarse.”
Hermione sentì le obiezioni che aveva in gola – manciate di obiezioni, granulose, scivolose, sulle quali faceva fatica a mantenere la presa – scivolarle via. Qui e adesso. Qui ed adesso, dove ce n'era necessità. Dove ce n'era bisogno.
“Era a casa di McLaggen,” disse Hermione, infine, dopo un lunghissimo attimo di silenzio. “L'hanno mandata lì dopo i Sette Giorni di Londra?”
Piton esaminò l'ampolla che aveva in mano, sollevandola per guardarla controluce.
“Se vuole saperlo,” rispose lentamente l'uomo, il tono noncurante, “può chiederlo alla signorina Gordon. La signorina Gordon risponderà a quello a cui vuole rispondere.”
Hermione parve esitare, e Piton abbassò il capo e la fissò.
“Ne parli con Gordon,” ripeté. “Se vuole altre risposte.”
Hermione non era certa di volerle.





Note della storia: Innanzitutto, ho una parola per voi: Midi-chlorian.
Cinque punti a tutti coloro che non hanno avuto bisogno di seguire il link a Wikipedia per sapere di cosa stessi parlando. x°D Dopodichè, no, sinceramente al principio il riferimento non era voluto: mi è stato suggerito dal buon dierrevi, colui che si sta betando tutti i capitoli di questa storia - e colui, anche, che mi ha lanciato (metaforici) pomodori quando mi sono lasciata sfuggire che mi mancava l'entusiasmo di continuarla. I pomodori metaforici mi preoccupano grandemente: questa storia sarà terminata.

A settembre ho tuttavia avuto un incontro ravvicinato del (probabilmente) terzo tipo con il fandom inglese dei Vendicatori, e ho un po' lasciato da parte il mondo non sempre felice di Hogwarts e dintorni. Concluderò comunque questa storia e la serie di Come (non) doveva andare, perché, personalmente, detesto le storie abbandonate e mi sentirei un po' mitile dentro a fare una cosa simile a qualcun altro. Indi per cui, non disperate.

Ringraziando, come sempre, tutti voi che seguite questa storia e che vi siete presi cinque minuti di tempo per ricordarmelo e punzecchiarmi nel corso degli ultimi mesi. Grazie davvero.
  
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